Ciao
ragazze, la storia è sempre la stessa, solo la sto ripostando corretta. Per chi
dovesse rileggerla, troverà alcune cose diverse, pezzi che ho aggiunto ecc…
Modificherò anche il titolo, mettendo il suo. Un bacio a tutte.
Amalia.
PRIMO LIBRO
Bella
CAPITOLO 1
Un’altra notte era passata, nella nostra piccola ma graziosa
casetta, regalataci da Esme, l’amorevole madre di Edward nonché mia “suocera”.
Come mi faceva strano pensare così ad Esme… Il nome
“suocera”, lo associavo più a qualcosa di sgradito, fastidioso e questa, non
era certo la descrizione della madre di Edward.
Ero abbraccia al mio angelo, la testa poggiata sul suo possente
petto, morbido e perfetto.
Le sue braccia mi cingevano in una morsa delicata ma ben
salda, nessuno dei due avrebbe voluto mai allontanarsi o abbandonare quella
posizione. Ma, come sempre, la notte era troppo breve, non mi bastava mai e
avevo il sospetto che sarebbe stato così per sempre…per l’eternità.
All’improvviso, Edward sospirò, ed io aprii gli occhi.
Ovviamente non dormivo, il sonno non rientrava più nei miei
bisogni primari, a dirla tutta non rientrava più in nessun mio bisogno.
Fece scorrere un dito lungo la mia schiena, aprì la mano al
centro di essa e mi tirò ancora più verso di sé, io alzai il viso e sorrisi, un
istante prima che le sue labbra si poggiassero sulle mie.
Sentii il suo sapore in bocca, la socchiusi e ci
abbandonammo a un bacio lento ma carico di desiderio, bruciava di passione, di
amore.
Come sempre, si staccò troppo preso, mi guardò negli occhi,
oro nell’oro, mi sorrise scoprendo la fila di denti bianchi e perfetti.
“Buongiorno amore”. Sussurrò al mio orecchio, sorrisi.
Dall’altra stanza giunse un suono, l’unico in grado di farmi
rinunciare a quel momento, la voce della mia piccola Renesmee che mi chiamava,
si era svegliata.
Mi alzai e in meno di un secondo fui da lei. Mi accolse con
uno dei suoi sorrisi irresistibili, che le accentuavano le fossette sulle
guance.
La presi in braccio e strofinai il mio naso conto il suo.
“Buongiorno piccola mia”. Dissi in tono adulatorio. Perché
era così, la adoravo.
Lei mi sorrise e poggiò la sua soffice mano sul mio viso, ricambiò
il saluto e subito mi fece “vedere” che aveva sete, fame.
La sensazione di fuoco che avvertivo in gola quando mi ricordava
il suo bisogno di sangue umano, era diventata sopportabile, stavo imparando a
controllarmi bene e questo mio autocontrollo, turbava Jasper. Era sempre
all’erta, aspettava il mio errore che sapevo, non sarebbe mai giunto, non
finché Edward sarebbe stato al mio fianco.
Pochi minuti dopo, stavamo già correndo lungo la strada di
casa, mano nella mano, in silenzio. Una volta superato il fiume, trovammo
Rosalie sulla porta, ci stava aspettando. Fece un gran sorriso a Renesmee, prima
di aprire le braccia, e di accogliere mia figlia tra di esse.
“Ciao Rose, dalle la colazione per favore, io.. non credo
di…”, non mi fece terminare la frase, capii all’istante e mi sorrise.
“Certo Bella, ci
penso io”. Disse, e sparì dietro la porta.
Sospirai ed Edward mi si avvicinò cingendomi per i fianchi.
“Che cosa c’è amore?”.
“Riuscirò mai a “nutrire” nostra figlia?”. Chiesi un po’
seccata. Lui sorrise.
“Non è passato nemmeno un anno, abbi pazienza, stai andando
benissimo e poi…hai l’eternità davanti a te”. Mi girò verso di lui per
guardarmi negli occhi.
“No Edward, Renesmee non resterà così per sempre. Anzi, ho
così poco tempo… la sua infanzia sarà cortissima, ogni giorno che passa cresce
sempre di più, presto non avrà più bisogno di me… non in questo modo almeno. Si
nutrirà da sola e…”. Edward mi mise un dito sulle labbra.
“Sssh”. Mi baciò e mi strinse nel suo abbraccio.
“Lei avrà sempre bisogno di te…”. Lo disse in un tono, che
chiuse la conversazione. Ma nonostante tutto, io rimasi con i miei pensieri ed
entrai in casa.
Come sempre tutto era perfetto, sentivo l’odore del sangue
che Rosalie stava dando a mia figlia provenire dalla cucina, subito distolsi la
mia attenzione.
Non per la sensazione che mi provocava, che infuocava la mia
gola, ma per la fitta di gelosia che provavo nei suoi confronti.
Invidiavo il suo autocontrollo, i suoi anni di esperienza in
più, le permettevano di vivere con mia figlia un momento che avrei voluto
vivere io.
Sentii anche un altro odore, che non era nemmeno
lontanamente paragonabile a quello percepito poco prima. Era fastidioso, per un
attimo mi bruciò in gola ma, subito dopo, mi fece arricciare il naso. Sapevo
benissimo a chi apparteneva.
