Lost girl

di WillofD_04
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Ero diventata completamente scema. Si, sicuramente. Monkey D. Rufy, detto “cappello di paglia” mi aveva proposto di entrare nella sua ciurma. Quante possibilità c’erano che mi potesse proporre una cosa del genere? Una su un miliardo? Nemmeno, visto che tecnicamente lui nemmeno esisteva. Lo avevo incontrato per puro caso, perché tra mille altri la Stella aveva scelto proprio me. Ed ora ero lì sulla sua nave per altrettanto puro caso. Avevo avuto una seconda occasione che non tutti hanno. Avevo ricevuto una proposta che tutti vorrebbero ricevere e che tutti accetterebbero senza un minimo di esitazione, se ne avessero la possibilità. Io invece che gli avevo detto? “Ci devo pensare”. Ero un’ingrata. Una cretina ingrata. Che cazzo mi passava per la testa!? Se non altro però, ora potevo capire le ragazze dei romanzi o dei film che nonostante avessero una relazione perfetta, alla proposta di matrimonio del fidanzato rispondevano con un “ci devo pensare”. Certo, tutto il pubblico rimaneva deluso ed ero sicura che se qualcuno mi fosse stato a guardare sarebbe stato molto deluso anche dalla mia risposta, ma che ci potevo fare? Era una cosa importante e definitiva e a me, le cose definitive non piacevano per niente, come si era potuto appurare. Volevo la garanzia che sarei potuta tornare indietro se le cose prendevano una piega che non mi piaceva. Come avrebbero potuto prendere una piega che non mi piaceva quando ero nell’universo di One Piece, sulla Thousand Sunny e nella ciurma di cappello di paglia? Tanto per cominciare, loro avevano un sacco di nemici. Ed erano tutti, chi più chi meno, mostri di potenza. Io invece non avrei saputo sterminare neanche una mosca con una bomba atomica, figuriamoci combattere con nemici del calibro di un imperatore.
Passai la notte alternando momenti di scotimento del capo a sorrisi. Alla faccia che l’aria salmastra faceva bene, a me aveva fatto impazzire. Certo, non che la colpa la attribuissi direttamente all’aria marina, quando l’intera situazione era assurda. Però ero sia contenta che mortificata. Se da un lato ero onorata, dall’altro ero intimorita e molto indecisa. Non avevo il coraggio di presentarmi davanti alla ciurma. Di sicuro avrei subito le loro occhiate inquisitorie e le loro – anche se temevo in particolare per un membro solo – domande insistenti che mi avrebbero messo alle strette e mandato nel pallone. Fosse stato per me e per la mia codardia, sarei rimasta l’intera giornata chiusa in infermeria. Avrei potuto dire che la testa mi faceva male...no, no meglio non rischiare, magari Chopper si sarebbe appiccicato a me per tutta la giornata. Perché non togliersi la cintura, se bastava così poco per rendersi invisibili? No. Rufy e qualcun altro avrebbero comunque potuto vedermi. Avrei tanto voluto nascondermi, ma avevo promesso a me stessa che non l’avrei più fatto.
Qualcuno bussò alla porta. Mi prese il panico per un momento. Pensai a chi potesse essere mentre mi alzavo dal letto e con il timore negli occhi andavo ad aprire. Mi ero figurata tutti i nomi possibili che avrei potuto trovarmi davanti, ma mai mi sarei aspettata di trovare sull’uscio Robin, con in mano una tazza fumante di qualcosa e un piatto contenente due toast.
«Buongiorno Camilla» disse lei, sorridente come al solito
«Buongiorno Nico Robin» replicai io, un po’ meno sorridente e piuttosto perplessa
«Come ti senti oggi?»
Non risposi alla sua domanda. Non perché non volessi farlo, ma per dare una risposta sincera avrei dovuto pensarci.
«Sanji mi ha chiesto di portarti la colazione» mi porse quello che aveva in mano e scoprii che la bevanda calda era tè
«Oh, che gentili. Grazie» le sorrisi. Avrei voluto chiederle com’era la situazione di là, se il capitano aveva parlato di me, se loro sapevano. Invece tacqui.
Dopo qualche imbarazzante minuto di silenzio, la mora parlò.
«Se oggi stai meglio, che ne dici di fare da vedetta?»
Rimasi interdetta un paio di secondi. Io? Da vedetta? E perché?
Vedendo che non spiccicavo parola, continuò.
«Sai, è un posto tranquillo. Nessuno ci va mai e poi in prossimità di un’isola sarebbe utile qualcuno che stia in coffa»
Mi ci volle un po’ per capire. Robin aveva dovuto pensare che ero mezza muta o che so io, visto che quella mattina era più il tempo che boccheggiavo che altro.
«Oh. Oh, certo. Certo, ci vado io a fare la vedetta»
«Ti consiglio di andarci entro breve, perché tra poco finiranno di fare colazione»
«Si, vado subito. Grazie mille» le sorrisi grata e lei ricambiò il sorriso, poi se ne andò, lasciandomi alla mia deliziosa colazione. Non me la potei gustare come volevo perché avevo fretta, ma pazienza.
Mi ci volle un po’ per arrivare sulla coffa. La scala di corda era instabile, io ero goffa di mio e il vento non migliorava di certo le cose. Però dovevo ammettere che Robin mi aveva dato davvero un ottimo consiglio. Era meraviglioso là in alto. Tutto era migliore, lassù. L’aria era più pura, il mare sembrava più azzurro che mai ed era una tale pace per i sensi che non avrei saputo come descriverla. Era il posto ideale per scrivere. Avrei tanto voluto avere con me un taccuino e una penna per poter immortalare quel momento così idilliaco...ma mi accontentai della sensazione del vento che mi sferzava la pelle. Non mi faceva male, anzi, mi faceva il solletico. Sorrisi, ripensando che l’ultima volta che avevo provato una sensazione del genere era proprio poco prima della partenza dei ragazzi, quando io e Marco avevamo volato. Ripromisi a me stessa che lo avrei rivisto e che avrei fatto sapere alla fenice che ero lì. Tutto il mondo avrebbe percepito la mia presenza, anche se tecnicamente la mia presenza era legata ad una cintura di ferro. Ad ogni modo, non potevo restarmene lì tutto il giorno. Dovevo prendermi le mie responsabilità. Mi alzai in piedi e cominciai a scrutare l’orizzonte. Niente terra in vista e nemmeno i mugiwara si rivedevano. Di sicuro si erano persi in chiacchiere nella sala da pranzo o in qualche siparietto divertente, tipo Chopper che si infilava le bacchette nel naso o Rufy che divagava in qualche scemenza. Risi al pensiero e appoggiai i gomiti sul bordo di legno della piattaforma. Forse la mia vita lì non sarebbe stata tanto male.
 
