Il
giorno in cui Derek per poco non ci rimase secco
Era
una giornata di sole a New York: la primavera era appena arrivata,
sciogliendo anche gli ultimi piccoli cumuli di neve che erano rimasti
nascosti all'ombra fino a quel momento, e due diciottenni, una rossa
e un ragazzo dai disordinati capelli mori, stavano passeggiando mano
nella mano a Central Park.
“Ti
va un gelato?” chiese ad un certo punto lui, indicando il
baracchino a pochi metri di distanza da loro, ma notò
l'altra
storcere le labbra. Trattenne una risata, perché conosceva
Addison
da anni e sapeva bene quanto amasse un buon cono.
“Sei
bellissima così, non ti serve la dieta”.
A
causa di quell'affermazione si meritò un'occhiataccia e un
attimo
dopo ritrovò davanti al suo naso una valanga di capelli
rossi e un
dito indice puntato contro il petto.
“Tu”
esclamò la giovane. “Non provare a fare
l’adulatore con me! Le
altre ragazze ci possono anche cascare, ma non io”.
Lui
sorrise e si portò una mano sul cuore. “Addison
Montgomery, giuro
solennemente di aver detto la verità”.
“Sei
un idiota”.
Venne
zittita prontamente con un bacio: da quando due mesi prima si erano
messi insieme, Derek aveva scoperto questo fantastico modo per
mettere a tacere la rossa e ne approfittava ad ogni occasione.
“Baci
bene, ma sei un idiota lo stesso” il suono della risata di
entrambi
fu coperto da quello di un sassofono, suoneria del cellulare del
ragazzo. Lui sbuffò e recuperò dalla tasca della
giacca l'oggetto
color grigio grande quanto il palmo della sua mano, mentre Addison
borbottava qualcosa sul fatto che non doveva tenere il telefono
acceso quando era con lei; Derek, però, non la stava
ascoltando.
“Pronto?”.
“Derek?”
la vocina terrorizzata di una bambina risuonò nella sue
orecchie.
“Amy,
che succede?” le chiese, preoccupato, mentre Addison smetteva
di
colpo di lamentarsi.
“C'è
un rumore strano…” sussurrò lei.
“E
mi chiami per questo?! Chiedi alla mamma!” esclamò
esasperato.
“La
mamma
è dovuta andare in ospedale e ora sono sola a
casa…” il tono di
voce si abbassò ulteriormente, mentre quello di Derek
mutò
all'improvviso.
“Arrivo
subito” la riferì, chiudendo la chiamata e
correndo via.
“Derek!”
gridò la sua ragazza, raggiungendolo. “Che
succede?” lui però
non le badò; anzi, aumentò la
velocità. Di conseguenza la rossa,
che ben sapeva che quando si trattava di Amelia Derek perdeva la
testa, rallentò e decise di raggiungerlo a casa sua
prendendo la
metro.
La
bambina, intanto, si stava convincendo del fatto che quella volta suo
fratello l'avrebbe uccisa.
Il
giovane Shepherd era quasi arrivato a casa, quando si chiese se
Amelia stesse bene: il ladro l'avrebbe trovata? Le avrebbe fatto del
male? E se fosse stato armato?
Derek
rabbrividì al pensiero e, preoccupato, di conseguenza
rallentò un
po’ la corsa e recuperò il cellulare, componendo
immediatamente il
numero di casa.
Mentre
il telefono squillava a vuoto, il ragazzo si rese conto del fatto che
per l'agitazione non aveva raccomandato alla sorellina di
nascondersi…
Tuuu,
Tuuu
Ogni
squillo era un colpo al cuore.
Tuuu,
Tuuu
Derek
correva e teneva l'apparecchio incollato all'orecchio.
Tuuu,
Tuuu
Finalmente,
giunse davanti alla porta del suo condominio: salì gli
scalini a due
a due e non comprese neppure come riuscì ad infilare le
chiavi nella
toppa.
Nel
soggiorno trovò Mark, il suo migliore amico, semidraiato sul
divano
con il giornale tra le mani.
“Dov'è
Amelia?” gli chiese, trafelato, con le mani sui fianchi, il
cellulare nella mano destra, il busto piegato in avanti e i capelli
in disordine più che mai.
“Amelia
dici?”.
