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Kassim
aveva sempre saputo che portare con sé Alibaba era una pessima
idea. Non è che non lo volesse tra i piedi; Alibaba era più
che in grado di cavarsela, se si trattava di situazioni alla portata
della loro età. Ma là dove lui era proiettato nel
futuro, alla ricerca di opportunità sempre più adulte e
di costruire un nome per se stesso che non fosse quello di suo padre,
Alibaba non era altro che un bambino.
Un
bambino molto testardo, ma comunque un bambino.
-
Smetti di piangere. - Borbottò. Alibaba sembrò non
sentirlo, come le prime tredici volte. Continuava ad aggrapparsi alla
sua mano, a stringerla con tutta la forza che il suo piccolo corpo
possedeva. Non aveva molto tempo da dedicare alle sue lacrime,
impegnato com'era a cercare la via di casa – conosceva Balbadd
come il palmo della propria mano, eppure ognuno dei palazzi e delle
case che avevano attorno gli erano sconosciuti, e i volti non erano
amichevoli. Forse era solo suggestione, ma ovunque guardasse gli
sembrava che qualcuno fosse intento a squadrarli, famelico e pronto a
saltare loro addosso al primo segno di cedimento. Era l'unico motivo
per cui non aveva ancora lasciato andare la mano di Alibaba, e fu
l'unico motivo per cui lo trascinò in un vicolo non appena
ebbe l'occasione di trovarne uno, fermandosi a squadrarlo con le mani
posate sulle sue spalle scosse da singhiozzi.
-
SMETTILA. DI PIANGERE. - Intimò nuovamente, stavolta ad alta
voce; Alibaba chiuse immediatamente la bocca, ma il labbro inferiore
continuò a tremargli; Kassim sospirò, esausto. - Non è
nulla che non possiamo risolvere. Non conosco la strada, ma se
camminiamo verso il palazzo e ne percorriamo il perimetro prima o poi
torneremo nel nostro quartiere, capisci? -
-
Ma ci vorrà una vita! - Si lamentò Alibaba. - E a me fa
male la pancia. A quest'ora mamma e Mariam avranno già
mangiato e quando torneremo a casa non troveremo più niente. -
-
Non è colpa mia! -
-
Sì che lo è! - Protestò Alibaba; aveva ancora
gli occhi grandi umidi di lacrime, ma ciò non gli impedì
di afferrare la canotta di Kassim e tentare di sollevarlo di peso,
coi denti stretti. - Perchè sei uno scemo! -
Kassim
fece per replicare, la mano già pronta a saettare per
chiudersi a pugno sulla tunica di Alibaba – ma un rumore
improvviso lo fermò. Rumore di passi in avvicinamento; si
voltò verso l'ingresso del vicolo, e vide che le ombre di
almeno tre uomini adulti avevano ostruito il passaggio. D'improvviso
sentì ogni forza abbandonarlo: gli uomini erano armati, e
tutti e tre di stazza considerevole. Le ginocchia gli tremarono, e il
pacco che stava trasportando per contro dei contrabbandieri che lui
ed Alibaba avevano incontrato al porto divenne un peso insostenibile
sotto la sua tunica. Se quegli uomini l'avessero preso, quali che
fossero le loro intenzioni, gli avrebbero fatto del male per sapere
di cosa si trattasse e per conto di chi smerciasse. Ma lo spaventava
ancora di più l'idea che facessero del male a...
-
Kassim... -
Quel
suono pietoso lo riscosse da ogni incubo, un fulmine a ciel sereno
sui suoi sensi assopiti. Afferrò subito quella mano familiare,
correndo a perdifiato verso il lato opposto a quello da cui erano
arrivati – c'era un muro alla fine del vicolo, vero, ma c'erano
anche scatole in abbondanza su cui potevano arrampicarsi. Non ebbe
bisogno di dare istruzioni ad Alibaba sul da farsi: saltò da
solo al momento del salto, e si arrampicò senza fatica. Ma nel
momento in cui furono di nuovo a terra, dall'altra parte del muro, le
loro mani furono di nuovo una cosa sola.