Mi girai appena verso sinistra, come pensavo, Jacob, era
seduto sul divano bianco e fissava lo schermo del televisore al plasma da quarantadue
pollici, non sembrava attento ma più… imbronciato.
Aveva le braccia strette al petto, le sopracciglia inarcate
e il labbro inferiore che sporgeva all’ingiù. Lo guardai perplessa, prima di
udire il ghigno di Edward alle mie spalle, chissà cosa aveva “sentito”
provenire dalla mente di Jake.
Mi avvicinai.
“Ciao Jake”, non si prese nemmeno il disturbo di guardarmi.
“Ciao”. Sputò tra i denti, come m’infastidiva quando faceva
così.
“Che cos’hai?”. Chiesi cercando d’essere il più cortese
possibile, mi dava proprio sui nervi quando faceva il difficile.
Lui non rispose subito, continuava a fissare lo schermo,
quando finalmente distolse lo sguardo, era passato un minuto abbondante ed io,
non mi ero mossa di un centimetro. Mi guardò torvo:
“E me lo chiedi pure Bella?”. Era arrogante, decisamente non
lo sopportavo.
“Qual è il tuo problema Jacob?!”. Non mi preoccupai più
d’essere gentile, mi aveva proprio stufata.
“Perché fai dare a quella bionda la colazione a
Nessie?!? Non potevi semplicemente dirlo
a me?!”.
“E cosa sarebbe cambiato Jacob? Gliela davi tu?!”. Chiesi in
tono sarcastico, sapevo che di certo, non le avrebbe mai dato un biberon di
sangue.
La sua reazione non si fece attendere, saltò in piedi e
spalancò gli occhi, sul suo volto c’era un’espressione mista tra disgusto e la sorpresa.
“No Bells, certo che no!! L’avrei portata nel bosco a
caccia,con me…”.
Rimasi in silenzio, sul mio volto un’espressione
illeggibile, attesi qualche secondo prima di rispondergli. Non aveva tutti i
torti, ma di certo non gli avrei mai dato ragione.
“Quella bionda si chiama Rosalie
ed è SUA zia Jacob, ed io sono SUA madre, e TU sei…cosa?!?!?”.
Lui mi guardò a bocca aperta, lo sguardo perso nel vuoto,
come se stesse realmente pensando ad una risposta da dare alla mia domanda. Il
suo prolungato silenzio, mi fece capire che non ne trovò una.
L’avevo chiaramente
punto sul vivo, mi sentii un po’ in colpa, forse avevo esagerato, ma era colpa
sua, non doveva reagire così.
Si risedette sul divano e ritornò al suo broncio.
Tolsi lo sguardo da lui, e mi concentrai sui rumori e gli
odori della casa. Non sentivo nessuno oltre a noi, c’eravamo solo io Edward, Rosalie
la piccola Renesmee e Jacob. Guardai verso mio marito, era seduto davanti al
pianoforte, volava con le dita sui tasti d’avorio, componendo una melodia
nuova, che non avevo mai sentito, era dolce ma forte, triste ma rasserenante un
po’ m’incuriosii ma non gli chiesi nulla al riguardo.
“Edward, dove sono gli altri?”. Chiesi un po’ incuriosita
dalla loro assenza.
“Emmet, Esme e Carlisle a caccia, Alice e Jasper a fare le
ultime spese prima della partenza. “.
Mi rispose con la sua solita voce gentile e vellutata, senza
smettere di comporre la nuova melodia.
Già, la partenza, di lì a pochi giorni sarei partita per Hannover,
mi sarei trasferita nello stato del New Hampshire, dove ad aspettarmi c’era il
college “Dartmounth”, dov’ero stata ammessa grazie all’aiuto di Edward.
Non avevo più paura di non esserne all’altezza, sapevo
d’aver tutto il tempo che volevo per studiare. Certo, questo se non mi fossi
fatta distrarre dalla perfezione del corpo del mio dolce angelo, il che mi era
difficile, ma sicuramente lui sarebbe stato capace di controllarsi, era il più
“allenato” dei due. Quindi, facevo affidamento sul suo autocontrollo e sulla
sua straordinaria capacità d’insegnante, mi rendeva tutto più semplice, sì, sicuramente
ce l’avrei fatta.
Non ero altrettanto tranquilla nell’affrontare tutti quegli
esseri umani, sapevo controllarmi di fronte a Sue, Charlie, Billy, Jake, ma… Sarei
stata altrettanto brava con i miei compagni di corso? E se avessi perso il
controllo davanti a loro, desiderando il sangue di qualche ignaro umano che,
coraggioso, mi si era avvicinato troppo?
Rabbrividii non potevo pensarci, sarei stata all’altezza non
potevo deludere la mia nuova famiglia e di certo, non potevo essere l’unica
Cullen senza una laurea.
In tutto quel pensare non mi ero accorta che Edward aveva
smesso di suonare, mi fissava, un sopracciglio appena sollevato, con quella sua
espressione curiosa, di quando voleva sapere che cosa stavo pensando. Lo
guardai, sorridendogli appena.
Come sempre, lui mi capì al volo e ricambiando il sorriso mi
cinse da dietro, poggiando il mento sulla mia spalla.
“Sei speciale amore, ce la farai”. Disse, prima di posarmi
un dolce bacio sul collo.