riassunto
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Il distruttore di mondi
Bastò appena un istante. Un solo
momento.
Girò la maniglia della porta che aveva
appena aperto e se la richiuse alle spalle. Allungò un dito verso
l’interruttore della luce, sfiorò quella piccola superficie
liscia.
E poi si immobilizzò, così, nell’atto
di schiacciarla.
Con gli occhi frugò nel buio della
stanza cercando tra le ombre familiari.
E c’era un ombra che non avrebbe
dovuto esserci, un ombra che lei conosceva troppo bene.
Appena la scorse i suoi occhi si
spalancarono, scioccati, le sue stesse labbra si aprirono appena, per
permetterle di rubare altra aria; i suoi polmoni avevano bisogno di riprendere
fiato.
L’ombra si mosse, venne verso di lei,
mutò la sua forma.
Ora era alta, la superava, lo
sovrastava.
Ma era uno dominazione gentile,
tranquilla.
L’ombra diede il tempo alla giovane
donna di accettare la sua presenza, di comprenderla appieno.
Le ci vollero minuti
interi.
Era perfettamente immobile, ghiacciata
nella sua posizione, col braccio teso, ma dentro di lei i sentimenti si
scatenavano con la forza prorompente di una tempesta.
Dolore, gioia, paura, rabbia,
incomprensione.
C’era tutto, ogni nuova emozione
esplodeva cancellando la precedente, senza darle il tempo di pensare, di
soffermarsi su un sentimento il tempo necessario per comprenderlo.
L’ombra aspettò ancora,
educatamente.
Entrambe le figure apparivano
cristallizzate, impassibili, indifferenti al tempo, alle parole.
Sembravano non esserci cuori a
battere, polmoni a respirare.
Solo dagli occhi si intuiva la
devastante, inclemente forza della passione scatenata da
quell’incontro.
Dagli occhi della ragazza, per lo
meno.
L’ombra era prima di forma, priva di
lineamenti, sebbene al tempo stesso li contenesse tutti.
Era semplicemente buio, era
semplicemente vuoto.
Uno squarcio stesso nella sostanza di
cui era formato il mondo.
La donna lentamente ritirò il braccio,
come intuendo che la luce avrebbe spezzato quell’atmosfera trasparente che si
era creata.
Inoltre, i suoi occhi non erano pronti
a vedersi rivelare lui.
Il suo gesto era un movimento che le
proveniva dall’inconscio, un procedimento di auto protezione, senza contare
l’istinto, la memoria della sua fuga dalla luce. Il ricordo della
sua predilezione a rimanere confuso nelle tenebre.
L’ombra chinò discretamente il capo,
un piccolo segno di ringraziamento.
La donna si passò una mano tra i
capelli lavati di fresco, tirandoli indietro.
"Cosa ci fai tu qui?"
La sua voce era priva di qualunque
emozione. Una voce atona, inflessibile.
Ma l’ombra sembrò tremare nell’udire
il suo suono.
"Scusami, so che avevo promesso, ma
era necessario".
Non era esattamente chiaro da dove
venissero quelle parole, il punto da cui arrivasse la sua voce, dato che non
aveva bocca.
Ma a un tratto erano lì, nella stanza,
come prodotte dall’aria stessa, una voce bassa, morbida come una leggera
carezza sulla guancia.
Una voce maschile, pulita, eppure
ricca quanto lo può essere una sinfonia per orchestra, o un paesaggio
incontaminato in cui si sentono gli uccelli, l’acqua che scorre e l’aria che
fruscia tra le foglie.
Alla donna si riempirono di lacrime
gli occhi.
Il suo collo si tese tremante come a
ricevere quella carezza.
Per un attimo sembrò combattuta tra
l’evidente frustrazione alla comparsa di quelle piccole gocce o il lasciarcisi
andare, abbandonarsi alle proprie emozioni forti e crescenti.
Ma alla fine riuscì a
controllarsi.
"Ricordo bene la tua promessa", disse
amaramente.
Anche l’ombra sembrava sforzarsi per
la sua impassibilità, ma ci riusciva meglio di lei.
"Sai che era l’unica cosa da
fare"
Disse, senza incertezze.
E di nuovo quella musica riempì
l’ambiente, riempì ogni minuscolo spazio di quella stanza.
Ogni cosa si caricò di quella bellezza
incomparabile.
