“When
it's real you can't walk away”
Niklaus
x Caroline
“Maybe
it's time that I try something dangerous.
All I want is to feel my
heart beating
I'm
beating it to death
I
remember when running forever
Was
the only escape I could get
If
only I knew what that meant.”
“You
are the avalanche, one world away
My make believing, while I’m
wide awake
Just a trick of light
To bring me back around
again
Those wild eyes, a psychadelic set away
I never meant to
fall for you but I
Was buried underneath
And all that I could
see was white
The
darkest fairytale, in the dead of night.”
*
* *
La
luna solitaria e
oscurata
rischiarava la nube che aleggiava sulle strade di New
Orleans,
cupa e burrascosa.
Fasci di
luce invadevano le vie affollate, riempite di camminate fatte con
frenesia e corse ideate con l'intento di fermare un errore nel corso
della sua azione. Le persone erano nervose dagli ardori terrestri e
dal diroccamento che le loro anime supplicavano pietà. Si
potevano
udire, tra i vari chiacchiericci che invadevano la cittadina, le voci
leggere e roche dei cantanti, le note seducenti dei bassi e le
melodie stuzzicanti delle chitarre. Non vi era viale in cui un locale
non suonava al ritmo delle stelle, favillanti nel cielo di un nero
truce, accompagnato dalla morte. Molti si ispiravano ad esso, a
quello empireo, con tale impetuosità da spaventare, altri ne
vedevano la paura in quel firmamento così buio, perturbato.
Tele
venivano dipinte, la musica che accompagnava il dipingere delirante
ed impulsivo di pittori che conoscevano i propri demoni,
così
terrorizzati da non poter altro che raffigurarli, la strizza che ne
costituiva la personalità.
E
lì, sul sentiero più trafficato, usato e
passeggiato, Klaus stava
osservando la luna, anch'essa sola, abbandonata al suo sofferente e
arduo destino. L'ibrido sentiva un'affinità effimera con
quel
pianeta argentato, ardente di un bianco costellato da pennellate pure
ma fredde, come un cuore immerso nella neve. Ancora ricordava quel
pitturato che aveva concepito in una notte fresca, rumorosa come ogni
sera, in cui aveva ritratto quel mondo vuoto, silenzioso come non
mai, che illuminava la nottata della terra quando ella stessa
necessitava di quella luce, per continuare a vivere. Aveva usato il
nero carbone per sfumare la notte, mentre frammenti dell'argento,
incastonati tra le ciglia, avevano composto quella stella, e infine
il rosso fuoco, misto all'arancione pervaso dall'odio, per legare la
città.
Niklaus
trovava affascinante come non mai la mezzaluna, spezzata dalla
rotazione, dall'occhio vivido e curioso di un uomo che non la
conosceva, ricercante la sua metà, dispersa in una
dimensione
parallela. Si trovava in simbiosi con quell'astro dimenticato
dall'universo, lasciato a ruotare su se stesso, diventando un
satellite per una stella di maggiore importanza.
A
causa di quelle melopee, risultate stridenti ed eccessive per
l'orecchio sovrannaturale del vampiro, aveva perso di vista il
palpitare di un cuore che aveva desiderato e bramato la vita. La
chioma bionda, lunga e scintillate alle luci di quella notte
rabbuiata, era volata via come granelli di sabbia tra le mani;
scomparsa, tra le multiple chiome colorate, per la sicurezza dei suoi
amati. Ricordava i suoi occhi, costellati da sentimenti
incomprensibili, invasi da pagliuzze grigie e verdi, corrispondere ai
suoi come un bellissimo ma pericoloso gioco d'incastro. Avrebbe
voluto raggiungerla, prendergli la mano, assaporare nuovamente le sue
morbide e volutile labbra, ma era svolazzata nella città,
fuggita
via da qualcosa che non riusciva a comprendere, dileguata tra la
musica che mandava sprazzi del loro amore.
Caroline
era l'arte personificata, che andava lasciata libera al vento e alla
vita. Era uno spirito libero del fuoco, una fiamma ribelle che
divampava senza il suo focolare, un dipinto pitturato con accuratezza
e delicatezza.
