“Voglio uscire da qui. Voglio andarmene. Non avete nessun
diritto per rinchiudermi in questo posto di merda.”
“Lo sai benissimo che non puoi uscire”
“E invece si. Sono stufa di stare qua dentro. Non sono
malata. Non sono pazza. Ho soltanto voglia di andarmene da qua.
“E per far cosa? Per bere? Per andare in qualche bar ha
ridurti come uno schifo? Non puoi uscire da qui”
“Ti ho detto che non ho bisogno di stare qua. So badare a me
stessa. Non ho bisogno di questi stupidi medici che mi trattano come se
fossi una malata di mente”
“Ma tu sei malata”
“Io NON sono malata”
“Basta. Ti ho già detto che devi restare
qua.”
La ragazza allora perse completamente il controlla di se stessa. Prese
un bicchiere pieno di acqua che era posto sopra un piccolo comodino, e
lo lancio verso il ragazzo. Quest'ultimo, vedendo che incominciava ad
agitarsi, andò verso di lei per cercare di calmarla.
“Calmati adesso”
La ragazza indietreggiò, e a mano a mano le pupille dei suoi
occhi castani cominciavano a ingrandirsi sempre di più,.
“Stammi lontano. Non toccarmi. Vattene immediatamente. Sei
uno stronzo. VATTENE”
“Piccola non sai neanche quello che stai dicendo. Per favore
calmati”
“Non chiamarmi cosi. VATTENE”
Il ragazzo tentò ancora di riavvicinarsi, ma in pochi
secondi la vide essere bloccata da tre medici che cercavano di tenerla
ferma.
“Mrs Bolton, stia ferma.”
“Lasciatemi andare”
“Si calmi adesso.”
“NO, lasciatemi”
La ragazza continuò ad urlare fino a quando un'infermiera
non le somministrò del sonnifero e dopo circa quindici
minuti fortunatamente si addormentò.
§§§§
Troy era in camera sua disteso sul letto, con gli occhi azzurri fissi
sul soffitto. Non potevano continuare cosi. Questa storia andava avanti
da troppo tempo . Ogni giorno sua moglie, Gabriella aveva una crisi
isterica di astinenza. Quando non beveva per più di due
giorni andava fuori di se e l'unica cosa che poteva calmarla, oltre al
sonnifero era l'alcool.
Erano sposati da circa tre anni. Era sempre andato tutto alla
perfezione. Avevano avuto un matrimonio perfetto, una bellissima casa a
due piani nel cuore di Beverly Hills e nello stesso anno in cui si sono
sposati anche un bambino, Nate. Questa piccola creatura ormai era
diventata la gioia sia di Troy, ma soprattutto di Gabriella. Essa lo
amava immensamente. Gli dava sempre tutte le attenzioni di cui aveva
bisogno e ogni giorno gli ripeteva quanto era stata fortunata ad
averlo. Ma mentre tutto sembrava andare per il meglio, Gabriella
cominciò ad ammalarsi. E più il tempo andava
avanti, più peggiorava. In sole tre settimane fu come
risucchiata dentro un tunnel. Un tunnel dal quale non sono mai riusciti
a trovare una via di fuga: l'Alcolismo.
Era come se fosse irriconoscibile. Chi la conosceva da tempo, vedendola
non avrebbe mai creduto che quella fosse la dolce Gabriella Montez.
Lei, che aveva sempre odiato l'alcool, che non toccava mai una goccia
di vino o di qualsiasi altro alcolico, se non un po' di spumante
durante le feste, ormai era come se fosse diventato la sua unica
ragione di vita.
Faceva avanti e indietro per le cliniche, ma niente. Neanche l'amore di
di suo marito, ma soprattutto del suo bambino era riuscito a tirarla
fuori. Era diventata cattiva, presuntuosa, insomma tutto l'opposto di
come era prima. Se non peggio.