 
Rimasi a fare la vedetta per un paio d’ore. O almeno così mi sembrava. Non avevo un orologio con me e non potevo dirlo. A dire la verità non avevo niente. Robin mi aveva messo fretta e mi ero dimenticata di portarmi qualcosa che potesse intrattenermi, come per esempio il mio telefono. Non che servisse a molto, data la mancanza di una connessione dati, ma avevo ancora qualche stupido giochino con cui far passare il tempo. Della ciurma non c’era traccia, né di Law. L’unica cosa che si vedeva da quella postazione – oltre i chilometri di oceano – era il sottomarino giallo dei Pirati Heart. Rispetto alla Sunny era piccolo ed era senz’altro buffo. Nessuno dell’equipaggio però era sul ponte. Forse Franky stava finendo di fare le ultime riparazioni. Quasi automaticamente mi venne da fischiettare “Yellow submarine” e nel mentre mi chiesi come sarebbe stato vivere là dentro. Di sicuro non era un posto adatto ai claustrofobici. Tuttavia dovetti interrompere le mie riflessioni filosofiche perché sentii delle voci. I mugiwara, in tutta la loro irruenza, uscirono dalla sala da pranzo.
«Ehiiiii Camiiiii» sentii gridare. Chiusi gli occhi e storsi la bocca. Mi avrebbe chiamato finché non fossi venuta fuori e poteva andare avanti per tutta la mattinata. Meglio togliersi il dente subito. Mi alzai, guardai di sotto e lo salutai con la mano.
«Ecco dov’eri! Ti sei persa la colazione!»
«Lo so, ma non avevo fame lo stesso»
«Allora? Qual è la tua risposta alla proposta che ti ho fat...» Rufy fu fermato dalla mano della navigatrice che gli coprì interamente la bocca e gli sussurrò qualcosa all’orecchio, dandogli poi un immancabile pugno in testa.
«Buongiorno Cami!» esclamò poi con aria innocente, grattandosi la nuca «vedi qualcosa all’orizzonte?»
Scrutai l’oceano e dopo poco mi accorsi che in lontananza, molto in lontananza, si vedeva un’isola!
«Terra! Vedo la terra!» urlai all’equipaggio tutta concitata
«Ottimo! Tra due ore circa dovremmo attraccare al porto di Shogyoshima»
Due ore, eh? Ora che la navigatrice aveva messo a tacere il suo capitano non dovevo più nascondermi lassù e avevo due ore di tempo per fare quello che volevo e che dovevo fare già dal giorno prima. Scesi e andai diretta dal carpentiere. Stava mettendo appunto gli ultimi progetti sulle modifiche da fare al sottomarino del chirurgo.
«Ehi. Disturbo?» feci capolino sulla soglia della porta del suo laboratorio
«Ah, ciao! No, no dimmi» disse senza distogliere gli occhi dai fogli che aveva in mano.
«Mi servirebbe un’arma» dissi un po’ imbarazzata
«Oh. Quindi deduco che hai deciso di unirti a noi. Super!» Franky fece la sua classica posa con gli avambracci uniti
«Ehm...veramente...non ho ancora deciso...» se prima ero imbarazzata ora lo ero anche di più. Lo sapevano tutti? Beh, avrei dovuto immaginarmelo con uno come Rufy.
«Non importa. Un’arma è sempre utile» commentò il cyborg. Poi chiamò Usop a gran voce e una volta che fu arrivato potemmo cominciare la messa a punto della mia arma.
Il cecchino stava seduto a gambe accavallate su una sedia, con carta e penna in mano e con fare teatrale mi poneva certe domande assurde – almeno assurde per me – tipo se preferivo il combattimento corpo a corpo o a distanza o in quale dei due me la cavassi meglio. Come facevo a saperlo!? Ma soprattutto, perché partivano dal presupposto che mi piacesse combattere?
«Se scuoti la testa e alzi le spalle a tutte le domande che ti faccio non ci aiuti» fece il moro
«Lo so, ma come pretendi che io sappia certe cose quando non ho mai preso in mano un’arma e soprattutto non ho mai preso in considerazione di doverlo fare?»
«D’accordo. Dalle risposte che hai dato sappiamo che non ti piace il combattimento corpo a corpo e hai una cattiva mira»
«Pessima. A meno che non si tratti di una scarpa. Ma non credo che io possa abbattere nemici con una scarpa»
«L’unica opzione che resta è una via di mezzo tra il combattimento ravvicinato e a distanza. Quindi ci serve un arma tipo una lancia»
«Mi serve un’arma che possa essere anche difensiva»
«Le cose semplici non ti piacciono, eh ragazza?» Franky poggiò le carte che stava studiando da prima e si alzò. Non aveva tutti i torti, ma se mi fossero piaciute le cose semplici non sarei stata lì. Già che c’ero ne approfittavo.
«Ok, penso di sapere che cosa cerchi» comunicò il turchese dopo aver dato un’occhiata ai fogli di Usop
«Ah si?»
«Si. Ora per favore attendi fuori, è pericoloso qui»
«Pericoloso? Ma posso almeno sapere di che si tratta?»
«Volano scintille. Fidati di me e Franky, siamo maestri in queste cose!» mi rassicurò Usop con un sorriso
«D’accordo allora aspetto fuori. Grazie e buon lavoro» feci per andarmene ma mi fermai «solo per curiosità, quanto pensate che ci vorrà?»
«Dipende» mi rispose il cyborg, già al lavoro. Nessuno aggiunse altro e io uscii dalla stanza.
 
