Alla mia sweetheart,
che è la mia
roccia e grande fonte d’ispirazione.
Buon compleanno!
“[…]
friendships between women are often the deepest and most profound love
stories…[…]
Women’s
friendships outlast jobs, parents, husbands, boyfriends, lovers, and
sometimes children…it’s possible to transcend the
limits of your skin in a friendship…This kind of friendship
is not a frivolous connection…[…]
It is
love…Support, salvation, transformation, life: this is what
women give to one another when they are true friends, soul
friends”
-Emily Rapp
Rose dondolava placidamente le gambe in aria come una bambina. Erano
penzoloni fuori dal finestrino della macchina di Violet e il contrasto
tra il vento fresco e la carrozzeria scottata dal sole le
provocò un brivido lungo la schiena. Erano ferme ad una
stazione di servizio poco distante dalla capitale,
l’affascinante Berlino, nel bel mezzo del loro viaggio on the
road all’insegna dell’Europa, le sue fantastiche
capitali e le sue bellezze.
Violet stava facendo rifornimento di viveri alla stazione visto che tra
le due era lei quella che parlava tedesco e, nel mentre, stavano
pazientemente aspettando le altre ragazze del loro gruppo per
ricongiungersi. Sarebbero state insieme a loro giusto qualche giorno e
poi lei e Rose sarebbero ripartite insieme alla volta del nord della
Germania, puntando poi verso la Polonia.
Rose osservò divertita Violet, impegnata a litigare con
qualcuno dentro al piccolo supermercato. Notò da come
agitava le braccia che era alterata con il suo interlocutore e non
poté fare a meno di ridere per le facce che assumeva.
Nonostante le conoscesse tutte a memoria praticamente, non si stancava
mai di guardarle: erano sempre in grado di strapparle una risata.
Rose tornò ad osservare il quadernino che teneva tra le
mani, picchiettando la penna a ritmo di “Breakeven”
dei The Script. Lei e Violet alternavano le loro playlist durante il
viaggio, ma fortunatamente avevano gusti musicali affini e non
discutevano sul controllo del lettore cd. Canticchiando le parole, si
mise di nuovo a scrivere.
“Diario di
bordo, ore 15.26, poco fuori Berlino.
Stiamo facendo
rifornimento ad una stazione di servizio qualunque e il sole sta
picchiando di brutto in questo pomeriggio di luglio. Sto osservando
Violet da distante, è impegnata in un’accesa
discussione con un malcapitato commesso. Non parlo tedesco, ma so
leggere il linguaggio del corpo e Violet è incazzata come
una biscia. Penso che sia un male che sappia diverse lingue, questo le
dà la possibilità con incazzarsi con gente
diversa in ogni posto che visitiamo.
Tornando a noi, devo
dire che la situazione è ai limiti del tragicomico: ci siamo
fermate per fare rifornimento di cibo dopo che io e lei siamo riuscite
a seccare le scorte di una settimana nel giro di una notte. La gente
che sostiene che i tedeschi non siano ospitali non ha capito niente
dalla vita. O non ha conosciuto quelli giusti probabilmente. Nonostante
l’imprevisto cibo, ci siamo divertite come matte.”
Rose alzò un attimo il capo dalle pagine per respirare a
pieni polmoni l’aria fresca della Germania che fortunatamente
le permetteva di respirare sotto al cocente sole estivo. Il tettuccio
panoramico della macchina lasciava intravedere il cielo limpido e
sereno, di un azzurro così intenso e pieno da sembrare
dipinto.
“È
bello avere ventidue anni e sentirsi così felici. Le persone
si ostinano cocciutamente a cercare la felicità, vedendola
come una metà da raggiungere e conquistare. Vorrei tanto
parlare con questi Napoleoni contemporanei e spiegare loro che non
è così. La felicità non
sarà mai completamente nostra, altrimenti che senso avrebbe
la vita? Ha valore quando la felicità è
bilanciata anche dalla sua controparte negativa, il dolore. Lo dice
sempre anche Violet che il dolore ha un modo unico
d’ispirarci. Comunque, senza divagare troppo, quello che
stavo cercando di scrivere era che la felicità
più che una meta la vedo come un viaggio, un percorso, una
strada, piena di curve, strade sterrate, rettilinei, dossi, discese e
salite.
