The odds are never in my favor

di AlessiaDettaAlex
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Salve!! Eccovi il disegno-personaggio di queesto capitolo: Phoenix del Distretto 2!


 
Capitolo 11
 
Stanotte gli ibridi mi hanno tenuta sveglia per un bel po’, tanto per cambiare.
«Vieni giù, dormigliona»
Guardo ai piedi dell’albero indispettita, sapendo troppo bene a chi appartiene quella maledetta voce. Ad ogni modo, è sempre meglio di quella di Gilbert.
Scivolo con attenzione dal mio abete e sbadiglio sonoramente. Skeeter fa altrettanto.
«Nottataccia, eh?» sorrido.
«Già», fa lui facendosi scrocchiare il collo, «comunque ecco il piano di oggi: si va a caccia»
Lo guardo stranita, toccandomi istintivamente la borsa.
«Credevo avessimo ancora delle provviste»
«Si va a caccia della Gilda»
Il mio volto deve essersi illuminato un po’ troppo, perché lui attacca a ridere. Si vede così tanto che li voglio vedere morti?
«Abbiamo delle possibilità in più ad attaccarli adesso: la ragazza del 9 è ferita alla caviglia, mentre il boss della Gilda ha uno squarcio su un braccio. Non possono essere andati troppo lontano, o almeno, non senza lasciare traccia»
Io annuisco. Quei due sono deboli e stanchi, ormai. L’arena li ha davvero decimati. Inoltre Coreen, il cervello del gruppo, è deceduta ieri: sarà un gioco da ragazzi finirli.
La mia mente ripercorre tutti i momenti dell’imboscata di ieri: la loro agilità, la forza, la gola squarciata della ragazza del 3, le lacrime e il discorso di Gilbert. Giusto, le lacrime e il discorso di Gilbert.
«Ehi, Distretto 4»
Stiamo camminando da circa mezzora nel più assoluto silenzio. Le mie parole sembrano aver spezzato l’alone d’irrealtà in cui la montagna era piombata.
«Che c’è?»
Il biondino mi risponde pur continuando a camminare e a guardarsi intorno.
«Secondo te è vero quello che ha detto Gilbert ieri? O era solo una storiella inventata per distrarci?»
Skeeter si blocca di colpo e io finisco per sbattere il naso contro la sua schiena.
«Che razza di domanda sarebbe?»
«Come che domanda sarebbe? Hai visto come ti ha attaccato appena ha visto che ti eri deconcentrato»
Lui si volta e mi incatena nei suoi occhi.
«Era sincero»
«Come fai a dirlo?»
«Perché nel momento in cui si ha la morte in faccia si è tutti più sinceri. Si diventa umani per davvero, e forse per la prima volta»
Rimango in silenzio e lui riprende a camminare. Per qualche motivo non riesco a scrollarmi queste parole di dosso. Mi rendo conto che è molto facile nell’arena dimenticarsi di avere davanti delle persone. Ma ci sono anche dei momenti, a volte, in cui l’umanità dei tributi viene a galla e ci colpisce come una doccia gelata: così è stato per quel minuto di silenzio in seguito alle dichiarazioni di Gilbert. Eravamo tutti zitti, sì, ma l’atmosfera era carica di domande. Sono certa che in quel momento ognuno di noi lì presente si è chiesto almeno per un secondo “ma che sto facendo?”.
O almeno io l’ho fatto.
La caccia non va molto bene. La Gilda sembra essersi volatilizzata, non riusciamo a trovare tracce di niente. Un assoluto nulla ci circonda. Facciamo un pranzo frugale e ci rimettiamo subito in marcia. Sul far della sera abbiamo perso ogni speranza di ritrovarli. Ci prepariamo per la notte quando uno spezzarsi di rami cattura la nostra attenzione: poco lontano da noi, una ventina di metri, il ragazzo del 10 è seduto a terra e guarda in alto. Skeeter prende il tridente e mi fa un cenno col capo.
Proprio quando si rialza il mio alleato gli si para davanti, con sguardo gelido. Il ragazzetto, che avrà pressappoco quattordici anni, emette un verso di terrore terribilmente simile a uno squittio. Si gira e fa per scappare dalla parte opposta ma sbatte contro di me.
«N-No… risparmiatemi, vi prego!»
Skeeter mi guarda sorridendo e lo afferra per le spalle, tenendolo fermo. So cosa devo fare. Tiro fuori il mio coltello e lo guardo intensamente negli occhi, per fargli capire che non mi sto divertendo nemmeno io. Che se potessi lo risparmierei come chiede.
«Tutti dobbiamo morire» sigla Skeeter stringendolo, e il secondo dopo io gli pianto il mio pugnale dritto nel cuore.
Il cannone spara, e il corpo del tributo cade a terra senza vita. Pulisco il coltello con i suoi vestiti e torno insieme a Skeeter dove abbiamo lasciato gli zaini. Raccattiamo tutto e ci arrampichiamo su due alberi grandi proprio mentre il sole cala. Stacco a morsi la coscia di una delle lepri catturate ieri, fingendo che mi basti una cena così striminzita.