Troy, anche se non per sua volontà, cominciava a perdere
ogni speranza. Non ne poteva più. Era due anni e mezzo che
sua moglie andava avanti cosi. E ogni volta che andava a trovarla e la
vedeva ridotta in quello stato, non poteva fargli altro che male e
inoltre si malediceva perché più di tanto, oltre
a starle vicino, non poteva fare niente.
Un lieve bussare alla porta lo fece risvegliare dai suoi pensieri.
Alzò di poco lo sguardo e vide una piccola figura dai biondi
capelli ricci e gli occhi azzurri come i suoi. In una mano aveva il suo
solito orso di peluche, mentre l'altra era impegnata ad asciugare delle
piccola lacrime che erano fuoriuscite dai suoi occhioni blu.
“Papà”
Sussurrò debolmente il piccolo mentre si avvicinava al
lettone su cui Troy era steso
“Ehi campione. Cosa è successo?”
Si alzò, prendendolo tra le sue braccia e accarezzandogli
dolcemente i riccioli biondi.
“Voglio la mia mamma. Mi manca.”
Lo sguardo di Troy a quelle parole si fece più cupo. Gli
diede un piccolo bacio sulla nuca mentre altre lacrime continuavano a
scendere sul visino del piccolino.
In effeti Nate, aveva visto la madre solamente poche volte nell'arco di
questi due anni e mezzo. Ma d'altronde, con le crisi che Gabriella
aveva, non gli sembrava opportuno portarlo li. Anche i vari medici e lo
psicologo glielo avevano detto. Naturalmente non gli faceva di certo
piacere che suo figlio non potesse vedere la propia madre, ma che cosa
poteva fare lui?
“Lo so che ti manca campione. Ma vedi, in questo momento la
mamma non sta tanto bene”
“Ha la bua?”
“I-in un certo senso.?”
“Che cosa ha?”
“E' una cosa un po' difficile da spiegare. Non so se
riusciresti a capire”
“Ma pelchè non poto vedela?
“Perché le..”
Improvvisamente la suoneria del suo cellulare cominciò ad
espandersi per l'intera stanza. Lo prese distrattamente tra le sue
mani, e con ancora Nate tra le sue braccia rispose
“Pronto?”
Silenzio...
“Pronto?”
Ancora silenzio, guardò l'orologio appeso al muro e vide che
erano le tre di notte. Stava per riattaccare quando un voce debole
richiamò la sua attenzione. Una voce che avrebbe saputo
riconoscere anche a trenta chilometri di distanza.
“T-troy...”
“Gabriella”
Disse sorpreso mentre si alzava delicatamente dal letto per non
svegliare Nate che era quasi rientrato nel mondo dei sogni.
Andò in cucina per poi sedersi su una sedia.
“T.troy, vienimi a prendere. Per favore”
“Dove sei Gabriella?”
“V-vienimi a prendere”
“Non posso venirti a prendere se non so dove sei”
“Vicino all'autostrada, d-dove c'è il negozio di
giocattoli”
La sua voce era rotta dal pianto, tanto che il ragazzo faceva a capire
quello che gli diceva
“Non muoverti da li”
“V-vieni a prendermi Troy”
“Sto arrivando, non muoverti da li.”
Chiuse la chiamata e andò in camera da letto per poi
ritornare giù con in braccio il bambino che oramai stava
beatamente dormendo. Prese le chiavi della macchina e usci di casa.
Posizionò Nate sul sedile posteriore e si avviò
verso l'autostrada.
Con fatica la trovò. Era seduta su una panchina con lo
sguardo basso e una fiaschetta in mano. Parcheggiò li
vicino, e appena senti il rumore dello sbattere della portiera,
Gabriella alzò subito lo sguardo e lo vide.
