*Dedicato a te. Che ogni giorno mi
manchi in un modo che non posso spiegare.
E a Clarissa.
Perché mi ricordi tanto la me stessa di tanti anni fa...e
che vorrei essere ancora*
CAPITOLO 37
La vera maledizione
Bruciava.
Un dolore così
pungente che non
riusciva a respirare. Una fitta, continua e pesante, sul petto. Le
stringeva il cuore e le faceva male.
Bruciava.
Gli occhi pesanti e
bagnati, forse da
lacrime di sofferenza...o di tristezza? Non riusciva ad accorgersene
più. Era circondata dal dolore, era forte...troppo forte,
più di
quanto ne avesse mai provato prima.
Bruciava.
Un urlo straziante, che
rimbombò
attorno a lei. Occhi malvagi, neri Non c'era luce in quegli occhi che
ridevano del suo dolore...e che ascoltavano estasiati quell'urlo.
Aprì gli occhi
di scatto, senza che
dalla sua bocca uscisse nessun suono.
Un sogno? Un incubo...
La sua gola bruciava ancora
per
l'acqua del Lago, il corpo caldo e stretto a qualcosa che, appena si
rese conto di cosa fosse, la fece sorridere.
Le braccia di Lagharta la
stringevano.
Forte. Le toccavano i fianchi tenendola stretta a sé, la
spada a
portata di mano per qualsiasi evenienza.
La testa del guerriero
appoggiata al
suo collo, i capelli che le solleticavano le spalle.
Il suo profumo di erba e i
vestiti
ancora leggermente bagnati. Un sorriso.
Riuscì a
liberarsi un poco da quella
morsa ferma e si mise più comoda, spostando il corpo di
Lagharta
sulle sue gambe.
-Non si accorge proprio di
niente
quando dorme...- ridacchiò quasi soddisfatta.
Gli carezzava i capelli
sorridendo,
passando le dita sui lineamenti del suo volto. Studiò ogni
curva,
ogni difetto, ogni cicatrice. La forma delle labbra, degli occhi, la
fronte e le orecchie, il mento e la linea del collo...era davvero
bello.
I suoi profondi occhi blu,
nascosti
dalle palpebre chiuse...amava tutto.
Le sue mani andarono a
prendere quella
sinistra del guerriero. Una strana ombra passò davanti agli
occhi di
Mahel...appena toccò il suo dito sinistro.
-Tu..non vuoi sposarti.
Eppure
renderesti felice la tua sposa...- esitò un attimo, prima di
continuare -...anche se non dovessi mai essere il mio sposo, come tu
tanto temi...vorrei davvero vederti sorridere insieme alla tua
sposa...voglio solo che tu sia felice...-
Respirava regolarmente,
tranquillo.
Non sapeva neanche come potesse dormire in quel modo, dopo la nottata
appena trascorsa.
Eppure era con la testa
sulle sue
gambe, che respirava con la bocca socchiusa, senza fare alcun rumore.
Un altro sorriso...e imbarazzo, non appena si avvicinò al
suo viso,
con l'intenzione di fare quel che voleva.
Il cuore le batteva
fortissimo. Se si
fosse svegliato, le avrebbe urlato contro di tutto.
Ma non riusciva a
fermarsi...sapeva
che se ne sarebbe pentita, ma voleva farlo lo stesso.
Le sue labbra si
avvicinarono al volto
del guerriero. Lentamente, tremanti, mentre il battito del suo cuore
continuava ad aumentare.
Poi, di colpo, si
fermò.
-No...non posso farlo...-
borbottò
completamente rossa in viso -Non me lo perdonerei mai-
sentenziò
ridacchiando, vergognandosi di sé stessa -Scusami...-
Le sue labbra toccarono la
sua fronte,
schioccando un bacio leggero.
Iniziò a ridere
come una stupida,
senza capire perché si sentisse comunque colpevole di aver
fatto una
cosa tanto carina e innocente.
Poi, d'improvviso, Lagharta
aprì gli
occhi e la guardò.
Il fiato le morì
in gola.
Pensò che
sarebbe successo qualcosa
di orribile, perché quello che aveva fatto era una cosa che
Lagharta
odiava.
Ma non disse niente. Si
limitava a
guardarla negli occhi, senza proferire parola.
E Mahel fece altrettanto,
mentre le
sue gote continuavano a imporporarsi sempre di più. Quando
le sue
labbra fecero per parlare, una mano di Lagharta le raggiunse la
guancia. La carezzò delicatamente, mentre i suoi occhi la
fissavano
senza muoversi di un solo millimetro. Mahel addolcì lo
sguardo e la
sua mano si posò sopra quella di Lagharta. Le sue labbra si
distesero in un sorriso e dentro di lei sentì solo pace.
