Driin... Driin..
Era la sveglia, che annuncia che era
ora di alzarsi, sbuffai sonoramente, prendendo la povera sveglia a
forma di gatto, regalatomi da mia nonna, per il mio decimo
compleanno, e la gettai per terra.
Incredibile, dopo tutte le volte che la
gettai per terra, non accennava a rompersi, dannata sveglia a forma
di gatto!
Oggi era il primo giorno del mio ultimo
anno alle superiori, questa era la sola cosa che mi dava sollievo,
soltanto un anno e tutto sarebbe finito, che bello!
Mi alzai, anche se di malavoglia, e mi
catapultai in bagno a fare una doccia, cercai di non perdere tempo,
come era mio solito, e tornai in camera ad indossare la divisa
scolastica.
Maledetta divisa, odiavo indossarla,
era beige, e io odiavo il beige o qualunque colore che gli si
avvicini.
Scesi giù in cucina, dove c'era
mio padre che mi aspettava per fare colazione.
-Buongiorno scoiattolino!-
-Papà, lo sai che non sopporto
essere chiamata così- mi chiamava così, perché
da piccolina, i miei denti, ricordavano quell'odiosa creatura, ma
dopo aver portato per circa tre anni quell'affare chiamato
“apparecchio” i miei denti adesso erano perfetti, almeno
quell'arnese, era servito a qualcosa.
-ma dai, eri così carina da
piccola, anche se avevi i denti un po'...-
-per favore, smettila!- dissi dando un
morso ad una fetta biscottata -adesso scappo, se non voglio arrivare
in ritardo-
-ma come, non mangi più niente?
Ho anche preparato quei biscotti al cocco, quelli che ti piacciono
tanto!- disse mio padre dispiaciuto per non aver mangiato i suoi
biscotti, povero li aveva preparati con tanto amore, ma proprio non
avevo fame quella mattina, mi ero persino pentita di aver mangiato
quella fetta biscottata, avevo la nausea, e non volevo peggiorare la
situazione
-no grazie papà, conservali
nella dispensa, magari di pomeriggio, mentre guardo la tv, ne mangio
qualcuno!-
-ok, piccola mia- disse conservando i
biscotti
-beh adesso vado a stasera!- dissi
prendendo le chiavi della mia auto e scappando fuori casa.
Fortunatamente quella mattina non c'era
molto traffico, strano ma vero, ed arrivai in tempo a scuola, scesi
dall'auto e mi avviai dentro la cancellata, nella panchina di fronte
l'entrata c'era Stacey, la mia migliore amica, che mi aspettava da
chissà quanto tempo, la sera precedente le avevo promesso che
sarei arrivata in anticipo di trenta minuti per il primo giorno di
scuola, invece si e no, mancavano cinque minuti al suono della
campanella.
-Sophia!!- che sguardo incazzato che
aveva, e come poterle dare torto
-scusami, scusami- dissi andandole
incontro- è tutta colpa di quel gatto maledetto, ha miagolato
male questa mattina!-
-non dare colpa a quella povera
sveglia, sei tu che sei una dormigliona!-
-e che posso farci? Non riesco a
riabituarmi a questa routine!- Stacey fece morire il discorso li, mi
prese sottobraccio e insieme entrammo a scuola
-sei pronta a ricominciare?-
-no per niente- dissi amareggiata
-ma dai, sei la ragazza più
popolare della scuola, di che ti lamenti?-
-non ho scelto io di essere popolare,
sai quanto me ne frega di esserlo- dissi entrando nell'aula di
biologia, iniziava benissimo l'anno, odiavo quella maledetta e
inutile materia!
Prendemmo posto, e iniziammo la prima
lezione dell'anno.
Alla fine della lezione, uscimmo
dall'aula, alla prossima ora ci sarebbe stata ginnastica, ed ero
intenzionata a saltarla, ma a che serviva quella materia? Soltanto a
sudare e basta!
La mia migliore amica non se lo fece
ripetere due volte, e saltammo la lezione, andammo a prendere un
caffè in una delle tante macchinette della scuola e
successivamente ci sedemmo nella nostra solita panchina, parlavamo
del più e del meno, quando...
-non ti voltare- disse la mia migliore
amica
-e perché mai?- chiesi non
capendone il motivo
-non sai chi sta per raggiungerci- ma
ahimè dal tono della sua voce, avevo capito di chi si
trattava, e solo una persona, e dico, solo una persona, poteva
irritarmi in un modo incredibile...
