You
and Me
Era un’assolata mattina
d’aprile quando
Semir e Jan riuscirono finalmente ad
acciuffare quella banda di spacciatori, che da così tanto
cercavano.
“Andrea, sono Semir.
L’operazione è riuscita, torniamo in
centrale per fare rapporto. Ok, si… ti
amo…” e chiuse la telefonata, voltandosi
verso il suo
collega, che, intanto,
stava parlando con il capitano dell’unità cinofila.
Jan… da un anno era il suo
partner lavorativo… davvero un
record.
Di solito tutti rifiutavano
l’incarico dopo un mese, non
riuscendo a reggere i ritmi dettati da quell’impiego.
Ma Jan ce l’aveva fatta, si
era imposto, non solo sul
lavoro, ma anche nel suo cuore, anche se lui questo non lo sapeva.
Il moro lo vide, e gli sorrise,
dopodiché strinse la mano
all’uomo con cui parlava, e lo raggiunse.
“bel lavoro
collega!” disse ironico
“oh, grazie”
rispose Semir con lo stesso tono, dopodiché si
misero a ridere, come sintomo della tensione che era svanita alla fine
della
missione.
“dai, torniamo in
centrale” disse il castano,avvicinandosi
alla macchina, aprendo lo sportello del guidatore, mentre Jan gli
passava
velocemente davanti, sedendosi, poggiando le mani sul volante.
“scusa?” chiese
l’altro in tono scherzoso, corrugando la
fronte
“dai, Semir, lascia guidare
me!”
“no”
“…si…”
“…no…”
“…perfavore…”
“…e va bene, va
bene!”si fece convincere, quindi salì sul
sedile del passeggero e partirono a tutta velocità verso il
comando.
Ma non sapevano che
qualcuno li
stava osservando, ribollendo di invidia al solo pensiero che prima, al
fianco
di Semir, c’era lui, e non quel ragazzino moro.
E come lo
guardava…
Si alzò di
scatto e, con un’idea
che gli balenava nella mente, salì a sua volta in macchina e
partì,
La stessa sera, Jan
era fermo sul
pianerottolo di casa sua, in cerca delle chiavi del suo appartamento,
quando si
sentì chiamare.
“lei
è il signor Jan Richter?”
“si…”
A quella risposta
l’uomo, che era
dietro di lui, lo colpì alla nuca, facendolo cadere sul
pavimento, privo di
sensi.
Il mattino dopo
Semir, in
ufficio, era abbastanza spazientito; Jan era in ritardo di mezz’ora.
Non che fosse una
novità, a volte
succedeva che il moro tardasse ad arrivare, ma lui odiava aspettare.
Cominciò a
preoccuparsi
seriamente quando il ritardo fu di 1 ora, quindi lo
richiamò, per la decima
volta, al cellulare…
…niente,
ancora spento…
Chiamò a
casa, ma non gli rispose
nessuno, e la preoccupazione gli salì ancora, mentre Andrea
gli diceva di stare
calmo, e che Jan gli avrebbe spiegato il motivo del suo ritardo non
appena
fosse arrivato.
Ma mentre parlava il
cellulare di
Semir squillò.
Guardò il
display. Numero privato.
“pronto”
“Semir…”
si sentì chiamare dalla
voce dall’altro lato, che sembrava incrinata dalla paura.
“Jan?”
chiese sorpreso, sgranando
gli occhi, mentre gli altri agenti gli venivano vicino, per poi
ripensare alla
sua voce, normalmente così squillante ed allegra, incrinata
a quel modo.
“Jan, dove
sei? Che ti è
successo? JAN?!!” ripetè, non avendo alcuna
risposta, fino a quando…
“ciao
Semir”
La voce era cambiata,
ma lui la
conosceva fin troppo bene.
“Mike…”
FINE
PRIMA PARTE
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