L'aveva
sognata, custodendo il suo volto in disegni, nascosti in un cassetto
ammaccato, terrorizzato dai suoi stessi desideri e l'aveva aspettata:
secolo dopo secolo, racchiudendo nella sua mente le sue espressioni,
dotati di quella capacità di riscaldare un cuore senza
palpitazioni.
Chiuse
gli occhi e cercò di far cessare la gelosia offuscante, che
gli
stava invadendo l'anima, facendogli perdere quel minimo controllo che
possedeva; avrebbe voluto urlare in quella piazza, vociare il nome
della vampira che gli aveva fatto barcollare la mente e il cuore.
Strinse i pugni, sentendoli avvampare di un fuoco che non gli
appartenevano, sentendoli ascoltare i sussurri scalpitanti del suo
subconscio. Si stava consumando, fondendosi in un sentimento che lo
rendeva cieco, offuscato delle sue azioni così impulsive da
risultare veritiere, sincere. E così ricordò: le
sue parole
bisbigliate tra la vita e la morte, urlate al vento come repellenza,
strozzate tra una verità e una bugia.
“I
should've turned my back on you ages ago!”
Un
sorriso comparve su quelle labbra che avevano assaporato la dolcezza
della vampira, mormorandole, tra gemiti strozzati, segreti nascosti e
reconditi dello spirito.
“You
and your expensive jewelry, and your romantic drawings can leave me
alone.”
Un
sospiro si levò dalla sua bocca, un cuore spianato che
ritornava a
galla da un annegamento. Sentiva il dolore a fior di pelle, intenso,
più vivo che mai; le parole della ragazza erano profonde,
segnate
con tale passione da indurlo al peccato.
“What
you afraid of?” “You!
I'm afraid of you!”
Una risposta
troppo affretta, detta con la paura di poter dire qualcosa che non si
voleva, fece venire all'ibrido l'irrefrenabile desiderio di trovarla,
di raggiungerla e di non farla scappare mai più dalle sue
braccia.
“I
know you are in love with me and anybody capable of love is capable
of being saved.”
Klaus
si aggrappò al palo che si ergeva dal terreno vicino a lui,
la
ferrea presa che aumentava a dismisura. Mentre il suo cuore
crepitava, emergendo da qualcosa che non si poteva abbandonare mai,
sentì, in un momento di respiro, riprendendo il fiato che
necessitava per controllarsi, la voce suadente di un cantante.
«Lightning,
this is what you came for
Lightning strikes every time she
moves
And everybody’s watching her
But she’s looking at
you.»
«Niklaus.»
L'accento era riconoscibile, familiare, e il vampiro aveva avvertito
la sua vicinanza, dietro le voci strizzanti di una sconosciuta
allegria.
L'ibrido
originale non si voltò, la paura di vedere il riflesso della
delusione sul volto del fratello era enorme, gigantesca, da non poter
far rimedio.
«Smettila
di perdere tempo con me, Elijah. Non le vedi?»
domandò con voce
roca e afflitta, destinata a qualcosa peggiore della morte, alzando
il viso cercando qualcosa di nascosto. «Le stelle, non le
vedi,
vero? Scomparse, dietro nubi tempestose. Vai da lei, fratello, non
sprecare il tuo tempo.»
«Hayley
è con Hope.» Riferì freddamente,
arrivando al suo fianco.
L'aura
di Elijah Mikaelson era stranamente glaciale quella serata focosa,
così infuocata da far divampare cuori neri, un gelo che non
gli
apparteneva. Le labbra di Klaus si serrarono, il desiderio di
solitudine primeggiava tra tutte le sue emozioni. La presa sul palo
aumentò velocemente e inconsapevolmente voleva urlare a
squarciagola
la sua brama più forte.
«Allora
perché sei qui?» domandò infuriandogli
contro, voltandosi per
bloccarlo con il suo sguardo.
