Who
are you?
John saltò in piedi, imprecando contro
l'assurdità della situazione. Era stato trascinato a Las
Vegas senza sapere che era nel mezzo di un piano per fregare Tom,
rapito assieme ad una fangirl fanfictioner da una banda di donne
furiose, intente a realizzare un piano ancora più
sconclusionato, e intanto non era assieme a Sherlock, che ovviamente
stava rischiando la vita - Direi di prendere una pausa dal vostro
geniale piano e ritornatemi subito il cellulare! –
gridò.
Anthea, dapprima apparsa preoccupata per quanto poteva accadere a
Sherlock e Mycroft, aveva subito ripreso un contegno molto
britannico e spedito un sms a Mycroft per allertarlo.
In meno di due minuti dalla notizia del potenziale pericolo per i due
Holmes, Anthea aveva già organizzato i trasporti per
spostarsi rapidamente all’hotel e fatto strada al gruppetto,
fino alle auto che li stavano attendendo.
- Puoi spiegare? – chiese John, camminandole dietro a passo
spedito.
- Teniamo tutti d’occhio, seguendo il gps del cellulare. Mi
hanno informato che Sherlock, Greg e Phil sono al Caesar Palace, ma mi
hanno appena comunicato che le telecamere dell’albergo hanno
ripreso un altro uomo. Non mi sarei mai aspettata che spuntasse qui, mi
dispiace, è una terribile mancanza da parte mia –
affermò sconsolata.
- Anthea, chi è questa persona? - chiese John,
già immaginando i peggiori scenari.
***** *****
Situazione di pericolo
42. Ritrovo al Caesar Palace
Anthea
- Che cosa vuol dire? – chiese Thomas, fissando il display
del cellulare del fratello.
- Significa guai e significa che Sherlock, Lestrade e Anderson, se ne
sono andati senza di noi –
- Tipico di Sherlock voler fare da solo. Quando il maritino
è in pericolo, non capisce più niente –
- E’ questo che mi preoccupa – rispose Mycroft, ben
sapendo che John riusciva ad essere contemporaneamente un punto di
forza e di debolezza per Sherlock. In quel momento, era soltanto una
debolezza.
Guardò il fratellino minore, così diverso ma
così simile a lui. Si lasciava trasportare dalle emozioni
molto meno di Sherlock, che nonostante tutto, poteva essere definito
come il fratello sentimentale dei tre. Thomas, invece, non nascondeva
le emozioni ma non lasciava che offuscassero il suo giudizio in alcun
modo.
Mycroft non era ancora sicuro di cosa avrebbe fatto quando la faccenda
si sarebbe risolta. Avrebbe dovuto consegnare Tom alle
autorità oppure lasciarlo libero, con la certezza che
avrebbe finito per dargli nuovamente la caccia?
– A questo punto dovrei rivelarti il resto del piano
– aggiunse Mycroft, rimandando la decisione sul destino di
Thomas a dopo.
- Un piano nel piano? – fece Thomas - Oh, Mycroft, sei
l’Holmes più contorto che esista. Lasciami
indovinare, sapevi che non esisteva un programma spia, ma sapevi della
chiavetta e la volevi. Così per distrarmi e farmi cadere
nella trappola, senza darmi modo di capire che mi stavi fregando, hai
messo su tutto questo numero. Lorelei e John non sono stati
“rapiti”, fa parte del tuo piano, Janine lavora per
te anche adesso, non si è ribellata – concluse,
quasi ammirato del piano machiavellico del fratello.
- Sapevo che prima o dopo lo avresti capito –
- E hai lasciato che Sherlock si preoccupasse per John? Sei senza cuore
Myc - commentò Thomas.
- Abbiamo altri problemi adesso! – rispose, con una
leggerissima e appena percettibile, punta di panico nella voce.
***** *****
Sherlock era ancora voltato, la chiavetta che avrebbe salvato John,
stretta saldamente nella sua mano sinistra.
Aveva sentito il rumore della pistola che veniva caricata. Un clic che
poteva mettere fine per sempre alla sua vita. Le probabilità
erano di gran lunga contro di lui. Non gli era mai importato di morire,
non che non tenesse alla sua vita ma semplicemente non aveva mai preso
in considerazione la cosa.
Questa volta era diverso, se fosse morto e l’uomo avesse
preso la chiavetta, John sarebbe rimasto definitivamente in pericolo.
Pensare di morire, proprio quando aveva appena iniziato ad essere
felice, non era contemplabile. Doveva trovare un modo per uscire da
quella stanza, illeso, salvare John e finire tutta la vicenda in
bellezza.
Si rivolse all’uomo, cercando di prendere tempo nel mezzo di
quella situazione assurda, che sembrava precipitare di minuto in minuto.