-Salve ragazze, il primo e giorno e già
saltate le lezioni?- avrei voluto non voltarmi, ma l'istinto non mi
diede retta
-eh... guardate chi c'è...
l'inglesino! Tornato da Londra? Sai, speravo ci saresti rimasto per
sempre!-
-e invece per tua grandissima gioia,
rieccomi qui anche quest'anno!- disse facendo un ghigno, mi limitai
soltanto a fare una smorfia, ad un tratto me lo trovai seduto
affianco...
-quindi, che mi racconti? Fatte
conquiste questa estate in Spagna?- continuò lui
-penso che non te ne dovrebbe
importare, Mathias!-
-dici così perché nessuno
spagnolo ti ha dato attenzioni?- si come no... come minimo dieci
ragazzi mi hanno chiesto di uscire quell'estate passata a Valencia,
da mia zia Rose...
-povera la mia Sophia, quanto mi
dispiace, invece io a Londra mi sono divertito così tanto, mi
sono fatto una ventina di ragazze in un solo mese!-
-wow! Perché non lo segnali al
Guinness dei Primati?- Stacey si limitò a ridacchiare
divertita senza dire nulla, mentre lui fece una smorfia, ma non
accennava ad andare via...
Lui era Mathias Adams, inglese, nato a
Londra, ma da cinque anni si era trasferito qui negli Stati Uniti,
suo padre possedeva una vastissima quantità di catene
alberghiere, principalmente nel nostro paese, e molte altre nel resto
dell'Europa.
Da cinque anni, sfortunatamente,
quell'essere, e lo chiamo così, perché non meritava
nemmeno di avere un nome, abitava di fronte casa mia, e quindi era il
mio vicino di casa e sono cinque anni che non facciamo altro che
stuzzicarci e prenderci in giro a vicenda.
Ma chi si credeva di essere? Per essere
bello era bello, era da ipocrita non ammetterlo, ma non per questo
gli era concesso di comportarsi come un coglione!
Soltanto perchè aveva due occhi,
dal colore dell'oro, i capelli corvini e un corpo che ricordava una
statua greca? No, non gli era concesso!
-Beh, io mi sono scocciata, andiamo
Stacey- dissi prendendola per mano e andandocene in qualsiasi posto,
almeno un centinaio di metri lontana da lui.
Finalmente il primo giorno di scuola,
era terminato, e non avevo rivisto per il resto della giornata quella
sottospecie di essere chiamato Mathias, rientrai in casa, e andai in
camera mia, mio padre era al lavoro e la domestica, si prese una
settimana di ferie, povera la mia Marie, aveva la febbre altissima,
spero di riprenda presto!
Come al mattino, non avevo per nulla
fame, quindi per passare il tempo, accesi il mio portatile e navigai
un po' su internet, poi entrai su messenger, magari avrei beccato
qualche amico spagnolo che avevo conosciuto questa estate, neanche il
tempo di mettere lo stato in linea, che si aprì una finestra
Womanizer
Sophia, da quanto tempo, come mai
sprechi il tuo tempo su messenger?
FairySoph
Ehm... scusa si può sapere chi
sei?
Womanizer
dai che lo sai chi sono!
FairySoph
no, che non lo so! E sai una cosa?
Nemmeno mi interessa, ciao “donnaiolo”
Womanizer
pensi di essere simpatica?
Guarda che il tuo sarcasmo è
banale e mal riuscito..
FairySoph
può anche essere, ma sai chi se
ne frega? Ciaooooo!
Womanizer
Aspettaaaa! Non andare, dai indovina
chi sono!
FairySoph
Ma a me non interessa sapere chi sei...
perchè insisti?
Se sei davvero un “donnaiolo”
come ti definisci tu, che cavolo ci fai in chat?
Womanizer
Infatti cerco la mia prossima preda!
FairySoph
Beh allora buona caccia, ti saluto!