Migliaia
di persone lo temevano, tantissime aveano paura di incontrare quei
gli occhi che avevano devastato le vite di persone innocenti e non;
ma Elijah, con la fronte aggrottata, lo guardava con circospezione,
come se cercasse di vedere oltre di lui e oltre la sua rabbia.
«La
ami?» chiese con precauzione, la paura che se avesse fatto la
domanda sbagliata avrebbe scatenato l'inferno in terra.
Klaus
assottigliò gli occhi e le labbra. I pugni chiusi
bruciavano,
richiedendo di battersi contro qualcosa che avrebbe fatto male,
malissimo. Elijah spalancò leggermente le orbite, stupito e
curioso,
schiudendo le labbra; non era qualcosa che accadeva spesso per quella
creatura mostruosa. Credeva l'amore una debolezza, la debolezza
più
grande dell'uomo e dell'immortale. Eppure ecco lì, a giacere
tra il
dolore e la rabbia, il sentimento che scalciava, urlava, con un
tramaglio che non conosceva pace. Era stato colpito dall'ardore
terreste di un amore che non poteva scomparire, cosparso in scintille
di fogli che richiedevano un disegno nuovo, misterioso, sempre
più
fragile. Ma le mani di quel vampiro originale si muovevano con
enfasi, a velocità sproporzionata, disegnando e pitturando
un viso,
un volto, che aveva ben radicato nel pensiero.
«Caroline...»
sussurrò lui con una risata appena udibile, da poter
spezzare tutto
quel tormento che gli invadeva l'anima. Spostò lo sguardo
dalla
figura di Elijah, incatenando gli occhi turbinosi verso il cielo.
«Lei mi consuma.»
Il
silenzio li avvolse, come una calda brezza, facendo mescolare voci
acute e possenti di canzoni, che non smettevano mai di vivere
attraverso le anime. Tutta quella pesantezza che lo stava facendo
affondare, annegare, scomparse con una folata di vento irruente, con
delle semplici parole. Non avrebbe mai ammesso i suoi sentimenti se
non davanti a suo fratello, la sua spalla, la parte migliore di se
stesso; destinati per sempre a condividere un sangue macchiato da
genitori, che non conoscevano affetto tranne che per la loro
coscienza, si erano fatti forti tra di loro.
Sentì
all'improvviso la mano di Elijah sulla propria spalla, non pesante,
non leggera, premeva con cautela quella presa; forse aveva paura di
perderlo tra i reconditi spiriti dell'anima oscura, che lo
imprigionavano in qualcosa di magnifico e stupendo.
«Ma
l'hai fatta scappare, un'altra volta. È tempo che tu sia
felice,
fratello.» L'ibrido originale guardò il fratello,
sguardi che si
comprendevano e si sorridevano da un capo all'altro.
«Sono
venuto a dirti che l'ho trovata» continuò ad un
certo punto Elijah
con un sorriso.
Klaus
lo osservò: la barba stava crescendo sul suo viso, la
stanchezza
stava prendendo il sopravvento di quel corpo immortale, vedeva i suoi
occhi che desideravano la vicinanza di una donna, che l'aveva
lasciato andare, spezzando due cuori destinati a stare insieme.
L'immortale
davanti a lui si sorprese e lo guardò interrogativo. Le
labbra del
fratello lasciarono un sospiro. «L'ho trovata e se non la
raggiungerai, scapperà di nuovo. Questa volta per
sempre.»
Il
fratellastro lo abbracciò di slancio, lasciando di stucco se
stesso
ed Elijah, dando libera azione ad emozioni che richiedevano l'uscita.
Lo strinse, con tutta la forza che possedeva, ringraziandolo con quel
gesto; e tra la chiusa degli occhi, la liberazione di affetto e
gratitudine, ricordò le parole che una volta una ragazza gli
disse.
“When
it's all said and done, there's nothing more importan than the
family.”