Guardando solo la meta
finale, quell’unico punto tanto agognato, finisci per
perderti il panorama attorno a te e certe volte è davvero
mozzafiato.”
«Ehi donna, stai cercando di rubarmi il lavoro?»
borbottò Violet, battendo col piede sulla portiera
affinché Rose le aprisse. Aveva tra le mani due enormi buste
della spesa e le sue braccia sembravano chiedere pietà.
«Sono lontana anni luce dal rubarti il lavoro, fidati. Stavo
solo buttando giù qualche pensiero, il nostro diario di
bordo non si scriverà da solo!» replicò
Rose, agitando nella mano destra il fantomatico diario. Violet le fece
il verso scherzosamente mentre Rose si allungò sul sedile
del guidatore per aprire la portiera e permettere all’amica
di poggiare nei sedili posteriori le buste straripanti.
«Ora capisco perché il commesso si è
incazzato, gli hai svaligiato il negozio come minimo!»
osservò Rose, fissando l’amica con un sopracciglio
alzato in un piglio perplesso.
«Ah ah, simpatia portami via. Comunque ho trovato la
soluzione per il tuo strambo desiderio di dormire sotto le
stelle» disse Violet pimpante, regolando lo specchietto
retrovisore e infine accomodarsi meglio contro il sedile imbottito. Le
altre disperate sarebbero arrivate solamente tra un’ora
quindi le due amiche avevano ancora del tempo libero da ammazzare.
«Punto uno, non è strambo. Punto secondo,
è inutile che fai la cinica, so che anche a te piace come
idea e non mentire che tanto non ti credo nemmeno se mi reciti a
memoria l’Amleto. Comunque, quale sarebbe la
proposta?» chiese incuriosita Rose, allungandosi verso le
buste della spesa per recuperare una confezione di succhi di frutta che
aveva adocchiato poco prima. Violet le fece cenno di prenderne uno ed
uno solo e la ragazza sbuffò, facendo la linguaccia alla
mora.
«Non ci crederai mai, ma ho scoperto che a circa venti
kilometri da qui c’è un drive-in. Direi che
è l’occasione perfetta, resterà aperto
tutta la notte e nessuno farà caso a due ragazze che dormono
sul cofano di una macchina. E in più ci potremmo gustare
tanti bei film» spiegò soddisfatta la ragazza,
alzando un sopracciglio verso Rose, sfidandola a ribattere al suo
ragionamento di ferro. La ragazza scoppiò a ridere di gusto,
buttando indietro il capo e i capelli castano scuri al seguito.
«Non sia mai! Affare fatto, ci sto. Ti potrei persino
lasciare prendere i pop-corn dolci!» esclamò Rose
con un sorriso malefico disegnato sulle labbra, intenta a sfregarsi le
mani tra di loro pregustando la sua serata sotto le stelle.
******************
«Certo che sei una piccola, sporca manipolatrice»
mormorò contrariata Rose, osservando Violet stendersi comoda
sul cofano della macchina, una ciotola più grande di lei
strapiena di pop-corn tra le mani. La ragazza le rifilò un
sorriso tronfio, prima di masticare con gusto una manciata di pop-corn.
Rose scosse la testa vagamente schifata, arrendendosi con un sospiro.
«Ci fosse DiCaprio almeno, accidenti! Abbiamo beccato la
versione del ’74!» esclamò Rose,
indicando lo schermo gigante con un cenno del capo e agitando le mani
in aria per accentuare la drammaticità della faccenda,
finendo con l’attirare l’attenzione di una coppia
poco distante da loro. Era una serata placida e abbastanza calda,
così diverse persone avevano avuto la loro stessa idea di
sdraiarsi sul cofano: in pratica il drive-in si era trasformato in un
pic-nic notturno con cinema all’aperto, tralasciando le varie
macchine qua e là.
