Quando cadono le
stelle
Autore : Enry
CAP.1: PRELUDIO
In cielo non c’era una nuvola, e i colori dei fiori
splendevano come gemme al sole del mattino. La stupenda città di cristallo, da lontano,
sembrava un diamante purissimo tagliato alla perfezione, con mille
sfaccettature che riflettevano la luce solare e la dividevano in tutti i colori
dell’arcobaleno.
Le cinque ragazze rimasero per un momento in
silenzio davanti a quello spettacolo: la bellezza e lo splendore erano cose
ormai quotidiane da quando regnavano Serenity ed Endymion su Cristal Tokyo, ma
ogni volta che ci si trovava davanti a panorami come quello, non si poteva fare
a meno di chiedersi se fosse davvero possibile che esistesse qualcosa del
genere, se per caso non fosse solo una visione di sogno.
Amy fu la prima a parlare: - è magnifico!
-
Già
– le fece eco Serenity… nelle vesti di Bunny “Era da tempo che non facevamo una
gita fuori Tokyo, come ai vecchi tempi!
-
Vi
ricordate le nostre uscite nei giorni della fioritura dei ciliegi? – chiese
Morea – Stavamo delle ore sotto gli alberi ad ammirare i fiori… eravamo ancora
delle liceali…
-
Sì
– fece Bunny – e tu, Morea, portavi sempre un sacco di dolcetti squisiti fatti
con le tue manine! A proposito: hai portato dei manicaretti? Dove li tieni?
Dai, tirali fuori!
-
BUNNY!
– la richiamò all’ordine Rea, infuriata – Ma tu pensi solo a mangiare?!
-
È
che ho fame… non vedi come sono denutrita?… - si giustificò lei facendo gli
occhioni dolci da martire.
-
Denutrita?!
Ma se sei grassa come un maialino!
-
Su,
Rea… - cercò di calmarla Marta – Non fare così…
-
IO
SAREI GRASSA?!?!!! Ripetilo se ne hai il coraggio!
-
Bunny,
non prendertela… - tentò timidamente Amy.
-
GRASSA,
GRASSA, GRASSA e ancora GRASSA!
-
COOOOSAAA?!!
Ci si rivolge così alla propria regina?!
Proprio quando la discussione stava per degenerare,
sopraggiunse un uomo a cavallo chiamando a gran voce: - Vostra Maestà! Regina
Serenity!
Fermatosi di fronte alle ragazze fece un leggero e
frettoloso inchino, poi iniziò subito a parlare: - Vostra Maestà, Guerriere, mi
dispiace disturbarvi, ma è un’emergenza!
Bunny assunse finalmente un’espressione più seria: -
Un’emergenza? Cosa intendi dire? Cosa succede?
- AVANTI, SOLDATI! – gridò il re alzando la spada e gettandosi
nel cuore della battaglia. L’esercito doveva vedere che lui stesso fronteggiava
il pericolo senza esitazione. Trascinati dal coraggio del loro re, gli uomini
ricominciarono a combattere con più vigore di prima.
Quegli esseri in realtà non erano granché forti,
anzi, presi uno per uno erano davvero facili da abbattere. La loro potenza
stava soprattutto nel loro numero e nel fatto che, una volta ammazzati, dopo
nemmeno un paio di minuti resuscitavano!
A guardarli sembravano fantasmi in armi, perché si
poteva intravedere al di là del loro corpo, ma combattendo contro di loro ci si
accorgeva che avevano una loro consistenza, anzi, risultavano quasi “duri” per
le spade. Un’altra cosa molto sconcertante era che non parlavano, non
emettevano alcun tipo di suono, sembravano completamente muti.
- ENDYMION! – chiamò una voce che riuscì a
sovrastare le urla degli uomini e il cozzare delle armi. Il re si voltò e vide
la regina, nelle vesti di Sailor Moon, che correva verso di lui seguita dalle Guerriere,
sia Inners che Others.
Subito dopo, una grande lingua di fuoco raggiunse e
incenerì una quindicina di nemici.
- Vedo con piacere che riesco ancora a lanciare
qualche colpetto niente male! – si complimentò con se stessa Sailor Mars.
In men che non si dica, tutte le Guerriere erano
all’opera, dando una mano ai soldati.
Sailor Moon si fece spazio nella calca e raggiunse
Endymion.
-
Che
cosa è successo, così all’improvviso?! – chiese sbalordita da quella battaglia
furibonda scoppiata nel bel mezzo di una tranquilla mattina d’estate.
-
Te
lo spiegherò dopo… anche se per adesso nessuno ha ben chiara la situazione! –
rispose lui tranciando a metà uno di quei mostri con un solo, potente fendente
– Ah – aggiunse poi – Guarda che questi “cosi” li puoi ammazzare quanto vuoi,
tanto risorgono!
-
COOOSAAAA?!!!
Sailor Moon si guardò intorno e si rese conto che
era proprio vero: dappertutto si vedevano quei mostri risorgere e tornare a
combattere.
Dapprima la regina tentò di annientarli con il
diadema, ma poi decise di usare il cristallo d’argento: forse avrebbe avuto un
qualche effetto.
Purtroppo però non fu affatto così: anche il
cristallo fallì miseramente.
Dopo mezz’ora di lotta inutile, fu chiaro che
bisognava trovare un’altra soluzione.
-
Abbiamo
esaurito i colpi! – esclamò Sailor Uranus.
-
Questi
tipi risorgono in continuazione come l’araba fenice! – gridò esasperata Sailor
Neptuno.
-
Ragazze,
io ho provato ad usare il cristallo d’argento – disse Sailor Moon – ma sembra
che non risolva più di quanto risolvano i vostri poteri…
-
Forse
divisi non servono a nulla…- constatò Sailor Mercury.
-
…
ma uniti può darsi che funzionino! – completò la frase Sailor Jupiter.
-
È
vero! – concordò Sailor Pluto - Uniamo i nostri poteri!
Le Guerriere si presero per mano formando un
cerchio, difese dai soldati di Endymion.
Una a una, chiamarono i loro rispettivi poteri:
-
Potere
di Mercurio!
-
Potere
di Marte!
-
Potere
di Giove!
-
Potere
di Venere!
-
Potere
di Urano!
-
Potere
di Nettuno!
-
Potere
di Plutone!
-
Potere
del cristallo d’argento!
Quando agli altri poteri si aggiunse quello di
Sailor Moon, dal cerchio si sprigionò una luce immensa e fortissima che coprì
l’intera area, senza neppure toccare i soldati e i cittadini, ma riducendo in
polvere i nemici.
Le Guerriere si guardarono intorno: stavano già per
cantare vittoria, quando dalle loro ceneri i guerrieri risorsero nuovamente.
- Oh, no! – esclamò Sailor Moon – Non abbiamo altre
carte da giocare!
Proprio quando tutti quanti stavano per disperare,
qualcosa oscurò il sole gettando un’enorme ombra su Cristal Tokyo. Da sotto non
si capiva bene cosa fosse, ma sembrava una grandissima astronave. Le Sailor
rimasero a bocca aperta. Tutt’intorno si udivano grida di paura di bambini e
donne.
Come obbedendo ad un ordine, i guerrieri “immortali”
presero il volo a grande velocità verso l’astronave, e poi entrarono dentro di
essa. Pochi secondi dopo, “l’oggetto non identificato” era sparito, veloce come
era entrato in scena.
- Qualcuno vorrebbe spiegarmi?! – protestò la regina
Serenity sedendosi sul trono e stringendo nervosamente lo scettro col cristallo
d’argento, arma rivelatasi inutile nell’ultima battaglia.
Davanti a lei, nella sala del trono, erano presenti
quasi tutte le Sailor, chiamate a fronteggiare questo nuovo pericolo, e poi i
ministri e molti altri esperti di guerra, ma nessuno aveva delle risposte per
la regina.
- Serenity – cominciò il re sedendosi sul suo trono
– la verità è che tutti noi ne sappiamo quanto te. Questi… guerrieri sono
comparsi all’improvviso, hanno cominciato a spargere il terrore e noi li
abbiamo affrontati senza risultato. Questo è tutto ciò che sappiamo.
- E l’astronave? Nessuno ne sa niente?
Per un attimo vi fu un grande silenzio nella sala,
poi Amy parlò un po’ timidamente: - Beh, io avrei analizzato quella “cosa” col
mio computer…
Tutti gli sguardi si concentrarono su di lei, e la
povera ragazza diventò rossa per l’imbarazzo, tuttavia continuò: - Per la
verità, è stata un’analisi frettolosa, perché la “cosa” è saltata fuori
all’improvviso, e se n’è andata altrettanto in fretta… perciò non vi garantisco
che le mie conclusioni siano esatte…
-
Parla,
Amy – la incoraggiò Serenity con un sorriso – sapevo che sei ancora il genietto
del gruppo!
-
Beh,
ecco, noi l’abbiamo chiamata “astronave” per via della sua forma, che assomiglia
molto a quelle delle navicelle spaziali che si vedono nei film, però secondo la
mia analisi non si trattava affatto di un’astronave ma di…
-
Di?
Di cosa? – la incalzarono le compagne impazienti.
-
…
di un buco spazio-temporale. Una specie di piccolo buco nero.
-
Puoi
spiegarti meglio, Amy? – chiese Endymion con gentilezza.
-
Ecco…
l’universo è uno spazio che si espande, ma non in linea retta, bensì in curva,
come un palloncino che viene gonfiato. Le distanze tra un punto all’altro di
questa linea curva sono incommensurabili. Però nell’universo esistono questi
buchi neri che “accorciano” la strada tra un punto e un altro dell’universo
facendo viaggiare ciò che “ingoiano” in linea retta anziché curva. Sono quindi
delle “porte” che possono trasportare tutto da una dimensione ad un’altra.
Tutto qui.
-
Tutto…
tutto qui?… - fece Serenity – Non c’è niente da fare, quando parla Amy mi viene
sempre mal di testa.
-
Oh,
su – disse Milena – Io trovo che questa volta la nostra Amy sia riuscita ad
essere molto chiara. Ma la spiegazione non è finita, vero?
-
È
vero – disse Amy - In realtà ci sono alcuni problemi. Ammesso e non concesso
che quello che abbiamo visto fosse una specie di buco nero, come ha fatto a comparire
così all’improvviso? E come ha fatto a sparire? Perché ha “ingoiato” solo i
guerrieri nemici? Perché loro si sono fatti ingoiare?
-
Beh
è probabile che usino il buco nero per viaggiare… in linea retta, come dici tu
– disse Heles.
-
Già
– concordò Sydia – ma allora questo “buchino nero” è qualcosa di artificiale,
creato apposta per trasportare determinate cose… o persone… per portarle dove?
A quel punto si fece un gran silenzio. Alla domanda
in quel momento non c’era risposta, ma se il loro nuovo nemico riusciva a
creare addirittura dei buchi neri doveva essere davvero potente. Ma cosa
voleva? Conquistare la Terra? Oppure desiderava qualcos’altro?
All’improvviso, entrò nella sala del trono un
servitore. Sul suo volto c’era un’espressione di paura mal celata.
-
Re,
regina… credo che dovreste venire… sta succedendo qualcosa di strano…
-
Qualcosa
di strano? – chiese Endymion - Cosa può avvenire ancora di strano, oggi?
Serenity ed Endymion si alzarono e seguirono il
servitore, mentre le Sailor li seguivano a loro volta. L’uomo li portò davanti
a uno dei tanti televisori che c’erano a Cristal Palace e in generale a Cristal
Tokyo.
-
Cosa
significa? – chiese il re.
-
Guardate,
Vostra Maestà.
Il servitore prese il telecomando e accese
l’apparecchio, che mandò l’immagine di un uomo. All’inizio non si vide
benissimo, sembrava che ci fossero delle interferenze, però poi i lineamenti si
fecero più definiti e infine l’immagine risultò chiara.
Endymion indietreggiò di un passo, quasi inorridito.
Il cuore di Serenity fece un balzo.
L’uomo alla televisione assomigliava in maniera
impressionante al re Endymion, anzi, era la sua copia perfetta. Neanche un
gemello avrebbe potuto essere tanto somigliante. L’unica differenza era
l’espressione dipinta sul viso: cinica, cattiva, quasi beffarda.
Anche la sua voce era così carica di malvagità da
risultare sgradevole.
- Allora, miei cari cittadini di Cristal Tokyo, cosa
aspettate a chiamare la vostra beneamata regina? State attenti, perché se non
obbedite ai miei ordini potrei anche mandarvi un altro esercito di Ghosts,
magari più numeroso, e ridurvi in polvere, stavolta.
Poi, incredibilmente, sembrò accorgersi che Serenity
stava guardando il suo volto sullo schermo, infatti sorrise in modo cattivo e
disse, rivolto direttamente a lei: - Oh, ma guarda, finalmente la mia dolce
signora si è degnata di venire! Serenity, regina di Cristal Tokyo!