Chiusi Messenger e spensi il pc, che
strana gente che si trovava in rete, ecco perché non perdevo
il mio tempo in internet, annoiata decisi di uscire in giardino a
prendere un po' di sole, per fortuna le giornate erano ancora calde,
indossai un bikini e uscii in giardino sdraiandomi su una delle sedie
a sdraio, misi le cuffie del mio mp4 e chiusi gli occhi, rilassandomi
e ascoltando musica, probabilmente mi addormentai, perchè mi
ritrovai a svegliarmi di soprassalto, tutta bagnata, come se mi
avessero gettato un secchio d'acqua ghiacciato addosso, ma chi mai
poteva fare questo? Ero in casa da sola, non avevo il coraggio di
aprire gli occhi, ma quando lo feci, me ne pentii subito
-che cavolo ci fai qui? E come ti sei
permesso di tirarmi l'acqua addosso? Da dove sei entrato? Che cavolo
vuoi? Lo sai che te la farò pagare, piccolo verme
insipido....-
-non sbraitare così, sai che non
è carino fatto da una signorina per bene, come te, vero
FairySoph?-
ecco chi era poco prima, nient'altro
che quella testa di cazzo di Mathias, beh dovevo aspettarmelo...
scoppiai a ridere e la cosa lo sorprese parecchio
-Womanizer, oddio, non smetto di
ridere- dissi continuando a ridermela di gusto, certo, lo sapevo che
fosse un “donnaiolo” ma vantarsene anche su internet,
allora è vero che i ragazzi hanno il cervello molto più
piccolo del nostro!
-comunque- dissi cercando di ricompormi
-cosa ci fai qui? Vattene subito!-
-sai, ho visto che stavi prendendo a
fuoco, e ho pensato di spegnere l'incendio, con un bel secchio
d'acqua!- disse questa volta ridendo lui di gusto, ma questa volta
non era il mio corpo a prendere a fuoco, ma bensì i miei occhi
-sei anche entrato in casa mia! Ti
odio, vattene!-
In quell'istante entrò mio
padre, che ci venne incontro, aveva un pacco con lui, chissà
cos'era...
-salve Signor Davis! Come sta?- disse
tranquillamente Mathias
-bene, bene, e tu ragazzo mio, come
stai? Tuo padre sta bene? Sono circa due mesi che non lo vedo!-
-eh si, è partito per la
Francia, tornerà domani pomeriggio-
-bene, così possiamo organizzare
una bella cena tutti insieme!-
-certo mi farebbe piacere!- disse lui,
con quella sua finta aria da bravo ragazzo, poteva prendere in giro
mio padre, e tutti quello che voleva, ma non me.
Ebbene si, mio padre e il padre di
Mathias, sono vecchi amici d'infanzia, e sfortunatamente da quando.
cinque anni fa, si trasferirono qui, ripresero a ri frequentarsi, e
almeno due o tre volte la settimana, o noi andavamo a cenare da loro
oppure loro venivano da noi, lui davanti al mio e al suo di padre,
con me si comportava da bravo ragazzo, gentile ed educato e non
riuscivano a capire, perché ce l'avessi così tanto con
lui! Ma loro cosa ne potevano sapere, cosa subivo da lui ogni giorno
a scuola? Di quello che mi ha fatto passare negli ultimi cinque anni?
Assolutamente niente, perché era un bravo, anzi, un ottimo
attore, ancora mi chiedo come mai non abbia sfondato al cinema!
-piccola mia, cosa ci fai tutta
bagnata? Ma sei impazzita? Ti verrà una polmonite!-
-papà io...- cercai di
giustificarmi
-vai a cambiarti subito!- mi alzai
dalla sdraio e mi incamminai verso casa -tu rimani a cena con noi,
Mathias?- non appena mio padre, pronunciò quelle parole, mi
voltai ,incenerendolo con lo sguardo
-ma certo Signor Davis, sa che per me è
un piacere stare in sua compagnia, e quella di sua figlia!-
-bene, perché ho portato del
cinese- disse entrando dentro casa, mentre io osservavo la scena,
incazzata più che mai, Mathias, si voltò verso di me
,mi sorrise, e seguì mio padre dentro casa.
Erano ormai due ore che stavamo a
tavola, e quell'odioso di Mathias, non accennava ad andarsene, io mi
rigiravo i pollici, e continuavo i battere i piedi per terra, Dio che
noia e che discorsi inutili, non facevano altro che parlare del
lavoro di mio padre e quello del padre di Mathias, ma quanto possono
essere noiosi gli uomini?