«Ehi, anche Robert Redford da giovane faceva la sua porca
figura, quindi guarda il film e non lamentarti!»
ribatté Violet lapidaria, le parole finali soffocate da una
risata allegra per l’occhiata raggelante che le aveva
lanciato Rose. L’amica fece un gesto con la mano, liquidando
la faccenda in fretta.
«E “Il grande Gatsby” sia!»
borbottò con finto entusiasmo per essere stata raggirata.
Quando Violet si voltò verso lo schermo, dove stavano
iniziando a scorrere i primi fotogrammi del film, Rose si
lasciò sfuggire un sorriso divertito. Si stava lamentando
tanto, ma, in fondo, la serata si prospettava buona. Solo
l’idea di essere in un drive-in era emozionante, se ne vedeva
praticamente zero dalle loro parti, quindi aveva acconsentito di buon
grado. Non avrebbe capito un accidente del film, visto che era in
tedesco e si sarebbe spoilerata il libro, ma alla fine non importava,
perché il suo desiderio di dormire sotto le stelle si
sarebbe realizzato.
La ragazza respirò forte la fresca brezza serale, lasciando
che le togliesse di dosso la calura del giorno e scompigliasse i
capelli. Osservò poi il cielo estasiata: quella sera era
limpido e splendido, le stelle erano luminose come non mai senza
l’inquinamento luminoso della città. Non si
trovavano proprio in aperta campagna, ma ci andavano vicine.
Iniziò ad osservare le costellazioni, cercando di
riconoscere ed individuare quelle che si ricordava o che Violet le
aveva insegnato nel corso degli anni.
Senza nemmeno rendersene conto, mentre era impegnata ad osservare le
stelle, si addormentò tranquilla, cullata dalle musiche e i
dialoghi del film.
****************
Violet osservava distrattamente la scatola di pop-corn ormai giunta a
metà: si sentiva in colpa per averli praticamente quasi
finiti da sola, ma era sicura che nessuna delle loro amiche si sarebbe
lamentata. Loro avevano parcheggiato un poco più indietro
rispetto alla loro macchina e prima erano passate a dare
un’occhiata alla situazione, ridendo senza ritegno quando
trovarono Rose dormire pacificamente come se il mondo attorno non
esistesse.
Avevano mandato diversi film dopo “Il grande
Gatsby”, ma dopo il terzo Violet aveva perso interesse e ora
stava leggendo con calma un libro dal suo fidato e-reader. Non la stava
prendendo particolarmente, visto che il suo cervello aveva iniziato a
perdersi e viaggiare a briglia sciolta.
Osservò Rose agitarsi nel sonno, poco prima che la ragazza
aprisse nuovamente gli occhi e iniziasse ad guardarsi intorno con
sguardo intontito e guardingo.
«Buongiorno, principessa sul pisello. Dormito
bene?» domandò con tono scherzoso Violet,
beccandosi una leggera gomitata sulla coscia da parte di Rose. La
ragazza si sedette, scuotendo la testa per cercare di scacciare via
l’intontimento causato dal sonno e stiracchiandosi come un
gatto.
«Vedo che ti è piaciuto molto il film.»
commentò sarcastica Violet, facendo la linguaccia a Rose.
L’amica fece un gestaccio con la mano e prese una manciata di
pop-corn, improvvisamente affamata. Il sonnellino le aveva provocato
appetito e fare un piccolo spuntino di mezzanotte era fondamentale,
anche se effettivamente non avesse idea se fosse mezzanotte o meno.
Poco importava.
«Succhi all’ace ne abbiamo ancora?»
chiese Rose, tra un morso e l’altro. Violet rise gettando il
capo all’indietro e annuendo.
