“Cerca
di mantenere il passo. Sei lento.”
A
quelle parole naruto sbuffò vistosamente lasciando cadere a
terra lo zaino che stava trasportando.
“
Sei bravo Sasuke a dare ordini agli altri, ma questo zaino pesa! Pesa
veramente e io ho fame!”
“Cercate
di non fare i bambini”
Gli
interruppe Sakura osservandogli con aria severa
“
Appena troveremo una locanda sosteremo, siamo in missione lo sapete
benissimo eppure devo sempre ricordarvelo ... E' una missione
importante! Molto importante. Il maestro conta su di noi. Il villaggio
conta su di noi.”
Sasuke
non l’ascoltava, lui aveva proseguito
beatamente il cammino, tanto che sia Sakura sia Naruto dovettero
correre per raggiungerlo. Se una cosa del genere l’avesse
fatta il
biondo, la giovane genin avrebbe fatto senza dubbio avuto
più che
quattro paroline da dire ma, se ad ignorarla era il suo amato Sasuke
allora … Allora tutto era concesso. Anche la scortesia.
Avevano una
missione semplice, molto semplice, portare un documento firmato
dall’Hokage fino a Suna. Semplice, troppo semplice per
Sasuke, che
amava solo le sfide, troppo semplice per Naruto che non comprendeva che
utilità potesse avere per lui quella cosa. Non
l’avrebbe aiutato a
diventare più forte dell’Uchiha e … E
ciò che non serviva a tale scopo
era inutile. Eppure una missione così doveva avere una sua
utilità se
gli era stata assegnata e doveva esserci una ragione se Kakashi non era
con loro. Era la loro prima missione da soli e, a quanto pare, Sakura
era l’unica che sembrava rendersene veramente conto. Denotava
fiducia
nei loro riguardi e lei voleva meritarsela tutta quella fiducia. Erano
ore che camminavano in mezzo al nulla assoluto, il sole era tramontato,
l’aria si faceva fredda e, soprattutto Naruto si faceva
insopportabile.
Era stanco, ma lo erano tutti. Anche Sasuke che, per difendere il suo
dannato orgoglio, continuava a camminare a passo sostenuto ostentando
fin troppa spavalderia. Anche lui era stanco, tanto che nemmeno
rispondeva più alle lamentele del compagno.
Poi
silenzio. Nella
squadra scese un silenzio quasi irreale. Si sentivano solo il rumore
dei passi, degli animali notturni e il vento. Solo questi rumori di
fondo restavano a ricordare ai viandanti che non erano diventati
improvvisamente sordi. Poi la videro. Una piccola locanda. Le finestre
illuminate. Attraverso i vetri, negli spazzi lasciati dalle corte e
candide tende, si intravedevano passare i camerieri con vassoi pieni e
brocche colme. Eppure nessun rumore, anche i giovani genin, come in
silenzio erano arrivati, in silenzio entrarono nel locale.
Davanti
a
loro si presentò una grande tavolata, molta gente mangiava
in silenzio.
Se volevano farsi passare qualcosa lo facevano a gesti e anche i
camerieri servivano in assoluto silenzio. Un ragazzo fece loro un
cenno, tre posti erano liberi e già apparecchiati. Naruto
non se lo
fece dire due volte e prima che Sakura potesse esprimere qualche
perplessità, si era già seduto e servito da un
gran vassoio pieno di
carne arrosto. La ninja si voltò preoccupata verso Sasuke ma
questi già
si stava sedendo, a lei non restò che l’ultimo
posto libero. In mezzo
ai due. Naruto mangiava tranquillamente e di gusto. Sasuke selezionava
con cura quello che gradiva, ben poco a dire il vero. Sakura si
guardava nervosamente intorno. Troppo silenzio la innervosiva ed il
fatto che solo lei sembrava farci caso la innervosiva ancora di
più.
Era strano come non riuscisse e vedere bene il volto dei commensali.
Come se una fitta nebbia o un fumo denso riempissero la stanza.
Poi,
quando il pasto fu finito nel silenzio in cui era iniziato, i piatti e
i vassoi furono portati via e al suo posto fu portato un mazzo di
carte. Era un mazzo di grandi tarocchi. Una mano chiara lo prese per
primo. Che volesse chiedere qualcosa alle carte? Magari
l’esito di un
difficile viaggio.
Per
la prima volta poté vedere il volto del
ragazzo. Gaara stringeva il mazzo di carte. Ne scelse alcune e
poggiò
la prima sul tavolo. Tutti osservarono in silenzio. Sasuke aveva
già
compreso: Gaara avrebbe narrato una storia.
Gaara
poggia sul tavolo
lentamente cinque carte. Non sa come ma Sakura riuscì a
darne una
interpretazione più che plausibile, come se
l’assenza di parole e
commenti non costituisse affatto un problema. Come in quel contesto le
parole fossero solo un impiccio.
La
carte erano nell’ordine di comparsa: Il leone,
l’eremita e la luna, il matto e il diavolo, il mondo, la
morte.
Ecco
la storia che la ragazza ne tirò fuori.
Il
matto e il diavolo.
Gaara
aveva sempre dato fiducia alla sua forza, su di lei aveva sempre
confidato. Pensava che la forza potesse risolvere tutto. Piccoli e
grandi problemi. Una notte si trovò a camminare da solo in
una notte
senza stelle. Suna era splendida di notte con le dune che riflettevano
come uno specchio opaco la luce della luna. Con i tetti chiari nella
notte. Con le piccole finestre illuminate. Con il vento frusciante
della sera che come una cantilena accompagnava i solitari passi dei
viandanti. Era poco più di un bambino, ma un bambino
già solo.
“
I soldi o la vita”
Una
voce secca. Un bisbiglio rauco. Si voltò appena e si
trovò davanti un
estraneo. Un uomo armato di Kuani. Non lo conosceva perché
nessuno di
Suna avrebbe osato tentare di rapinarlo. Non era di Suna
perché gli
abitanti del villaggio sapevano tenere correttamente in mano un Kunai,
non come lui, che lo teneva in mano quasi fosse un coltello da carne.
“vattene
... non voglio farti del male”
Ma
l’uomo attaccò lo stesso e lui doveva difendersi.
Gaara aveva confidato
sempre nella sua forza ma sapeva dosarla male. Finì per
ucciderlo. Ecco
cosa succede se un matto incontra il diavolo. Il povero diavolo poi
muore. Temeva il giudizio del villaggio, per lui il mondo e decise di
rimediare a suo modo.
Prese
il corpo con sé e lo portò nella sua piccola
casetta.
“Tutto
si può aggiustare”
ripeteva
fra sé ricucendo il corpo
“Tutto
si può aggiustare”
Ripeteva
infilando l’ago e filo nella carne ormai già
fredda.
“Tutto si
può aggiustare, anche la morte”.
Il
sole sorse in fretta e la sua opera era finita. Aveva lavorato tutta la
notte per riassemblarlo alla fine il suo lavoro lo osservava serio. Lo
osservava con il suo unico occhio rimasto aperto, con le sue mani
cucite ai fianchi in una posa di finta serenità.
“Mi
dispiace”
sussurrò
il rosso
“
Ma ora devo andare”
Quando
avevano sfondato la porta della sua casetta Gaara se n’era
già andato.
Ora vagava da solo senza né una meta né una fissa
dimora.
Sakura
osservava le carte a cui alla fine si erano aggiunte la fortuna e la
temperanza. Si chiese se avesse compreso male il loro significato.
Sicuramente aveva frainteso il loro significato. Ma non fece in tempo a
dare una risposta, un nuovo commensale aveva preso per sé il
mazzo.
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