Corsero
assieme, i piedi stanchi e le pancie vuote improvvisamente
irrilevanti; via da quel luogo, verso il palazzo, finchè
l'ombra delle mura di cinta non li inondò nella luce tenue del
pomeriggio che finiva. Solo allora si concessero un attimo di fiato,
gettandosi a terra e ansimando per recuperare le forze; avevano tutto
il tempo del mondo, ora. I cittadini di quel quartiere, come buona
parte delle persone a Balbadd, non avrebbero badato a due monelli in
corsa.
E
poi, prima che potesse rendersene conto, i sospiri di Alibaba –
che gli dava le spalle, essendosi gettato a terra – divennero
una risata. Kassim fece il giro per poterlo guardare in volto e
assicurarsi che non fossero singulti quelli che sentiva – ma
no: l'intero volto di Alibaba era piegato in uno di quei suoi sorrisi
troppo luminosi, i sorrisi che prendevano la sua bocca e i suoi occhi
e il suo intero corpo. Scoppiò a ridere ancora più
forte nel vedere la sua espressione confusa; lacrime di ilarità
bagnarono i suoi occhi, mentre Kassim continuava a fissarlo
esasperato.
-
Certo che sei proprio strano. - Borbottò, ancora a corto di
fiato. Fece per tornare a sedersi, ma Alibaba scattò in avanti
– e prima che potesse impedirglielo lo stava abbracciando, le
braccia pallide che si aggrappavano alla sua schiena e lo
stritolavano e il volto premuto contro la sua guancia.
-
Ma che fai?! - Riuscì a domandare. Non era nuovo a quelle
dimostrazioni esuberanti d'affetto, ma Alibaba riusciva sempre a
coglierlo impreparato.
-
È che sei scemo ma sei anche coraggioso. - Esordì
Alibaba. Kassim pensò di tirargli un pugno, ma rimase fermo e
in silenzio – principalmente perchè Alibaba aveva
finalmente sciolto l'abbraccio per guardarlo in volto. - Mi sono
spaventato da morire ma tu mi hai subito preso e sei corso via... -
Era
così che credeva che fossero andate le cose? Kassim sospirò,
posando di taglio la mano sul capo di Alibaba e premendo forte per un
secondo – quel tanto che bastava a sentirlo emettere un lamento
– prima di voltare la mano e carezzare la sua zazzera di
capelli biondi.
-
Guarda che mi sono messo perchè ti ho sentito che mi chiamavi.
- Ammise. Alibaba sbattè le palpebre confuso.
-
Allora è tutto merito mio! - Decise Alibaba. Kassim si fermò
un istante, le ciocche di capelli ancora tra le dita, prima di
tirargli lo scalpo per un breve momento. Alibaba si portò le
mani alla testa, offeso – dandogli il tempo necessario a
rialzarsi e torreggiare su di lui a braccia conserte.
-
Che dici? È chiaramente merito mio. - Lo corresse, con voce
pomposa. - E devi ringraziarmi. Se non ci fossi stato io ti avrebbero
fatto a fette, perchè non ti sai neanche difendere. -
-
Non è vero! -
-
Sì che lo è! -
-
Non sarei neanche finito lì se non fosse stato per te... -
A
Kassim non piaceva ammettere di aver torto; motivo per cui gli tirò
i capelli ancora una volta, prendendo a correre lungo le mura perchè
Alibaba tacesse, inseguendolo. Sembrava fosse passata un'eternità
quando Alibaba parlò di nuovo, evento più unico che
raro; si era fatta notte, e già vedevano le luci del loro
quartiere.
-
Ehi, Kassim. -
Alzò
lo sguardo sul suo volto stranamente serio e pensieroso, e per un
momento soltanto lo rivalutò. Non sembrava un bambino quanto
non lo sembrava lui.
-
Posso venire con te anche la prossima volta? - Domandò. -
Se...se ti succede qualcosa di brutto un giorno e...io non sono lì...
-
Kassim
abbassò le spalle debolmente. Aveva visto in lui un adulto
solo per un istante; quella sensazione era svanita nell'istante in
cui aveva preso a parlare, avanzando quella richiesta. Scosse la
testa, ma gli circondò le spalle con un braccio.
-
Me la caverò anche senza di te. - Rispose, fingendo un tono
annoiato. Alibaba rispose con una gomitata nel fianco, ma quasi
Kassim non ci fece caso; il peso del pacco aveva ripreso a sembrargli
insostenibile, mentre la sensazione della pelle di Alibaba contro le
sue dita bruciava come la bugia appena pronunciata.
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