Poi, sorridendo a sua
volta, il
guerriero parlo -Sono così...felice, che tu sia viva...-
E, spontaneo come neanche
lui credeva
di essere, le stampò un bacio sul naso -...principessina-
Quando tutti furono svegli,
fu il
momento dei conti.
Alvexia già
odiava quelle ninfe,
sapere di quella notte non fece che montare il suo disprezzo. Velleda
e Pixel si limitarono ad annuire agli avvenimenti, promettendo di
intervenire solo se fosse stato strettamente necessario.
-Io le ammazzo, Lagharta-
sibilò
acida Alvexia, tenendo a freno a stento la sua trasformazione -Hanno
cercato di uccidere Mahel-
-Non farai niente, o qui
inizieremo
una guerra che non possiamo vincere- la riprese lui paziente, senza
lasciar trasparire alcuna emozione -Loro sono vicino le acque del
Lago. Si rigenerebbero all'istante. Tu moriresti avvelenata. Chi
credi che sia più in vantaggio...?-
-I veleni quando sono
trasformata
non...- intervenne lei prontamente, prima di essere ancor
più
prontamente ripresa -Non puoi niente contro il loro stesso corpo. E'
un veleno che hanno solo loro in tutto il mondo. Non esiste antidoto,
se volessero ucciderti davvero moriresti in meno di trenta secondi.
Dove lo trovi un antidoto in trenta secondi?- chiede lui serio,
lasciando la Lilith a pensarci a bocca aperta, infastidita e
irritata.
-Le odio- sibilò
di nuovo più a
bassa voce, mentre Lagharta la guardava con sguardo di rimprovero
-Provo la stessa cosa Alvexia...- la supportò la fatina,
avvicinandolesi.
Per la prima volta nel loro
accompagnarsi, entrambe si accorsero che la compagna di viaggio non
era poi il peggio che poteva capitare.
-Non sono sicura che
dovremmo
accettare di allenare...quella cosa- sentenziò disgustata
Nahael,
guardando Lagharta con sguardo indignato -E penso che i tuoi compagni
debbano andarsene. Tu rimarrai qui, per punizione. Mi hai molto
deluso...-
Nahael era insieme alle
sorelle,
quando Lagharta cercò di nuovo un dialogo. Sulle rive del
Lago,
nella loro bellezza eterna, rispondevano alle sue domande in modo
annoiato e distratto -Non siete più i benvenuti-
-Maestre, voi non
capite...sta per
iniziare una guerra!-
-Non è qualcosa
che ci riguarda-
rispose di nuovo Nahael, toccando i capelli delle sorelle con fare
languido -Qui non può succedere niente che ci tocchi.
Neanche una
guerra. E finché il Lago non consumerà fino
all'ultima goccia delle
sue acque, i nostri corpi si rigenereranno all'infinito. Se rimani
con noi vivrai in eterno...-
-...come uno di voi?-
rispose a quel
punto infastidito Lagharta, mentre Alvexia muoveva con rabbia una
gabbia nel tentativo di trattenere le parole.
-Scusa? Non credo di aver
capito...-
rispose Nahael alzando un sopracciglio, mentre Vahael voltava lo
sguardo verso Mahel, che indietreggiava inconsciamente.
-Non ho nessuna intenzione
di
accontentare questo capriccio. Non stavolta. La guerra vi riguarda,
MI riguarda. La guerra si scatenerà per colpa mia e...-
-Per colpa SUA, non tua- lo
interruppe
Vahael, mentre le sue dita artigliate indicavano Mahel -Lei
inizierà
la guerra. Sarebbe dovuta non nascere mai, o morire affogata nelle
acque del Lago questa notte...!- urlò sprezzante la ninfa,
ridendo
di gusto.
Alvexia fece per scattare
verso di
lei, ma venne trattenuta da Pixel, che scuoteva la testa -Stai ferma,
farai solo il loro gioco!-
-Io la ammazzo. Sta
giocando ad un
gioco pericoloso, io...io...!-
-Tu- la
apostrofò Kahael,
inespressiva -Non farai niente. Non puoi niente. Torna al villaggio
maledetto quale appartieni e muori seguendo il tuo codice d'onore.
Nessuno sentirà la mancanza di un demone che non prova amore-
-Brutta...-
esclamò Alvexia,
liberandosi dalla presa di Pixel e lanciandosi contro le ninfe,
fermandosi solo quando sentì la mano di Mahel afferrarle le
vesti
-Non farlo, ti prego-
Alvexia si voltò
verso di lei. Il suo
sguardo era furente. Ma appena vide gli occhi stanchi di Mahel ed il
suo sorriso rassegnato, perse tutta la voglia di discutere che aveva.