L’espressione della ragazza si
frantumò gradualmente, ma in un momento, al pari di uno specchio colpito al
centro che, come con un motivo a onda, si infrange in tanti pezzi su tutta la
superficie.
"Oh, al Diavolo!" esclamò in fine con
voce spezzata, impregnata di dolore.
Si lasciò cadere in ginocchio mentre
si copriva la bocca con entrambe le mani per trattenere un urlo, uno sfogo a
tutto quello che sentiva e che non riusciva a controllare.
L’indifferenza tanto saldamente
costruita a allenata dell’ombra si disintegrò nell’istante stesso in cui le
ginocchia della donna picchiarono per terra.
La frazione di secondo che servì al
rumore per raggiungere orecchio umano venne attraversata dall’essere, che
comparse al fianco di lei. Il corpo di quest’ultima pareva scosso da tremiti e
convulsioni immani, i singhiozzi le scuotevano il petto, il viso era rosso,
contratto nello sforzo di cercare di respirare, le spalle sussultavano come
quelle di una piccola creatura agonizzante.
L’ombra non aveva forma, era
semplicemente dappertutto, avvolgeva ogni piccola membra della ragazza con
forza comparabile solo alla premurosa tenerezza nel non
danneggiarla.
Il suo corpo avvinto a quello della
giovane era immobile, non emetteva alcun suono.
Eppure la quantità di puro dolore che
sprigionava era mille volte più impressionante di quello
dell’altra.
Restarono così il tempo di un battito
di cuore, o forse il tempo di un’eternità, e quando alla fine lei si calmò
l’ombra non si mosse dal suo fianco, ritirandosi solo un po’ di più in sé
stessa.
"Guarda" disse con la voce ancora
intrisa di lacrime, "guarda quello che mi fai fare".
E l’ombra senza occhi guardò, e quello
che vide lo sconvolse come un sentimento preso a sé stesso non avrebbe mai
potuto fare.
"Perché mi fai questo?"
La voce di lei era un sussurro, forse
appena un respiro formulato tra due labbra che si muovono. Ma lui lo sentì.
Anche se non rispose, perché lei continuò.
"Hai preso il mio cuore, hai preso la
mia anima, hai preso la mia vita e tutti i sogni che io avessi mai avuto. E io
te li ho donati con il sorriso sulle labbra, non potendo credere alla felicità
che vedere te felice poteva darmi.
Mi hai aiutata, mi hai
protetta.
Io ti ho dato tutto quello che a te
mancava.
Tu non esistevi, non davvero,
fino a quando io sono arrivata.
O almeno. Questo era quello che mi
dicevi, e io riuscivo a capirlo benissimo dato che era quello che sentivo
io".
La sua voce scemò nel pianto. Questo
lungo discorso sembrava aver consumato ogni goccia del suo essere.
L’ombra la abbracciò di nuovo, e di
nuovo tutto in lui era tristezza, era dolore, e voleva dire qualcosa, ma lei
non aveva finito.
"La mia vita era niente, niente ,
prima che arrivassi tu.
Ero sola. Una bambina senza madre ne
padre, senza posto dove andare.
Ti ricordi quella notte in cui mi hai
trovata?
Io me la ricordo. Tutti i
giorni.
Quei quattro animali mi avevano quasi
uccisa, stavo morendo, là, con le loro risate nelle orecchie, e cento lame
velenose che mi stritolavano dentro. E poi… sei arrivato tu.
Un’ombra, nient’altro.
Li hai uccisi vero? Ci sono arrivata
solo quando te ne sei andato.
Ma dovevo pensarci prima. Tu sei un
assassino dopotutto.
Ma non mi importava, non mi importa
adesso.
Non mi è mai importato, lo
sai.
Tutto quello che conta è che mi hai
abbracciata, esattamente come hai fatto un minuto fa, e non mi hai lasciata
morire.
Sei diventati il mondo intero per
me.
Eri il mio presente, il mio
passato.
Ma, più importante, eri il mio
futuro.
L’unico che io abbia mai avuto.
L’unico che io volessi, in ogni caso.
Quei cinque anni insieme, sono stati
l’unica cosa che io ricordo, l’unica cosa a cui penso, l’unica cosa che per me
sia mai importata qualcosa.
Ma quello che importava..
È che tu dicevi la stessa
cosa.
Mi raccontavi della tua intera
esistenza, dei tuoi migliaia e migliaia anni di vita.
Di tutte le perone che eri stato
costretto a uccidere, di tutti i mondi che avevi fatto esplodere.
