FERMARSI
NON È CONTINUARE
Non ho mai capito davvero
cosa mi è successo. Non lo capisco tutt'ora. A volte ci penso,
di notte, mi ci scervello sopra, finché non mi dico che non ne
vale la pena, di perdere il sonno su qualcosa a cui non troverò
mai la risposta. È semplicemente capitato, mi sono sempre
ripetuta. È capitato come capita una caduta, un errore di
battitura, un'erbaccia nata tra le aiuole. Non è colpa di
nessuno, solo di chi è caduto, di chi ha sbagliato, di chi non
ha curato abbastanza i fiori.
Chissà perché,
un giorno, svegliandomi, ho notato che il cielo non era poi così
blu e che gli alberi erano solo legno secco. È stato come se
qualcuno avesse tolto i colori dalla tavolozza-ma non ho cominciato a
vedere tutto in bianco e in nero, o in grigio. Era tutto sfocato,
spento, senza colori. Trasparente. Vedevo le persone passare ma non
le distinguevo davvero. Sentivo le voci, ma quelle mi arrivavano
troppo distanti. I messaggi che quelli che ho sempre chiamato amici
mi mandavano li percepivo vuoti. Ad essere vuota, invece, ero io.
Avevo smesso di vedere la vita. Come se fossi morta, capite? Morta
dentro. Camminavo, ridevo e scherzavo, mangiavo e bevevo, ma dentro
non sentivo assolutamente niente. C'era solo un silenzio
assordante-così forte che mettevo le mani sulle orecchie,
sperando di renderlo meno forte, ma tutto questo lo faceva solo
peggiorare. Credevo non ci fosse niente di peggio. È
Mi sbagliavo.
Il silenzio cominciò
a popolarsi, e non piacevolmente. Erano sussurri, per lo più.
Mi dicevano cose brutte. Mi urlavano parole che ferivano. Dopo ore se
ne andavano e lasciavano spazio alla calma, che non era poi così
desiderata, per tornare più avanti con nuove parole, nuovi
insulti.
Non mi sono mai
interessata a ciò che gli altri pensano di me. C'è di
meglio nel credere alle parole altrui. Ma quello che penso io di
me...questo è importante. Dopotutto, ciò che tu dici di
te stessa è vero, no? Nessuno può conoscerti meglio di
te. E se le voci-che, alla fine, sembrano tanto uguali alla mia-mi
dicevano che ero brutta, grassa, stupida, inutile, uno spreco di
spazio, non avevano forse ragione? Siamo solo ciò che noi
pensiamo di essere.
Il dolore è
arrivato all'improvviso. Me lo aspettavo, probabilmente, ma mi ha
sorpreso lo stesso. Il dolore fa male. E si, grazie tante, ma chi non
ha mai provato davvero cosa vuol dire soffrire così non saprà
mai quanto fa male. Perché fa male in maniera tutta diversa
dalla sbucciatura che ti fai mentre cadi, o dalla rottura di un
fidanzamento. Sono mali diversi. Quanto l'origine del dolore stesso
sei te e non qualcun altro, non un mostro da uccidere-anzi, quando il
mostro sei tu-, il male che fa è tutto di un'altra pasta. È
qualcosa che uccide. Da dentro, come un'emorragia interna, come del
veleno. Anzi, peggio. Immaginate che il vostro cervello si spacchi a
metà, letteralmente, e che le ossa del vostro corpo decidano
di muoversi per conto loro, spostandosi ovunque-una forse è
finita proprio nella spaccatura alla testa-, che i vostri muscoli si
allunghino all'infinito, ma voi non siete allungabili, immaginate
tutto questo messo insieme e triplicato, avvolto nell'acido e
trascinato per chilometri su un asfalto pieno di detriti. Non
basterebbe questo per far capire il dolore immenso. Esagerato? Mah,
forse si, ma non si può paragonare il dolore fisico a quello
della mente.
Quando il dolore se ne
andò, e ricomincia a vedere la vita, tutto ciò che
avevo costruito negli anni era sparito. Mi ero così isolata,
ero stato così persa, che mi ero dimenticata che il resto era
andato avanti. Che il mondo continuava a girare. È un posto
crudele, questo. Non si ferma per nessuno. Ti dà la
possibilità di fare quello che ti pare, di maltrattarlo,
ucciderlo, ma quando ti ritrovi sull'orlo dell'abisso non ti aiuta.
Non ti guarda nemmeno-è un mondo che ci ignora tutti.
In quei giorni desiderai
che il dolore non se ne fosse mai andato. Quanto avevo perso? Ero
rimasta sola, senza capacità di riprendermi. Da dove dovevo
cominciare? La scuola? Le amicizie? Eppure non feci niente. Restai
immobile, lasciandomi trasportare dalla corrente, il vento non era
che una brezza leggera, anche se nella mia mente passò la
consapevolezza che in realtà era molto più forte. Fui
presa da un forte stato di apatia. Non c'era rabbia, tristezza o
odio. Non c'era volontà, non c'era passione, non c'era niente.
Ero solo stanca. Arrivai persino ad essere stanca della stanchezza. I
miei giorni erano tutti uguali-non li vivevo davvero. Osservavo tutto
dall'alto, come se persino il mio corpo si fosse stancato di avermi
con se e mi avesse cacciato.
Ma poi, perché sto
parlando al passato? Forse ho solo ingannato tutti, accendendo dentro
di loro una piccola speranza, che, magari, alla fine ho trovato una
soluzione e ne sono uscita. Non è così. Vi svelo un
segreto: non c'è uscita. Quando il problema viene da noi
stessi, niente e nessuno può metterci a posto. Bisogna fare da
soli. Purtroppo, quando arrivi ad un certo punto, quando raggiungi
quello stato di dissociazione dalla propria esistenza, quando anche
la morte sembra troppo lontana, non si po' far più niente.
Semplicemente ci si ferma. Non c'è possibilità di
salvezza. Eppure, si può aiutare gli altri, se non ci si è
troppo persi. È l'unica cosa.
Mi chiedo tutt'ora cosa
mi sia successo. È solo capitato. Il mondo non aveva più
bisogno di me, e me lo ha fatto capitare.
È solo capitato.
L'angolo di quella
pazza della scrittrice:
ed
eccomi qua con la mia prima storia originale! Ovviamente angst perché
io vivo di questo u.u
Sinceramente
non ho nulla da dire. Lascio il decreto a voi, popolo di EFP!
Goodbye,
Daughter_
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