Non
avrebbe mai ammesso, a nessuno, nemmeno al suo stesso spirito, quanta
ammirazione aveva provato dinanzi a Elena Gilbert, l'umana che aveva
custodito tra le proprie mani i cuori di due fratelli che non
conoscevano pace tra di loro. E li aveva riuniti, dopo anni di
separazione, odio, guerre interiori, li aveva riportati in una casa
che avevano ricordato nei tempi tristi, cercando una ragione e una
spiegazione alle loro azioni passate. E ricordava ancora le parole
che aveva urlato in faccia a Damon Salvatore, il vampiro impulsivo
innamorato della ragazza di suo fratello, parole che avevano scalfito
anche se stesso; perché, dopo tutto, non era anche lui un
mostro
innamorato di una fanciulla?
«Dov'è?»
dunque chiese con urgenza, rompendo quell'abbraccio di pensieri.
L'originale
gli sorrise e compiaciuto gli toccò i capelli, come un
fratello
maggiore. «A casa.»
Per
la prima volta in assoluto il vampiro video il fratellastro
volatilizzarsi in mezzo alla folla, come granelli di sabbia che
scompaiono dalle mani frementi. Dentro di sé provava
un'oscura
gelosia, qualcosa che anch'egli avrebbe desiderato fare con Hayley:
vivere, amare, fare ciò che richiedeva il suo cuore.
*
* *
Klaus
raggiunse in poco tempo il palazzo diroccato che si affacciava su New
Orleans, come un imponente divinità che giudicava. La luna
si stava
nascondendo dietro a quella struttura immensa e l'alba, che si
avvicinava, dava chiar segno delle ore che era rimasto fuori a
pensare e a rimuginare. La luce si stava affacciando su quella
città
che non dormiva mai, creando straordinari e ambigui fasci di luce e
ombra. Non vi era zona più rumorosa della via in cui i
Mikaelson
vivevano e forse era proprio per quel motivo, per nascondersi nei
rumori, non attirare l'attenzione, non farsi notare troppo, che
vivevano lì, in mezzo alla vita quando dentro di loro
sorseggiava la
morte.
L'ibrido
cercò ovunque, con lo sguardo e con l'anima, la sua
metà spezzata,
ovunque ella fosse. E poi la
percepì: la sua voce
debole e assente che sussurrava a qualcuno cercando di nascondersi,
di obliarsi, e voltando lo sguardo l'aveva vista. Da sola, in piedi
di fronte ad un locale, nessuno che si era accorto della sua bellezza
incandescente, mentre teneva tra le mani frementi un telefono,
parlando con un tono così passo che gli parve di sognare.
Sentì
l'ardere del suo cuore, e percepì la sua supplica per
un'azione che
metteva da parte un orgoglio costruito nei millenni, che chiedeva il
raggiungimento di una ragazza che altro non aveva bisogno del
pericolo.
Con
il suo udito sovrannaturale riuscì a cogliere quella
conversazione
tacita e istintivamente, senza nemmeno rendersene conto, sorrise. Un
sorriso che comparve sul suo viso, illuminandolo, mentre osservava le
movenze di quella vampira che aveva cercato di dimenticare, invano.
Guardava davanti a sé con aria accigliata, le mani che si
muovevano
alla ricerca di risposta, mentre rispondeva a quella che Klaus
riconobbe come Bonnie. Non comprese molto ciò che si
dissero, troppo
preso ad osservarla, ad ammirarla come un bellissimo quadro appeso in
casa. I suoi capelli biondi, prima svolazzanti e liberi al vento,
erano racchiusi in una coda disordinata, fatta con velocità,
senza
impegno, senza preoccupazione.
Ricordò
quando avevano ballato insieme sotto un tetto fatto di dipinti, di
affreschi, di lampadari costituiti di diamanti, che brillavano sotto
la luce accecante ed energica, quanto affascinato era rimasto dinanzi
alla sua bellezza disarmante. Ne era rimasto lusingato e aveva
provato a corteggiarla, finché era cascato nella sua
trappola
d'intelligenza senza che potesse prevederlo, eppure il suo cuore si
era fermato dinanzi a quella vampira.
Quando
Klaus si accorse che la ragazza aveva chiuso la chiamata,
appoggiandosi al lampadario vicino a lei a guardare il cielo, si rese
conto che quello era il momento giusto per continuare la loro storia.