“No, questo è impossibile” pensò Serenity mentre un
nodo le serrava la gola “Questo è tutto un brutto sogno, e tra poco mi
sveglierò.”
-
è da tempo che non ci si incontra, mia bella regina – continuò lui – l’ultima
volta che ti vidi eri ancora una principessa giovane e ingenua, innamorata di
un terrestre… - accennò a Endymion col capo.
-
Chi
sei?! – chiese il diretto interessato.
-
Chi sono? – fece lui, scoppiando a ridere di gusto – TU mi chiedi chi sono
IO?!… Eppure dovresti saperlo bene, chi sono…
Il re lo guardò interdetto. Lo conosceva? Quell’uomo non
gli ricordava altri che se stesso…
-
Bene, bene, a quanto pare ti sei proprio dimenticato di me. – constatò l’uomo sullo
schermo – Ma non ti preoccupare. Presto ti tornerà in mente tutto quanto, ne
sono certo. Ma non è di questo che intendevo parlare. Ciò che mi interessa è
un’altra cosa, molto più importante per me, altrimenti non mi sarei scomodato
cercando di mettermi in contatto con voi utilizzando i vostri antiquati sistemi
di comunicazione. Regina Serenity, so che avete affrontato i miei Ghosts
insieme alle vostre Guerriere… come vi sono parsi?
-
Sembravano
invincibili – ammise lei – Ma sono sicura che hanno un punto debole, come tutti
i nemici che abbiamo affrontato fin’ora. Io e le mie Guerriere li
sconfiggeremo, se tu li manderai ancora.
-
A quanto pare non sei cambiata di una virgola. Sei ancora una ragazzina
ingenua piena di stupidaggini in testa.
-
Come
osi?! – esclamò Heles, ma Serenity le fece cenno di calmarsi. Una “Bomba di
Urano” o un fendente della sua spada avrebbero solo distrutto un televisore… e
un muro, perciò non c’era motivo di scaldarsi.
-
Perché
ci hai attaccati? Vuoi forse conquistare il nostro regno? – chiese poi la
regina.
-
Conquistare il vostro regno, mia regina? – l’uomo scoppiò a ridere
di nuovo – No, mia cara, assolutamente. Non mi interessa minimamente né
Cristal Tokyo, né la Terra.
-
Allora
cosa vuoi?
-
Voglio voi, mia regina.
Un silenzio di tomba accompagnò queste parole. Cosa significava quella
frase? Le Sailor cominciarono ad agitarsi e a mormoreggiare, mentre Serenity,
rimasta di stucco di fronte a quell’affermazione, cercò di farsi forza per
sostenere ancora quella conversazione. Tra l’altro, la sensazione di parlare
con “l’opposto identico” dell’uomo che amava stava diventando insopportabile.
Era una situazione assurda.
-
Cosa
intendi dire?
-
Intendo dire che voglio riprendermi ciò che era mio fin dall’inizio.
-
Cosa
stai blaterando? – esclamò il re, esasperato – Ora basta! Voglio sapere chi sei
e quali sono le tue intenzioni, subito!
-
Datti una calmata, Endymion. Qui gli ordini li do io, se mai. Il
combattimento di oggi mi è servito per assicurarmi che nessuna delle vostre
armi potesse neutralizzare i miei Ghosts. Ora, questo è il mio avviso:
attenderò tre dei vostri giorni. TRE, non un’ora di più. Se la regina sarà
consegnata nelle mie mani, sparirò per sempre senza una parola. In caso
contrario, allo scadere dei tre giorni manderò un esercito di Ghosts cinquanta
volte più numeroso di quello che avete affrontato, e per quanto voi tenterete
di difendere Serenity, prima o poi cederete e allora lei cadrà lo stesso in
mano mia, solo che con qualche spargimento di sangue in più.
L’immagine
sullo schermo cominciò a sfaldarsi: l’uomo stava interrompendo la
comunicazione.
-
Ah, siccome penso che voi, Serenity, abbiate il diritto di chiamarmi in
qualche modo, vi offro la possibilità di chiamarmi Marzio, o Milord, o ancora
Endymion.
A
Serenity si gelò il sangue nelle vene per un istante.
-
Buon proseguimento – augurò lui con falsa gentilezza -
e, non dimenticatelo, il termine è tra tre giorni.
-
Aspetta!
– cercò di trattenerlo Rea, ma l’immagine era già scomparsa dallo schermo.
Pochi
secondi dopo, al suo posto apparve una presentatrice che si scusò imbarazzata
con i telespettatori per l’inattesa interruzione.
L’atmosfera sospesa in quella stanza di Cristal Palace
venne rotta dalla regina, che cadde a terra esausta e spaventata. Venne
prontamente sostenuta da Endymion, che evitò che battesse la testa sul
pavimento; tutte le Sailor si fecero intorno preoccupate.
Il
servitore, rimasto silenzioso per tutto il tempo, balbettò qualche scusa: - Vi
prego di perdonarmi, io non sapevo… è che quell’uomo minacciava che se non gli
avessimo presentato la regina…
-
Non
ti scusare – disse il re sollevando la moglie tra le braccia – Non c’entri
nulla. Guerriere, vi prego, state all’erta. Per qualsiasi problema chiamatemi. Porto
Serenity a riposare, dev’essere distrutta. Purtroppo non possiamo nemmeno
evitare che tra i cittadini si diffonda la paura, perché quel maledetto è
comparso su tutte le televisioni. Probabilmente si formerà una folla intorno al
palazzo reale, tra poco. Io e la regina cercheremo di essere presenti, forse
riusciremo a calmarli…
Le
Guerriere annuirono in silenzio, e il re uscì dalla stanza reggendo Serenity
ancora svenuta.
CAP.2: DIFENDERE LA REGINA?
Raggiunte
le loro camere, Endymion la fece distendere sul letto e, seduto sulla sponda,
aspettò che si riprendesse.
Quando
aprì gli occhi, Endymion si avvicinò a lei e la baciò sulle labbra.
-
Ti
sei svegliata, mia regina? – mormorò poi dolcemente.
-
Sì…
sono la solita pasticciona… le ragazze si sono preoccupate? Vado subito a dir
loro che sto bene. – così dicendo fece per alzarsi, ma il re la trattenne.
-
Neanche
per sogno. Ci andrò io. Ma tu devi stare distesa per un po’, altrimenti una
volta alzata dal letto potresti avere un altro capogiro. Possibile che debba
ancora dirti tutto come se fossi una bambina dell’asilo?
-
CHE
CATTIVO! Non sono come una bambina dell’asilo!
-
Sì,
sì, ma a chi vuoi darla a bere, TESTOLINA BUFFA?
-
Ancora
così, mi chiami?!
-
Beh,
a volte…
-
Senti,
Marzio… cioè, Endymion… - riprese tornando ad essere seria – Forse… forse
sarebbe meglio per tutti se mi consegnassi spontaneamente a quell’uomo… mio
Dio… a Endymion… sì, insomma…
-
Non
dirlo nemmeno per scherzo. Non solo sei la regina, ma sei anche la donna che
amo.
-
Appunto
per questo: per te e per tutti gli abitanti di Cristal Tokyo sarebbe la scelta
più giusta. Il problema è che io… HO UN SACCO DI PAURA!
Endymion
scoppiò a ridere, rivedendo nella regina Serenity la sua piccola Bunny. Lei
ascoltò quella risata fresca e spontanea come lo sciaquìo argentino delle
cascatelle di montagna. Era così diversa da quella, cattiva e beffarda,
dell’uomo misterioso che si faceva passare per il suo adorato Marzio!
-
Eh,
lo so che hai paura – riprese il re – ma non devi averne, perché non permetterò
mai che tu ti consegni a quell’essere, dovessi trattenerti a viva forza!
-
Grazie…
-
Di
che cosa?
La
regina si gettò tra le braccia del marito e lo strinse forte. Poi si diede
dell’egoista: come poteva pensare di restare al sicuro difesa dal re e dalle
Sailor mentre c’era il rischio di un’invasione di quegli orribili esseri che
potevano fare del male a tante persone innocenti?
- I
nostri nemici sembrano invincibili, lo hai visto anche tu. No, io rimango dell’idea
che la cosa migliore sia che mi consegni a lui senza aspettare che mandi quei
mostri. Non voglio che ci vada di mezzo qualcun altro… non voglio che ci vada
di mezzo tu.
Le
si ripresentarono davanti agli occhi le terribili immagini della battaglia
contro Periglia, in cui Marzio si era sacrificato per proteggerla. Non avrebbe
potuto tollerare un nuovo dolore come quello. Preferiva andarsene sapendo che i
suoi amici e il suo amore erano al sicuro.
-
Smettila
di dire queste cose. Ho già preso la mia decisione. Combatterò fino all’ultimo
per te, e ti assicuro che quell’uomo non ti avrà.
-
Ma
possono andarci di mezzo persone innocenti! Cristal Tokyo è troppo grande per
salvare tutte le persone! Tre giorni non sono sufficienti per evacuarla!
Il
re Endymion rimase in silenzio: non aveva argomenti da opporre a queste
obiezioni, ma non voleva separarsi da Serenity per consegnarla al nemico. In
quel momento non si sentiva affatto un buon sovrano, che in quei frangenti
avrebbe dovuto anteporre gli interessi pubblici a quelli personali, però non
poteva fare una scelta tanto mostruosa e dolorosa. No. Avrebbe dato se stesso
per la sua città, ma non avrebbe ceduto la donna che amava. Mai, per nessuna
ragione.
L’abbracciò
più forte, mentre fuori il sereno cielo notturno era attraversato da effimere
stelle cadenti, simili a lacrime che righino le guance di una fanciulla.
-
Stanno arrivando i tre Stars Knights della principessa Kakyou? Ma…
La
regina era rimasta esterrefatta: avrebbe rivisto Seya, Taiki e Yaten? Ma come avevano
fatto a sapere già del pericolo che correva la Terra?
Morea
sorrise trionfante – Già! Arriveranno fra poco. Sembra che la loro principessa
abbia avvertito l’aura malefica di quel tipo che si fa chiamare Endymion molto
prima che lui stesso uscisse allo scoperto, e che quindi li abbia mandati a
proteggerti!
Serenity
stava per rispondere quando un servitore entrò nella sala del consiglio, le si
avvicinò e le sussurrò qualcosa all’orecchio. La regina annuì e si alzò.
-
Ragazze – disse rivolta alle Sailor – andiamo ad accogliere i nostri vecchi
amici!
Quando
arrivarono nella sala del trono, videro che i tre Cavalieri le stavano già
aspettando. Dimenticandosi completamente dell’etichetta e del protocollo,
Serenity corse ad abbracciarli uno per uno.
-
Taiki! Da quanto tempo! Ma è una mia impressione o sei diventato ancora più
alto? Sei una torre! Yaten!… tu invece sei ancora più carino con l’uniforme dei
Cavalieri della principessa Kakyou! Seya! Sono contentissima di rivederti! – a
lui riservò un abbraccio più lungo e stretto. Non aveva mai dimenticato la sua
dichiarazione d’amore, e anche se non poteva corrispondere, la conservava nel
cuore. Lui, dapprima un po’ imbarazzato per la dimostrazione d’affetto che la
regina gli dava in pubblico, poi ricambiò la stretta dicendo – Non sei cambiata
affatto… sei sempre la nostra Bunny… - poi, abbassando la voce in modo che solo
lei potesse udirlo, aggiunse - … la stessa ragazza che mi ha fatto innamorare.
La
regina arrossì lievemente, poi cercò di recuperare un po’ di dignità regale e
invitò gli ospiti a pranzare a palazzo con lei, il re e le Sailor. I tre
accettarono subito: davanti ad una bella tavola imbandita si poteva discutere
meglio del pericolo incombente sulla Terra.
-
Così
questo tizio vi ha minacciati di ritorsioni se non gli consegnerete Serenity. –
concluse Taiki mentre un cameriere portava un’altra brocca di vino bianco.
-
È
così, Taiki. Il peggio è che un giorno è già passato… ce ne rimangono solo due.
– aggiunse Marta tristemente, ma addentando subito dopo un’ala di pollo. Era
incredibile quanto assomigliasse a Bunny, in certi casi…
-
Io
ho cercato di ricordare qualcosa riguardo il nemico – disse Endymion – perché a
quanto ha detto lui dovrei conoscerlo bene… eppure non riesco proprio a…
-
A
quanto ne sappiamo potrebbe aver mentito spudoratamente su un sacco di cose –
lo interruppe deciso Seya, stringendo i pugni, per l’odio che sentiva
infuriargli nel petto per quell’essere che minacciava la vita della donna che
amava – l’immagine che avete visto sullo schermo di una TV potrebbe benissimo
essere stata creata apposta per assomigliare tanto a Endymion. Forse voleva
spiazzarvi.