Non passa molto dal tramonto che un altro colpo di cannone ci fa sobbalzare. Quando nel cielo dell’arena appaiono i volti della ragazza dell’1 e del ragazzo del 10, capiamo che ora i Favoriti rimasti sono solo quattro. Tanto meglio.
La mattina dopo una nuova sorpresa ci aspetta: la neve.
Skeeter è saltato sul mio albero, e insieme guardiamo i fiocchi scendere lenti dal cielo bianco. Verso la cima della montagna si stanno addensando nuvoloni neri.
«Sembra che presto arriverà una tempesta coi fiocchi… letteralmente» fa il tributo del 4 ridendo della sua stessa battuta. Ma io non ho tanta voglia di ridere. Primo, perché se davvero ci sarà una bufera resteremo bloccati su quest’albero per parecchio tempo. Secondo, perché la neve mi ricorda il giorno in cui io e Laree ci siamo messe insieme.
«Non ci conviene scendere prima di rimanere bloccati qui?»
«Per poi rimanere bloccati a terra insieme a ibridi e tributi? Fa’ pure, genio»
«Ma rischiamo di finire il cibo e restare senza» gli faccio notare con una punta di acidità, cercando di controllare la rabbia per la sua risposta alla so tutto io.
«Ci porremo il problema quando finirà. Non sappiamo nemmeno per quanto tempo continuerà a nevicare…»
Io guardo giù dall’albero, considerando il livello della neve a terra. Non è molto alta, ma sembra aumentare. Di pari passo col freddo. Rabbrividisco.
«Quindi oggi si sta fermi su quest’albero a fare nulla?» gli dico non nascondendo la preoccupazione di una ingloriosa morte per ipotermia. Lui annuisce giochicchiando con la punta del suo tridente.
Beh, visto che è così... quassù siamo anche piuttosto al sicuro, quindi posso permettermi di far vagare la mente dove voglio mentre osservo i fiocchi di neve intensificarsi. Oggi l’atmosfera è così calma e surreale per un’arena degli Hunger Games che sembra quasi che gli strateghi ci abbiano concesso un giorno di vacanza.
La mattina passa così, tra sbadigli e giochi inventati sul momento per ingannare il tempo. Verso pranzo lo scampanellio di alcuni paracaduti mi riporta in vita.
«Hai sentito?»
Skeeter alza lo sguardo e sorride.
«Visto che i tuoi sponsor non ti lasciano da sola?»
In alto, impigliato tra i rami imbiancati dell’abete, posa un grosso sacco a pelo sorretto da sei paracaduti.
«Non posso crederci!» grido contenta incominciando ad arrampicarmi.
Tiro giù con qualche difficoltà il mio dono, riempiendomi i capelli di neve fresca.
«Ora che ne hai uno tuo, non dovrai più chiedere il mio. Non sei contenta?»
«Ma se sei sempre tu che cerchi di rifilarmelo! Io non ti ho chiesto proprio niente!» ringhio nella sua direzione.
Ma lui ride. Ride sempre, questo idiota. Mi chiedo cosa ci trovi di così divertente in tutto ciò. A dire il vero mi chiedo tante cose di lui. Ad esempio: come ha fatto a ricevere quel dodici in addestramento? Perché nonostante sia così forte ha già deciso che non uscirà vivo dall’arena? Per quanto riguarda la prima domanda, comincio a capire un paio di cose. Mi è bastato vedere con che naturalezza si è tolto di dosso la Gilda al completo. Come ha ucciso Coreen. È sempre certo di ogni mossa che fa e mette a segno ogni colpo. Perché uno così dovrebbe arrendersi agli Hunger Games? Non ci arrivo proprio. Così, dopo averci rimuginato su un po’, decido di chiederglielo, vista la gran quantità di tempo che sembra saremo destinati a passare insieme.
«Vuoi sapere perché ho detto quelle cose all’intervista con Dizzy?» mi risponde lui facendosi serio in volto.
Skeeter è seduto su un ramo spesso alla mia destra, più in basso di me di svariati centimetri, sicché mi ritrovo per la prima volta a riuscire a guardarlo dall’alto in basso.
Io gli faccio cenno d’assenso con la testa.
«Io ero lo studente migliore dell’Accademia del Distretto 4, ma ero anche la più grande delusione per la mia famiglia e l’Accademia stessa» inizia atono; «questo perché ho sempre rifiutato l’idea di offrirmi volontario alla Mietitura per portare gloria a me e al mio popolo. Semplicemente non mi interessava, avevo altri progetti per il mio futuro» appoggia la testa al tronco e fa un profondo respiro.
In effetti, perché dovrebbe stupirmi? Anche se si viene addestrati per tutta la vita a uno scopo, nessuno dice che anche tu devi amare quello scopo.