Erano occhi stanchi. Occhi
stanchi e
delusi.
La sua presenza era
qualcosa di cui
quel mondo non necessitava. Si sentiva in colpa perché la
sua
presenza avrebbe fatto soffrire tutti.
Sua madre nel suo mondo, i
suoi amici,
che mai più l'avrebbero rivista.
Gli abitanti di Gaia, che
avrebbero di
nuovo conosciuto la guerra e la disperazione che porta con
sé. La
morte.
-Io porterò la
guerra. Il dolore. Lo
strazio. La morte- si fermò per respirare, ormai conscia di
ciò che
sarebbe successo, che lei volesse o meno -Io sono il motivo per cui
la guerra scoppierà. Lo so. Ma la Leggenda dice che
sarò anche il
motivo per cui la guerra finirà. Ed io voglio crederci-
guardò
verso le Ninfe, che resero uno sguardo indefesso.
-Quindi?- chiese Vahael,
annoiata -A
noi non interessa della guerra. Abbiamo già conosciuto il
suo
strazio ed il suo dolore, eppure siamo ancora qua-
-Cos'è che di me
ti spaventa tanto?-
chiese Mahel ormai stufa, con gli occhi di chi quasi conosce la
risposta -Di cosa hai tanto paura?-
-Paura?- chiese Vahael
stupita,
scoppiando poi a ridere tronfia -Io...noi, non abbiamo paura di
niente. Niente ci può ferire, o uccidere. Niente ci tocca. E
dovrei
aver paura di un essere inutile come te...?-
Mahel roteò gli
occhi, destando
l'irrito della Ninfa -Che vuol dire quel gesto?-
-Che non ti credo- rispose
Mahel
scostandosi i capelli dal volto quasi annoiata e avvicinadosi a
Lagharta, prendendolo sotto braccio.
Fu un attimo e l'atmosfera
cambiò.
Nessuno potè fare niente.
Lagharta non riusciva a
capire.
Saluss, Alvexia, Velleda o Pixel non riuscirono a capire.
Mahel si
avvicinò a Lagharta e si
alzò sulle punte degli stivali, avvicinando il volto di
Lagharta al
suo. Le loro labbra erano così vicine, bastava un soffio.
Vahael socchiuse gli occhi
e fischiò,
guardando Mahel che le rendeva uno sguardo di sfida.
-Hai ragione. Non
è paura, è
invidia. Invidia perché Lagharta non mi ama...ma potrebbe
unirsi a
me, mentre invece tu non puoi averlo. Non così- le sue mani
accarezzavano il volto di Lagharta, che guardava la scena atterrito
senza aver idea di cosa poter dire.
-Togligli le mani di dosso,
schifosissimo essere...- sibilò di nuovo Vahael, mentre
anche le
sorelle fischiavano senza muovere un muscolo -Non ti
permetterò di
toccarlo più di così, ti avverto...-
-E con questo? Uccidimi.
Non cambierà
la realtà delle cose. Io potrei unirmi a lui, anima e corpo,
baciarlo con amore ed essere ricambiata. E se non fossi io, sarebbe
qualcun'altra...e tu non puoi cambiare questo, non puoi modificare la
realtà di questo mondo. Tu non potrai mai averlo. Averlo
davvero.
Lui non sarà mai tuo!-
-Lui è mio,
sgualdrina...!-
Mahel vide la Ninfa
scattare non
appena le sue labbra schioccarono un bacio sul naso di Lagharta. I
suoi occhi andarono subito a quelli del guerriero, come a scusarmi,
mentre Vahael la lanciava lontano, per poi correre sopra di lei
pronta ad ucciderla.
Kahael e Nahael si misero
davanti al
resto del gruppo per fermarli dal salvare Mahel, Saluss fu la sola a
riuscire ad avvicinarsi alla ragazza.
Ma poi con la coda
dell'occhio Nahael
si accorse di un gesto, un'azione veloce che non si aspettava. I suoi
occhi si dilatarono, spaventati, e la sua bocca cacciò un
urlo
disumano verso la sua sorellina.
I suoi capelli erano
attorno al collo
della Ninfa, che immobile la guardava con gli occhi sbarrati.
Una mano teneva i capelli,
l'altra un
pugnale, forse di Alvexia, che era in direzione della ciocca. Era un
ricordo lontano, un frammento di memoria...ma Mahel ricordava cosa
succedeva quando i suoi capelli venivano recisi di violenza.
-Tu sfiorami con un solo
dito...ed io
taglio i miei capelli. E tu sai cosa vuol dire...vero?-
Vahael saettava con gli
occhi da una
parte all'altra, il volto immobile e terrorizzato.
Lagharta non aveva mai
visto le Ninfe
con quell'espressione. Mai.