Passai l’ora e mezza successiva a chiacchierare con i membri della ciurma. Erano tutti fantastici, specialmente Robin. Non era una di troppe parole, ma quello che diceva ti lasciava senza fiato. Anche la sua voce era stupenda. Era seria ma allo stesso tempo dolce. Parlammo di libri. Mi disse che il suo genere preferito, oltre ai saggi storici, era l’avventura – che casualmente era anche il mio preferito – ma che le piacevano tutti i generi e che amava leggere in generale. Come se non lo sapessi. Chiacchierai anche con Chopper, che mi diede un’infarinata generale sulle erbe mediche. Mi spiegò quali erano le più comuni e per cosa erano usate. Queste cose mi affascinavano. Infine parlai con la navigatrice. Le dissi che una volta sbarcati sull’isola avrei dovuto comprare un po’ di vestiti e di effetti personali. Speravo che capisse che mi servivano dei soldi, senza dover stare a spiegarglielo. Quale persona sana di mente avrebbe chiesto dei soldi a Nami? Lei però mi disse che non c’era problema, che mi avrebbe dato duecento berri. Un ottimo risultato, direi. Mi consigliò anche di togliermi la cintura qualora non mi fossero bastati e di prendere tutto ciò che mi serviva già che c’ero. Non aveva tutti i torti. D’altronde vivevo in un mondo dove la pirateria era molto diffusa e dubito che sarei stata la prima che commetteva un furto. A dire la verità non mi sarebbe dispiaciuto provare il brivido ma mi sarei sentita troppo in colpa per quelle persone che lavoravano onestamente. “Prendetevela con la navigatrice tirchia” non era una buona scusa. Sorrisi immaginandomi la scena.
«Eccoti finalmente! Non riuscivo a trovarti da nessuna parte! Abbiamo finito!» esclamò Usop leggermente a corto di fiato
«Sul serio? Arrivo!» feci emozionata
«Temo che la tua arma dovrà aspettare» disse calma Nami mentre raggiungevo il cecchino. Entrambi la guardammo perplessi. Lei si limitò ad indicare un punto alla sua sinistra e a sorridere.
«Siamo arrivati» annunciò.



Angolo autrice:
Ciao a tutti. Come sempre, spero che questo capitolo vi sia piaciuto. Ultimamente avrete notato che sto pubblicando con una cadenza minore rispetto a prima. Purtroppo i mille impegni mi impediscono di scrivere quanto vorrei e spesso non trovo nemmeno una mezz'ora di tempo per pubblicare. Per questo, con mio sommo dispiacere e a malincuore, sto pensando di sospendere momentaneamente la fan fiction. Non me ne vogliate. Ovviamente la riprenderò a scrivere e a pubblicare il prima possibile, questa è una promessa! Comunque, non è una decisione definitiva, bisogna vedere come si mettono le cose. Per il momento però, sto pensando di fare così anche se mi dispiace tanto. Come sempre, se volete lasciate una recensione, mi farebbe molto piacere :)
A questo punto vi dico "a presto", nella speranza che sarà davvero presto.




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