«Sei sempre la solita. Tieni.» le disse Violet,
allungando a Rose un succo che si era preparata da prima per se stessa
ma che alla fine non aveva nemmeno bevuto. A Rose si illuminarono gli
occhi e mandò un bacio volante a Violet per ringraziarla. La
ragazza osservò con sguardo distratto davanti a
sé, non vedendo davvero le immagini che scorrevano sullo
schermo. Il film le sembrava familiare, ma non riusciva a capire di
cosa si trattasse.
«Sai, mentre ero in dormiveglia mi è venuta in
mente la primissima volta che ci siamo incontrate.»
mormorò Rose inaspettatamente, osservando l’amica
con sguardo nostalgico. Violet si tirò le gambe al petto,
appoggiando poi i gomiti sulle ginocchia. Sembravano passati i secoli
da quel giorno: non tanto perché fossero passati un numero
esageratamente lungo di anni, ma perché fin dalla prima
volta in cui si erano incontrate, entrambe avevano avuto
l’impressione di conoscersi da sempre. Da vite e vite intere.
«Quello che si dice un ritorno alle origini. Eravamo due
adolescenti insicure della vita, non sapevamo nemmeno se ci saremmo
riviste dopo il nostro primo incontro e guardaci ora, in viaggio per
l’Europa insieme, chi l’avrebbe mai detto? Mi sento
un sacco fortunata al solo pensarci.» confessò la
ragazza, facendo un occhiolino complice a Rose. La castana
ridacchiò, scuotendo lievemente il capo, incredula. Solo
Violet poteva uscire candidamente dal nulla con un pensiero
così dannatamente dolce.
«È incredibile, hai quel maledetto dono di
capovolgere ogni situazione e di tirare fuori discorsi dolci e
strappalacrime all’improvviso. Se non sfondi come scrittrice,
ti prenderò a calci.» sbuffò Rose,
lanciandosi poi d’impeto verso Violet, che si
sbilanciò di lato perdendo l’equilibrio e in men
che non si dica si ritrovarono entrambe a terra, rotolando
sull’erba umida, a ridere come due pazze.
La gente le stava guardando di traverso e qualcuno le zittì
anche, borbottando epiteti pochi carini in tedesco, ma le due non ci
facevano granché caso. Quando l’attacco di risa
finalmente cessò, le ragazze si ritrovarono ad osservare il
cielo stellato che le proteggeva come una volta incantata.
Violet stava pensando alla “Notte stellata” di Van
Gogh e si rese conto con un colpo al cuore quanto perfetta fosse la sua
visione del cielo, di quanto perfetta fosse stata la sua
rappresentazione. Le capitava spesso, di avere quegli attimi di
consapevolezza in cui era a stretto contatto con il mondo che la
circondava, in cui ogni grado di separazione spariva, lasciando spazio
ad una sensazione così travolgente da farti perdere la
lucidità.
«Che momenti come questi possano durare per
sempre.» affermò Rose, alzando la scatolina di
succo verso il cielo, probabilmente immersa a sua volta nello stesso
ragionamento dell’amica.
Violet aveva il braccio destro bloccato sotto alla nuca di Rose, quindi
alzò la mano sinistra, il palmo rivolto verso
l’alto, come per voler afferrare la luna e con le dita ben
aperte, avida di toccare con mano quel cielo strabiliante.
«Che momenti come questi siano la sostanza della nostra vita
e della nostra felicità.» sussurrò
Violet a voce bassa, come se fosse un desiderio da lascare in custodia
al vento e alle stelle. Si allungò per dare un bacio sulla
guancia alla sua sorella di vita, per dirle sottovoce «Ti
voglio bene, mia sweetheart.»
Rose la guardò felice e disse a sua volta «Te ne
voglio anche io, patata.»
*************
Diversi anni dopo, da
qualche parte a Chicago.