- Quindi, mio fratello aveva ragione quando mi aveva chiesto dubbioso
se ero sicuro di aver stanato tutta la rete di Moriarty. Non era
così! – affermò il detective,
voltandosi lentamente - Vero, colonnello? – chiese,
quando finalmente si fu girato completamente, per fronteggiare
l’uomo che lo stava minacciando.
Quando poté vederlo in faccia, non trattenne uno sguardo
stupito, squadrandolo da capo a piede – Ok, forse lei non
è il colonnello Moran – affermò, non
potendo distogliere gli occhi dal nuovo arrivato. Ecco
un’altra cosa che gli era sfuggita, c’era sempre
qualcosa.
- Da Sherlock Holmes mi aspettavo qualcosa di più
– rispose l’uomo, con un sorriso indisponente.
- Sì, anch’io mi aspettavo qualcosa di
più, da me – fece lui, non capendo come si fosse
trovato in quella situazione, ma in effetti se lo chiedeva ogni volta
che rimaneva coinvolto in qualche affare di suo fratello minore.
Chissà se Mycroft aveva previsto l’inaspettato
arrivo dell’uomo che lo stava minacciando.
- Come ti chiami, comunque? – chiese il detective.
- Andrew – rispose – Ma puoi chiamarmi Moriarty
–
- Un gemello, John sarà contento –
affermò, cercando la parte ironica della situazione.
***** ****
John e il gruppo delle ragazze erano seduti in auto, con il dottore che
sollecitava l’autista a “spingere a
tavoletta”, ignorando semafori e qualunque altra segnaletica
stradale che rallentasse la loro corsa per Las Vegas.
Odiava quella città con tutte le sue forze, anche se,
probabilmente, senza la loro prima notte senza memoria, non avrebbe
sposato Sherlock.
-Anthea, hai chiamato Mycroft? – chiese John, con una certa
apprensione. Erano ancora lontani dal Caesar Palace e la faccenda non
gli piaceva per niente. Se gli Holmes non fossero stati così
contorti, Sherlock non sarebbe stato in pericolo di vita.
Anthea annuì, sempre con la faccia sul palmare -
Sì, lui e Thomas si stanno dirigendo all’hotel,
stiamo andando tutti lì. Tranquillo John, non
succederà nulla a Sherlock –
- Spero per voi tutti che sia così –
commentò John, supportato dall’espressione
risoluta di Lorelei, che non vedeva l’ora di vedere i
johnlock in azione.
Molly, intanto, continuava a chiamare a vuoto il marito, non ricevendo
risposta -Non capisco perché Greg non risponde! –
sbottò.
John tamburellava le dita sul finestrino, incastrato in una situazione
inaspettata. Quanto avrebbe voluto avere Sherlock lì con
lui, anche solo per battibeccare. Invece suo marito stava rischiando la
vita per una stupida chiavetta usb, in compagnia di Andrew Moriarty.
– Possibile che sapevate dell’esistenza
di un gemello di Moriarty e nessuno si è degnato di dircelo?
Eravate pronti all’eventualità che spuntasse fuori
e decidesse di vendicarsi e non ci avete detto niente? –
imprecò Watson.
Anthea rispose paziente – Avevamo perso le sue tracce, John.
Non sembrava pericoloso. Ha scoperto di essere il fratello di Jim
Moriarty solo dopo averlo visto alla tv. Ha indagato e ha scoperto che
quando sono nati, sono stati dati separatamente in adozione. Fa il
panetterie, non credevamo nascondesse una mente criminale –
John non fu per niente contento di apprendere che per una volta nella
vita aveva avuto ragione su Sherlock Holmes, Moriarty aveva un gemello.
**** *****
Sherlock sbuffò per l’ennesimo contrattempo e
perché non solo aveva sbagliato
l’identità dell’uomo, ma anche
perché una sua precedente frase di negazione della possibile
esistenza di un gemello, pronunciata con estrema convinzione, dando
praticamente dell’idiota al marito, era stata palesemente
smentita.
Si rivolse nuovamente all’uomo che lo stava
minacciando - Quindi, John aveva ragione, questa cosa me la
rinfaccerà a vita – commentò,
continuando a parlare con l’uomo - Però non ci
siamo mai incontrati, avrei notato la differenza con Jim –
- No, mai incontrati – rispose subito il misterioso Andrew
Moriarty, che sembrava meno a suo agio del detective.
- Lo sai che si è sparato in testa da solo? Io non
c’entro – fece Sherlock, abbassando le mani,
capendo che quell’Andrew era palesemente innocuo.
- Lo so – rispose l’uomo, con la voce molto meno
sicura.
- Quindi sei qui, con una pistola finta in mano, per vendicare tuo
fratello? – chiese Sherlock, con il tono spazientito che
riservava alle persone stupide.