-
In
effetti – concordò Yaten – se questo “Endymion cattivo” è capace persino di
creare dei piccoli buchi neri, figuriamoci se non riesce a ritoccare
un’immagine virtuale!
-
In
ogni caso – disse Rea – anche se quella era solo un’immagine, ho percepito
chiaramente una potenza inaudita.
-
È
vero. – intervenne Sydia – Anche io ho sentito un potere malvagio incredibile,
mentre lui parlava.
Vi
fu un momento di silenzio. Poi Serenity lo ruppe, con un’affermazione che
lasciò di stucco tutti quanti: - Ragazzi, io lo so che volete proteggermi, ma
io rimango dell’opinione che sia meglio che io mi consegni spontaneamente.
Davvero, io credo…
-
Serenity
– la interruppe il re – mi sembrava che ne avessimo già parlato.
-
Marzio,
spiegami a cosa servirebbe cercare di resistere agli attacchi di quell’esercito
invincibile. Spiegamelo. A nulla, servirebbe. Solo a causare la morte di tante
persone: soldati, sudditi, amici. Non posso permetterlo. Proprio ieri abbiamo
affrontato una folla di persone in preda al panico, e siamo riusciti a stento a
calmarle. – Serenity tacque, e da Endymion il suo sguardo passò per tutta la
tavolata, senza che nessuno dei presenti riuscisse a controbattere – Io ho
preso la mia decisione. Anche se… - abbassò gli occhi - … anche se questo mi
rende davvero triste… perché mi ero abituata alla felicità…
Seya
vide le lacrime brillare nei suoi occhi, e scattò in piedi come colpito da una
frustata – NO! – gridò battendo un pugno sul tavolo – No e no! Bunny… Serenity,
se questo è ciò che hai deciso, allora noi faremo in modo di ostacolarti, in
ogni modo. E sono sicuro… - aggiunse spostando lo sguardo sul re - … sono
sicuro che anche Endymion è del mio parere.
-
Lo
sono. – confermò lui.
-
Anche
io la penso come loro! – disse Heles alzandosi in piedi e guardando negli occhi
la regina, con un’espressione che non accettava repliche.
-
Anch’io.
– aggiunse fermamente Rea.
-
Potete
contare su di me. – disse Morea.
In
men che non si dica, tutte le Sailor e anche i tre Cavalieri avevano espresso
il loro voto contrario alla decisione di Serenity. La regina si guardò intorno
con un’espressione un po’ smarrita.
-
Sei
in minoranza, amica mia. – le fece notare Amy.
-
Già,
è meglio se ti arrendi! – esclamò scherzosamente Marta.
-
Abbiamo
sempre protetto la nostra principessa – aggiunse Morea – perché dovremmo
abbandonarla adesso che è regina?
Serenity
fece a tempo a mormorare un soffocato “Grazie” prima che le lacrime cominciassero
a bagnarle il volto. Ma sulle sue labbra era dipinto un sorriso riconoscente.
CAP.3: LA BATTAGLIA
Seya lasciò i due compagni e si incamminò nuovamente
verso il palazzo reale, che guizzava sopra a tutti gli altri edifici con la sua
forma irregolare ma armonica insieme, e che scintillava ai raggi del sole. Gli
uccelli cantavano come ogni altro giorno, e il cielo era terso, attraversato
velocemente solo da qualche nuvola bianchissima di passaggio. Come poteva
essere la vigilia di una battaglia probabilmente durissima e lunga? Sembrava
una bella giornata d’estate come tante altre…
No.
C’era qualcosa di insolito nell’aria, qualcosa che diceva chiaramente “Guai in
vista”: il silenzio assoluto. A parte gli uccellini in cielo, non si sentiva il
minimo un rumore per le strade, non c’era nemmeno una persona in giro.
L’atmosfera era irreale.
I
negozi quella mattina non avevano aperto, e solo qualche finestra aveva la
saracinesca aperta a metà, con il vetro chiuso dietro, le altre erano tutte
sprangate ermeticamente. Molte famiglie, avvertite del pericolo da telegiornali
e da interventi speciali alla TV, avevano fatto in tempo ad allontanarsi in
fretta e furia prendendo il primo volo o qualunque altro mezzo. Le strade fuori
dalla capitale erano infatti intasate, in quel momento, mentre lì era tutto
silenzio e solitudine.
Purtroppo
molte altre persone per vari motivi non avevano potuto muoversi da Cristal
Tokyo, ed era a loro che tutte le Sailor e i Cavalieri pensavano con più
angoscia. L’importante era che non venissero coinvolte nella battaglia che
avrebbe avuto luogo non appena il re avesse respinto l’ultimatum di consegnare
la regina.
Finalmente
Seya giunse in prossimità del palazzo, e vide che nel cortile Endymion stava
passando in rassegna l’esercito e stava dando altre istruzioni più dettagliate
sulla strategia bellica che si sarebbe dovuta utilizzare il giorno dopo. Quando
notò il Cavaliere che si avvicinava, congedò i sodati incitandoli a proteggere
il regno e la regina, e li lasciò andare.
-
Quanto
entusiasmo! – constatò Seya con amara ironia – Hai forse trovato il modo di
sconfiggere quegli esseri?
-
No.
E l’ho già detto sia ai miei ufficiali sia ai soldati. Volevo che sapessero a
cosa andranno incontro, e per che cosa lottavano. Temevo che si sarebbero ribellati
alla prospettiva di andare a morire per salvaguardare la regina…
-
Ebbene?
-
Devo
dire che la grande maggioranza ha accettato l’idea. Tutti amano la regina
Serenity.
Sul
viso di Seya passò un’ombra fuggevole mentre mormorava – Già, tutti la amano…
Endymion
non si rese conto di ciò che sottintendeva Seya, ma sorrise dicendo – Sono
davvero felice che anche gli Stars Knights siano qui ad aiutarci. Forse tutti
insieme…
-
Ne
dubito. Se questi guerrieri che “Endymion cattivo” chiama Ghosts sono davvero
invincibili, temo che nemmeno la forza di noi Cavalieri potrà avere qualche
risultato.
-
Può
essere, ma devo dirti che anni di amore per Bunny mi hanno insegnato ad avere
fiducia, e ad essere più ottimista.
-
Sì,
la piccola Bunny è contagiosa! – osservò Seya senza riuscire a reprimere un
sorriso – Ma come sta lei ora?
-
Per
la verità, non riesco a capirlo nemmeno io. È combattuta tra il desiderio di
combattere e quello di proteggerci consegnandosi.
Più
in alto, intanto, in una delle stanze reali del palazzo, Serenity continuava a
camminare avanti e indietro senza riuscire a calmarsi. Nella sua mente si
affacciavano tantissimi pensieri, ora positivi, ora negativi.
Per
lei era terribile: fino a quel momento aveva sempre combattuto per proteggere
la Terra e tutti i suoi abitanti, ora invece si trovava a coinvolgerli in una
battaglia combattuta per proteggere lei. Si sentiva tremendamente egoista.
E
quell’uomo che si faceva chiamare Endymion? Chi era in realtà? Perché la voleva
ad ogni costo?
Le
ritornarono alla mente le sue parole: “L’ultima volta che ti vidi eri ancora
una principessa giovane e ingenua, innamorata di un terrestre…”
Allora
l’aveva già conosciuto! In un primo momento non ci aveva nemmeno fatto caso. Si
sforzò di ricordare, di ritornare con la mente alla sua vita di principessa
della luna, al periodo in cui si era innamorata di Endymion. Ma non riusciva a
focalizzare proprio nulla che avesse a che fare. A parte lo stesso Endymion,
ovviamente.
A
proposito: come poteva assomigliargli tanto? Forse aveva ragione Seya, forse
era tutto un trucco. Ma a lei non era parso così; ma allora, come poteva
quell’uomo avere lo stesso identico volto di Endymion?! Era una cosa
impossibile, tant’è che nemmeno il re si ricordava di lui…
Il
giorno passò in un lampo per Serenity, che avrebbe voluto che il tempo si
fermasse e impedisse quella battaglia nella quale non si sapeva nemmeno
chiaramente chi fosse il nemico.
L’ultimatum
arrivò presto, all’alba.
Ma Endymion con i suoi soldati, le Sailor e i tre
Cavalieri erano già pronti da un pezzo: si erano disposti in attesa già dalla
mattina prestissimo, scegliendo come campo di battaglia uno spiazzo erboso
fuori Tokyo. Era lo stesso prato dove, tre giorni prima, Bunny e le Sailor
Inners erano andate a fare una gita fuori città, e avevano ricevuto la notizia
dell’attacco dei Ghosts.
Improvvisamente il cielo sopra di loro si oscurò di
nuovo, e gli uccelli che avevano ricominciato a cantare per salutare il nuovo
giorno si zittirono all’improvviso. Sull’esercito schierato calò l’ombra, creata
da quello che ora si sapeva essere un buco nero.
I soldati guardarono su, e cominciarono a rumoreggiare:
la tensione era tangibile, il silenzio quasi insopportabile.
Endymion fece cenno ad un ufficiale di avvicinarsi, e gli
mormorò un ordine.
Sailor Moon, circondata dalle sue guerriere e dagli Stars
Knights, fece un passo avanti, stringendo nella destra lo scettro col cristallo
d’argento.
Ad un tratto i guerrieri Ghosts spuntarono dal buco nero,
e atterrarono sul suolo di fronte all’esercito di Cristal City.
I soldati si prepararono a estrarre le armi, ma Endymion
fece cenno di non muoversi: ancora quei mostri non sembravano voler combattere.
Infatti, a mano a mano che scendevano, si andavano a
mettere ordinatamente in riga, ma rimanevano immobili e muti, come un esercito
spettrale.
Il peggio era che continuavano a uscire dal buco nero,
sembravano non finire mai: in poco tempo, ci si rese conto che avrebbero
surclassato il numero dei soldati del re.
Finalmente anche l’ultimo dei Ghosts scese dal buco nero e
si andò a mettere al suo posto. Eppure non dettero segno di voler attaccare.
Sailor Uranus e Sailor Mars, le più “focose” del gruppo,
fecero per spezzare la tensione attaccando per prime, ma Sailor Moon scosse la
testa: non era il momento.
Da ultimo, scese “Endymion cattivo” in persona dal buco
nero, che subito dopo si richiuse.
Con calma, raggiunse il terreno e andò a posarsi proprio
tra i due eserciti. Allora tutti videro che, era proprio vero, era la copia
perfetta del loro re: non si era trattato di un trucco. Non aveva solo lo
stesso volto, ma inoltre era alto quanto lui e aveva la sua stessa corporatura:
sembrava fosse la sua immagine riflessa in uno specchio.
L’unica differenza era il vestito.
Il re indossava l’armatura, pronto per combattere. Lui no.
Portava una giacca nera orlata di ricami d’argento e chiusa da bottoni,
anch’essi d’argento, che brillavano ad ogni suo movimento, calzoni neri e
scarpe nere lucide; indossava un mantello, immancabilmente nero, che ricordava
un po’ quello di Milord. Sembrava che stesse per partecipare ad una festa,
invece che ad una battaglia.
-
Sono venuto a prendere la regina – esordì, con la
stessa semplicità con cui avrebbe detto di essere venuto a prendere un gelato –
ma, a quanto posso vedere, avete deciso di contrastarmi. Grave errore.
-
Taci, mostro! – gridò Sailor Uranus, che ormai non si
tratteneva più: come le sarebbe piaciuto sparargli una “Bomba di Urano”
direttamente in mezzo agli occhi!
-
Difenderemo la regina, e difenderemo la Terra! –
affermò Sailor Jupiter con convinzione.
-
Davvero? Ma che brave! – le prese in giro lui – Voglio
proprio vedere se sarete così baldanzose anche quando vi farò attaccare dai
miei Ghosts!
-
Non ci fai paura! – gli rispose Sailor Venus.
-
Meglio così. La vittoria mi darà più soddisfazione. ATTACCATE,
GHOSTS!
In una frazione di secondo, l’esercito di quegli strani
esseri immortali era già addosso a quello di Cristal Tokyo. Una reazione
talmente rapida, che gli uomini non si resero nemmeno conto immediatamente di
essere stati attaccati: la schiera retrocesse subito e le file più esposte si
disgregarono.
-
Mantenete le
posizioni! – urlò Endymion respingendo tre o quattro Ghosts che lo
avevano preso di mira – Mantenete le posizioni, soldati! Le file interne
rimpiazzino i caduti!
Le Sailor e gli Stars Knight diedero immediatamente man
forte all’esercito: grazie ai loro poteri riuscivano ad ammazzare con facilità
i Ghosts, che però immancabilmente resuscitavano come per magia.
Endymion si fece largo a suon di fendenti nell’esercito
nemico, cercando comunque di non rimanere troppo isolato; c’era una sola
persona contro cui gli interessava rivolgere la propria spada: quel tizio che
si faceva passare per lui e che minacciava di togliergli la donna che amava.
