Oboro1
Note dell'autore:
Salve a tutti per questa nuova storia, che quasi nessuno leggerà.
Volevo solo dire che non è proprio spoiler perchè molte
cose le ho inventate di sana pianta essendomi fermata con la storia
all'anime.
Buona lettura ^^
Oboro era sempre stato solo.
Sia nella vita che nel lavoro non aveva trovato altro che persone
prive di fondamento, gusci vuoti che quasi non sembravano essere dotati
di una loro personalità.
Questo ad eccezione di Utsuro, il suo superiore era infatti l'unica persona che egli stimasse.
Ma giunto nella terra dei samurai, aveva intravisto qualcosa,
qualcuno dotato di una ferrea volontà, qualcuno dall'anima
d'argento.
Disposto su un'altura, poco distante dal campo di battaglia, Oboro insieme ad un suo compagno, osservavano.
L'albino era ancora un soldato, ma già spiccava per le sue doti e si indovinava che avrebbe fatto presto carriera.
Probabilmente sarebbe stato l'unico a riuscirci per il suo talento e
per le sue abilità come stratega, e non per raccomandazioni o
'favori' verso le cariche più alte.
I suoi compagni lo detestavano per questo, vedevano nel suo
atteggiamento un chè di altezzoso, come se lui, ai loro occhi si
credesse migliore.
Ma ad Oboro questo non importava, non era mai stato un tipo che legava con gli altri e non avrebbe iniziato certo adesso.
Inoltre, sapeva che la loro era soltanto invidia o forse semplicemente lo temevano per il suo sguardo indecifrabile.
Sembrava che a dire una parola di troppo in sua presenza, avrebbe
potuto uccidere, conficcare semplicemente la lama nel petto, senza
pensarci una seconda volta.
Makoto, che in quel momento era di ronda insieme a lui, si sentiva nervoso.
L'albino non aveva ancora detto una parola, e si limitava a fissare solennemente i samurai che combattevano.
"Chi è quello?" chiese Oboro ed il compagno tremò, non aspettandosi certo di sentirlo parlare.
Fu stupito che si interessasse a qualcuno.
"A chi ti riferisci?" gli chiese, cercando di mantenere il tono di voce fermo, non voleva fargli capire quanto fosse a disagio.
Lo sguardo dell'altro non si mosse minimamente dalla battaglia, diamine pensò Makoto sembra che non stia nemmeno respirando.
"Quello con i capelli ed il kimono bianco" rispose Oboro.
Makoto dovette sporgersi maggiormente e guardare attraverso il binocolo per riuscire a capire a chi si riferisse.
A lui sembravano tutti dello stesso colore, color sangue.
Ma gli bastò un'occhiata per capire chi fosse il samurai di cui parlava l'altro.
Ce n'era uno con i capelli argentati ed il kimono bianco, anche lui era
sporco di sangue, ma questo colore sembrava non riuscisse a spegnerlo
come succedeva invece a tutti gli altri combattenti.
Anzi, sembrava ancora più luminoso, mentre, combattendo come un
demone, si sporcava di rosso, quasi fosse la luce della sua anima quella
a risplendere sul campo di battaglia.
Makoto, come molti altri Naraku, già conosceva di fama quel giovane samurai.
"Quello è lo Shiroyasha" disse "è molto famoso, sembra
essere uno dei più forti da queste parti. E' uno degli allievi
di Yoshida Shoyo".
Avendo già catturato il maestro Shoyo, Oboro capì subito
che quel giovane doveva essere una persona fuori dal comune.
"Shiroyasha" ripetè tra sè e sè, e per una volta,
forse per la prima volta in vita sua, le labbra gli si incurvarono in
un sorriso, forse un po' inquietante e molto più simile ad un
ghigno "interessante" disse.
Era strano per lui provare interesse per qualcuno, tanto più che
quando era venuto sulla terra, aveva giudicato subito i samurai, solo
come dei cani che sbraitavano alla luna.
Si chiedeva per quale assurdo motivo continuassero a lottare se il governo gli aveva già dato le spalle.
Ma quel ragazzo, quel demone bianco, gli sembrava diverso.
Forse conoscendolo avrebbe scoperto qualcosa, avrebbe capito la logica di quella razza che in ogni caso considerava inferiore.
Voleva saperne di più.
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