-scusate, io vado a dormire- dissi
alzandomi dalla tavolo
-ma scoiattolino non è carino
alzarsi, quando c'è un ospite!- disse il mio caro papà,
mi limitai soltanto a lanciargli occhiate di fuoco – a
proposito, perché non mostri a Mathias, le foto fatte questa
estate a Valencia dalla zia Rose?- oh, no, ma che cavolo, sapeva che
l'odiavo, perché farmi questo?
Lui notò l'espressione del mio
viso, soffocò una risata, fingendo una tosse improvvisa
-andiamo in camera mia- gli dissi,
tanto contraddire mio padre era inutile, l'avrebbe comunque avuta
vinta, tanto vale non controbattere, lui non se lo fece ripetere due
volte, che mi venne dietro.
Salimmo le scale, senza rivolgerci la
parola, ma continuava a tenermi gli occhi addosso, una volta arrivati
in camera mia, accesi il portatile, dove tenevo le foto, non avevo
ancora avuto il tempo di stamparle, ma l'avrei fatto al più
presto, non continuai a dire niente, mentre lui osservava la mia
stanza, come se non ci fosse mai stato!
-qui ero al mare con mia cugina Aida e
con i suoi amici, Esmeralda, Carlos e Turi- dissi mostrandogli la
foto
-pensi davvero mi possa interessare?-
disse la con la sua solita faccia smorfiosa
-e allora cosa sei venuto a fare?-
-a romperti le scatole- di scatto mi
alzai, volevo menarlo, stava superando ogni limite, perché
doveva irritarmi in quel modo? Gliela avrei fatta pagare, una pinza
in faccia, non gliela toglieva nessuno, ma lui, furbo com'è,
mi bloccò la manco, avendo intuito le mie intenzioni
-ma come facevi a saperlo?- dissi
stupita
-pensi che non ti conosca ormai?-
continuava a stringere il polso, stava cominciando a farmi male
-lasciami- ma lui non mi diede retta e
continuò a stringere di più -ho detto lasciami,
bastardo!-
-ma neanche per sogno!- rispose lui con
un ghigno
-guardo che ti mollo un calcio sulle
palle, se non la smetti! Ma cosa vuoi da me? Perché devi
torturarmi?-
-semplice, perché mi diverto!-
-io invece no, Mathias, ti prego...- e
mi lasciò il polso -adesso vattene-
-no... voglio vedere le foto-
-non ho più voglia di fartele
vedere, va via!- quasi urlai
-smettila, tuo padre potrebbe sentirti-
-non mi importa- sussurrai
-dai, fammi vedere queste foto- mi
arresi, tanto l'avrebbe vinta, come sempre lui
La mattina seguente, non avevo nessuna
voglia di andare a scuola, non avrei sopportato rivedere la sua
faccia, ma mio padre mi avrebbe buttata fuori di casa, anche a suoni
di calci, se era necessario, guai se perdevo un giorno di scuola,
secondo mio padre...
Quando scesi in cucina, mio padre non
c'era, quella mattina era andato a lavoro presto, bene, potevo
rimanere a casa, ma dopo ci ripensai, lo avrebbe scoperto comunque, e
mi avrebbe fatto una ramanzina lunga da qui all'Europa, feci
colazione con i biscotti preparati dal mio babbo il giorno prima, non
appena finii di mangiare, presi le chiavi dell'auto e quelle di casa,
e uscii ...
Quando fui in auto, qualcosa non
andava, la mia macchina non accennava a partire, e adesso?
Imprecai contro il voltante, e furiosa
scesi, sbattendo violentemente la portiera di quella stupida
macchina.
Cazzo, non avevo voglia di andare a
piedi, era abbastanza distante la scuola da casa mia, e non potevo
neanche rimanere a casa, chi lo avrebbe sentito mio padre?
-hai qualche problema?-
di fronte a me c'era lui dentro la sua
limousine, forse aveva assistito a tutta la scena
-no, nessun problema-
-tu dici? E non è un problema,
che la tua macchina, non parta?-
-no, non è un problema, mi farò
una bella passeggiata, sai fa bene alla salute-
-se vuoi posso darti un passaggio in
limo- ma che era matto? Non avrei accettato neanche morta
-no, grazie- dissi cominciando a
camminare, altrimenti si sarebbe fatto tardi, ma lui mi veniva dietro
con la sua limo, ma perché non se ne andava?
