Un
testo che parla di una mia forte esperienza personale. Ho messo molta me stessa
in questa composizione che mi sta particolarmente a cuore poichè mi racconto
senza compromessi. Spero che vi piaccia e che in un qualche modo vi
riconosciate.
DEDICATA
AL RAGAZZO CHE MI HA FATTO CRESCERE
Cosa fare quando il mondo ti
crolla addosso? Quanto tutte le tue certezze sfumano improvvisamente e ti
ritrovi faccia faccia con il mondo? Cos’altro puoi
fare se non arrabbiarti con la tua famiglia, con le persone che hai intorno per
non averti preparato a quello? Per averti tenuto sotto una campana di vetro
credendo di poterti proteggere per sempre, per averti detto quelle solite
stupide frasi di circostanza che non significano nulla; “Cosa vuoi saperne tu
della vita? Sei ancora giovane, pensa a divertirti! Avrai tutto il tempo x
diventare adulta!” era quella la cosa che continuavano a dirmi, “Non sei ancora
un’adulta, la sarai quando affronterai il mondo”.
Ma uno non sceglie quando
diventare adulto, quando svegliarsi dal sogno di un futuro idilliaco e posare i
piedi a terra; ma soprattutto uno non sceglie come. E a volte succede in un
modo così improvviso e brutale che ti stordisce, ti fa perdere l’orientamento e
per un attimo rimani lì immobile a chiederti semplicemente “Perché?”;
Perché a me? Perché proprio
ora, perché così?
E mentre cercavo di
schiacciare i tasti del telefono per chiamare un’ambulanza, con le mani sporche
di sangue, realizzai che non avevo affatto tutto il tempo che volevo.
Mi chinai e strinsi a me quel
ragazzo che i piedi a terra gli aveva già messi da un po’, come se tenerlo tra
le mie braccia potesse servire a qualcosa, potesse far tornare tutto come prima
e farci tornare entrambi a sognare.
Sai, avevo sempre pensato a
come sarebbe stato bello crescere e diventare adulta, riuscire finalmente a
capire quello che i nostri genitori ci tenevano nascosto; sarebbe stato un
giorno memorabile e mi sarei sentita al settimo cielo...
Avevo affrontato il mondo e la
sua cruda realtà, avevo visto quello che i miei genitori non avevano mai visto
in prima persona, ero diventata adulta, ma non mi sentivo felice o soddisfatta:
avevo solo paura, volevo solo che qualcuno mi dicesse che era tutto a posto,
che non era successo nulla e che mi abbracciasse.
Ma non lo fece nessuno, ero
sola in quella fredda corsia d’ospedale. Vidi la mia migliore amica fissarmi ad
occhi sbarrati e capì che non sarebbe venuta, non si sarebbe avvicinata a quella
ragazza sporca di sangue che sembrava non riconoscere più.
In quel momento avrei solo
voluto tornare sotto la campana di vetro, essere di nuovo cieca per non vedere
quella spaventosa verità che mi era piombata addosso, morire solo per capire
quanto in realtà volevo vivere e se lo volevo davvero. Ma non potevo e non
posso tornare indietro, ora è arrivato il mio momento, il momento di dimostrare
a tutti che so cos’è il mondo.
Ma nonostante tutto, mentre
guardavo il sangue del mio migliore amico colare lungo il mio braccio, riuscii
a dire solo questo: “Mamma, papà, siete contenti adesso?”