Era ser Istefano ne le
parti de la contrada di Ventegrosso uno molto maestrato occellatore, et
de' volatili molto saputissimo, et come pigliarli tuttafiata
amparatissimo, et lo miglior occellatore de 'l mondo. Lo quale
però venne un giorno fortunatissimo d'un viaggio in Arabia,
che avendo suo padre seguitato, che ambasciador si fue de 'l Segnor di
Valrenato messo a trovare 'l gran Soldano, n'avea le orate penne de
l'Araba Fenice con gran baldanza pigliate, et fortuna; ond'elli, con
sì alquanta saccenza savendo di ragionare et risposare a le
donne, ch' avean tosto cruccio de' di lui sì scienticarchi
parlamenti, vide far adunanza di penne esser cosa buona, et trarre
condonando a loro de' pregievoli adornamenti, acciocché ben
più da coloro fosse poscia stimato, et onorato.
Elli così fece, ch'a 'l tempo di San Brumaldo, che in
Valrenato laudavasi con sante messe et profane giostre, fra donne e
giovinetti gentili andava e tosto diceva: “AppropinquomiVi,
amorosissime Segnorie, che qual èmmi orranza non so dicere,
per ammirarVi di tal' diviciosissimi et degnissimi adornamenti, et
largire, quale donamento et per lo peregrinare mio remoto ne le parti
d'Arabia et l'adorazione cotidiana di San Brumaldo, che son de le penne
de la rara et antiqua Araba Fenice”.
Le oneste Segnorie tanto poco lusingarosi pe' motti d'Istefano, et
molto allegraro de' sudetti donamenti, onde sì tosto
pigliaroli, che ser Istefano lassaro sanza comitato alcuno, et possa di
dir favella; per che ser Istefano solo et pensoso si fue a misurare e'
calli di Valrenato rimaso.
Ma allora era quindi una donna che fue molto bellissima, et
solingamente sovra una pietra assisa, et tutta lagremava la statua di
San Brumaldo in calle trionfare mirando; onde appropinquossile ser
Istefano.
Et elli disse a lei: “Madonna mia, che piagnete? Vedete, come
'l Santo trionfa su la via di Valrenato, e come fien molto asnelli per
esto vertempo li augelli?”.
Et ella rispuose a lui: “Messere, io piagno, pe la mala
laudazione cotidiana di San Brumaldo. Vedete, come postutto magnano li
chierchi, et ballano li amatori co le meretrici sol vestute
d'aspettevole onestade, et imbriacanosi li volgari? Ciò
m'offende, et intrista San Brumaldo, et Iddio, e 'l buono suo
Figliuolo. Messere, faccio testimonianza, come l'oscuritate de 'l mondo
pur m'inimmonda, et m'ancide sì, che vorrebbe
morire!”.
Elli si fu sì inamorato de la lagrema di madonna Elena, che
pur parea, che sen va inver' la roggia ore, tristo universale ispeclo.
Et elli rispuose a lei: “Madonna mia, che siete tanto
bellissima; Voi c'avete 'n ispirito non clara orranza et onestade, che
sembiate agnol divino; onde però pe le cose di mondo non
inimmondiateVi, ché l'alma face, allora giugnendosi a guisa
d'uomo lo buon Figliuolo per morire fra' mortali, non ave a
crucifigersi or ora; sì che s'è 'n Voi 'l velle,
porrete meco seguitare, et gire in uno albissimo castello, che sede ne
l'aere, et quinci le cose di mondo fugiremo, et sempre
priaremo”.
E però madonna Elena et ser Istefano giro suso 'l albo
castello che sede ne l'aere; quinci s'amaro benedettamente, et priaro,
et unqua più videli persona.
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