La
raggiunse, facendosi scoprire, facendosi vedere, e quando i loro
occhi si incontrarono il tempo parve bruciacchiare e fermarsi. Le
lancette del tempo si bloccarono, attratte dalla forza pericolosa di
un amore senza freni. Gli occhi di Caroline brillavano come due
stelle, come pianeti pieni di vita, mentre lo guardava con evidente
sorpresa. Le sue labbra, contornate appena da un rossetto rosso,
erano schiuse, il respiro che fuoriusciva da esse era irregolare e
nervoso. Forse era strabiliata, un po' confusa, ma anche felice; il
sorriso appena visibile nel suo sguardo evidenziava il suo intero
animo.
«Caroline.»
Iniziò lui avvicinandosi, mostrando la mano come per
afferrarla ma
quando vide la vampire ritrarsi, fare due passi indietro, strinse le
labbra ferito.
«Come
mi hai trovato, Klaus?» chiese con voce fredda, intensamente
gelata
da spezzare un cuore già in mille pezzi. Klaus socchiuse gli
occhi,
e parve vedere dell'esitazione nella fanciulla. «Non
è importante.
Caroline-»
«Cosa?»
ribatté avvicinandosi, senza pensarci, facendo rimanere
l'ibrido
confuso, interrogativo. «Pensavo fossi stata
chiara.»
«No.»
Sussurrò a fior di labbra, guardandola e sentendo il
desiderio di
inciderla su una tela, ricordando per sempre quella scena: Caroline
sotto il barlume della luna, quasi scomparsa, mentre l'alba pareva
infuocare l'oscurità di quella notte ormai finita. I fasci
di luce
che incatenavano i capelli biondi della vampira, esaltavano il volto
chiaro e profondo, mentre l'abbigliamento scuro, tendente al nero,
esaltava l'altezza e la forza.
Lo
sguardo di Klaus cadde a terra e il respiro cercò l'aria,
che
aleggiava in quella notte perturbata. Sentì il fiato della
vampira
mozzarsi, estinguersi in una morsa; si era sorpresa, ma ciò
non
risolveva il problema che doveva affrontare. L'ibrido venne scosso
dal desiderio ardente e accecante di un sentimento che la ragazza non
riusciva ad accettare, non fino in fondo.
«Non
riuscirai a fuggire, non un'altra volta» continuò
rialzando il
viso, guardandola. «E lo sai anche tu.»
Si
avvicinò. Un passo. Due passi. Tre passi. La ragazza davanti
a lei
non indietreggiò, non diroccò quel cuore che
aveva tra le mani,
mentre lo guardava con tale dolore da indurlo ad aiutarlo. I passi
aumentarono, si avvicinarono a scarpe che non conoscevano camminate,
nuove, pulite fin troppo dalla lucentezza di una notte focosa, anche
loro timorose di un incontro ancora non avvenuto e mai atteso con
così tanta impazienza. La raggiunse, come una calamita,
osservandola
sotto le ciglia, guardando le sue imperfezioni combaciarsi ai suoi
occhi stellati. Non vedeva, sentiva, mormorava, altro che la sua
figura; brillava con così tanta luce da fargli chiudere gli
occhi,
prendere fiato, e riaprirli. Era allucinato, in ogni senso, in ogni
dove, da quell'amore che lo rendeva ciò che era in
quell'istante e
che sarebbe per sempre stato nel corso della sua immortale vita. E
poi la vide, la sua mano, la sua azione così spontanea da
risultare
in un sogno, mentre raggiungeva il viso di qualcuno che non vedeva e
non desiderava da anni.
Le
sue dita fredde, di un vampiro che non possedeva vita, toccarono la
sua guancia, qualcosa che era invasa da un fascio di barba, qualcosa
che non conosceva sorrisi da tempi immemori. Gli occhi di Caroline
diventarono acqua, un unico pozzo che non avrebbe dato altro; i suoi
occhi piangevano lacrime divampanti, capaci di dare fuoco a qualcosa
di inimmaginabile.