Nahael guardava da lontano
impotente,
insieme alla sorella mediana, che allo stesso modo guardava la scena
senza muovere un muscolo.
-Non...non farle del male-
chiese
Nahael con un filo di voce -Lasciala andare e prometto io stessa che
non ti faremo niente-
-No- rispose Mahel,
stringendo la
ciocca attorno al collo di Vahael e tenendo ben stretto il pugnale
-Voi ci aiuterete. Vero?-
-Non cediamo ai ricatti!-
sibilò la
Ninfa, intenzionata a secernere di nuovo il veleno che l'aveva
corrotta una volta -Tu avvelenami, e tua sorella muore-
-No- urlò di
nuovo, mentre Vahael
rimaneva immobile nella stessa posizione, senza muovere un muscolo
-Non ne avresti il coraggio...- cercò di dire sprezzante, ma
negli
occhi di Mahel non c'era più paura.
-Non ho paura di morire. Mi
dispiace.
Avrei solo il rimorso di non aver fatto quello per cui sono stata
chiamata qui- Vahael continuava a guardarla, forse confusa -Esatto,
chiamata. Vie mi ha voluta, ed eccomi- ribadì di nuovo,
stringendo
ancora i capelli -Avete due scelte. Mi dilani con il tuo veleno, ma
ti porto via con me...- Vahael spalancò ancor di
più gli occhi,
genuinamente terrorizzata -...oppure mi allenate. Aiutate me e
Laghata, il vostro discepolo. Aiutate Vie. Il vostro mondo-
-Perché continui
a insistere? Perché
ci minacci? Forse non sei così buona come vuoi credere ai
tuoi
compagni, dico bene?- la imbeccò Nahael, ridacchiando
maligna.
-Non sono mai stata buona.
Non so bene
chi o cosa vi abbia fatto credere il contrario- rispose secca Mahel,
stavolta guardando Vahael e cercando di essere il più chiara
possibile -Io amo Lagharta. Lo amo, con tutto il cuore. Darei la mia
vita per la sua...e già l'ho fatto, una volta. Con secondi
fini.
Quindi come vedi...anche se lo amo, continuo a pensare più
di ogni
altra cosa a me stessa-
Le Ninfe ascoltarono, senza
proferire
parola.
-Io non...sono perfetta.
Non lo ero
nel mio mondo e non lo sarò qui. Ma mi è stata
data una possibilità
per salvare questo ed anche il mio...di fare qualcosa di grande e di
essere ricordata da qualcuno. E parlo dei miei amici, delle persone
che amo. Potrei combinare qualcosa di importante nella vita...molte
persone questa fortuna non ce l'hanno. Quindi voglio farlo-
Fece un profondo respiro, e
continuò.
-Mio padre non
c'è più. Lui ha dato,
nel mio mondo, il nome a Gaia. Vuol dire “Terra”,
che è il nome
del mio mondo. Mia madre, per lui, per tutta la
vita, ha
continuato a scrivere di Gaia, di Lagharta e di...Mahel. Della
Sibilla. Solo ed unicamente perché non era pronta a dire
“addio”
a papà. Io ho la possibilità di fare in modo che
lei ci arrivi.
Anche se io non fossi accanto a lei...fisicamente. Se mamma
può
continuare a scrivere a papà finché non
sarà il momento di
lasciarlo andare...io devo fare di tutto. Anche morire- la sua voce
si ruppe un attimo, ma i suoi occhi non cedettero -Io amo mia mamma.
Mike. Zio. I miei amici, il mio mondo. Tutti. Voglio solo...voglio
solo non lasciare che tutto svanisca. Non ancora. Anche io vorrei
dire come si deve addio a papà...cercherò di
farlo anche da qua.
Anche se non fosse possibile...ma voglio proteggere questo mondo che
lui ha creato finché è possibile. Se lui fosse
vivo e fosse al mio
posto, farebbe la stessa cosa...-
Lagharta guardò
le Ninfe. Sapeva che
loro non capivano.
Amare qualcuno, dedicarsi a
qualcuno...? Neanche lui era sicuro di capire.
Quando Laherte aveva preso
la sua
strada, Lagharta non aveva neanche cercato di comprendere. Lo aveva
odiato perché era più facile. Ma la
verità è che avrebbe voluto
una parola, una spiegazione, prima di andare alla ricerca di un
ultimo combattimento.
Mahel era oltre il concetto
di giusto
e sbagliato classici...per lei importava solo la motivazione. Il
profondo significato, il perché.
Il legame.
Era stata costretta a dire
addio a
qualcuno che amava. Nessuno aveva fatto niente di male...eppure non
era stata capace di dire addio come avrebbe voluto.