«Mio padre mi considerava un talento sprecato, i miei compagni in Accademia erano invidiosi di me e mi maledicevano perché questa forza era toccata all’unico che non sapeva che farsene. Come biasimarli! Non mi è mai interessato il futuro che gli altri hanno scelto per me. Per questo quando sono stato estratto nessuno si è offerto al mio posto: vista la mia repulsione per gli Hunger Games, quale migliore punizione se non spedirmici e sperare che io muoia?»
«Aspetta, mi stai dicendo che era tutto organizzato? Che tutti sapevano che se fossi uscito tu nessuno si sarebbe dovuto offrire volontario?» sono sconvolta.
Nemmeno uno, una singola persona che abbia avuto pietà di lui. È disumano!
«Con la competizione che c’è nel mio Distretto scene del genere sono all’ordine del giorno. Se non vuoi far parte del delirio competitivo comune, sei fuori. Anche dalla famiglia»
Mi è parso di sentire una nota di malinconia nelle ultime parole. Sin dal giorno delle interviste l’impressione che ho avuto di lui è stata di un ragazzo impassibile come la roccia, con le idee chiare riguardo a tutto ciò che c’era da fare. Nessuna ferita che riaffiorasse in superficie, niente di spezzato dalla vita. In realtà mi accorgo ora che la sua è una maschera. Beh, come la mia, in fondo. O come quella di Gilbert. Per non farci vedere spezzati, per poter sopravvivere, indossiamo tutti maschere fatte di menzogna.
«Alla fine il destino pensa sempre a tutto» alla parola destino mi faccio subito attenta, «li ho fregati, i miei compagni di distretto. Ho scelto di usare il talento che tanto odiavo per aiutare a sopravvivere chi se lo merita, in barba a tutti i loro piani su di me. E se riuscirò a farti vincere… avrò la certezza che ero destinato a questo da sempre»
«Sempre con questo destino! Come fai a dire che è per questo? Anche Laree me lo diceva sempre. Come fate ad essere certi che esista un destino e che questo destino sia buono
Lui sorride e incrocia le braccia dietro la testa. Mi guarda fisso negli occhi con un’intensità disarmante e io mi trovo a tremare.
«Accadono cose nella vita che non ti puoi spiegare in altro modo. Ma spesso siamo troppo presuntuosi per riconoscerlo e pensiamo che dipenda tutto da noi. Se tutto dipendesse da noi, probabilmente né tu né io avremmo scelto di nascere, tanto per cominciare»
Deglutisco a vuoto e rimango in silenzio a scrutarlo. Sinceramente non so cosa pensare. Io a tutto questo non avevo mai pensato prima d’ora. Questo significa che c’è un motivo per cui tutto accade? C’è un motivo per cui dei tributi innocenti muoiono, un motivo per cui io sono stata risparmiata dalla morte più volte, un motivo per cui ho incontrato Laree, Sirius, Roy, Layla e gli altri? Se solo riuscissi a crederlo con la stessa semplicità con cui Skeeter lo fa, sicuramente vivrei molto più serena.
Mi rannicchio nel mio sacco a pelo fissando un punto imprecisato tra i rami.
«Skeeter… perché hai scelto me?» mi esce all’improvviso.
«Perché tu hai davvero bisogno di tornare a casa e perché hai le potenzialità per farlo. Entrambe le cose, però: c’erano tributi con molto più diritto di tornare a casa ma che non sarei mai riuscito a proteggere fino alla fine, ad esempio il bambino venuto con te; come c’erano tributi che hanno tutte le carte in regola per tornare ma che vogliono vincere solo per farsi acclamare dai concittadini, come la mia compagna di distretto. Tra tutti, ho fatto le mie considerazioni e ho scelto te»
Io annuisco in silenzio e per la prima volta da quando ci conosciamo non lo temo più. So che non sta mentendo, riesco a percepirlo. So che tutto ciò che mi ha raccontato è vero e che non mi attaccherà mai alle spalle. Ma questo significa anche che se riuscirà nel suo intento dovrò ucciderlo io. Il che è esattamente ciò che volevo evitare dall’inizio: uccidere con le mie mani un amico.
«Ehi, avrai fame. Prendi»
Mi lancia una coscia della lepre bianca presa l’altro giorno, che io afferro al volo. Gli sorrido.
«Grazie»
Le ore passano pigre in questo modo fino alla fine della giornata, quando la nevicata sembra rallentare un attimo. Dopo la nostra conversazione mi sento improvvisamente più leggera e rilassata. Se non altro ora ho la certezza di avere un alleato fedele al mio fianco.
Dormo e, per la prima volta da quando sono qui dentro, è una notte senza sogni.
 