Klaus
sentì il proprio cuore tremare, fremere dinanzi a quella
vista,
sentì le mani pulsare di un tocco che ricordava, ma che non
toccava
da quando aveva lasciato quella cittadina sperduta di Mystic Falls.
La
mano della vampira percorse il suo volto, cercando di ricordare, con
la propria mente, qualcosa che aveva cercato di affondare con
impetuosa rabbia. Non lo aveva mai toccato in quel modo, con un
affetto e con un amore che non riusciva a fermare, e non aveva mai
dato sfogo a quella valvola che richiedeva l'uscita. Ma in quel
momento lo stava facendo e ne era lieta, libera. Anche l'altra mano
raggiunse il suo volto, entrambe richiedenti, e i suoi occhi
diventarono più liquidi, grigio e verde che si univano,
lacrime che
scendevano copiose.
«S-sì»
rispose con voce spezzata, singulti che richiedevano pietà.
«Dov'eri? Ti ho cercato per così tanto tempo,
Klaus. Dov'eri
finito?» mormorò disperata, stringendo la presa su
quel capo di cui
non comprendeva i pensieri.
Allibito,
l'ibrido riprese quelle mani, stringendole finché non
sentì un
gemito di dolore da parte della vampira. Era da tempo che aspettava
di stringerla, toccarla, e finalmente ci era riuscito; e prima che
potesse accorgersene, anche pensare lucidamente, chiuse gli occhi e
raggiunse le labbra contornate da lacrime salate. La baciò
delicatamente, con ardore, un fuoco che divampava nell'aria
tenebrosa, e la strinse a sé come meglio poté; i
suoi gesti erano
impulsivi, feroci, seguiti da un istinto che aveva cercato di
reprimere.
Le
toccò i capelli, tirandoli, prendendoli tra le mani come
seta
pregiata, arrotondandoli nelle dita sporche di pittura.
Toccò con
frenesia il suo viso, perlustrando cambiamenti, qualcosa che avrebbe
fatto intendere l'inevitabile cambiamento della sua anima. La strinse
tra le braccia con tale impetuosità da far tremare le gambe
alla
vampira, da farla cadere totalmente su di lui come un piccolo e
fragile fiore; gli stava prendendo la vita e si stava appassendo, per
la brutalità che utilizzava nei gesti.
«Caroline...»
Klaus annaspò nelle parole, sentendo
l'elettricità che ritornava a
galla.
Avrebbe
voluto fermarsi ma la sua mente era sconnessa, mentre il suo corpo
rispondeva a istinti antichi; la baciò ancora e ancora, e
stettero
così finchè il sole non bruciò e la
vampira terminò di piangere,
ritrovando quella mente perduta tra i baci roventi e infiammanti
dell'uomo.
«K-klaus...
fermati.» Ordinò appoggiando le mani sul suo
petto, l'intento di
allontanarlo era invano con quella poca mentalità che aveva
ritrovato e quella forza che niente era a confronto con quella
dell'ibrido.
Klaus
si arrestò, anche lui colpito dai sussurri della sua mente,
lasciando da parte il suo cuore; guardò Caroline, le guance
arrossate, gli occhi brillanti che guardavano altrove, mentre
riponeva le mani dentro la giacca di pelle.
La
fissò per quella che parve un'eternità, la
bellezza che non
riusciva a comprendere tale magnificenza; non riusciva ad afferrarla
che lei era già scappata via, volata al vento. Quando si
rese conto
che il sole era ormai stretto nel firmamento, brillando in un nuovo
giorno a New Orleans, gli parve il giusto momento per dare inizio ad
una conversazione che avrebbe preso una piega inaspettata, del tutto
lasciata al caso.
«Sapevo
che saresti venuta, un giorno» iniziò l'originale,
guardando ancora
confuso quella figura bionda.
La
vampira si voltò di scatto, sorpresa e ancora avvampata dal
cuore, e
lo guardò come non aveva fatto da molto: alla ricerca della
sua
parte umana dentro di lui, qualcosa che aveva amato e assaporato in
ogni modo. Ma amava anche il mostro in lui, la bestia che coesisteva
con quell'umanità poco integra.