Ma non riusciva a vederlo, lì intorno: dopo l’attacco dei
suoi Ghosts, sembrava sparito nel nulla.
-
DOVE SEI, MALEDETTO?! – gridò Endymion con tutta la
forza del suo odio – Dove ti nascondi? Sei soltanto un vigliacco! Mi senti? Sei UN VIGLIACCO!
-
Io sarei un vigliacco? – gli rispose una voce alle spalle.
Allarmato, Endymion si voltò di scatto, ma davanti a sé
non vide nessuno. Uccise un altro Ghost che stava per colpirlo e poi si guardò
intorno freneticamente: quella voce… se l’era sognata?
All’improvviso qualcuno lo colpì duramente alla nuca
togliendogli per un attimo il respiro. Cadde in ginocchio e la spada gli
scivolò di mano, ma si sforzò di riprendere il controllo immediatamente; alzò
gli occhi e vide, piantato davanti a lui, il suo nemico in persona.
Lui sorrise cattivo e guardò Endymion come si guarda un
topo in trappola - Oh, non ti avevo detto che posso rendermi invisibile,
Endymion? – disse beffardo - Che sbadato che sono! Proprio una frana!
Il re cercò di rimettersi in piedi, ma in quello stesso
istante vide un gran fiotto di sangue rosso vivo sgorgare violentemente proprio
accanto al suo viso. Impiegò un paio di secondi per comprendere che quel sangue
era suo.
Nello spazio di una frazione di secondo, “l’Endymion
cattivo” gli aveva piantato la sua stessa spada, raccolta da terra, in profondità
nella spalla, e subito dopo l’aveva estratta lasciando uscire il sangue. Lo
aveva letteralmente trapassato da parte a parte.
Il dolore, atroce, arrivò quasi subito, ed il re non poté
trattenere un grido.
In quel momento Sailor Moon stava combattendo esattamente
nella parte opposta del campo di battaglia, e al suo orecchio non poteva certo
giungere quell’urlo di dolore, ma nonostante questo sentì rimbombare nel suo
cervello la voce di Endymion.
Ebbe un attimo di smarrimento, e si guardò attorno abbassando
le difese. Intervenne Sailor Mercury a proteggerla da un nuovo attacco di
alcuni Ghosts.
-
Sailor Moon, che ti prende? – le domandò con il fiato
corto: era già stanchissima.
-
Endymion… Marzio… sta male…
-
Cosa? Ma come puoi…
-
Devo andare da lui. – concluse seccamente la regina,
voltando le spalle all’amica, e iniziando a correre verso il punto da cui, ne
era sicurissima, aveva sentito provenire la voce del suo amore.
A nulla servirono i richiami di Sailor Mercury, che
temeva che l’amica potesse incontrare il suo nemico: in un attimo, Sailor Moon
era già sparita nella calca.
-
Perché… - mormorò Endymion stringendo la spalla ferita
– Perché non mi hai ucciso?…
-
Perché mi servi vivo. – rispose l’altro. L’espressione
del suo volto nel dire queste parole era cambiata: da beffarda divenne carica
d’astio, un odio smisurato che mai Endymion aveva visto negli occhi di un uomo.
-
Tu mi detesti, non è vero? – disse il re con un filo di
voce – Mi detesti come nessun altro ha mai fatto. Ma non capisco il motivo del
tuo odio.
-
TACI! – gli ordinò rabbiosamente, sottolineando la
parola con un calcio terribile che raggiunse direttamente la parte sinistra del
volto di Endymion. Il re, già in ginocchio, cadde nella polvere, mandando
sangue dalla bocca.
Improvvisamente, una voce spezzò la tensione altissima
concentrata tra loro due: la voce di Sailor Moon - Ti prego, smettila!
Endymion sollevò leggermente la testa e la vide mentre
gli correva incontro, con le lacrime agli occhi.
Appena lo raggiunse, si gettò in ginocchio e lo abbracciò
forte.
-
Ti prego, basta. – disse poi rivolta all’uomo che li
stava a guardare – Ti supplico. Ferma questa battaglia.
-
Hai deciso di consegnarti, regina? – fece lui con un
ghigno.
Sailor Moon restò un momento in silenzio. Sentiva i
rumori della battaglia, le grida disperate dei feriti e di chi stava
soccombendo. Attorno a loro, il terreno era già coperto di cadaveri dei soldati
di Cristal Tokyo.
-
Vai via, Bunny – la riscosse la debole voce di Endymion
– Scappa lontano da qui. Ti coprirò io.
-
No. – disse con decisione – Non scapperò. Guardati
intorno, Marzio: guarda quante vite si sono già spente, per la mia. Chi pagherà
il prezzo di tutto questo sangue? Ferma la battaglia, tu che ti fai chiamare
Endymion. Verrò con te.
-
NO! – si oppose il re alzandosi a fatica e mettendosi
tra i due – Non ti perderò in questo modo, mia regina. Non potrei mai accettare
una cosa del genere.
Era lacero, ferito gravemente, privo della spada, ma
guardò quell’uomo che aveva il suo stesso volto con una sfida silenziosa negli occhi.
-
Che c’è, Endymion? – chiese lui recuperando l’aria
beffarda – Non ti sei ancora arreso? Ma guardati! Non faresti paura ad un
bambino!
-
Non voglio farti paura. Voglio sconfiggerti.
Al sentire quelle parole, l’uomo scoppiò a ridere di
gusto.
In quel momento arrivarono le guerriere Sailor, chiamate
da Sailor Mercury, l’ultima ad aver visto Sailor Moon.
-
Non toccare il re e la regina! – gli intimò Sailor
Pluto.
-
Oh, ma guarda, siete arrivate anche voi, Guerriere. –
constatò il nemico con tono falsamente sorpreso - Un po’ in ritardo, però,
perché come vedete ho già fatto un buco in corpo al vostro prezioso re!
Le Sailor fecero per attaccarlo, ma lui sollevò con
noncuranza la spada fino a sfiorare con la punta affilata la gola di Endymion –
Provate ad alzare un dito contro di me – minacciò – e potrete dire ciao ciao al
re Endymion. – guardò intensamente le Guerriere, una per una, poi il suo
sguardo tornò su Sailor Moon – Vieni qui al mio fianco, regina.
Sailor Moon ebbe ancora un momento di esitazione, ma poi
gli si avvicinò con fare deciso.
-
Ora ferma i tuoi Ghosts – gli disse appena gli fu
vicino.
-
Ma certo. – acconsentì lui – FERMATEVI, MIEI GHOSTS!
In un attimo, quei mostri immortali si arrestarono,
obbedienti agli ordini del padrone. Sulla piana ritornò una relativa
tranquillità.
-
Ti prometto che verrò con te – disse ancora Sailor Moon
– ma voglio poter salutare i miei amici.
-
Per me va bene, mi fido della tua parola. – rispose
l’uomo, con un tono di voce che non aveva ancora mai usato: sembrava che provasse
rispetto per lei.
Sailor Moon salutò una a una le Sailor, e per ognuna ebbe
una frase dolce e un sorriso. Dovette trovare la forza di rifiutare la proposta
di molte di loro di tradire la promessa fatta al nemico e di riaprire le
ostilità.
Per ultimo salutò Endymion.
Ormai con le lacrime agli occhi, Serenity gli diede un
leggero bacio sulle labbra e gli raccomandò con voce rotta di curare bene la
profonda ferita alla spalla.
Poi si voltò per raggiungere di nuovo l’uomo che ormai
l’aveva in suo potere, ma Endymion la abbracciò forte da dietro con l’unico
braccio che poteva usare in quel momento.
- Ti prego – mormorò cercando inutilmente di trattenere
le lacrime – Ti prego, non andare. Io… non riuscirò a vivere senza di te!
Sailor Moon sentì le sue labbra sfiorarle il collo, le
sue lacrime bagnarle la pelle, e avvertì un’intensa fitta al cuore.
Ciononostante, cercò di ignorare il dolore suo e del suo amore e si liberò
delicatamente dalla stretta di Endymion.
Appena fu vicina a lui, il nemico alzò una mano al cielo
che, come obbedendo ad un silenzioso ordine, si aprì in un grande buco nero.
A quel punto, sorprendentemente, l’uomo strinse a sé
Sailor Moon, un po’ come aveva fatto pochi secondi prima Endymion, e poi si
lasciò risucchiare, insieme all’esercito di Ghosts, dal buco nero.
In un attimo, era già sparito dalla vista delle Sailor
portandosi via la regina. L’esercito stesso impiegò poco tempo a scomparire nel
buco nero, che si richiuse appena l’ultimo Ghost fu entrato.
Tornò a splendere il sole, che, con la sua allegria,
contrastava con il campo di battaglia cosparso di morti e feriti.
Endymion, che era rimasto a fissare il punto in cui era
sparita la sua regina, cadde nuovamente in ginocchio, sopraffatto dal dolore e
dalla debolezza causata dalla grande perdita di sangue.
Per due volte urlò al cielo il nome di Serenity.
Poi, incurante degli sguardi dei soldati, lasciò libero
sfogo al pianto che aveva cercato fino ad allora di reprimere.
CAP.4: SENZA DI TE
Ormai era passato quasi un mese da quando Serenity era
scomparsa, e a palazzo regnava un’atmosfera triste e opprimente che mal si
adattava a quegli ambienti luminosi e pieni di riflessi, dorature, giochi di
luce sui vetri.
Milena stava attraversando uno dei tanti corridoi. Sotto
i suoi passi il marmo candido e rilucente mandava un suono netto e distinto,
che si spegneva dopo una lunga eco: quanto silenzio! Non più quel via vai di
ministri, dame, consiglieri, che era stato un’abitudine prima della venuta di
quel misterioso nemico che si faceva chiamare Endymion.
Ad un tratto però il rumore dei suoi passi s’intrecciò
con lo stesso suono di qualcuno che stava venendo dalla parte opposta alla sua:
Seya. Il lungo mantello blu scurissimo si gonfiava d’aria e danzava ad ogni suo
passo, conferendogli un’aria molto regale.
-
Ciao, Milena. – la salutò appena le fu abbastanza
vicino.
-
Ciao, Seya. Hai parlato col re? – gli chiese, sapendo
che il Cavaliere aveva fatto un nuovo tentativo di incoraggiare il sovrano a
tornare alla normalità.
-
Sì, ma come temevo non è servito a molto, anche se con
me c’erano anche Taiki e Yaten. Purtroppo Endymion invece di migliorare
peggiora. Prima se ne stava solo chiuso nelle sue stanze, ora si chiude in un
mutismo assoluto anche nei confronti degli amici.
-
Come sta?
-
Non lo so. – rispose sospirando il Cavaliere – Non lo
so proprio. Presto la ferita alla spalla guarirà del tutto, ma io ho paura che
la ferita che ha dentro… quella non sparirà facilmente.
-
Capisco. Non è l’unico a soffrire: tutti sentiamo la
mancanza di Bunny. Anche tu, vero, Seya?
Lui arrossì leggermente: sì, anche lui soffriva
moltissimo.
-
Ma deve capire che ha il dovere di riscuotersi –
continuò Milena – Non può continuare a restare chiuso in una stanza buia, senza
mangiare quasi nulla e senza vedere nessuno. Così facendo, morirà o d’inedia, o
schiacciato dai ricordi. In ogni caso, ne morirà.
Oppresso da quei tetri discorsi, Seya rimase in silenzio
per un momento, poi strinse i pugni, preso dalla rabbia – Quel maledetto
mostro! Se non fosse mai venuto col suo esercito qui sulla Terra!… Eppure ci
deve essere un modo per riportare indietro la regina! Perché lei è viva, ne
sono sicurissimo!
Milena annuì – Sì, lo credo anch’io; l’unico problema è che
si trova in una dimensione estranea alla nostra, magari lontanissima. Sydia sta
cercando un modo per trovarla e riportarla a casa.
- Spero tanto che ci riesca. Bunny… la regina non merita
un esilio tanto mostruoso, in un’altra dimensione, attorniata dai nemici.
Nello stesso momento, un’altra persona si avviava con
passi decisi verso le stanze del re: Rea.
Avendo saputo dell’ennesimo insuccesso nel tentativo di
riscuotere il sovrano dall’apatia che lo imprigionava, aveva deciso di
risolvere lei la situazione, una volta per tutte. Ma ci sarebbe riuscita? “Beh”
pensò tra sé e sé “almeno avrò tentato.”
Arrivata davanti alla grande porta bianca decorata con
lamine d’oro in foggia di fiori e foglie, batté per tre volte, ma non ottenne
risposta. Allora
batté ancora un paio di volte questa volta chiamando il
re e chiedendo il permesso, ma anche questa volta le rispose solo il silenzio
più assoluto. A questo punto si spazientì e spalancò la porta dicendo, con un
tono di voce fin troppo alto – CHIEDO PERMESSO!