Rose era profondamente persa nei suoi ragionamenti e calcoli, impegnata
con la lista dell’inventario dietro il bancone della sua
libreria: c’era qualcosa che non le tornava e stava per
chiamare Bonnie, la sua dipendente, salvo accorgersi di una ragazzina
entrare a passo di carica di carica nel negozio, con l’aria
di una persona pronta a dare battaglia.
«Miss Rose, mi dica che è arrivato!»
esclamò trafelata la ragazzina, sistemandosi due ciocche
rosse dietro le orecchie, accentuando ancora di più il
disordine di capelli che aveva in testa. Rose fissò
interdetta la piccola Samantha, non capendo a che libro stesse facendo
riferimento.
«Deve essere uscito il suo
libro!» continuò, puntando il dito verso il
televisore alle spalle della donna. Rose si voltò
incuriosita verso lo schermo: aveva tolto il volume per poter
concentrarsi meglio nel suo lavoro e solo in quel momento si accorse
che Violet era in televisione. Era un’intervista vecchia di
qualche mese in cui aveva annunciato l’uscita del suo nuovo
libro e tutti ne erano sembrati entusiasti. Rose la osservò
per qualche secondo, anche in un’occasione così
formale non la smetteva di gesticolare quando parlava e
trovò la cosa tremendamente buffa e allo stesso tempo
confortante: le mancava un sacco quella scema.
«Miss Rose? Per favore, per favore, mi dica che le sono
già arrivate le copie! È una delle librerie
preferite di miss St. John, quindi son sicura che sarà stata
anche la prima a cui avrà fatto spedire le copie, ci
metterei la mano sul fuoco.» disse la ragazzina, mettendosi
le mano sui fianchi con un ghigno soddisfatto sulle labbra: il suo
ragionamento non faceva una grinza. Rose scoppiò a ridere di
gusto di fronte alla sua cocciutaggine e si voltò nuovamente
verso di lei, distogliendo l’attenzione da Violet.
«Sono arrivate da giusto qualche ora, non ho nemmeno avuto il
tempo di metterle negli scaffali. Te ne porto subito una,
d’accordo tesoro?» chiese Rose, facendo
l’occhiolino complice a Samantha, che si illuminò
completamente di felicità. Annuì con fare deciso,
gli occhi brillanti di gioia pura, mentre si affrettava a cercare il
portafoglio nella piccola borsa a tracolla. Mentre Rose spariva in
magazzino, la ragazzina osservò un curioso tatuaggio al
centro della nuca, lasciata scoperta da una coda alta.
Era nero e sembravano due saette, incrociate a formare una x. La
piccola rossa si illuminò di colpo, capendo che quello era
un molnija, il simbolo che i Guardiani ricevevano quando uccidevano uno
Strigoi nella saga di “Vampire Academy”. La
ragazzina sorrise furbescamente: aveva sempre sospettato che miss Rose
fosse una fangirl accanita: aveva un entusiasmo unico nel parlare dei
libri, li definiva spesso “i miei bambini”.
La donna tornò presto con la copia del libro. Se pensava di
non poter vedere la ragazzina più felice di come era
già, si sbagliava: ora stava praticamente fluttuando a tre
metri da terra per la contentezza. Le porse i soldi con entusiasmo e
Rose le diede il resto con un sorriso soddisfatto sulle labbra: era
così felice che finalmente la sua amica stesse ottenendo il
consenso che si meritava.
Come di consueto, prima di uscire Samantha fissò con sguardo
bramoso il vecchio diario che Rose teneva conservato su un leggio di
legno scuro vicino al bancone, ben esposto così che tutti
potessero vederlo e ammirarlo.
Era il diario originale che lei e Violet avevano compilato anni
indietro, durante il viaggio on the road in Europa, che era stato poi
usato come base per il suo libro “The Ride”. Lo
conservava con cura da secoli e tenerlo esposto le sembrava una cosa
carina da fare: si poteva benissimo considerare una sorta di
“manoscritto” inedito del romanzo di Violet, un
modo per far sentire i suoi lettori ancora più vicini a lei.