Quindi per lei ora esisteva
solo
quello...dire addio in un modo per cui tutto avrebbe assunto senso.
Il fatto che sua madre avrebbe sofferto era purtroppo un effetto
collaterale del tutto...credeva che avrebbe chiesto a Vie di farle
vedere sua madre un'ultima volta. Era sicuro che gliel'avrebbe
concesso. Sicuramente, lo avrebbe fatto.
Quindi capiva il profondo
disagio
delle Ninfe a capire quel concetto così basilare d'amore che
per
loro era inesistente, ormai, dopo tutti quegli anni.
Eppure non si aspettava
quella
risposta. Nè quell'espressione.
Ma sorrise ugualmente,
perché Mahel
poteva anche quello.
-Non fare del male a mia
sorella. Ti
prego- chiese poi Nahael, comprendendo che Mahel non avrebbe mai
fatto del male a nessuno se anche loro si fossero impegnate a fare
altrettanto -Nessuno morirà. Non oggi-
-So-sorella-
balbettò Vahael
sconvolta, guardando il suo sguardo rassegnato. Umano.
-Vahael, mi dispiace. Ma la
tua vita
vale più dell'orgoglio, per me...- rispose Nahael,
toccandosi la
fronte, comportandosi anche se con sforzo come un essere umano -Non
voglio vederti più morire. Non davanti ai miei occhi. Dopo
quest'ultimo millennio non lo sopporterei...-
-Che diamine stai
divendo...?- disse
Vahael, mentre sentiva la stretta dei capelli di Mahel farsi
più
leggera -Non provare neanche a...-
-Non la ucciderai, sorella-
gridò
imperativamente Nahael, mentre Kahael si avvicinava alla minore per
metterla al sicuro -Lei può ucciderci. Ha detto che non lo
farà.
Quindi basta-
-Ma è solo uno
stupido essere
umano...- sibilò Vahael mentre la sorella l'allontanava, e
mentre le
parole della maggiore incalzavano -...ma in questo mondo è
una
divinità e può farlo. Non è uno
stupido essere umano. È
l'emissaria di Vie, anche se non vuoi ammetterlo-
Era la prima volta che
vedeva Nahael
così umana.
La sua voce, le sue
movenze. La vide
abbracciare la sorella sospirando di sollievo, baciandole la fronte e
voltandosi verso Mahel con sguardo crudele ma sinceramente grato
-Grazie per non averle fatto del male-
-Non avrei fatto niente di
male a
nessuno. Ma dovevo in qualche modo proteggere anche la mia vita-
rispose Mahel alzandosi, restituendo il pugnale ad Alvexia -Scusa,
non dovevo prenderlo in prestito senza chiedere-
Alvexia accolse la cosa con
entusiasmo
e un po' di stupore -Per quanto mi riguarda puoi uccidere con i miei
pugnali tutte le volte che vuoi. È stato
magnifico...è...-
-È stato
stupido. Vi chiedo scusa...-
disse verso le Ninfe -Non succederà più-
Vahael era stretta tra le
braccia
della sorella, tremando di rabbia. Guardava Mahel in un modo che
definire crudele non è neanche lontanamente paragonabile
alla
verità.
-Morirai sola, con il tuo
cuore
compassionevole. Non potrai dire addio al tuo papino, né
alla tua
mammina. Rimarrai sola come un cane mentre passi l'eternità
in un
mondo che non ti appartiene e che fra un centinaio di anni non
ricorderà neanche il tuo nome...-
-Verissimo- la interruppe
Mahel,
stupendola -Io non vedrò mai più mio padre. O mia
madre.
Probabilmente il mio addio non sarà mai all'altezza della
mia
volontà. Ma posso far qualcosa per questo mondo...e se
questo è
tutto ciò che posso fare per difendere le persone che amo,
allora
così sia-
-Stupida umana, tu...- la
schernì
Vahael, ma la voce della sorella la interruppe bruscamente -Basta,
Vahael- disse stanca Nahael, guardando verso la sorella con uno
sguardo sinceramente preoccupato -...basta davvero...-
-Sorella, ma cosa ti
prende? Ricordi i
nostri piani...? Lei non merita di vivere, lei non merita di essere
felice. Dobbiamo incatenare Lagharta a questo Lago, deve rimanere
nostro per sempre, noi...-
-Noi non faremo niente di
tutto ciò.
Lagharta è libero di andare, se lo desidera- rispose Nahael,
sorridendo amaramente -La tua maledizione non è mai
esistita,
Lagharta. Sei libero-
Libero.
Quella parola lo
riportò indietro di
tanti anni. Anni di quando era bambino e giocava con il fratello,
ancora ignari di ciò che sarebbe successo.
Sorrisi innocenti e affetto
sincero.
