Catarsi
Un oscuro mare di nebbia lattiginosa carezzava e copriva il paesaggio urbano,
ovattando i suoni nel suo umido abbraccio. I megaschermi ad ologramma, che da
molti anni avevano soppiantato quelli al plasma, figli del secolo precedente e
ormai obsoleti, svettavano sui grattacieli, trasmettendo messaggi
propagandistici per le ultime elezioni. Le strade, ora dissestate, continuavano
ad ospitare le auto ad idrogeno di chi, troppo povero, non poteva permettersi un
qualsiasi modello delle aeromobili che sfrecciavano diversi metri più in
alto.
Nascosto nell’ombra di un vicolo colmo di lordume, un Reietto osservava gli
abitanti, tutti affaccendati nelle loro vane incombenze. Egli sapeva bene che in
realtà quella frenesia era solo apparenza…o quasi. La realtà consisteva nelle
aride campagne che circondavano quella metropoli, una delle ultime rimaste di
tali dimensioni: quelle che non erano state spazzate via dalla guerra erano ora
disabitate o, peggio, abitate da esseri così deformi e abbruttiti dalle
radiazioni e dagli agenti chimici che l’umanità preferiva non pensare alla loro
esistenza, arrivando persino a negarla con insistenza: nel nome della "pubblica
sicurezza" piuttosto che diffondere "falsi ed inutili allarmismi" si impiccavano
coloro che tentavano di far conoscere la verità agli ultimi cittadini rimasti,
convinti, questi, che la realtà consistesse nelle ombre che vedevano proiettate
sulla parete della loro caverna.
Stolti. Ciechi. Ottusi. Crudeli. Eppure così pienamente umani…Non si era
forse comportato anche lui allo stesso modo quando avevano provato a convincerlo
di come stessero realmente le cose? Non si era forse opposto, cercando di
salvare le sue convinzioni: poche, semplici, adamantine certezze che gli
permettevano di vivere in quella società ormai decaduta, inconsapevole di essere
già morta e divorata dai vermi; e assieme a quelle preservare anche una parvenza
di sanità mentale? Lo aveva fatto, Dio se ci aveva provato! Ma la verità, la
pura e semplice, cruda verità è innegabile, un’arma a doppio taglio per l’Uomo,
spesso troppo debole per accettarla, che preferisce quindi vivere nelle menzogne
che si costruisce così abilmente giorno dopo giorno. Le stesse che avevano fatto
sì che i Governi ignorassero i sintomi della catastrofe imminente,
irrimediabilmente esplosa il 12 aprile 2058 con il lancio delle atomiche. Non si
sa chi iniziò né perché, solo che fu l’inizio della fine.
La figura interruppe il flusso di pensieri, a lui ormai troppo noti e, senza
dare nell’occhio, si immerse in quella che una volta era l’arteria principale
della città mentre sulla cima del grattacielo più alto, a qualche centinaio di
metri da lui, svettavano i patiboli dove ogni giorno moriva la Verità e con lei
gli ultimi che tentavano di renderla nota. "Presto o tardi –pensò con amarezza-
anch’io finirò lassù".
D’istinto, come sempre faceva quando rimirava quello scempio, si portò una
mano all’altezza del petto, dove era nascosta una piccola croce d’oro, memoria
di suo padre, uno degli ultimi che aveva avuto la fortuna, o sfortuna, di morire
di vecchiaia, sopravvivendo a molti suoi cari.
Gesto puramente meccanico, ricordo degli insegnamenti ricevuti da bambino, in
quanto ormai Dio era stato abbandonato dagli uomini: le chiese erano solo rifugi
per sbandati e, come esse, anche le moschee, le sinagoghe e i luoghi di culto
tutti. Persino questi erano stati distrutti dalla guerra e dall’uomo. Coloro,
pochi, che ancora serbavano un briciolo di religiosità professavano ora una
commistione di tutte le religioni, passate e future, ora una storica ma talmente
confusa da non poter distinguere l’ortodossia dall’eresia: l’epicureismo e il
cristianesimo andavano a braccetto, così come Allah e Bacco si trovavano tutte
le sere al pub per il bicchiere della staffa, o Yahweh, Osiris, Taranis e
Baphometh si trovavano il venerdì per giocare a poker.
Tuttavia un elemento era comune a questa grande sincresia: la fine del mondo.
I più ritenevano che sarebbe avvenuta tra le fiamme, alcuni poiché ciò era
necessario e avrebbe portato un nuovo ciclo di rinascita, altri invece
ritenevano che sarebbe stata annunciata da trombe divine e che finalmente i
giusti sarebbero stati premiati e i malvagi puniti. Le prime erano dei deliri
post atomici, l’ultima pura utopia.
"Anche se, visto l’attuale schifo, un bel colpo di spugna non sarebbe
male".
Con questo pensiero in testa e le mani affondate all’interno delle tasche del
soprabito per controllare l’equipaggiamento, il Reietto continuò a marciare
verso il grattacielo, conscio che il suo gesto gli sarebbe costato la vita.