Andrew rimase a bocca aperta - Oh, si vede tanto che è
finta? – chiese, abbassando l’arma.
- So distinguere le pistole –
L’uomo gettò a terra la pistola e si
avvicinò a Sherlock, che era pronto ad usare ogni possibile
contromossa, ma Andrew inaspettatamente, scoppiò a piangere
per poi appoggiare la testa sulla sua spalla. Il detective era talmente
stupito, che non fece in tempo ad arretrare.
***** *****
Finalmente, il gruppo di Anthea raggiunse l’hotel,
incrociando nella Hall proprio Mycroft e Tom, appena arrivati, in
attesa davanti all’ascensore.
John si fece strada, premendo ripetutamente il pulsante di chiamata
dell’ascensore, con impazienza.
Tom non trattenne un sorriso – Quindi è
così che si fa per chiamare l’ascensore? Si preme
finché non arriva? -
- Io vado a piedi – sbottò John e fece per correre
su per le scale, quando il rumore di arrivo dell’ascensore lo
fece ritornare sulla sua decisione.
John entrò per primo e premette il pulsante
dell’ultimo piano, incurante se tutti i presenti fossero
entrati o meno e anzi bloccando metà del gruppo per paura di
sforare il limite massimo di peso dell’ascensore. Se non
fossero stati preoccupati anche gli altri due Holmes, avrebbero
commentato che John era decisamente sopra le righe.
Arrivarono alla stanza e non dovettero nemmeno bussare, in quanto la
porta era rimasta aperta. John entrò con foga, non perdendo
nemmeno un secondo per guardare il gruppo di attori che ballava.
- Greg! – gridò Molly, quando vide il marito sul
divano, nel mezzo di una discussione con gli attori Sebastian Stan e
Chris Evans – Vedo che eri davvero preoccupato ! –
commentò sarcastica.
- Molly?!? – fece lui, stordito dall’improvvisa
apparizione e alzandosi dal divano. Le corse in contro, senza darle il
tempo di dire altro, abbracciandola e baciandola, in una perfetta scena
da film, incurante di tutto il cast di Captain America che riprendeva
la scena con il cellulare e applaudiva.
Mycroft e Tom si lanciarono un’occhiata di muto dissenso,
relativo all’eccesso di sentimentalismo dei loro compagni di
sventure.
John, nel frattempo, aveva dribblato ogni singolo attore ed era corso
nelle varie stanze da letto, cercando disperatamente Sherlock.
Quando trovò la camera giusta, lo spettacolo che gli si
parò davanti lo lasciò più interdetto
che preoccupato.
- Ti lascio solo qualche minuto e ti trovo con il gemello di Moriarty
che piange sulla tua spalla? – chiese John, notando la
pistola finta a terra e chiedendosi cosa diavolo stesse succedendo.
Sherlock, ancora perplesso dal comportamento di Andrew, sorrise non
appena notò la presenza di John, scansò il
Moriarty piangente, così assurdamente diverso da Jim e
andò dritto ad abbracciare il marito.
- John, stai bene? – fece il detective, controllandolo da
cima a fondo, ancora stupito di trovarselo davanti.
John si sentì in colpa per averlo fatto preoccupare, anche
se non era colpa sua. Lo abbracciò per rassicurarlo e
Sherlock si rilassò tra le sue braccia - Sì,
tranquillo. Non sono stato rapito per davvero, era un piano delirante
di tuo fratello –
Il detective si liberò dall’abbraccio e
arretrò, torvo, furioso per essere stato ingannato.
John alzò gli occhi al cielo, non amando particolarmente i
repentini cambi d’umore del marito - Non ero
d’accordo, se è questo che stai
pensando. Puoi spiegarmi dell’altro Moriarty?
–
Sherlock biascicò qualcosa a bassa voce e John
poté capire solo le parole “ragione” e
“ho sbagliato”.
- Lo so che è il gemello, ma perché sta
piangendo? – chiese, ridendo e guardando quell’uomo
così uguale al loro acerrimo nemico, in un angolo con i
singhiozzi.
- Non lo so, la natura umana è il tuo campo –
rispose Sherlock, con un’alzata di spalle.
Si guardarono e scoppiarono a ridere, giusto nel momento in cui Mycroft
li raggiungeva nella camera. Ignorò il loro comportamento,
ritenuto infantile, visto che fino a pochi secondi prima, John stava
per entrare in modalità Hulk e allungò la mano
aperta verso Sherlock, in attesa che gli consegnasse la pendrive.
Il detective gliela fece cadere in mano, fronteggiandolo - Quindi tutto
questo caos per la chiavetta? –
Mycroft ignorò il tono risentito del fratello -
John non doveva essere rapito, volevamo prendere solo Lorelei. Ma, in
effetti, era più credibile così –
Anche gli altri compagni di sventure si stavano radunando nella camera
da letto, dove si trovavano Sherlock e John.