Fratelli.
-Non credo di aver capito
bene,
maestra...- disse Lagharta confuso, con voce stralunata -Libero...?
Sono sotto l'effetto di una Panacea Notturna, o sbaglio...?-
Nahael sorrise, sbuffando
-Panacea
Notturna...è una brutta parola. Le Panacee Notturne sono
maledizioni
con un aspetto di miracoli. Noi non avremmo mai potuto fare una cosa
del genere senza ucciderti. Era solo una...minaccia. Non sei mai
stato legato qua-
-Come...?-
-Non sei mai stato legato
qua- ribadì
di nuovo, mentre le sorelle stesse la guardavano confuse -Sei sempre
stato un uomo libero-
Lagharta ci
pensò bene. Gli ci volle
un attimo per collegare la frase con la realtà dei fatti,
alla sua
situazione.
Tutti gli anni in cui nella
sua testa
c'erano solo le sue maestre, il dover tornare al Lago. Gli
allenamenti devastanti, le iniziezioni dei veleni...tutto quanto.
Scoppiò a ridere
istericamente,
buttandosi a terra con il volto tra le mani. Sconvolto.
Mahel lo guardava con uno
sguardo
rammaricato, quasi colpevole. E continuò a guardarlo anche
quando
iniziò ad urlare bestemmie ed improperi contro le Ninfe, lo
sguardo
cattivo -E quindi per tutti questi anni io sono stato legato ad una
bugia? Un gioco...? Avete accusato Mahel di qualcosa che voi avete
fatto in misura ben più grande. E perché, per
puro divertimento?
Cosa speravate di ottenere, tenendomi legato qua per sempre...?-
Mahel fu la prima a
parlare, ancor
prima della Ninfa -Nahael lo ha fatto per le sorelle. Perché
tu eri
loro necessario. Tu sei Lagharta...e lo sai cosa significa il tuo
nome, vero...?-
Lagharta guardò
verso Mahel. Poi
guardò verso Nahael, che in quel momento sostenne lo sguardo
e
strinse Vahael a sé -Lo rifarei ancora-
-Che cazzo state
dicendo...?- esordì
al limite il guerriero, prendendo Mahel per il colletto della maglia
e strattonandola forte, mentre Alvexia tentava inutilmente di
mettersi in mezzo -C'è qualcosa che tu sai ed io no...? Che
giochetto è mai questo, eh?-
-Semplicemente, se loro
pronunciano il
tuo nome io ne comprendo il significato. Non so se dipende dalla loro
maledizione, o da cosa. Quando loro hanno pronunciato il mio nome,
subito il mio cervello ha letto il mio nome come
“speranza”. Il
tuo invece significa...-
-So benissimo cosa
significa il mio
nome. Significa “distruzione”- rispose secco
Lagharta, la voce
rotta dalla rabbia -E adesso non venirmi a dire che...-
-No- lo interruppe lei,
confusa -Il
tuo nome non significa “distruzione”,
assolutamente...- Mahel si
voltò verso le Ninfe, Nahael abbassò subito lo
sguardo, colpevole
-Lagharta...le Ninfe non ti hanno mai detto che il tuo nome, in
lingua antica...significa “salvezza”...?-
Una menzogna durata tutta
una vita.
La Sibilla a volte
confondeva i loro
nomi, se lo ricordava bene. Chiamava Lagharta con il nome di Laherte
e viceversa, pensava fosse normale perché si somigliavano
moltissimo.
Anche se correvano diversi
anni tra di
loro, i loro volti erano identici.
Invece la Sibilla scuoteva
la testa
ridendo, dicendo che era la radice dei loro nomi a confonderla. Il
loro significato era diverso ma la radice era la stessa.
“Portatore di
distruzione” era
Lagharta.
“Portatore di
salvezza” era
Laherte.
Così gli era
stato insegnato e così
era rimasto convinto per tutta la vita. Sapeva che era suo fratello
ad essersi presentato alla Sibilla con quei nomi, uguali a quella
della Leggenda. Sapeva di averlo sempre odiato, perché era
un nome
sventurato.
-Il mio nome
significa...salvezza?-
Mahel annuì,
guardando le Ninfe
-Anche loro sono abbastanza antiche da potertelo confermare. Loro
dovrebbero saperlo...- continuava a guardarle in cerca di una
risposta -Perché lui è convinto del contrario...?-
Nahael fece un profondo
sospiro. Ed i
suoi occhi andarono a centinaia, migliaia di anni prima, durante la
prima guerra.
Il dolore che aveva
nascosto dentro di
se...tornò a squarciarle il petto come una volta.
La guerra era
dura...non c'era più
cibo, o acqua potabile, a cui avessimo accesso.