Inizialmente rimase li ferma, aveva lo sguardo fisso su quello di Troy,
che la guardava triste, dispiaciuto. Era come se avesse un nodo in
gola, non riusciva a parlare. L'unica cosa che voleva fare era
rifugiarsi tra le braccia possenti di lui e piangere. La fiaschetta che
aveva in mano cadde a terra e in meno di cinque secondi era li a farsi
stringere da quell'uomo che nonostante tutto non l'aveva mai
abbandonata.
Quella sera, le lacrime, le carezze, parlavano da sole.
Rimasero li abbracciati per un po', finché Troy non si
decise a parlare.
“Sei una stupida lo sai? Sei la persona più
stupida che io abbia mai conosciuto”
Gabriella alzò il viso per poterlo guardare negli occhi e
dopo tanto tempo, un piccolo sorriso comparve sulle sue labbra, seguito
poi da una leggera risata.
“M-mi dispiace tanto Troy.”
Riusci soltanto a dire questo, ma a lui bastava. Finalmente dopo quasi
tre anni si era quasi resa conto di quello che l'alcool gli aveva
combinato. L'aveva portata via dal mondo, dalla sua famiglia e da tutti
i suoi amici. E lei, nonostante tutto non se ne rendeva conto. Si era
fatta trascinare da quella bestia che gli stava rovinando completamente
la vita.
Sorrise, per poi passare delicatamente una mano sulla guancia di lei
che, a quel contatto chiuse gli occhi come per godersi quel momento
fino in fondo.
“Se ti vedesse Nate ti salterebbe addosso”
A sentir quel nome, Gabriella apri immediatamente gli occhi che ancora
una volta vennero invasi dalle lacrime. Si guardò in giro
come per cercarlo finché Troy non le diede in mano le chiavi
dell'auto.
“Quando mi hai chiamato si era appena addormentato. E' li in
macchina che aspetta solo te”
La ragazza sorrise per poi recarsi verso il veicolo. Si
soffermò a guardarlo dal finestrino, poi delicatamente apri
la portiera e si sedette vicino a lui. Era tutto rannicchiato e avvolto
in una piccola copertina. Dio solo sapeva quanto gli era mancato. Lo
prese tra le sue braccia facendo attenzione a non svegliarlo e
cominciò a fissarlo. Era cresciuto dall'ultima volta che
l'aveva visto.. Lo strinse dandogli un piccolo bacio sulla fronte
delicata.
“Ciao amore”
Sussurrò debolmente al suo orecchio, e ad un certo punto il
bambino cominciò ad aprire gli occhietti. Inizialmente non
riconobbe subito la figura davanti a se, ma poi un grandissimo sorriso
comparve sul suo visino angelico e con ancora la voce impastata dal
sonno cominciò ad urlare dalla gioia. La sua mamma era di
nuovo li con lui.
“Mamma, mamma”
Gabriella a quella semplicissima parola non pote che piangere. Lo
strinse forte al suo petto accarezzandogli piano piano i capelli
biondi. Poco dopo vennero raggiunti anche da Troy che li racchiuse tra
le sue braccia dando ad entrambi un bacio sulla nuca.
“Mamma non hai più la bua?”
I due genitori risero, con la consapevolezza che forse questo brutto
incubo era finito.
“Sto guarendo tesoro”
“E sono sicuro che ritornerà in forma
più di prima”
Gabriella alzò lo sguardo verso il marito che la guardava
dolcemente. Avvicinò le sue labbra a quelle di lui per poi
baciarlo dolcemente. Quando si staccarono sorrisero raggianti.
In quel momento si rese conto che stava per perdere le due persone
più importanti della sua vita. Si dimenticò
dell'alcool, delle cliniche. Gli unici suoi pensieri erano rivolti
solamente a suo marito e al suo bambino.
Forse ce l'avrebbe fatta una volte per tutte ad uscire da questo
maledetto tunnel che si era impossessata di lei. Anzi ne era sicura.
Perché sapeva che con Troy e Nate al suo fianco avrebbe
potuto fare di tutto, anche abbattere l' Alcolismo.
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