Ancora una volta nessuno le rispose, e lei attraversò il
corridoietto di entrata dirigendosi verso la camera da letto del re e della
regina.
Si fermò sulla soglia e vide la sagoma nera di Endymion
spiccare contro il blu del cielo stellato. Era seduto su di una sedia proprio
davanti alla grande finestra; il suo profilo scuro e purissimo risaltava quasi
fosse stato un magnifico bassorilievo: i capelli leggeri, il naso affilato, le
labbra e poi il mento appena un po’ marcato.
Sicuramente l’aveva sentita entrare, ma non si mosse né
proferì parola: restò immobile, le braccia sui braccioli e lo sguardo fisso nel
vuoto, come una sfinge di pietra.
-
Marzio – cominciò Rea, un pochino intimidita da quel
comportamento così freddo – Sono venuta a parlarti… per via di Bunny.
Lui non rispose. Sembrava non udirla. Probabilmente il
suo pensiero era altrove, perso nei ricordi. L’unico, piccolissimo, quasi
inavvertibile movimento era quello del suo petto che si alzava e si abbassava,
al ritmo del respiro.
“Meno male che almeno respira!” commentò mentalmente Rea,
avvicinandosi a lui.
- Marzio, ascolta. Lo sappiamo tutti che la scomparsa di
Bunny ti ha distrutto, ma devi reagire. Lo capisci? Devi farlo per la Terra,
per Cristal Tokyo e per noi. Mi stai ascoltando?
Non l’ascoltava. Una piccola parte della sua mente capiva
vagamente il senso delle sue parole, ma per il resto lui avvertiva solo un
ronzio privo di significato.
Esasperata, Rea si inginocchiò davanti a lui e gli prese
le mani nelle sue.
- Ti prego, Marzio, non arrenderti in questo modo! Sydia
ha detto che c’è una speranza si ritrovare Bunny!
A quel gesto di affetto, Marzio mosse finalmente la testa
e guardò Rea negli occhi. Gli ricordava la sua Serenity, che tante volte si era
inginocchiata vicino a lui per appoggiare la testa sulle sue gambe.
Rea si rianimò vedendo quella piccola reazione – Io…
tanto tempo fa, mi ero presa una bella cotta per te, forse te lo ricordi. Ti ho
lasciato perdere perché capivo che l’unica per te era Bunny. Ma… - le sue
guance si tinsero di rosso - … ma per me continui ad essere importante. E io
non voglio che ti lasci andare così… Non voglio vederti arenato tra i tuoi
ricordi e la realtà! Così facendo fai soffrire tanto anche me!
Le lacrime che le sgorgarono subito dagli occhi bagnarono
le mani di Marzio, strette dalle sue.
Il cielo notturno fu attraversato da una stella cadente.
Lui spostò lo sguardo alla finestra. Caddero ancora tre o
quattro stelle.
- In questo periodo – mormorò Marzio più a se stesso che
a Rea – di notte continuano a cedere le stelle. Bunny direbbe… - si interruppe
un attimo, mentre un nodo gli serrava la gola – Bunny direbbe che il cielo sta
piangendo bellissime lacrime di diamante.
Marzio non poteva sapere che in quello stesso istante,
anche Serenity stava guardando il cielo. Nonostante non fosse il suo stesso
cielo, era ugualmente illuminato da fuggevoli stelle cadenti.
Serenity restò a guardarlo incantata e malinconica. Da
lassù si godeva di una vista splendida, ma altri vantaggi non ce n’erano, visto
che l’altitudine la teneva prigioniera su quella torre, proprio secondo il
volere dell’uomo che ormai si era abituata a chiamare Endymion.
La sua prigione era davvero splendida, con molte stanze e
un’ampia camera da letto, che costituiva i piano più elevato e che occupava
tutto il diametro della torre. I mobili e le rifiniture erano di un lusso che
mai aveva avuto nel suo Cristal Palace, il letto al centro della camera era
grandissimo e ricoperto da morbidissime coperte bianche che celavano lenzuola
di seta purissima e candida.
In quel momento lei si trovava sul piccolo balcone che
dalla camera da letto dava direttamente su un panorama magnifico, col mare
argenteo che si estendeva fino all’orizzonte, la spiaggia rilucente ai raggi
dei due satelliti che illuminavano la notte di quel pianeta così simile alla
Terra, che lei aveva cominciato a chiamare Gaia. Endymion, da quello che le
diceva, ne aveva preso possesso ma non gli aveva mai dato un nome.
Serenity ripensò al SUO Endymion. Chissà come stava, cosa
stava facendo in quel momento. Era riuscito a riprendersi, dopo che lei se
n’era andata? Forse la ferita alla spalla era guarita… o comunque era in via di
guarigione. Appena finita la convalescenza sarebbe tornato subito sul trono e
avrebbe messo in riga ministri e ufficiali, che sicuramente in sua assenza
facevano il bello e il brutto tempo, com’era loro abitudine!
Pensando al marito che impartiva una sonora lavata di
capo a chi i era comportato male, le venne da ridere. Ma la risatina leggera
terminò con un paio di singhiozzi. Ecco, si sarebbe rimessa a piangere. Le
capitava sempre così, quando pensava a Endymion e agli amici che aveva lasciato
sulla Terra. Piangendo, mormorò tra le lacrime – Vi auguro tutta la felicità
dell’universo, e non siate tristi, vi prego. Non siate tristi…
- Chi non deve essere triste? – chiese una voce maschile
alle sue spalle.
Serenity si voltò di scatto, colta di sorpresa. Era
Endymion.
Dio, come assomigliava al suo amore!
-
Mi hai spaventata.
-
Mi dispiace. Eppure lo sai che a quest’ora vengo sempre
a trovarti. – poi notò le guance bagnate di lacrime della ragazza, e la sua
espressione si addolcì. Le si avvicinò e le asciugò delicatamente il viso con
una carezza – Piangevi?
Serenity non rispose. Non resse quei due occhi tanto
simili a quelli del marito: rivolse lo sguardo lontano, verso il mare.
-
Stai tremando. – osservò Endymion avvicinandosi ancora
di più. I loro corpi già si toccavano. – Non vuoi tornare dentro?
-
No. Se non posso uscire da questa torre, allora voglio
almeno poter stare sul balcone il più possibile.
-
Capisco.
-
Invece IO non capisco. Ci sono tante cose di te che non
capisco.
-
Chiedi pure, vedrò di chiarire.
-
Ecco, per esempio non riesco a capire perché sei così
gentile con me. Credevo mi odiassi.
Endymion sembrò non rispondere alla domanda. Poi però
prese fiato e disse – No. Non è te che odio.
-
Perché mi hai rapita, allora?
-
Perché volevo colpire una persona che dalla tua assenza
ricaverà dolore e disperazione eterni.
-
Endymion. Il mio
Endymion.
-
Sì.
-
Perché lo odi?
-
Questo non te lo voglio dire. Non ancora.
Serenity sospirò. Poi chiese – Chi sei, Endymion?
Lui sorrise dolcemente. In quel momento, Serenity avrebbe
giurato che fosse suo marito, quello davanti a lei.
-
Sono il tuo Endymion, Serenity. – rispose lui e le
prese il viso tra le mani, avvicinandolo al suo.
-
No, tu non sei il mio Endymion! – esclamò Serenity -
Non sei il mio amore!
Cercò di liberarsi dalla sua stretta, ma i suoi tentativi
furono vani. Le loro labbra si toccarono.
La resistenza di Serenity non fu molto lunga: quell’uomo era
troppo somigliante al marito adorato, soprattutto in quel momento, in cui era
tanto gentile, tanto dolce... non riusciva a respingerlo. Non ne aveva la
forza.
-
Non voglio… - sussurrò mentre le lacrime ricominciavano
a rigarle le guance – Non voglio tradire Endymion…
-
Non lo tradirai. Stare con me è stare con lui.
-
Non è vero – affermò debolmente, mentre la bocca di lui
stava per chiudere la sua.
-
È la verità. Quando ti dirò chi sono lo capirai da
sola.
Le ultime difese della ragazza crollarono: si arrese a lui
e lasciò che la baciasse nel profondo. Il suo cuore, diviso, da una parte
provava il piacere che da tempo le aveva urlato di dargli, dall’altra il
rimorso per l’amore di tutta una vita che veniva tradito in quel modo
vergognoso, col nemico.
Pure, non ebbe più il coraggio di alzare un dito per
contrastarlo. Stranamente, essere baciata da lui le procurava le stesse
sensazioni che le dava il marito… possibile che gli somigliasse tanto anche in
quello?
CAP.5: L’INIZIO
DELLA TEMPESTA
L’oscurità della stanza era quasi completa. Entrando
dentro di essa dopo aver percorso i corridoi luminosissimi di Cristal Palace si
impiegava qualche minuto ad abituare gli occhi e iniziare a vedere qualche
sagoma non ben definita.
Heles e Milena restarono sulla soglia, per non disturbare
troppo. La porta semiaperta mandava un fascio di luce che si stagliava
nettamente nelle tenebre. Per il resto tutto era buio.
L’unica fioca luce, a tratti viola chiaro, a tratti tanto
scuro da sembrare blu, era emanata dalla sfera sullo scettro di Sailor Pluto.
La Guerriera era concentratissima, gli occhi chiusi, la
fonte un po’ corrugata e le labbra leggermente tirate in un’espressione tanto
tesa quanto determinata. Tendeva le braccia alla sfera che mandava quei
bagliori: essa, come animata di vita propria, si era alzata di qualche
centimetro rispetto al bastone che di solito la sorreggeva, e che ora stava
rigidamente in piedi da solo come per magia. La sfera quindi sembrava volare e
volteggiava leggermente con dei piccolissimi movimenti circolari, simili a
quelli della testolina di un serpente incantatore.
Heles e Milena non dissero una sola parola, ma si vedeva
che erano tese quanto l’amica. Serravano le mascelle come se, col loro sforzo,
potessero alleviare quello di Sailor Pluto.
Ad un tratto, la sfera smise improvvisamente di emanare
la luce colorata, ricadde sullo scettro che a sua volta cadde a terra
provocando un rumore quasi assordante nel silenzio perfetto che si era
mantenuto fino a poco prima.
Immediatamente dopo, anche Sailor Pluto cadde a terra
oppressa dall’eccessiva fatica.
Heles corse subito a sorreggerla e Milena riaccese la
luce battendo due volte le mani.
-
Basta. – disse Heles – Per oggi basta cercare Serenity.
Ti sei stancata troppo.
-
No, devo continuare – rispose debolmente Sailor Pluto
aprendo gli occhi – è l’unica
speranza per la regina…
-
Se continui così ne morirai. Adesso decido io. Basta
così. – Heles parlò con un tono di voce e un’espressione che avrebbe fatto
desistere chiunque.
-
Heles ha ragione – concordò Milena – Questa ricerca
mentale nelle varie dimensioni ti sta stremando. Ormai sono due mesi che ogni
giorno trascorri in questo modo ore intere.
Heles toccò leggermente la spilla rotonda del fiocco sul
petto di Sailor Pluto: il costume da guerriera lasciò immediatamente il posto
agli abiti normali.
- Ora devi riposare. – disse Heles – Ti accompagno nella
tua stanza.
Seya attraversò velocemente il porticato di marmo che si
affacciava sul magnifico parco della reggia. Gli archi a tutto sesto, candidi, scintillavano
alla luce del sole quasi fossero stati ricoperti da un sottile velo d’acqua.
Sotto ogni arco era posto un vaso molto grande di terracotta decorata in cui
erano state piantate magnifiche palme in miniatura, che gettavano le proprie
foglie verdi e allungate tutt’intorno. Immediatamente fuori dal porticato c’era
invece il Cortile delle Rose, fortemente voluto dalla regina Serenity, formato
da una specie di piccolo e intricato labirinto di aiuole di rosai in cui le
rose, splendide, sbocciavano tutto l’anno, dando colore ed allegria a tutta
quella parte di parco. Al centro del labirinto c’era una fontana di marmo a
forma di fauno che suonava il grande corno rivolto verso l’alto, e da cui
usciva il getto d’acqua principale. Intorno al fauno, disposti in cerchio,
altre sei fontane più piccole a forma di delfini che, saltando fuori
dall’acqua, mandavano il getto dalla bocca.
Era un luogo di fiaba, dove la regina aveva accolto
spesso i bambini di Cristal City a giocare e a organizzare cacce al tesoro.
Seya si fermò un momento a contemplare quello spettacolo,
ma subito dopo si riscosse e si guardò attorno. Vide chi stava cercando poco
più avanti del Cortile delle Rose, dove iniziava il Bosco degli Usignoli, una
piccola riserva naturale prima adibita alla caccia, poi trasformata in luogo di
gite ed escursioni.