-che vuoi?- dissi voltandomi verso di
lui, che se ne stava ancora affacciato al finestrino abbassato
-sali-
-ho detto no!-
-ho detto sali- e quelle furono le
ultime parole famose, aprì lo sportello della limo, e
prendendomi per un braccio, mi buttò dentro, chiuse la sicura,
in modo tale che non potessi uscire.
Quando mi ritrovai sopra le sue gambe,
come se fossi un gatto, saltai nei sedili di fronte a lui
-un grazie è gradito-
-non te l'ho chiesto io di venire in
limo con te-
-hai ragione-
-lo so- e dopo il silenzio.
Arrivati a scuola, ci separammo, senza
nemmeno salutarci, io raggiunsi Stacey all'entrata
-che brutta cera!- commentò la
mia migliore amica
-non dire niente, per favore- dissi non
volendo continuare il discorso
Alla fine delle lezioni, Stacey mi
diede un passaggio a casa, oggi avrei passato tutta la giornata a
casa a dormire, ed era l'unica cosa da fare quando non ero di buon
umore.
Mi risvegliai dopo due ore, diavolo che
mal di testa!
Balzai dal letto, quella sera sarei
dovuta andare al cinema insieme a Stacey e la sua sorellina più
piccola Christine, ma non avevo nessuna voglia di uscire di casa,
volevo soltanto indossare il mio largo pigiamone rosa con le
paperette e guardare un po' di tv, insieme al mio babbo.
Così decisi di chiamare la mia
migliore amica per darle la “bella” notizia
-Stacey?-
-ohi Soph, che succede?-
-nulla... dobbiamo rinviare il cinema,
questa sera non ho voglia di uscire- le dissi veramente dispiaciuta
-oh non ti preoccupare, a dire il vero
non avevo nemmeno io tutta questa voglia di uscire!- poco le credevo,
ma comunque carino da parte sua
-beh allora ci vediamo domani-
-okay, a domani, passo a prenderti io?-
ah vero, la mia aiuta è a riparare!
-si, non vorrei nuovamente ritrovarmi
su una limosine- lei scoppiò a ridere -non c'è nulla da
ridere!-
-hai ragione- disse continuando a
ridere -allora a domani- disse chiudendo la chiamata.
Subito dopo arrivò una chiamata
di mio padre, quella sera non sarebbe tornato a casa, aveva del
lavoro da sbrigare, ed io che volevo stare con lui quella sera...
Una mezz'ora dopo, bussarono alla
porta, scesi di sotto e andai ad aprire, mi ritrovai davanti alla
porta il signor Adams, il padre di Mathias, era un uomo di mezza età,
aveva all'incirca 55 anni, i capelli ormai grigi e lo stesso colore
degli occhi del figlio, vestiva con completo gessato grigio
-salve William!- lo salutai cortese
-oh ciao Sophia, tutto bene?-
-si, grazie-
-tuo padre?- chiese
-no, mio padre questa sera non torna a
casa, a causa del lavoro-
-capisco, ed io che volevo invitarvi a
cena...- disse dispiaciuto
-beh sarà per la prossima volta-
-perché non vieni tu a cena da
noi?- io a cena da loro? Ma nemmeno morta, dovrei sopportarmi suo
figlio e le sue battutine del cavolo? No, grazie!
-ehm... non saprei, non vorrei
disturbare...- non avevo il coraggio di dire no apertamente, non era
carino, ma che potevo fare?
-Insisto! Questa sera nostro figlio
esce con gli amici, e potresti tenere compagnia a mia moglie, le
farebbe piacere!- non c'è Mathias? Bene, allora avrei
accettato
-Okay, mi ha convinta, ci vediamo tra
una mezz'oretta-
Andai in camera mia, aprii l'armadio, e
decisi d'indossare un vestitino carino rosso, che mi regalò
mio padre il giorno del mio sedicesimo compleanno, un paio di scarpe
nere col tacco, andai nel mio bagno personale, e mi truccai un po',
un filo di matita nera, sopra e sotto, e un lucida labbra, rosso
ciliegia, spruzzai qualche goccia del mio profumo preferito, e mandai
un sms a mio padre, dove gli dicevo che cenavo quella sera a casa
Adams.