E dicevi che non eri nato che nel
momento in cui i tuoi occhi…."
La sua voce si spezzò, "mi avevano
guardata." Concluse in un soffio.
L’ombra stette in silenzio,
guardandola con un intensità totalmente sconosciuta, totalmente
estranea agli umani.
Eppure per lei era più famigliare del
suo stesso sguardo nello specchio.
"Io so che tu mi amavi…"
Disse. E stavolta la sua voce era
alta, decisa.
"E allora perché mi hai
lasciata?"
"Lo sai perché". Disse lui
istantaneamente.
Ma lei scosse la testa.
"No.. cosa importava che i tuoi nemici
ti avessero scoperto? Che il tuo vecchio padrone ti rivolesse? Cosa importava
se io ero in pericolo al tuo fianco?
Ero al tuo fianco. E basta.
Tu mi avresti protetta. E anche se
fossi morta… morire, vivere, qual è la differenza in fondo?
Credi sul serio che vivere senza di te
sia diverso dal morire ogni giorno? Credi questo?
Rispondimi ti prego."
Ma lui non poteva farlo.
Perché non riusciva a
parlare.
Lui, l’ombra, l’essere immortale, il
distruttore di mondi, di universi…
Davanti alle parole di quella donna
era debole come un bambino.
"Per favore, non parlare
così"
Disse con una nota di tristezza in più
nella voce.
"Ti prego, non farmi stare peggio di
quanto io già stia.
So di averti fatta soffrire. Lo so. E
muoio di questo.
Ma la mia scelta non cambia.
Preferisco vederti viva su questo mondo, seppur lontana da me.
Preferisco stare male, mille volte il
male che provi tu. Perché io lo posso provare in una mente mille volte
superiore alla tua.
Ma preferisco farlo.
Pensarti morta.
Pensarti senza più la capacità di
pensare, di amare, di fare ogni cosa con una passione singolarmente presente
in te…
Io non posso farlo,
dici che avresti preferito essere in
pericolo per stare con me, ma io non posso essere tanto egoista da
accontentarti.
Io ti amo.
Con ogni mia sfaccettatura
dell’essere, con ogni parte dei miei cuori, delle mie menti… io ti
amo."
E nessuno, nessuno al mondo, nessuno
al di fuori, avrebbe potuto dubitare di quelle parole.
Perché loro stesse vibravano di
sincerità, ne erano l’anima pulsante.
La donna chiuse gli occhi, sul suo
volto era scolpita un’aura di pura serenità, pure gioia.
L’ombra non poté impedirsi di
ammirarla, incantato.
Tutto in lui palpitava a quella
vista.
Il viso disteso di lei era il cielo
d’estate. Era aria pulita, era luce, era vita, si, era l’ossigeno che gli
permetteva di esistere.
Restò così, provando l’irragionevole
meraviglia di un bimbo che vede l’arcobaleno per la prima volta, e lei non
aveva fretta.
Si stava gustando la sua voce, la sue
evidente sincerità, il suono di quelle parole.
Si faceva cullare dal loro
significato.
Quando la donna riaprì gli occhi non
c’era che pura luminosità in essi.
"Forse ne è valsa la pena dopotutto"
disse.
"Forse tutta la gioia, tutto il dolore
della mia insignificante vita ci sono stati solo per portarmi a questo, a
capire questo.
Qui, in questo momento, stretta a te,
a te che sei il mio tutto, il mio ogni cosa, a te, te che dici di
amarmi…
Solo ora capisco cos’è la più completa
e perfetta pace.
No, non pace, è troppo
poco.
Felicità.
Cosa me ne faccio della pace? Io non
voglio pace per me.
Voglio solo questo.
So che ne sei capace; allora ferma il
tempo.
Ferma questo mondo, ferma ogni essere
che vi respira.
Per me, ti prego, fammi restare così
per sempre".
Ma, mentre rifletteva su quella
proposta così totalmente egoistica un amaro sorriso le si dipinse sulle
labbra.
"Ma non lo farai, vero?
E non per la Terra , o per i suoi
abitanti, cosa sono loro per te, distruttore di mondi?
Ma proprio per me.
Perché sarebbe come
uccidermi".
L’ombra annuì, abbracciandola solo più
forte.
Ma il viso della donna perse
all’improvviso tutta la sua serenità, si increspò di nuovo nel pianto,
nell’angoscia.