Vahael aveva
tredici anni, quando
iniziò. Kahael solo sedici. Io ne avevo ventidue.
Nostra madre
morì cercando di
proteggerci dai soldati sotto il vessillo di Exitio. Noi eravamo
fedeli alla chiesa di Vie, cercavamo rifugio nei Templi a lei
dedicati, ma durante la guerra solo il grande Tempio rimase in piedi.
A quel tempo non era così facile entrarvi, perciò
fummo costrette a
rifugiarci nelle case di contadini a lei devoti, o in grotte delle
Semidee abbandonati.
Dopo una settimana
di digiuno,
Vahael venne colta da una febbre alta e da strane vesciche su tutto
il corpo. Forse erano le scarse condizioni igeniche, o la fame. Ma
stava morendo, ed io non potevo far niente per salvarla. Kahael aveva
appena iniziato ad avere gli stessi sintomi, e neanche il mio corpo
avrebbe retto a lungo.
Sentivamo da ovest
provenire
racconti macabri di demonesse dagli occhi rossi e di morti che
camminano, mangiando le carni dei feriti e moribondi. Avevamo paura
che sarebbero arrivati presto alle pianure, dalle montagne sulle
quale imperversava la guerra.
Quando Vahael
peggiorò al punto
che iniziò a vomitare sangue, andai alla ricerca di cibo e
acqua da
qualcuno nelle vicinanze, senza successo.
Una lunga scia di
morte aveva
infestato le pianure, corpi in via di decomposizione e sangue
rappresso avevano ormai riempito i prati che una volta abbondavano di
primizie e cereali. Era la fine.
Trovai un tempio
abbandonato della
Semidea dell'Acqua. Vi erano brocche d'acqua e frutta ancora
commestibile. E gioielli. Lasciai tutto ciò che non era
cibo, pregai
chiedendo clemenza e portai tutto alle mie sorelle.
Non so se furono
le mie preghiere,
o l'acqua benedetta o il cibo o chissà cos'altro...ma nel
giro di
due giorni entrambe guarirono da quella febbre maledetta. Ma erano
ancora troppo deboli per riprendere il cammino e attorno a noi non vi
era più un luogo sicuro.
Sentivamo i corni
da guerra e i
fumi neri della battaglia avvicinarsi. Dovevamo andarcene...ma era
complicato.
Perciò
tornai al Tempio
abbandonato con le brocche ed i piatti ormai vuoti, nella speranza
che una preghiera alla Semidea dell'Acqua ci avrebbe garantito almeno
un po' di protezione.
E invece...
L'allora Semidea
dell'Acqua capì
che ero stata io a rubare le offerte e mi attaccò senza
pietà. Mi
ferì selvaggiamente e mi accusò di essere una
ladra. Cercai di
spiegare le mie motivazioni, ma era troppo furiosa. Mi
spiegò che
quelle erano offerte che lei aveva donato a Vie, che quindi io avevo
rubato a Vie stessa.
Non posso spiegare
il mio senso di
colpa in quel momento...rubare le offerte della Dea che veneravo era
il peggiore dei crimini. E mi spiegò quasi divertita che la
guerra
che si stava combattendo era inutile, visto che le Semidee erano
devote a Vie.
Perciò,
nonostante io cercassi di
spiegarle che era solo per salvare le mie sorelle che avevo
rubato...mi maledisse.
Mi rubò
il cuore e lo trasformò
in acqua, lasciando che bagnasse la terra di quel Tempio abbandonato.
Iniziai a sentirmi male e a vomitare acqua, niente altro che acqua.
Mi disse che anche
le mie sorelle
sarebbero state maledette come me. Che saremmo morte dopo infinito
dolore, quando il nostro stesso corpo non si fosse trasformato in
acqua.
C'era un solo modo
per salvare me
stessa e le mie sorelle...avrei dovuto trovare un grande Lago in cui
vivere per il resto della vita. Io e le mie sorelle avremmo dovuto
vivere lì per l'eternità, senza conoscere mai la
pace della morte.
Come Ninfe delle
Acque, che senza
le acque del Lago da cui prendono la vita evaporano e muoiono.
E così
ho fatto.
Ho preso le mie
sorelle ancora non
colpite dalla maledizione e portate via. Percorso ettari ed ettari di
strada, in salita su questa distesa montuosa, per arrivare questo
Lago sacro, che si diceva comunicasse con il cielo stesso.
Stupidamente speravo che avrei potuto pregare a squarcia gola
così
che Vie mi avrebbe sentito...ma mi sbagliavo.
Vie non
ascoltò mai le mie
preghiere. E nei secoli a venire, io e le mie sorelle abbiamo subito
la mutazione che ci ha fatto diventare...esseri oscuri.
