Usuali mutamenti repentini.

di Anna Carla
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La luce non la disturbava affatto. Ci sono persone che, prima di andare a dormire, sigillano le loro finestre e qualsiasi altra fessura da cui potrebbe passare la luce il mattino dopo. Alcune mettono anche quella mascherina buffa che si vede sempre nei film. Lei non era una di quelle persone.
Una mattina si era alzato dal letto improvvisamente, lasciandola sola e più leggera tra quelle lenzuola un po’ impolverate e, in silenzio, si stava avvicinando all’enorme finestra accanto al letto.

“Che fai?” gli aveva chiesto, con la voce ancora un po’ impastata, stropicciandosi gli occhi nella maniera più dolce che lui avesse mai visto.

“Abbasso la serranda, così la luce non ti dà fastid-“

“Non mi disturba per niente, torna a letto” lo interruppe. Un po’ stranito, lui aveva mugolato un sì ed era tornato a stringerla.

Probabilmente dormivano tutti. La mattina c’era sempre silenzio in quell’appartamento, anche se qualcuno era sveglio da un pezzo: davvero strano per lei, perché, a casa sua, chi si sveglia presto ha il diritto di svegliare gli altri poltroni, facendo tutto il rumore che vuole.
Ma lei odiava restare a letto, sveglia, in silenzio.





Poi qualcosa accadde.


"Non senti che... è cambiato qualcosa?"

"..."

"Rispondimi."

"Sì."

"E cosa...? Quando...? Per quale motivo?"

"Non lo so... ma so quando. Il motivo non lo so neanche...
Io non sono sicuro che tu mi ami ancora."



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“Ho detto ai ragazzi che andremo anche noi, per te è okay, giusto?” apriva l’ennesima busta di plastica e tirava fuori le confezioni di latte che aveva trovato in offerta.

“Sì, sì, certo…” rispose, chiudendo lo stipite della cucina.

Nessuno dei due accennava minimamente ad alzare lo sguardo. Ma, d’altronde, chi avrebbe osato incontrare i suoi occhi?

“Credi sia una buona idea?” chiese infine lei, dopo infiniti istanti silenziosi passati a sistemare il resto della spesa.

“Ma certo, sì, sì…” sospirò all’inizio. “Perché non dovrebbe esserlo? Voglio dire, saremo in compagnia degli altri, non li vediamo da un sacco di tempo… dall’estate scorsa!” Il consueto processo di autoconvincimento era appena iniziato; tuttavia, lei aveva già intuito tutto dal suo solito esordire, quel “voglio dire” che sentiva da quasi quattro anni ormai.

Sì, sarebbe stato divertente – lo pensava davvero. Una speranza tale da sembrare una vera e propria certezza. Che strana la mente umana, potente al punto da ingannare persino se stessa. Poi calò il silenzio, come di norma negli ultimi mesi, seguito da quello “strisciare” di lei, che fuggì in salotto a nascondersi tra gli innumerevoli plaid colorati, sul divano.

Stavolta, però, la seguì.

“Ehi, ti va di guardare un film insieme?” tentò, non così disinvolto quanto sperava di apparire.
Non le si sedette accanto, né si appoggiò malamente al bracciolo: rimase lì, in piedi, con il viso verso il televisore scuro. Come se le stesse chiedendo il permesso di entrare nel suo piccolo, angusto mondo.
E no, neanche questa volta osò voltarsi verso di lei. Chissà se sarebbe riuscito a decifrare quell’espressione enigmatica che si era formata sul suo volto.

“Dovrei finire Kill Bill prima… non posso interromperlo ancora, sai, per rispetto nei confronti di Tarantino…” scherzò alla fine. Ma sì, buttiamola sul comico. Non potrà mica arrabbiarsi dopo una battuta del genere, soprattutto se di mezzo c’è uno dei suoi registi preferiti.

“Oh, certo, allora ti lascio al tuo film… se non sei troppo stanca, lo commentiamo quando vieni a letto” propose ancora lui. Sapeva che non avrebbero più scambiato parole, ma era meno angoscioso pensare che lo avrebbe raggiunto a letto stavolta.
Lei non disse altro, motivo per cui, calato ancora il silenzio, smorzato solo da quella famosissima colonna sonora, a passo svelto lui imboccò il corridoio dell’appartamento.

“Chiamami se sei triste, okay?”

“Okay”

“Promesso?”

“Promesso”











- Ho pensato che fosse arrivato il momento di pubblicarla. L'ho scritta tempo fa, ma, come di consueto, non ho riletto.
jaa, mata ne! ~




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