Scesi di casa e attraversai il
vialetto, l'unica distanza tra casa mia e quella dei signori Adams,
quando fui davanti casa, suonai il campanello, ad aprirmi fu la
domestica, Serena, una donna di circa trentacinque anni, di origini
italiane, non tanto alta, bionda e dai grandi occhi verdi, ho sempre
provato tanta simpatia versa quella donna
-salve!- dissi entrando in casa
-bentornata signorina Sophia, tutto
bene?- m chiese cordialmente la domestica
-bene, grazie!- le sorrisi, lei
contraccambiò
-i signori l'aspettano in sala da
pranzo-
-grazie-
Mi diressi nella sala da pranzo,
accompagnata da Serena, dove mi aspettavano il signore e la signora
Adams, erano seduti a tavola che aspettavano che fosse servita la
cena, andai a salutarli
-Buonasera!-
-oh ciao Sophia!- la signora Lily, si
alzò e mi venne incontro, e mi strinse in un abbraccio
affettuoso
-andato bene il viaggio?- chiesi
-si, grazie piccola, su siediti accanto
a me!- la signora Lily mi trascinò al tavolo e prese a
raccontarmi del viaggio appena trascorso col marito, di quanto si
fosse divertita, degli innumerevoli posti abbia visitato, nonostante
quello fosse un viaggio d'affari.
-oh, ma guarda chi abbiamo qui!- ero
così presa dal racconto, che quasi non mi ero accorta della
sua presenza, gli feci un cenno col capo, non volevo sembrare
scortese davanti i suoi genitori e poi quella sera non sarebbe
rimasto con noi, altrimenti col cavolo che avrei accettato!
-aggiungete un posto per me- non appena
udii quella frase, mi voltai di scatto, i miei occhi incontrarono i
suoi, lui mi fece l'occhiolino e sorrise divertito di fronte la mia
espressione sconvolta
-ehm... ma non dovevi uscire con degli
amici?- chiesi, cercando di tenere un tono di voce gentile
-si, ma ci vado dopo cena, non mi
sembra carino uscire quando ci sono degli ospiti, specialmente se
quell'ospite è una mia amica- amica? Amica? Ma quale amica?
Quando noi due siamo mai stati amici? Cercai di compormi, dovevo
comportarmi bene, altrimenti cosa avrebbero pensato di me i loro
genitori, che mi hanno sempre conosciuta come una ragazza gentile e
carina?
-ma no Mathias, non preoccuparti, se
hai degli impegni vai pure, io sto qui con i tuoi genitori-
-ma non dire fesserie, lo so che ci
rimarresti male se andassi via, e poi voglio tenerti a fare
compagnia- insistette lui, lo dicevo che era un attore, risultava
credibile anche a me, se non sapessi come era fatto.
-ma com'è carino da parte tua!-
disse sua madre, alla quale rivolse un sorriso dolcissimo, almeno con
lei sembrava carino, io avevo voglia di dirgli una valanga d'insulti,
che m dovetti mordere la lingua per non farle uscire, e alla fine mi
arresi, che altro avrei potuto fare?
Servirono la cena, e continuammo a
parlare del viaggio, della scuola, delle vacanze trascorse in Spagna
dalla zia, molto amica della signora Lily, infatti mi aveva promesso
che per le prossime vacanze ci saremmo andate a trovarla insieme,
ovviamente solo io a lei, e parlammo anche del lavoro del signor
Adams.
Quando finimmo ci alzammo, Mathias salì
in camera sua a prepararsi, finalmente se ne andava, e noi ci
accomodammo in salotto a prendere una tazza di caffè, la
signora m fece vedere le foto fatte durante il viaggio col marito, e
anche dei filmini in dvd.
-mamma io vado- era sceso in salone
Mathias, era messo tutto in tiro, un completo bianco, camicia nera,
scarpe eleganti nere, capelli all'indietro con un chilo di gel, ma
dove stava andando? Mi venne da ridere, finsi un colpo di tosse e
portai una mano alla bocca, lui se ne accorse, e mi mando un'occhiata
truce.
-va bene tesoro- si incamminò
verso l'ingresso quando...
-perchè non porti con te
Sophia?- disse il padre, il corpo era paralizzato e gli occhi erano
ormai fuori dalle orbite, lui ebbe la mia stessa espressione, circa
dieci secondi dopo, rispose
-certamente- col suo solito sorrisino
-ma...-
-su andiamo- mi alzai e salutai i
signori, forse avevo capito, per non deludere i genitori, voleva
fingere di portarmi con se, e una volta fuori casa ognuno per i fatti
nostri, per una volta non potevo non essere più che d'accordo.
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