Non ho mai
rimpianto, mai, neanche
un'istante, di aver rubato per sfamare le mie sorelle, ormai morenti.
Rimpiango di averle maledette a loro volta, visto che il mio
desiderio era solo di salvarle.
Finita la guerra
ho provato ad
allontanarmi dalle acque del Lago...ma il mio corpo non resiste
lontano dalle sue rive. Perciò ho letto...
Sono venuti
migliaia di pellegrini
in visita a questo Lago, viaggiatori, bardi, cavalieri. Ho sempre
chiesto loro di raccontarmi gli esiti della Guerra, cosa succedeva al
mondo esterno. Mi sono fatta regalare monili e libri e ho
letto...fino a quando non ho letto le parole della Leggenda e ho
capito che qualcosa, forse, in futuro, sarebbe potuto cambiare.
Avremmo potuto
avere una nostra
vendetta...grazie alle mani del “portatore di
distruzione”...Laherte.
Ma poi, appena
dopo un millennio
dal nostro forzato esilio, arriva questo bambino. Un moccioso che
piangeva sempre...insieme ad una vecchia, rugosa e brutta, a
chiederci di allenarlo. Ci dice di chiamarsi Lagharta...fratello di
Laherte. Colui che avrebbe distrutto il mondo.
Le parole della
Leggenda mi
accarezzarono le orecchie come niente altro prima di allora, Laherte
era proprio il “portatore di distruzione” che io
avevo tanto
atteso. Era già nato e stava per portare il mondo alla
distruzione.
Forse addirittura distruggere Vie ed il mondo stesso.
Però
quel bambino continuava a
dire che era lui “distruzione”, così
convinto...quella stupida
vecchia che lo accompagnava probabilmente non sapeva tradurre dalla
lingua antica, essendo la radice dei loro nomi uguali. Aveva
cresciuto colui che avrebbe salvato il mondo come colui che lo
avrebbe distrutto.
Per me non poteva
che essere ancora
meglio...non pensate?
Crescere e
allevare il salvatore
del mondo così che Vie avesse un debito, verso di me.
Poterle
chiedere di annullare una maledizione minore come quella di una
Semidea. Tornare a vivere una vita normale, fino agli ultimi giorni,
fino alla nostra meritata morte.
Eppure...eppure
quel bambino
assumeva sempre un'ombra scura, quando parlava del fratello. E la sua
forma demoniaca prendeva forma...
Un bambino che
crede di essere
colui che distruggerà il mondo...crescerlo dicendo che a noi
siamo
le uniche persone, gli unici esseri, a cui non importa, modellarlo a
mio piacimento. Fargli credere ciò che voglio,
affinché segua
esattamente i miei desideri e le mie disposizioni...credi che sarebbe
stato altrettanto malleabile, se avesse saputo la verità...?
Ma ora non ha
più importanza.
Ormai lui sa. Che qualsiasi cosa succeda, lui salverà questo
mondo.
Con o senza di noi.
Perché
così è scritto nella
Leggenda.
Mi dispiace,
ragazzo...ma dovevo
fare in modo che tu salvassi le mie sorelle...
Lagharta rimase senza
parole.
Lui avrebbe salvato il
mondo. Lui era
la salvezza, non la distruzione.
Aveva sempre creduto che i
suoi unici
alleati, in quel mondo che lo odiava, fossero le sue maestre. Ma la
realtà è che se avesse detto ad alta voce il vero
significato del
suo nome, nessuno lo avrebbe più odiato...mai
più! Avrebbe potuto
vivere normalmente, insieme agli altri abitanti del
villaggio...essere un eroe.
Guardò le Ninfe,
Vahael e Kahael che
guardavano la maggiore con riverenza. Capì cosa diceva la
maggiore,
ma la rabbia nel suo corpo non accennava a smettere.
Per tutta la vita era stato
sotto una
maledizione ben più grave della Panacea Notturna di cui
credeva
esser affetto. Era il suo nome, la sua vera maledizione.
Con questo anche la
Leggenda...assumeva un altro significato. Poteva non morire
nessuno...perché dipendeva da lui, la salvezza del mondo.
Poteva scegliere.
In un attimo tutto quanto
si sgretolò.
Guardò Mahel e i
suoi occhi si
spensero per un istante.
***
Ci sono tante cose che vorrei dire. Ma non mi bastano le parole.
Devo fare qualcosa per farmi perdonare...perciò aggiorno
alle cinque di mattina, dopo aver scritto quasi 3 ore filate.
Questo racconto, un giorno, diventerà qualcosa di speciale.
Lo voglio far diventare qualcosa di speciale.
Perciò vi dico solo grazie.
Perché chiunque mi legga, da ora in avanti, merita uno
spazio eterno nel mio cuore.
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