Il Cavaliere uscì dal porticato e si avviò correndo verso
quella persona: se fosse entrata nel bosco, sarebbe stato più difficile
ritrovarla.
- Endymion! – chiamò – Endymion, aspettami!
Il sovrano si voltò e lo attese. Quando fu al suo fianco,
si addentrarono insieme nel Bosco degli Usignoli.
-
Sei uscito dalla tua stanza – disse Seya, venendo
subito al sodo – Non accadeva dalla battaglia contro… Endymion.
-
È vero. Ho pensato che a Bunny non farebbe piacere
questo mio comportamento.
-
Finalmente ci sei arrivato, era ora! – esclamò il
Cavaliere, sollevato dalla notizia – Tornerai alla normalità, allora?
-
No. Cioè, non come pensi tu.
-
Cosa… cosa significa?
-
Non riuscirei più a regnare come prima. I miei sudditi
non avrebbero più lo stesso re. Abdicherò.
Seya ammutolì. Il re aveva intenzione di abdicare?!
-
A favore di chi? Non hai figli, né parenti stretti. A
chi lascerai la corona?
-
Hai ragione. Io e Serenity non abbiamo ancora avuto
figli. Penso che lascerò il regno nelle mani di una delle Sailor. Oppure, a
tutte quante. Credo che sarebbero in grado di governare anche meglio di quanto
non potrei fare io.
-
Non sono affatto d’accordo con questa tua decisione. È
avventata e sconsiderata. La verità è che non vuoi prenderti le tue
responsabilità, e dovresti vergognarti per questo.
Endymion si fermò e lo guardò intensamente negli occhi.
-
Che ne sai di me? Come puoi sapere quello che provo? Ho
perso la donna che amavo. Senza di lei, niente più ha un senso, compreso il
trono su cui siedo. Tu non puoi capire.
-
No? Dici che non posso capire? Beh, allora sappi che
capisco, eccome!
-
Come puoi? Tu non…
-
Non ho perduto la donna di cui ero innamorato? Ah, come
ti sbagli! E quanto devi essere cieco, per non essertene accorto!
-
Non essermi accorto di COSA?
-
IO SONO INNAMORATO DI BUNNY!
Calò il silenzio più pesante. Persino i numerosissimi
usignoli del bosco avevano smesso di cantare. Seya ed Endymion si guardarono
negli occhi, ma nessuno dei due abbassò lo sguardo.
-
Mi sono dichiarato a lei tanto tempo fa, quando era
ancora una ragazza come tante altre, ma con quel qualcosa che la distingueva.
L’allegria, la spontaneità, l’ingenuità che mi hanno fatto innamorare di lei.
Che, penso, hanno fatto innamorare anche te. Ma io ho avuto più sfortuna,
perché lei aveva già il suo amore. Mi sono fatto da parte, senza più una
parola, infatti tu non te ne sei nemmeno accorto. Ma continuo ad amarla. E
nonostante questo, anzi, forse proprio perché l’amo, non mi sono abbattuto come
hai fatto tu, quando lei è scomparsa.
Endymion non replicò. Le ultime immagini della sua Bunny
gli ritornarono prepotenti alla mente.
-
Io capisco il tuo dolore, ma dovresti avere più
fiducia. – continuò Seya - Eppure te l’ha insegnato lei stessa, no? O forse te
lo sei già dimenticato?
-
Non l’ho dimenticato. Ma tutta la mia vita se n’è
andata con lei.
-
DIO MIO, LO VUOI CAPIRE CHE NON è MORTA?! Ne parli come se fosse nella tomba. Lei è VIVA.
Sailor Pluto sta cercando di rintracciarla e sono sicurissimo che…
Una voce lo interruppe: Morea. Correva verso di loro
agitando un braccio, con un’espressione di gioia che da un paio di mesi nessuno
aveva più avuto, lì a Cristal Palace.
- Morea – disse Endymion appena li raggiunse – cosa c’è?
Lei si fermò e riprese fiato – C’è riuscita! – esclamò
poi, ancora col fiatone.
-
Chi è riuscita a fare che cosa? – chiese Endymion di
rimando, mentre una speranza gli si accendeva nel cuore.
-
Sailor Pluto è riuscita ad individuare la dimensione
dove Bunny è tenuta prigioniera!
Appena sentita la notizia, Endymion voltò loro le spalle
e corse verso il palazzo. Non poteva crederci. Doveva verificare di persona.
Seya sorrise guardandolo allontanarsi – Hai visto com’è
schizzato via? – disse – Corre dalla sua donna.
Endymion spalancò la grande porta bianca decorata. Nella
stanza c’erano già tutte le Sailor e anche Taiki e Yaten; attorniavano Sailor
Pluto, seduta su una sedia rivestita di velluto celeste. Doveva essersi
stancata molto nella ricerca mentale di Serenity, e stava cercando di riprendersi.
Il suo bastone con la sfera giaceva a terra, di fianco a lei.
-
Sydia! – esclamò il re entrando a grandi passi – è vero quello che mi hanno detto?
-
Sì, Endymion, è vero – rispose lei sorridendo – Ho
trovato la nostra regina.
-
Puoi fare in modo da portarci da lei? – chiese Marta.
-
Sì, ma c’è un problema – Sailor Pluto si alzò dalla
sedia e raccolse il suo bastone – Io sono sicura di poter teletrasportare nello
spazio una sola persona.
In quel momento entrarono anche Seya e Morea. Ora erano
al completo.
-
Non posso arrischiarmi a teletrasportare più persone –
continuò Sailor Pluto - perché c’è il novantacinque per cento di probabilità
che io non riesca a sopportare un teletrasporto di due, tre, quattro persone.
Rischierebbero tutte di perdersi nello spazio.
-
Allora andrò io da Serenity – si offrì Seya.
-
No. – di oppose Endymion – Serenity è mia moglie. Andrò
io.
Sydia annuì col capo e disse, rivolta al re – Per me va
bene. Una volta in quella dimensione dovrai riuscire a trovare il modo di
formare uno di quei buchi neri, così che potremo raggiungerti anche noi.
- Ho capito. Se ce la fai, io sarei pronto anche ora.
CAP.6: arrivo su gaia
Le Sailor e gli Stars Knights erano disposti in cerchio, nel
cortile della reggia; al centro del cerchio stavano Sailor Pluto ed Endymion.
Teoricamente Sydia sarebbe riuscita anche da sola a
teletrasportare il re nella dimensione in cui Serenity era prigioniera, ma con
l’aiuto dei poteri delle Guerriere e dei Cavalieri il successo era assicurato.
-
Durante il teletrasporto – stava dicendo Sailor Pluto -
dovrai avere fiducia in me, altrimenti faticherò a portarti nel luogo dove è
stata portata Serenity. Un’altra cosa molto importante da dirti è che non posso
sapere esattamente dove ti troverai alla fine del teletrasporto: la dimensione
e, spero, anche il pianeta saranno quelli giusti, ma non posso garantirti che
ti troverai proprio faccia a faccia con Serenity.
-
Capisco. Ma non mi interessa. Fai quello che devi fare,
per il resto mi arrangerò.
-
Va bene. Ragazze, Stars Knights, preparatevi.
La prima a concentrarsi fu Sailor Pluto, imitata poi
dalle Sailor e dai Cavalieri: subito, attorno a ognuno di essi si formarono
delle aure di luce colorata ed evanescente. Tutti stavano raccogliendo i poteri
per darli a Sailor Pluto.
Lei tendeva le braccia alla sfera, che si era alzata dal
bastone, proprio come quando aveva cercato Serenity nelle varie dimensioni.
Endymion cercò di rilassarsi. A quel punto il suo corpo
cominciò a scomparire, come l’immagine su un televisore che non funziona. Si
sfaldò davanti agli occhi delle Sailor e in breve sparì completamente.
In un attimo, davanti agli occhi di Endymion non c’era
più il bel Cristal Palace, ma un universo luminoso di un bianco abbagliante; in
quel nulla candido, d’un tratto comparve, lontano, un grande portone che si
avvicinava velocemente: la porta dello spazio e del tempo.
In una frazione di secondo, Endymion vi era già passato
attraverso, e a quel punto gli parve di essere risucchiato da un vortice
potentissimo: chiamò a raccolta tutto il suo coraggio per continuare ad avere
fiducia in Sailor Pluto.
“Chissà perché continuano a cadere le stelle?”
Gli occhi di Serenity scrutarono ancora il cielo, e in
poco tempo videro cadere ancora cinque bellissime “lacrime di diamante”.
Su Gaia, la notte durava molto di più che sulla Terra,
perché la sua orbita era due volte più lenta. Inoltre, nel cielo notturno
splendevano non uno, ma due satelliti, il primo pressappoco della misura della
luna, l’altro un po’ più grande.
E nonostante tutto questo, il cielo di Gaia le ricordava
quello della Terra, perché anche là in quel periodo cadevano le stelle.
Sembrava che il cielo piangesse veramente, al di là delle distanze enormi per
un uomo, al di là delle differenti dimensioni…
Quando finalmente il risucchio diminuì d’intensità,
Endymion aprì gli occhi: il bianco accecante si stava “sciogliendo”, e già
poteva vedere le sagome di alcuni alberi, come quando la nebbia si alza. Quando
poi il vortice svanì completamente, si rese conto di essere sospeso a poco meno
un metro dal suolo, e in quell’istante cadde a terra con un gran tonfo.
- Accidenti, Sydia! – esclamò, rialzandosi – Già che
c’eri potevi teletrasportarmi qualche centimetro più vicino al terreno, no?!
Pensandoci un attimo, si rese conto che non era stato il
boschetto in cui ora si trovava a comparire davanti ai suoi occhi, ma era stato
lui a materializzarsi lì: almeno ora poteva dire di sapere cosa si vedeva
essendo smaterializzati. Non un granché comunque: solo… bianco.
Adesso invece era tutto piuttosto scuro, perché era
notte; una bella notte, tra l’altro, illuminata dalle stelle. Endymion si stupì
che esse cadessero anche lì: per caso Sydia non lo aveva portato in un’altra dimensione,
ma solo in un altro luogo della Terra?
Poi però notò le due lune parzialmente coperte dalle
fronde degli alberi, e allora fu certo che, no, era proprio su un altro
pianeta.
Si guardò attorno: l’uscita dal boschetto era poco più in
là, dove iniziavano dei prati sconfinati.
Non sapeva davvero come sarebbe riuscito a orientarsi, in
quel mondo che non conosceva, ma in ogni caso doveva almeno provarci.
Si aggrappò al ricordo della sua Serenity e intraprese il
cammino.
Nello stesso istante il “gemello cattivo” di Endymion si
stava allacciando l’ultimo bottone d’argento della giacca nera. Doveva andare a
far visita alla sua amata prigioniera.
Fece per salire le scale della torre, ma qualcosa lo
distrasse e lo arrestò improvvisamente.
Un intruso.
Lo sentiva.
C’era un intruso nella sua dimensione. Sul suo pianeta.
Aveva invaso il suo territorio.
Chi poteva essere? Chi aveva osato…
Ridiscese rapidamente i pochi scalini che aveva fatto e
chiamò un paio di Ghosts.
- Qualcuno è riuscito ad invadere il mio regno – affermò
– Chiunque sia, lo voglio qui ai miei piedi entro domani sera. Vivo. Andate a
riferire all’esercito.
I due Ghosts, obbedienti come cagnolini, eseguirono
immediatamente.
Una volta solo nell’atrio della torre, Endymion si
avvicinò ad una delle finestrelle che davano su un paesaggio incontaminato di
monti e pianure illuminati dalle due lune, e mormorò – Chiunque tu sia,
invasore, la tua aura è davvero potente, e molto simile a quella del mio unico,
grande nemico. Forse sei proprio tu, Endymion. Ma non importa – serrò le
mascelle con rabbia – perché questo è il mio territorio, e nessuna forza qui ha
il potere di domarmi.
Come a smentire queste sue ultime parole, qualcos’altro
aggredì la sua mente, con tanta violenza che dovette appoggiarsi al muro per
non cadere in ginocchio.
Una musica.
Una musica dolcissima, un po’ triste, che sembrava venire
da un passato tanto remoto quanto familiare.
Rimbombava nella sua testa come un tuono.
Sì, la conosceva bene, quella musica lenta e sottile,
eppure tanto potente da soggiogare il suo cervello e prostrare il suo corpo.
Un ciondolo d’oro, una specie di piccolo carillon.
Un pegno d’amore, reso tanto, tanto tempo prima di
allora, a una dolce principessa lunare dai capelli d’oro e i grandi occhi
azzurri.
Una principessa che oramai era divenuta una regina.
Stremato, Endymion lasciò che quel ricordo prendesse il
sopravvento su di lui e si gettò in ginocchio a terra, tenendosi la fronte,
come se la testa gli pesasse troppo.
In quel momento il re Endymion, essendosi fermato un
momento accanto ad una fonte, ascoltava il piccolo ciondolo musicale con le
lacrime agli occhi.