Ovviamente non era in vendita, ma tanti si erano fatti avanti,
offrendole cifre spropositate per averlo, ma Rose aveva sempre
rifiutato decisa: quei ricordi valevano più di ogni altra
cosa e le erano cari come se quel piccolo diario vecchio e logoro fosse
stato suo figlio.
«Non lo venderà mai, vero miss?» le
chiese curiosa la ragazzina, avvicinandosi il più possibile
per osservarlo meglio. Era semplice, niente di eccentrico o
stravagante, con un motivo floreale e delicato stampato sopra e una
storia incredibile al suo interno. Avrebbe tanto voluto possederlo come
oggetto da collezione, ma si accontentava di poterlo ammirare e
sfogliare ogni volta che passava in libreria. Rose, dal canto suo, lo
fissava spesso con nostalgia e uno sguardo da sognatrice, ripensando a
come quel viaggio si fosse rivelato l’avventura di una vita,
eccitante ed unica.
«Non oserebbe venderlo, perché altrimenti saprebbe
benissimo che la prenderei a calci nel sedere.» disse
scherzosamente una voce familiare alle spalle della rossa, che
sobbalzò colta alla sprovvista. Si voltò di
scatto per vedere chi avesse parlato con quel curioso accento che non
le suonava nuovo alle orecchie e quando si ritrovò Violet
St. John davanti, le mancò il fiato. Era molto
più alta dal vivo di quanto si aspettasse, portava gli
occhiali e i capelli lunghi e ricci facevano da padroni sulla sua
figura. Sorrise dolcemente a Samantha, indicando il libro che teneva
tra le mani.
«Ottimo acquisto, davvero, mi hanno detto che è un
bel libro.» confidò con tono ironico Violet alla
ragazzina, facendole poi l’occhiolino, ridendo divertita
quando la piccola rossa spalancò ancora di più la
bocca per la sorpresa.
«ODDIO!» urlò Samantha, prima di
iniziare a farfugliare parole confuse mentre frugava con
velocità nella tracolla alla ricerca di qualcosa. Violet si
voltò un attimo verso Rose, che la osservava con gli occhi
sgranati e terribilmente confusi, completamente persa. Prima che
potesse aprire bocca per spiegare il motivo della sua presenza a
Chicago, la voce squillante della ragazzina la distrasse dal suo
discorso.
«Miss St.John, può firmarmi il libro? Per favore,
vorrebbe dire moltissimo per me!» le chiese, chinando il capo
e porgendole il libro appena acquistato e una penna. Violet le prese,
sorridendo. Nel fare quel movimento, Samantha notò un
dettaglio curioso: Violet aveva un tatuaggio identico a quello di miss
Rose a lato del polso destro, proprio sopra all’osso.
«Ma certo, cara! Però non hai bisogno di essere
così formale, davvero!» ribatté la
scrittrice, appoggiandosi al bancone della libreria per poter scrivere
meglio. «Come ti chiami, piccola dai capelli in
fiamme?»
La ragazzina fece un sorriso a trentadue denti, mentre proclamava fiera
il proprio nome «Samantha!»
Violet scrisse una piccola dedica a Samantha e firmò il
libro, pensando come fosse strano che quella ragazzina avesse lo stesso
nome della protagonista di uno dei libri preferiti di Rose.
Violet restituì il libro e la penna a Samantha, chinandosi
un pochino per essere occhi negli occhi con lei.
«Samantha, ho una piccola richiesta per te, se posso
permettermi.» le domandò con tono complice la
giovane scrittrice. Samantha annuì, i capelli rossi che si
mossero qua e là a quel gesto.