«Davvero?»
chiese, sapendo già la risposta, vedendo quel sorrisetto
presuntuoso
che aveva tanto amato e odiato.
Abbassò
leggermente il capo, trafiggendola con gli occhi, sorridendo appena
da farle venire i brividi e le vertigini; sensazioni che aveva
cercato in Stefan, in Alaric, che non aveva mai trovato tranne che in
Klaus.
«Per
quanto tu cerchi, ancora, di negarlo, provi qualcosa per me»
continuò rialzando interamente il volto. «Non
è vero?»
La
luce solare lo colpiva per metà del viso, illuminando quegli
occhi
che non avevano visto luce da anni. Fasci di azzurro, verde acqua e
celeste invasero il campo visivo della vampira, stupendola come non
mai; la bellezza immortale di Klaus era conosciuta, ammirata, amata,
bramata e dannata.
Sentì
la propria voce interiore rispondere con un caloroso sì,
qualcosa che non avrebbe mai ammesso con così tanta
facilità. Così,
per dare alleviare il fardello doloroso di un amore malsano,
annuì
debolmente, deviando lo sguardo da quelle labbra che aveva da poco
baciato. E poi la sentì: la presa ferrea e decisa
dell'ibrido sul
suo polso, intesa come non mai. Caroline lo guardò confusa,
interrogativa, stupita, di fronte a quell'azione.
«Non
ti lascerò scappare.» La voce
di Klaus mandò scintille di fuoco, di un sentimento brutale,
animalesco.
Di
sottofondo si udiva una canzone urlata a squarciagola, qualcosa che
richiamava disperazione e salvezza allo stesso tempo. Una musica che
si univa ai pesanti e frantumati cuori degli immortali che,
guardandosi negli occhi, parlavano lingue sconosciute ad altri; e
mentre restavano lì, fermi, in quella posizione
così strana,
guardati da tutti ma osservati da nessuno, Caroline sentì il
cuore
prendere il sopravvento. La paura di non ritrovare quelle sensazioni
che solo l'ibrido poteva donarle e concederle, fluttuò fra
le sue
membra.
Niklaus
stringeva con forza l'arto della vampira, il desiderio abbagliante e
il sentimento soffocante che gli ardeva l'anima lo rendeva impulsivo,
feroce. Caroline lo guardava con sbigottimento, con le labbra schiuse
in un sorriso flebile, con quella bellezza che mai sarebbe scomparsa.
«Non
ho più ragione di scappare» rispose lei, passando
la propria mano
su quella dell'ibrido, che la stringeva nel tentativo di non farla
scomparire e affievolire in un istante. Il vampiro originale
spalancò
gli occhi, totalmente sotto al controllo della ragazza.
«Prima
avevi una ragione?» indagò curiosamente, senza
sapere che cosa
aspettarsi.
Sapeva
la risposta, dentro di sé, ma era come stata risucchiata dal
cuore.
La vampira chiuse gli occhi, strinse la presa sulla mano dell'ibrido
e sospirò. Quando riaprì gli occhi non vi era
più esitazione e
timore: era sicura.
«Avevo
paura di te» ammise, portandosi un ciuffo ribelle dietro
l'orecchio
destro. La mano stava tremando. «Perché sei un
mostro ma anche per
i sentimenti che provo per te. Avevo paura dei miei sentimenti per
te.»
Rilasciò
il respiro, quasi stesse per annegare e affondare in un turbine di
emozioni senza reale comprensione, e abbassò lo sguardo,
velocemente, riportando gli occhi su quelli di Klaus.
Colui
che non conosceva un padre amorevole stava trattenendo il respiro e
la guardava con tale magnificenza da domandarsi se fosse reale, se
fosse solamente un sogno o una vera realtà.
L'ibrido
abbondò la presa sul polso, tirandola a sé,
prendendola per il
braccio, stringendola in un abbraccio caloroso e pieno di
felicità.