"Ma non capisci?!" quasi gridò, in un
misto di lacrime e rabbia impotente.
"Tornando qui mi hai già
ucciso!"
Questo catturò ancora di più
l’attenzione dell’ombra, la sua complessa, superiore mente vagliò all’istante
il centinaio di ipotesi che gli si affacciarono in essa.
"Non capisco"
Ammise alle fine, e ne appariva
davvero sconcertato.
Lei quasi sorrise al suo tono, pur in
mezzo alla disperazione in cui annegava.
"Sono sopravvissuta alla tua partenza,
non puoi chiedermi di rifarlo", concluse con triste semplicità.
"Oh" espirò lui, non aggiungendo
nient’altro.
Restarono a guardarsi per quello che
sembrò un altro minuto eterno.
"Lascia almeno che riveda il tuo
volto, prima di morire"
Sussurrò lei alla fine, in un tono da
preghiera.
Voleva rivedere la maschera umana che
aveva indossato lui per anni, mentre stava con lei.
La maschera che lei aveva preso come
modello da amare.
Quegli occhi talmente chiari da
sembrare vuoti, all’apparenza, ma così pieni di cose.
Pieni di interi universi.
Ma la sua richiesta lo fece
rianimare.
"Smettila di parlare di morire" sibilò
con voce dura, imperativa.
"Mi uccidi" aggiunse poi,
debolmente.
Ma lei non si fece
intenerire.
"E allora?" esclamò.
"Io muoio, mi vedi!?
Muoio!
Sono già morta una volta, quando tu mi
hai lasciata.
Si forse il mio corpo è sopravvissuto,
ma la mia anima, il mio cuore…
Spariti, distrutti.
Ora li hai resuscitati ricomparendo
così, ma moriranno di nuovo, ora che te ne andrai.
E non dubitare, stavolta il mio corpo
le seguirà, perché sarò io a far si che succeda!
Io, io! Hai capito?"
Le sue parole si infransero in
singhiozzi di nuovo.
Lui le se fece vicino per riprenderla
nella sua stretta, ma lei lo spinse via rudemente.
"Basta! Basta! Non capisci che non
riesco a sopportarlo?!"
Si rannicchiò su se stessa, dando
sfogo senza freni alla sua disperazione implacabile.
E lui stette lì, impotente, a
guardarla distruggersi e a sentire se stesso fare ugualmente nel vedere lei
così, sapendo in più che la colpa era solo sua.
Avrebbe voluto accogliere tutto quel
male in se stesso, per toglierlo da lei, per lasciarla respirare di
nuovo.
Si sarebbe lasciato torturare da esso,
annientare, prima di vederlo ancora su di lei.
Ma non era in suo potere
farlo.
Al Diavolo i suoi poteri! Al Diavolo
la sua forza e la sua intelligenza, non servivano a nulla adesso.
L’ombra non poté fermarsi, e non cercò
nemmeno di farlo.
Allungò una mano, o almeno, allungò
qualcosa che poteva ricordare ciò e le accarezzò i capelli.
La donna al suo tocco si lanciò su di
lui, aggrappandovisi come se fosse l’unica cosa salda in mezzo a un
tifone.
Si strinse a quel corpo impalpabile ma
solido come la pietra e non pensò a nient’altro.
Lui la lasciò calmare, carezzandola
teneramente.
"Non mi hai detto perché sei
tornato"
Mormorò lei alla fine, il viso
schiacciato nel buio.
Lui lasciò passare qualche
minuto.
"Sei in pericolo" disse alla
fine.
La sentì stringersi ancora di più a
lui.
Sapeva che non poteva non credergli,
sapeva che, se lui aveva deciso di rivederla, se l’aveva esposta a quel
dolore, il pericolo doveva essere tangibile, reale.
L’ombra senza labbra le baciò i
capelli.
"Perdonami"
Disse.
____Fine____
Il personaggio di Silver Surfer mi ha
sempre affascinato all’inverosimile, per questo motivo l’ho estrapolato dal
contesto del film per creare intorno a lui una storia autonoma.
Purtroppo nel farlo l’ho modificato al
punto quasi di stravolgere le sue caratteristiche basilari, e sono stata molto
indecisa se pubblicare in questa sezioni o negli originali.
Spero di avere fatto la scelta giusta
e anche che la trama si capisca comunque abbastanza.
Se avete bisogno di chiarimenti sono a
vostra disposizione, ovviamente!
Grazie a tutti,
_Ala_
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