“Sì,
mi ha chiamato in preda al panico… deve arti sentito entrare
e-”.
“Derek,
frequento casa tua da una vita, ma nessuno mi ha ancora dato le
chiavi…” osservò l'altro, scettico.
“Ma
quindi cos-?”.
“Tutto
bene?” la voce di Addison interruppe le parole di Derek, ma
tutti
riuscivano ad udire gli ingranaggi del suo cervello cigolare nel
tentativo di mettersi in moto, persino Amelia, che osservava timorosa
il fratello dal buco della serratura della sua camera.
“Tutto
bene” rispose intanto Mark, guadagnandosi un'occhiata
incuriosita
da parte della rossa.
“E
tu che diavolo ci fai qui?”.
L'altro
alzò le spalle. “Mi ha aperto Amelia”.
“Tutto
questo non ha senso…” borbottò intanto
Derek.
“In
realtà lo ha se lo guardi dal punto di vista di uno scherzo
telefonico” osservò l'altro, e subito i tre
giovani udirono la
porta della camera di Amelia spalancarsi sbattendo contro al muro.
“È
tutta colpa di Mark!” esclamò la bambina.
“Ehi,
non era questo l'accordo!” protestò il futuro
chirurgo plastico.
“Mi
ha detto di telefonarti perché si sentiva solo
perché tu e Addison
uscite sempre da soli. Io gli ho detto che poteva giocare a baseball
con me, ma non ha voluto…” spiegò
Amelia tutto d'un fiato,
ignorando le proteste di Mark e osservando l'espressione confusa di
Derek. Quando notò quella divertita di Addison si
tranquillizzò un
poco: la rossa le voleva bene e le portava sempre
tranquillità.
“E
tu perché dai retta a questo matto?”
osservò ridendo la giovane,
quando la bambina smise di parlare.
“Perché
è simpatico. E perché se non avessi chiamato
Derek ha detto che
avrei dovuto telefonare a Liz e chiederle se voleva uscire con
lui”.
“Lizzie
avrebbe ucciso entrambi: hai fatto bene” osservò
la rossa,
accucciandosi davanti a lei. Si sorrisero.
Poi
Amelia alzò lo sguardo verso il fratello, che stava
guardando il
cellulare come se volesse incenerirlo all'istante: aveva speso
l'intero stipendio del suo lavoro estivo per comprarlo, ed ora voleva
solo disintegrarlo.
“Secondo
me ci uccide anche Derek” sussurrò la piccola
all'orecchio di
Addison, che dovette costringersi a trattenere una risata.
"Ci
infilzerà con l'antenna del telefono" le
sussurrò, complice.
Amelia le sorrise, anche se in modo un po' forzato.
“Posso
dire in mia discolpa che hai fatto esercizio fisico?”
tentò di
sdrammatizzare Mark, stanco del silenzio che si era creato, ma venne
ridotto a carbone con una sola occhiataccia.
“Vaffanculo,
per poco non mi veniva un infarto!”.
“Non
esagerare!”.
“È
vero!”.
“Non
muori per colpa mia, vero?” intervenne Amelia, gli occhi
spalancati
dalla paura, sempre presente, di perderlo. Sei occhi si puntarono nei
suoi e subito le braccia forti di Derek la cinsero in un abbraccio:
la bambina affondò il viso nel petti del fratello e
poté constatare
da sola che il suo cuore batteva ancora.
“Non
muoio, ma niente più scherzi telefonici, ok? E se richiamo
rispondi”
concluse il giovane, alludendo alla telefonata evidentemente rimasta
senza risposta a causa della paura di Amelia di rivelare lo scherzo
ed essere punita.
“Ok.
Però tu vai a giocare con Mark, perché
sennò viene qui di nuovo e
mi fa fare un altro scherzo” sussurrò la piccola
al suo orecchio.
Derek
rise e si staccò dall'abbraccio. “Mark, andiamo al
campo di
baseball?” chiese all'amico.
Amelia
si illuminò. “Posso venire anch'io?”.
I
due, però, erano già spariti fuori
dall'appartamento. Addison
osservava la porta con un'espressione sconcertata, al che la piccola
di casa Shepherd scappò in punta di piedi, timorosa di dover
alzare
nuovamente la cornetta del telefono.
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