Lei ricambiò l'abbraccio, affondando il volto sulla sua
spalla,
annusando il suo profumo e odore per ricordarne la fragranza. Lo
strinse con tutta la forza che possedeva, con la paura che se avesse
detto altro sarebbe diventato un sogno da cui non si sarebbe mai
più
svegliata. E si unirono così, un intreccio di corpi e anime,
un
puzzle di cuori che avevano sofferto a distanza, in un amore che non
aveva tempo e spazio, mentre le chitarre li accompagnava in un
cammino arduo, difficile, messo a dura prova da nemici che non
conoscevano fretta.
Non
sarebbe stato facile, tra di loro non lo era mai stato, ma non si
sarebbero arresi agli eventi della storia; avrebbero combattuto,
lottato, sofferto e pianto per ciò che possedevano.
Perchè
nonostante tutto, odio, gelosia, brama di potere, sete di sangue,
guerra, la melodia di un pianoforte sarà sempre capace di
fermare la
distruzione umana; tintinnante, donerà la
capacità di amare e
perdonare perfino a coloro che non conoscono pace. Perchè le
parole,
le melodie e le noti di una musica che non conosce tempo, saranno
sempre capace di regalare ciò che l'essere umano ha bisogno.
E
Caroline riuscì ad insegnargli il vero significato
dell'amore, nel
suo totale e magnifico significato, nel suo scalpitare difficile e
dolorante, nella sua perdizione che lo avrebbe portato in sentieri
oscuri. Niklaus aveva amato nel corso dei secoli prima di conoscerla
ma aveva inteso veramente, fino in fondo, ciò solamente
grazie al
suo arrivo; qualcosa che prima detestava, da cui cercava di
allontanarsi e fuggir via.
Ma
le parole e gli sguardi della vampira l'avevano salvato dalla
solitudine che aleggiava in lui, da mani che non l'avevano mai
accettato, da un padre che non lo aveva mai compreso fino in fondo. E
riusciva a vedere il sorriso di Caroline, sereno e illuminante, che
gli avrebbe conferito quella sicurezza e coraggio per affrontare un
percorso da cui ne sarebbe uscito solamente estasiato.
E
poi ricordò. Un flash. Un'immagine abbagliante che lo
riportò a
tempi passati, qualcosa e qualcuno che non avrebbe mai dimenticato
nel corso della sua vita immortale.
“Non
sono mai stata tanto ingenua da pensare che io fossi la tua luce. Ma
c'è la luce in te. Tutta quella rabbia, il ciclo di abusi
che ha
iniziato Mikael, tu puoi porvi fine. Devi farlo, così potrai
essere
la luce per tua figlia. Per Hope.”
E mentre allontanava
quel poco Caroline, per poterla osservare e ammirare, baciandola,
ritrovando se stesso in quella ragazza, quella parte d'anima che gli
aveva lasciato tempo prima, sorrise nei propri pensieri.
Sorrise
perché alla fine, nonostante Caroline fosse la sua anima
gemella,
l'unica che poteva salvarlo, Camille era riuscita a comprenderlo come
nessun altro era riuscito. E per questo l'aveva amata come non aveva
amato Caroline, quell'amore che va oltre alla fisicità, va
oltre
ogni pensiero; un amore che lega lo spirito in un intreccio di
fatalità e comprensione. Un amore che non avrebbe mai
più ritrovato
nelle anime che sarebbero vissute negli anni avvenire.
Così
giacque Niklaus Mikaelson, l'ibrido originale, l'uomo che aveva
assaporato e assaggiato l'amore di due donne che non l'avevano
giudicato, che avevano guardato oltre alla rabbia, alla vendetta,
all'odio. E le ringraziò, entrambe, per ciò che
gli avevano dato in
poco tempo, guardando, tra un capo e l'altro, i dipinti che avevano
costituito la sua anima.
“In
the darkness before the dawn
In the swirling of the storm
When
I'm rolling with the punches and hope is gone
Leave a light a
light on
Millions of miles from home
In the swirling
swimming on
When I'm rolling with the thunder
But bleed from
thorns
Leave a light a light on
Leave a light a light on
In
the darkness before the dawn
In the darkness before the dawn
Leave
a light a light on
Leave a light a light on.”
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