Cap.7: la cattura
Dopo la breve sosta alla sorgente, Endymion aveva ripreso
il cammino, con il paesaggio attorno a lui rischiarato solo dalla luce delle
stelle e delle due lune.
Aveva camminato delle ore, aggirandosi in quel mondo
sconosciuto, dalla natura tanto simile alla Terra, ma completamente estraneo a
presenze umane.
Ad un certo punto, vinto dalla stanchezza e dallo
scoramento, si era disteso sull’erba fresca e rada di un campo e stringendo il
ciondolo dorato
si era addormentato.
Ora stava dormendo un sonno leggero e agitato, popolato
di sogni molto strani: gli sembrava di camminare davanti al palazzo della
regina della Luna, Selene. Tutto lì era ancora splendido e fiorente, ma poteva
sentire il fiato minaccioso del male terrestre avvicinarsi al magnifico e
pacifico regno della Luna.
Percepiva questo, ma erano tutte sensazioni attutite,
sognanti.
Improvvisamente, si rese conto di essere lui stesso un
terrestre, ed ebbe un sussulto: Periglia aveva già impiantato dentro di lui il
seme della malvagità.
Doveva liberarsene.
Per lei.
Doveva.
Doveva.
Come un film repentinamente interrotto, Endymion tornò
alla realtà con un brivido freddo che gli corse giù per la schiena.
Prima ancora di aprire gli occhi avvertì delle presenze
vicino a lui, attorno a lui.
Si alzò a sedere di scatto, mettendo mano alla spada, ma
sentì immediatamente una lama di ghiaccio sfiorargli la pelle del collo:
impiegò qualche secondo a mettere a fuoco un gruppo di Ghost che lo stavano
minacciando.
Allontanò lentamente la destra dall’elsa della spada,
ancora infilata nel fodero, facendo chiaramente intendere che non voleva
attaccare – Forza, mostri. Portatemi da lui. Non aspetto altro. – mormorò con
un’espressione risoluta sul volto.
“L’altro” Endymion era nelle stanze della prigione dorata
di Serenity quando si rese conto che il suo nemico era stato catturato. Poteva
sentire la sua aura, la sera prima tanto lontana, ora vicina ma circondata da
qualcosa che la impediva. I Ghost dovevano averlo catturato.
-
Mia regina – disse rivolto a Serenity – probabilmente
non te n’eri accorta, ma nel mio territorio si era infiltrato un intruso: credo
proprio che i miei Ghost l’abbiano preso.
-
Un intruso? Chi…? – chiese lei mentre una speranza
accompagnata da una grande apprensione si faceva spazio nel suo cuore.
-
Non posso saperlo con certezza – rispose lui – ma penso
proprio che sia la persona a cui entrambi stiamo pensando.
Serenity ebbe un sussulto: possibile che fosse venuto
fino a lì per lei? E che ora fosse lui “l’intruso” catturato dai Ghost?
La regina abbassò lo sguardo, vergognandosi profondamente
del suo tradimento nei confronti del marito, pronto a rischiare tanto per lei.
L’uomo si avvicinò alla finestra che dava sul balcone e
guardò giù.
-
Eccolo – mormorò mentre un sorriso di vittoria gli si
dipingeva sul volto – MIEI GHOSTS! – chiamò poi i mostri che scortavano il
prigioniero – Portatelo qui sulla torre.
-
Ti prego – mormorò Serenity mentre gli occhi le si
riempivano di lacrime – Ti prego, non fargli del male…
-
Lui ha invaso il mio territorio – rispose seccamente –
Pagherà tanta presunzione.
Serenity nascose il viso tra le mani. Mai si era sentita
tanto sola come allora: possibile che la speranza l’avesse abbandonata?
Alla vista di quella regina ancora fanciulla, disperata
per una situazione più grande di lei, Endymion ebbe un moto di tenerezza: le si
avvicinò e le sfiorò i capelli biondi, ma appena sentì dei passi che si
avvicinavano ritirò subito la mano, quasi provasse vergogna di quel sentimento
tanto potente quanto totalmente estraneo per lui.
Pochi secondi dopo, sulla soglia comparvero tre Ghosts
insieme ad Endymion. Per un attimo i suoi occhi incontrarono quelli della
moglie, ma subito dopo venne spintonato e costretto ad inginocchiarsi.
Il suo “gemello” lo fissò con disprezzo, poi fece cenno
ai suoi mostri di andarsene – Me ne occupo io, ora. – disse.
La porta si richiuse alle spalle di Endymion.
-
Sono venuto per riprendermi la mia regina. – dichiarò
alzandosi in piedi – Voglio che tu me la renda immediatamente. Non mi interessa
sapere chi sei né perché ce l’hai tanto con me. Io rivoglio solo mia moglie.
-
Sei sicuro di essere nelle condizioni adatte per darmi
degli ordini, Endymion? – rispose l’altro avvicinandosi e guardandolo negli
occhi.
Serenity guardava la scena senza sapere come comportarsi.
Non aveva armi per aiutare il marito, e d’altro canto aveva delle riserve anche
a nuocere al suo “gemello”, che gli assomigliava tanto, e che sembrava provare
per lei lo stesso sentimento che la legava ad Endymion.
Dopo un lungo momento di silenzio glaciale, “l’Endymion
cattivo” mosse leggermente la mano, e come per magia da una tasca nascosta del
vestito del re fece uscire il ciondolo-carillon dorato, che dopo un breve volo
andò a posarsi proprio sul palmo dell’uomo.
- Questa – disse osservando i riflessi di luce sul
piccolo pegno d’amore – è l’unica arma che potrebbe servire a controllarmi. Me
ne sono reso conto ieri sera. Ma ora che è in mano mia non ha più nessun
valore. - le sue dita si strinsero all’improvviso attorno all’oggetto.
Serenity, intuito cosa voleva fare, gli urlò di fermarsi, ma la sua voce fu
accompagnata da un netto “CRACK!”
Quando lui riaprì la mano, pezzetti dorati e scintillanti
caddero verso terra, e prima di toccare il suolo si sfaldarono e scomparvero.
-
Ora non hai proprio niente per contrastarmi, Endymion –
disse, e poi scoppiò in una risata cattiva. Il re, furibondo, fece per
attaccarlo, ma con un nuovo, leggero movimento della mano, il “gemello”
materializzò intorno all’odiato rivale una campana di vetro, imprigionandolo.
-
Endymion! – urlò Serenity, e corse verso il marito. Le
loro mani si avvicinarono, ma non si toccarono: quella barriera trasparente del
tutto simile al vetro lo impediva.
Allora la regina si voltò verso il nemico, con
un’espressione d’odio sul volto – Basta così! – esclamò – Non ti permetto di
fare del male all’uomo che amo! Fin’ora ho sempre esitato perché credevo che
provassi per me quello che prova anche il mio Marzio, ma mi sono sbagliata! Hai
un cuore arido come il deserto! – detto questo, si tolse la spilla dal petto e
l’alzò – Potere del cristallo d’argento – chiamò – vieni a me!
Ma il cristallo, dopo un debole scintillio, si spense
diventando opaco come una pietra qualunque. Serenity lo guardò esterrefatta.
- Sei davvero ingenua, Serenity. – disse sorridendo il
“gemello cattivo” – Perché pensi che ti abbia lasciato la tua spilla col
cristallo? Se avesse potuto qualcosa contro di me, sarebbe stata la prima cosa
che ti avrei tolto. Qui nella mia dimensione c’era un’unica cosa che avrebbe
potuto controllarmi, e quella cosa è andata in frantumi. Ora, mia cara, ti
rendi conto appieno della tua situazione? Tu e il tuo… salvatore siete
prigionieri sul mio pianeta, senza possibilità di andarvene, né di combattermi.
Serenity lo fissò negli occhi, e si rese conto con orrore
che era tutto vero.
-
Sai – continuò lui incrociando le braccia – non hai
sbagliato di molto dicendo che il mio cuore è arido come un deserto. Anzi,
direi che hai centrato in pieno. Perché vedi, l’odio fa parte della mia stessa
natura. Non potrei provare nessun altro sentimento. Solo l’odio può occupare il
mio cuore; solo l’odio, l’astio e il rancore. Nello specifico, questi
sentimenti sono rivolti al mio nemico più grande: il re Endymion.
-
Non è vero! – si oppose Serenity – Menti! Nessun uomo
può soltanto covare rancore! Non c’è nessuno incapace di amare! E tu mi hai
dimostrato di potere anche provare affetto!
-
Ti sbagli. – rispose lui con voce incolore. Il sorriso
maligno era scomparso dal suo viso.
-
No, sono sicura di non sbagliarmi! Non era forse
affetto quello che ti ha spinto ad asciugare le mie lacrime, a consolarmi?
Lui la guardò senza dire una parola, come se non sapesse
cosa rispondere. O forse una parte di lui avrebbe voluto credere alle parole di
Serenity.
Poi però scosse la testa e gridò – Cosa ti fa credere che
io SIA UN UOMO?! Tu non sai nulla di me! Io sono odio puro! E se tu non mi vuoi credere, almeno crederai a
questo!
Alzò la destra in direzione di Endymion e sembrò
impugnare e stringere qualcosa di invisibile. Nello stesso instante, il re urlò
di dolore portandosi le mani al petto; gridando, cadde sulle ginocchia e si
piegò in due.
La mano del suo “gemello” si strinse ancora di più
attorno a quel qualcosa di invisibile, e le urla aumentarono.
-
Basta! – gridò Serenity guardando impotente il dolore
del marito, che si torceva dentro quella campana trasparente – Smettila! Cosa
gli stai facendo?!
-
Non lo capisci? Io posso arrivare al suo cuore senza
nemmeno toccarlo e stringere, serrare le dita sempre di più attorno ad esso
finché non scoppia per la troppa pressione! – scoppiò nuovamente a ridere.
-
NO! – Serenity si slanciò su di lui, ma venne respinta
da un’invisibile forza che la sbatté a terra.
-
Allora, Endymion! – esclamò il “gemello”, con evidente
soddisfazione – Come ci si sente con una mano che ti “strizza” il cuore? Dovrebbe
essere abbastanza doloroso! È una situazione buffa! Il “clone” che supera e
distrugge l’originale, il suo creatore!
Serenity si alzò sulle ginocchia a fatica, mentre le
lacrime le inondavano le guance pallide – Ti prego, basta… - lo supplicò.
Lui la fissò per qualche secondo, poi aprì le dita
lasciando la presa. Endymion crollò a terra riprendendo fiato.
-
Ma sì, lo lascerò vivere ancora per un po’. Ho notato
che nessuno di voi due sa nulla di me. Evidentemente Endymion ha preferito
dimenticare la mia nascita, piuttosto che portarsi dietro il ricordo per la
vita. Peccato che io sia ricomparso sulla scena, eh, Endymion?
-
Chi sei? – chiese Serenity alzandosi in piedi – Ora
voglio saperlo. Perché provi tanto odio per mio marito?
-
E va bene. Se il tuo desiderio è conoscere le mie
origini, ti dirò tutto.
CAP.8: NON C’è ODIO SENZA AMORE
-
Ricordi quando ti dissi che stare con me è stare con
Endymion? – le chiese sedendosi su una sedia e accavallando le gambe. Serenity
annuì con un cenno del capo, e lui continuò – Non avevo mentito. Perché io sono
Endymion. Lo sono almeno tanto quanto lui, cioè per metà.
-
Non capisco. – mormorò la regina. Quelle parole erano
totalmente prive di significato! Cosa voleva dire “per metà”?! Insinuava forse
che il suo amore era Endymion solo “per metà”?! E che lui era…
-
È naturale che tu non capisca. Ma lasciami cominciare
dall’inizio. Gli ultimi ricordi che ho di me stesso come uomo risalgono a
quando, essendo ancora principe, mi innamorai di te. O almeno, si innamorò di
te l’altra parte di Endymion, quella, chiamiamola così, “buona”. Sai bene anche
tu che nell’animo umano coesistono due tendenze, quella per l’amore e quella
per l’odio. Solitamente le due parti si bilanciano. Ma poni il caso in cui
l’odio riesca a prevalere… puoi immaginare le conseguenze sulla psiche della
persona in questione.
Serenity continuava a non capire dove l’avrebbero portata
quei discorsi. Con la coda dell’occhio lanciò uno sguardo preoccupato ad
Endymion, che quasi non si muoveva più: probabilmente si stava consumando
l’ossigeno, lì dentro. Cosa poteva fare per lui?