«Puoi aspettare a dire ai tuoi amici o a scrivere su twitter
o qualsiasi social che mi hai incontrata? Sono qui per fare una
sorpresa ad una persona speciale, il mio agente non sarebbe contento di
sapere che sto “sprecando” tempo prezioso per la
scrittura.» spiegò Violet, piegando lievemente il
capo verso sinistra. «Lo puoi fare per me?»
«Terrò la bocca ultra cucita! Ha la mia parola,
miss St. John!» esclamò tutta impettita Samantha,
stringendo il libro a sé come se fosse un piccolo pulcino da
accudire e coccolare con amore. Violet annuì, lasciando
uscire il respiro che aveva trattenuto nei polmoni.
«Te ne sono grata, e comunque puoi chiamarmi Violet.
È stato un piacere conoscerti, spero di rivederti
presto.» la salutò Violet, osservando come
Samantha avesse fatto un’espressione di shock osservando il
suo orologio da polso. Samantha annuì nuovamente e
agitò la mano in cenno di saluto, mentre si dirigeva verso
l’uscita.
«Arrivederci, miss Rose! Ed è stato fantastico
poterla incontrare, miss St. John! Cioè, Violet, volevo dire
Violet!» e detto ciò corse fuori dalla libreria a
perdifiato, con l’aria di una persona tremendamente in
ritardo.
Violet ridacchiò a quella scena e si voltò
nuovamente verso la sua amica, che stava ridendo sotto i baffi.
«Cos’hai da ridere con quell’aria
cospiratoria, piccola dhampir?» le chiese Violet sospettosa,
avvicinandosi al bancone e allungandosi per vedere meglio il volto di
Rose. La giovane alzò il capo, fissando la mora negli occhi.
«Niente, mi sono solo appena resa conto che è il
mio compleanno. La cosa ha del tragicomico.»
osservò, non riuscendo a contenere le risate a cui presto si
unirono anche quelle di Violet. Rose era incredibile, davvero.
«Non ci posso credere, hai dimenticato il tuo compleanno?
Okay, questo è decisamente il segnale che ti serve una pausa
mooolto lunga e tanto relax, dunque per oggi considerati
rapita.» proclamò la ragazza, poggiando con enfasi
sul bancone un cesto da pic-nic, spuntato misteriosamente come per
magia. Rose fece spallucce, continuando a ridacchiare.
«Non mi dire, un “pic-nic” al drive-in
come quella volta a Berlino?» s’informò
Rose, asciugandosi le lacrime, «Spero che non ci sia di nuovo
Gatsby a farci compagnia, non vorrei addormentarmi come
l’ultima volta.» Violet scosse la testa, sorridendo
misteriosa.
«Mi dispiace deluderti, ma in compenso posso dirti solo che
ci sarà la squadra al completo.»
le spiegò orgogliosa Violet. Ci aveva messo i mesi per
cercare di organizzare il tutto e vedere la faccia sconvolta ed
emozionata sul volto di Rose valeva tutto il tempo, tutte le parolacce
e le energie che aveva impiegato per realizzare la sorpresa perfetta.
Che poi Rose si fosse addirittura dimenticata che fosse il suo
compleanno era un bonus che non si aspettava.
«Tu sei pazza!»
urlò di felicità l’amica, scavalcando
con slancio il bancone e abbracciando stretta Violet, facendole mancare
il respiro. Rose sentiva di essere sul punto delle lacrime per la gioia
che le aveva invaso prepotentemente il cuore.
«Tu…tu, okay, non puoi permetterti di fare queste
cose, così all’improvviso! Oddio, devo dire a
Bonnie di chiudere il negozio e finire l’inventario
e…oddio, Violet, tu
sei impazzita! Devi finire il tuo libro e poi devi partire
con Bill e tutto il resto e…Ti voglio troppo bene, lo
sai?» farfugliò Rose, singhiozzando, travolta
completamente da un calore ed una felicità che la faceva
sentire terribilmente viva.
«Lo so e io te ne voglio altrettanto. Buon compleanno, sweetheart.»
mormorò, dandole un bacio sulla guancia, felice a sua volta
di averla resa felice.