Phil, che era arrivato per primo, aveva sentito solo un pezzo di
conversazione e non riusciva a collegare in alcun modo tutti gli
eventi. Soprattutto la presenza di Moriarty.
- Time out, qualcuno può spiegare tutto? – fece
Anderson.
Mycroft rispose spazientito -Era un piano nel piano, per ingannare Tom.
Abbiamo finto che l’organizzazione si fosse ribellata, in
realtà eravamo tutti d’accordo, Volevamo arrivare
alla chiavetta e Tom non l’avrebbe mai consegnata. Non ho
visto altra soluzione –
- Altra soluzione che mentirmi? – chiese Sherlock, che ancora
non aveva digerito essere stato ingannato da Mycroft.
- Saresti stato più credibile se non avessi saputo tutto.
Infatti, hai raccontato la prima parte del piano a John, nonostante ti
avessi detto di non farlo. Così non correvamo
rischi –
Anderson stava ancora cerando di far combaciare tutti i punti,
guardando smarrito gli altri presenti - Ma Molly, perché ha
fatto finta di venire rapita? – chiese perplesso,
incassando l’assenso di Lestrade, che solo dopo la fine del
racconto di Mycroft aveva scoperto che sua moglie non era mai stata
rapita per davvero.
Molly si fece largo tra il gruppetto e fronteggiò Greg, che
la guardava perplesso – Perché l’ho
fatto? Sei più in centrale che a casa, non ti vedo mai,
potresti dormire direttamente in ufficio. Pensi che io sia una piccola
ragazza indifesa, volevo dimostrarti che sono molto più di
quello che pensi –
Greg cercò qualcosa da dire, ma scelse un più
appropriato silenzio; effettivamente l’aveva trascurata negli
ultimi tempi a causa del lavoro e la cosa era profondamente ingiusta,
dato che erano sposati da pochissimo. Le prese una mano e la
baciò, in segno di scusa.
Gli altri Holmes sembravano già stufi dello scambio di
convenevoli, per cui ognuno di loro iniziò a cercare con lo
sguardo, la via d’uscita più breve.
Thomas si mise una mano in tasca e con l’altra cinse la vita
della sua ragazza, che stava ancora aspettando il bacio Johnlock, e si
rivolte ai fratelli - Beh, avete la chiavetta, siete riusciti a
fregarmi. Direi che possiamo salutarci così –
Sherlock non batté ciglio e anche Mycroft decise di lasciare
stare l’arresto, poteva sempre farlo incarcerare
un’altra volta.
Thomas rise per la reazione dei due Holmes – Lo so che molto
in fondo, mi volete bene – affermò, salutando
tutti con la mano, seguito dalla rossa, che ancora cercava con lo
sguardo John e Sherlock.
Il dottore alzò gli occhi al cielo, ma poi prese Sherlock
per la camicia e lo baciò, lasciando il detective interdetto
e Lorelei, che stava trotterellando via assieme a Tom, con
un’espressione di trionfo.
Mycroft si rivolse poi alla persona più sopravvalutata della
stanza, il gemello di Moriarty – Andrew, ha ancora minacce in
sospeso o possiamo tornare tutti alle nostre vite? –
Il gemello si grattò la testa, imbarazzato per essere
osservato da tutte quelle persone - No, va bene, scusate –
Tutti si guardarono, come a chiedersi come fosse possibile che
quell’Andrew e Jim Moriarty fossero anche solo parenti, ma
evitarono ogni ulteriore questione, dopo tutta la girandola di eventi
che li aveva coinvolti.
- Direi che è giunta ora che andiamo via –
affermò Mycroft, supportato da tutto il gruppo.
Molly e Greg si presero per mano e seguirono in silenzio Mycroft,
affiancato da Anthea che si era avvicinata al suo capo, salutata con un
leggero sorriso che aveva stupito la maggior parte dei presenti.
Sherlock e John, si guardarono allegri e ringraziarono di tornare ai
soliti, pericolosi, criminali di Londra.
Chiudevano il gruppetto Janine e Anderson, il quale cercava in tutti i
modi di approcciare la bella mora.
Nel salotto della suite, gli attori erano ancora in festa e non
sembravano minimamente sconvolti dall’ingresso del gruppo di
inglesi, ma anzi non avevano ancora rinunciato a coinvolgerli nella
loro nottata.
- Andate via? – chiese Robert Downey Jr. – Ma la
festa è appena iniziata, Champagne per tutti! –
gridò, mentre il gruppetto cercava di abbandonare la camera.
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Angolo autrice:
Ciao a tutti e grazie
come sempre.
Capito tutto? Spero di
sì, d'altronde anche il terzo film era più
contorno dei precedenti :)
Alla prossima
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