Il giorno dopo io e Skeeter facciamo un po’ di stretching tra i rami e ci accorgiamo con angoscia che non ha ancora smesso di nevicare. Le provviste dovrebbero bastare per garantirci la sopravvivenza anche per oggi, ma non credo che questa situazione potrà reggere a lungo. Il lato positivo di tutto ciò è che ho finalmente il tempo di riposarmi, rilassarmi e riflettere. Skeeter in questo è il compagno perfetto: non mi disturba se capisce che voglio stare sulle mie, sa come farmi divertire quando mi annoio – si è messo addirittura a creare un uccello di neve sul suo ramo che poi, fingendo di farlo volare, mi ha lanciato in faccia.
Però c’è da dire che questa quiete ci mette in allerta entrambi. Che staranno progettando gli strateghi? Perché permettono che ci riposiamo in questo modo?
Nel pomeriggio un colpo di cannone squarcia il silenzio irreale creato dalla neve. Il mio cuore accelera e mi volto verso il mio alleato: lui scuote le spalle e resta in ascolto. Nessun altro colpo per tutto il resto della giornata.
La sera ci facciamo spazio tra i rami per vedere chi oggi ci ha lasciato. Rimango a bocca aperta: è Phoenix. Cosa gli sarà successo? Era robusto e grande, un Favorito apparentemente senza debolezze. Rabbrividisco. Lui non mi aspettavo che uscisse di scena così in fretta.
Qualcosa mi dice che ci stiamo avvicinando alla resa dei conti. Dobbiamo riposarci il più possibile per quando arriverà quel momento. Rimaniamo solo in otto.

 
Note di me.
OHILA'! Sì è tipo PASSATO PIU' DI UN ANNO dalla mia ultima pubblicazione. Avevate creduto che non avrei continuato, eh?! E invece eccomi qui a persistere. Ma tanto so di stare parlando da sola, i miei recensori dell'anno scorso chissà se torneranno più ç__ç
Coooomunque. In questo capitolo abbiamo delle interessanti novità. Innanzitutto il primo omicidio premeditato di Alyss. Alcuni di voi volevano sapere se avrebbe ucciso non per autodifesa, e beh, questa è la risposta *coff coff*. Poi finalmente scopriamo la storia di Skeeter *Q* il mio aMMMore <3
Voi che ne pensate? Speriamo che questa storia attiri ancora qualcuno, il bello deve ancora venire. Ho tanti di quei colpi di scena da inserire che mi viene da piangere a pensare che ho probabilmente ho perso così tanti recensori che amavano la mia long. *sigh*
Tornateeeeee!!!
Alex

 




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