- Ed era questo che il principe Endymion temeva più di
ogni altra cosa – continuava intanto il “gemello” – Essendo un terrestre, anche
lui aveva subito l’influenza di Periglia, che aveva impiantato in lui il seme
del male. Ma il principe si era innamorato della principessa della luna, e per
nulla al mondo avrebbe voluto farle del male. Anzi, avrebbe tanto voluto
proteggerla. Si rese conto che, fino a che non si fosse liberato del seme del
male che era dentro di lui, in ogni momento esso avrebbe potuto prevalere,
anche contro la sua volontà. E una notte, sentendo che dentro di lui l’odio si
faceva strada inesorabilmente, decise di liberarsi per sempre di metà di se
stesso. La metà malvagia del suo animo, dove il seme aveva attecchito. No, non
guardarmi così, mia cara. Non dovresti sorprenderti. Non ti sei mai chiesta
perché il tuo Marzio fosse sempre così dolce, così coraggioso, così generoso e
protettivo? Perché è un uomo solo a metà: la metà “buona”. Io invece – disse
alzandosi in piedi – sono quella “cattiva”.
Serenity restò a bocca aperta: mai e poi mai avrebbe
potuto immaginare qualcosa del genere. Una rivelazione così improvvisa, così
inaspettata… no, non era possibile. Era tutta una bugia.
Però, ripensandoci, Serenity ricordò che già una volta
Marzio si era “sdoppiato” per proteggerla: il Cavaliere della Luna non era
stato forse un prodotto della stessa forza di volontà?
Quindi, se le cose stavano così significava che per amor
suo Endymion aveva rinunciato a metà di se stesso! Perché non aveva voluto
nuocerle in alcun modo!
- Credo che poi se ne sia completamente dimenticato –
osservò “l’altro” Endymion – Avrà rimosso completamente la mia nascita dai suoi
ricordi. Per lui stato come se nulla fosse accaduto. Ma per me non è stato
così. – strinse i pugni, in preda alla rabbia - Scacciato dalla parte di
Endymion che, nonostante tutto, era ancora la più forte, sono stato costretto a
girovagare come un miserabile per le dimensioni, covando la vendetta nel mio
“mezzo animo” in cui c’è spazio solo per l’odio. Fortunatamente sono capitato
su questo pianeta, che era abitato da un popolo molto progredito e molto
pacifico. Sono stati loro ad accogliermi e ad insegnarmi la tecnica con cui
creare buchi neri e tante altre cose. E, quando non ho più avuto bisogno di
loro, ho ordinato ai Ghost da poco costruiti di eliminarli fino all’ultimo. –
la regina a queste parole si fece d’un pallore mortale - E ora – il “gemello”
si avvicinò alla campana trasparente e vi appoggiò la mano – ora finalmente
compirò la mia vendetta.
Un’energia nera si sprigionò dalla sua mano e coprì
l’intera campana. Pochi secondi dopo tra le dita appoggiate al vetro cominciò a
sfuggire come un fumo chiaro che si liberava nell’aria e poi scompariva.
Endymion, dentro la campana, iniziò ad ansimare.
-
Cosa gli stai facendo?! – gridò esasperata Serenity
cercando disperatamente di togliere quella maledetta mano dalla campana; niente
da fare: sembrava letteralmente inchiodata al vetro.
-
Gli sto togliendo l’ossigeno – rispose lui, con gli
occhi che gli scintillavano di piacere – e lo sto sostituendo con un gas che
corrode i polmoni.
-
FERMATI! Ti supplico! – lo implorò Serenity piangendo a
dirotto – Ti prego! Fermati!
Endymion ormai era riverso a terra; ansimava ancora un
poco, ma si vedeva che si stava arrendendo. Gli occhi lucidi e vuoti gli si
riempirono improvvisamente di lacrime, che scesero brillando sul suo viso. Si
rendeva perfettamente conto della morte che lo stava per raggiungere; sentiva
benissimo i polmoni e la trachea bruciargli dentro come fuoco; era cosciente di
stare soffocando. Nonostante questo, l’unico pensiero che gli passò per la
mente fu “Chi salverà la mia Bunny, se non ci sarò più io? Chi la riporterà
sulla Terra, dalle sue amiche?”
Nello stesso istante, Serenity gridò ancora – Basta! Non farlo morire! Non far morire il mio
amore!
tra
Endymion e Serenity si formò all’improvviso una luce bianca fortissima, che
investì l’intera cupola di vetro e la distrusse con gran fragore. Il “gemello
cattivo” venne scaraventato via e sbattuto contro il muro.
Cadde a terra, ma cercò di rialzarsi subito. Cos’era
stato? Cos’era stata quella forza incredibile che l’aveva sollevato come un
fuscello spazzandolo via? Non l’aveva prevista.
Eppure, la conosceva. In piccolo, ma gli sembrava di
averla già conosciuta.
No, non poteva essere… non poteva essere… amore!
Serenity sollevò piangendo il corpo di Endymion da terra
e gli fece appoggiare la testa sul suo grembo – Mi dispiace… - riuscì a
sussurrare tra i singhiozzi – è stata tutta colpa mia… mi dispiace…
Endymion sorrise debolmente e le prese una mano nella sua
– Non piangere, Serenity. Ti prometto che ritorneremo a casa.
“L’altro” Endymion, intanto, si era avvicinato di qualche
passo, e osservava la scena con un sentimento nuovo che si faceva spazio nel
suo cuore. Perché gli dava tanto fastidio che Serenity rivolgesse le sue
attenzioni al rivale? Perché aveva desiderato avere quella ragazza per sé? Che
cosa rappresentava per lui?
Di certo non poteva sapere che quel “fastidio” era
gelosia. Non aveva mai provato niente del genere.
La sua espressione si fece scura come il cielo prima di
un temporale, e gli occhi blu brillarono d’odio. Non solo Endymion l’aveva
scacciato, rinnegato. Ora gli portava via la cosa più importante che aveva. No,
non era giusto. Non era giusto.
- TI ODIO, ENDYMION! – urlò, mentre l’energia nera usciva
dal suo corpo e lo avvolgeva come un vento maligno, come un vortice infernale.
Strinse i pugni e serrò le mascelle, divorato dal suo stesso rancore – TI ODIO,
E NON SMETTERò MAI DI ODIARTI! VOGLIO VEDERTI SOFFRIRE COME HO SOFFERTO IO! E
PER FARLO, AMMAZZERò DAVANTI AI
TUOI OCCHI LA DONNA CHE AMI!
Sollevati
dal vortice malefico, tutti gli oggetti che si trovavano nella grande stanza
iniziarono a girare sempre più velocemente attorno alla fonte di quel potere,
Endymion, scontrandosi tra di loro o frantumandosi sulle pareti; persino il
grande letto, pesantissimo, venne spostato con un cigolio sinistro.
serenity,
che era ancora inginocchiata accanto al marito, si vide arrivare addosso una
folata di quel fortissimo vento oscuro, che con potenza eccezionale riuscì a
sollevarla da terra e ad allontanarla da Endymion. Lui riuscì ad afferrarle la
mano e cercò di trattenerla, ma quella forza malvagia sembrava invincibile, e
gli strappò via la moglie.
Serenity si trovò faccia a faccia col nemico, e si rese
conto che era cambiato: non più i begli occhi blu tanto simili a quelli
dell’uomo che amava, ma due occhi grigi e spenti, e un’espressione del tutto
incolore. Non c’era nemmeno più odio in quell’uomo, perché un animo dedito solo
all’astio rode se stesso. E nel “gemello cattivo” di Endymion il rancore era
arrivato al suo ultimo stadio: quello dell’autodistruzione.
- Endymion! – lo chiamò Serenity cercando di riscuoterlo
– Endymion, ti prego, rispondimi!
Ma lui non udiva più le sue parole. Non poteva più
udirle.
Improvvisamente l’aura nera si illuminò di piccoli
fulmini azzurrini, che colpirono Serenity in pieno come delle scariche
elettriche. Lei urlò di dolore, ma non riuscì ad allontanarsi, perché quel
vortice la tratteneva. Fu allora che vide il marito correre verso di lei
addentrandosi nella bufera nera: la strinse forte tra le braccia cercando di
proteggerla. Per un attimo la regina si rifugiò nel suo abbraccio come una
bambina impaurita, ma poi lo allontanò – No. – disse, cercando di sovrastare il
sibilo assordante del vento nero – Non è questo il modo. Non si combatte l’odio
con l’odio e la paura – si alzò nuovamente in piedi, ignorando le scosse dolorose
che la colpivano – lo si combatte con l’amore.
Con nuovo coraggio, avanzò passo dopo passo verso il
centro di quel vortice: “l’altro” Endymion.
Ormai ridotto a una larva di se stesso, quell’uomo dagli
occhi spenti e ormai preda del suo stesso potere ebbe una leggera reazione nel
vedere Serenity andargli incontro senza timore. Quando gli fu vicina, lei gli
prese il viso tra le mani, incurante dell’inferno nero attorno a loro, e
sorrise.
- Basta così, Endymion. Basta così. Non lasciare che
l’odio ti divori in questo modo, perché non è vero che non sei capace di
provare amore. Non è vero. Tutti possiamo provarlo, e io sono sicurissima che
anche tu puoi. Hai solo paura di lasciare che prenda piede dentro di te, perché
per te è sconosciuto. – gli cinse il collo con le braccia, e lo abbracciò forte
– Tutti abbiamo paura di ciò che non conosciamo. Ma io voglio aiutarti. Fidati,
ti prego. Fidati.
Al suono di quella parola, “fidati”, le scariche
elettriche cessarono, e il vento nero diminuì d’intensità. Endymion sembrò
scuotersi e la guardò. Finalmente tornò il blu nei suoi occhi, mentre il
vortice cadeva completamente.
- Serenity – mormorò lui con una voce ancora un po’
incerta – Serenity, io… io ti… - chiuse gli occhi, come a cercare il coraggio
di pronunciare quelle parole - …io ti amo.
EPILOGO
- Sei sicuro di volertene andare? Potresti restare qui
con noi…
Il “gemello” di Endymion guardò Serenity con
un’espressione di tenerezza e di riconoscenza dipinta sul volto, ma scosse la
testa.
Era il momento degli addii.
Sulla collina fiorita dove la nostra storia ha avuto
inizio erano riunite sotto un cielo stellato le Guerriere Sailor, gli Stars
Knights, la regina e il re. Davanti a loro, il nemico. O almeno, colui che era
stato un nemico.
Dopo l’ammissione dei suoi sentimenti per Serenity, aveva
deciso per il bene suo di riportarla sulla Terra insieme ad Endymion e a
rinunciare alla vendetta nei confronti di quest’ultimo.
-
No, Serenity – le rispose con un sorriso triste – Io ho
scoperto l’amore, è vero, ma per ora lo provo solo nei tuoi confronti. Qui tra
di voi sarei solo un fastidio.
-
Non è vero! Non saresti affatto un fastidio! Ci
vorrebbe solo un po’ di tempo, ma poi…
Lui le si avvicinò e le diede una leggera carezza sulla
guancia – Non è detto che io non torni. Ma per ora non me la sento di stare tra
di voi, davvero.
-
E allora dove andrai? Non hai nessuno. – chiese la
regina.
-
Hai ragione. Non ho nessuno. Ma non importa. Il mio
odio non deve più farti soffrire, perciò finché non sarò pronto a volere bene
anche ad altre creature, voglio starti lontano il più possibile. Ah, prima di
andarmene, voglio restituirti una cosa – chiuse la mano a pugno. Tra le dita
fuggì qualche piccolo raggio di luce dorata: quando riaprì le dita, sul palmo
era comparso il ciondolo-carillon. L’uomo lo rese alla regina, poi continuò –
Fortunatamente avevo recuperato i pezzetti prima che si perdessero, così ho
potuto ricostruirlo. È come nuovo. In cambio, ti chiedo solo di non
dimenticarti di me.
-
Non ti dimenticherò! Mai e poi mai!
-
Questo mi basta. Anzi, forse per uno come me è fin
troppo. Addio, mia regina.
Si allontanò di un paio di passi e, alzando una mano al
cielo notturno, aprì un buco nero. Poi tornò a guardare Serenity, e negli occhi
gli brillò una lacrima.
- Ricordati, Serenity. Ricordati che persino la metà
oscura del tuo Endymion, quella in cui sembrava esserci spazio solo per l’odio,
non ha potuto fare a meno di amarti. – si asciugò la lacrima con un gesto
distratto – Addio, amore mio.
Detto questo, prese il volo verso il buco nero e scomparì
dentro di esso. Pochi istanti dopo, anche l’apertura si era richiusa.
Serenity restò a fissare il punto nel cielo dove
“l’altro” Endymion era scomparso, e le lacrime cominciarono a scorrerle sulle
guance.
Il re, che fino ad allora era stato immobile e
silenzioso, le circondò le spalle con il braccio destro e mormorò – Tornerà. Ne
sono sicuro. Non so quando, ma tornerà.
Serenity annuì leggermente con la testa.
Endymion alzò la sinistra indicando il cielo blu – Hai
visto, amore? Le stelle non cadono più. Il cielo ha smesso di piangere.
FINE
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