Arrivato a una decina di metri dal reticolo spinato che segnava la zona
off-limits, si fermò e studiò la situazione. Via libera. Si avvicinò alla
recinzione e cominciò a recidere il filo metallico. Da quel momento in poi
avrebbe avuto pochi secondi prima che le guardie perimetrali accorressero. Un
rumore di passi, voci concitate si stavano avvicinando sempre di più.
"Dannazione!". Rimise velocemente al suo posto la porzione di reticolo divelta,
ma non così accuratamente come voleva: una guardia notò qualcosa e fece per
avvisare il compagno. Dalla bruma scoccarono due piccoli, sottili, ma mortali
dardi. L’assassino non si premurò di occultare i corpi, ormai ogni secondo era
prezioso.
"Bene, andiamo avanti e facciamola finita con questa ipocrisia". Si avviò
alla sua sinistra, dove avrebbe dovuto trovare una porta metallica, da tutti
ritenuta sigillata, che dava accesso diretto ad un corridoio situato due piani
più sotto alla Sala di Controllo, dove venivano controllati i cittadini, sia
psicologicamente attraverso la manipolazione mentale attuata dai messaggi che
apparivano sui megaschermi, sia, fisicamente, da una sottile rete di telecamere
e cimici: è così che venivano individuati ed eliminati i Reietti come lui.
Entrò e si richiuse la porta alle spalle. Il tempo a sua disposizione era
sempre meno, i cadaveri erano già stati scoperti, o lo sarebbero stati a breve.
Cominciò a correre lungo il buio budello di cemento armato, illuminato ad
intermittenza da alcuni vecchi neon. Sentì dei rumori di passi, ma non rallentò
estraendo invece il pugnale che teneva legato alla coscia; terminato il
corridoio svoltò a destra e si imbatté in un’altra guardia che morì con carotide
recisa prima ancora di accasciarsi a terra con un tonfo che rimbombò nei
corridoi allertando gli altri agenti. Incurante delle urla che cominciavano a
sentirsi alle sue spalle, continuò a correre verso le scale che lo avrebbero
portato al piano superiore, verso un livello maggiormente vigilato. Non rallentò
nemmeno quando trovò nuovi drappelli di guardie, proseguì pur essendo stato
ferito alla spalla e al polpaccio, fuggì lasciandosi alle spalle un alone di
morte solo per dirigersi direttamente verso la Mietitrice. La sua meta era ormai
vicina ma irraggiungibile: schierati davanti al portone di metallo della Sala,
come un plotone di esecuzione, stavano cinque agenti con le armi puntate. Fu
l’inferno. Le pallottole sibilarono tutto intorno a lui e dentro di lui e
dei suoi nemici. Ormai più morto che vivo raggiunse la porta metallica e inserì
la chiave magnetica nell’apposita fessura.
Le spesse lastre si scostarono e lui entrò nella Sala, dirigendosi malfermo e
sanguinante verso la postazione dell’Operatore.
Il luogo era vuoto e silenzioso. Forse troppo. Ma lui non ci fece caso e
cercò la directory che gli interessava. I file in essa contenuti sarebbero stati
trasmessi su tutti i megaschermi mostrando così la verità alla gente che abitava
quella città.
Trovato il file che cercava e caricatolo, gli mancava solo di dare l’OK.
"Che non darai. Abbiamo bloccato il sistema operativo giusto in tempo per
vanificare il tuo lavoro. Ora voltati e guarda in faccia la tua morte!" imperò
una voce alle spalle del Reietto, intuendo i suoi pensieri. Una voce fin troppo
nota…ed odiata. Una voce abituata a farsi obbedire.
La voce del Dittatore che regnava sui resti di quella città.
Lentamente si girò, cercando di afferrare senza farsi vedere uno dei suoi
ultimi dardi avvelenati, deciso a non attraversare da solo lo Stige. Si voltò
verso l’uomo di mezza età che aveva parlato, pronto ad affrontarlo e cercare se
possibile di portare a termine il suo compito.
"E ora puoi dire addio a questo bel mondo" ingiunse il Dittatore.
Uno squillo di tromba si udì nell’aria. Seguito da un altro e un altro e un
altro ancora. Un mistero chi avesse suonato e dove lo avesse fatto.
Delle scosse si avvertirono dalla terra. Gli uomini si guardarono
impauriti.
Dalla finestra che guardava verso la piazza fu possibile scorgere un bagliore
accecante e una colonna di fuoco che scendeva dal cielo.
Nello scompiglio, l’OK fu dato.
"Il fuoco sopraggiungendo giudicherà e condannerà tutte le cose."
Eraclito
"(…) nel medesimo tempo il sole si eclisserà, allora quando tutte le
costellazioni e le stelle saranno state richiamate alla stessa posizione
iniziale, potrai considerare compiuto l’anno."
Cicerone
"Poi l'angelo prese l'incensiere, lo riempì del fuoco preso
dall'altare e lo gettò sulla terra: ne seguirono scoppi di tuono, clamori,
fulmini e scosse di terremoto. I sette angeli che avevano le sette trombe si
accinsero a suonarle. Appena il primo suonò la tromba, grandine e fuoco
mescolati a sangue scrosciarono sulla terra."
San Giovanni
|