«E ora andiamo tesoro, la tua sorpresa ti aspetta.»
*******************
Qualche ora più tardi, quando ormai la notte era calata,
Violet e Rose stavano ammirando Chicago dall’altro di una
ruota panoramica, le luci della città che sembravano
fondersi in un grande fiume luminoso che scivolava indisturbato tra i
palazzi alti.
Violet si allungò per rubare un po’ di gelato a
Rose, che stranamente non protestò.
«Tu sei davvero
fuori di testa. Noleggiare un intero
luna park! Chissà quanto ti sarà
costato!» esclamò la castana, osservando estasiata
la vista mozzafiato che aveva davanti agli occhi.
«Piccole cose, piccole cose. Meritavi un compleanno speciale,
visto che questo è decisamente il tuo anno. Insomma, la
libreria, l’amore, il futuro ti sorride
decisamente.» disse fiera Violet, alzando la sua coppetta di
gelato a mo’ di coppa di champagne.
«Alla tua felicità. Che il futuro continui ad
essere così radioso e che la vita ti tratti al meglio che
può. E se così non fosse, che io possa essere al
tuo fianco per poterti aiutare e stare vicino come meriti. Buon
compleanno, mia piccola guerriera.» proclamò
Violet, guardando Rose con affetto. La ragazza ricambiò lo
sguardo con un sorrido luminoso come pochi, facendo scontrare piano la
sua coppetta di gelato con quella di Violet.
«Se ho te e gli altri al mio fianco, sono sicura che la vita
mi sorriderà anche nei momenti più brutti. Ti
voglio bene, mia bloodwhore.» rispose Rose, iniziando poi a
canticchiare una vecchia canzone di Ellie Goulding che la cantante
aveva dedicato alla sua migliore amica e che trovava particolarmente
adatta.
Perché Rose sapeva che ogni persona, nella vita, era
destinata a trovare persone che fossero delle rocce, dei punti fermi,
dei fari in mezzo al buio e sapeva per certo da tanti anni che Violet
era una di quelle e che finché erano l’una al
fianco dell’altra, potevano avere anche il mondo contro e non
sarebbe importato.
Non finché avevano la loro amicizia ad unirle e proteggerle,
l’arma più potente di tutte.
«When
I’m with you, I’m standing with an army.
Dark
times, you could always find the bright side
I'm
amazed by the thingsthat you would sacrifice
Just to
be there for me
How you
cringe when you sing out of tune
Yet it's
everything
So don't
change a thing
We both
know what they say about us
But they
don't stand a chance because
When I'm
with you
When I'm
with you
I'm
standing with an army
I'm
standing with an army
When I'm
with you
When I'm
with you
I'm
standing with an army
Standing
with an army
Standing
with an army
Standing
with an army
Standing
with an army
Standing
with an army
(I'll be
yours)
Standing
with an army
Standing
with an army
I'm
standing with an army»
Angolino
in Viola:
Buonsalve a
tutti! Un pochine di spiegazioni: questa è una piccola OS
che ho deciso di scrivere per il compleanno di una persona molto
speciale che fa parte della mia vita e senza di cui non potrei mai fare
a meno, ho cercato di scrivere qualcosa di decente per festeggiare al
meglio i suoi vent'anni ed è uscita fuori questa piccola
storia. Sarà abbastanza sdolcinata e forse a tratti anche
banale e scontata, ma volevo esprimere il mio affetto per lei e di
solito riesco a farlo al meglio solo scrivendo!
Spero che
nonostante tutto sia piaciuta a voi lettori silenziosi, ho cercato di
ritrarre al meglio possibile cosa e quanto significhi la sua amicizia,
un valore fondamentale nella vita di ogni essere umano
perché senza di loro, senza i nostri amici, tutto perde il
suo sapore. La canzone usata alla fine è "Army" di Ellie
Goulding.
Baci,
Violet |