Capitolo 11 - Ali
11.
Ali
Non ricordo esattamente cosa
successe dopo.
Ricordo solo che me ne ero tornata a casa, avevo chiuso la porta della
mia stanza ed ora mi trovavo, sveglia, sdraiata sul letto, in uno stato
catatonico da far paura ad uno in coma.
Cioè, che cosa diamine era successo?
Voglio dire, mi ero confessata a Thy, lui aveva fatto una scenata, poi-
Aspetta. La scenata.
Thy aveva fatto una scenta che includeva il fratello.
Lo aveva praticamente descritto come un donnaiolo, e a ripensarci mi
sembrava tutto immensamente più chiaro.
Però Phy non ci aveva mai provato con me.
Giusto... quanto, due frasi?
«...s'hai?» disse qualcuno al mio fianco.
Voltandomi, ci misi due minuti a capire che davanti avevo mia madre con
un mestolo in mano, le mani sui fianchi e lo sguardo preoccupato.
«Eh?» dissi stranita.
«Si può sapere che cos'hai, Eris? Ti ho chiamata
più volte e non hai risposto, sei tornata a casa e ti sei
fiondata in camera senza degnare nessuno di uno sguardo... hey, che
succede?» mi chiese, sedendo al mio fianco.
«È... È complicato»
«A meno che tu non sia incinta, mia cara, non penso ci sia
nulla in cui la mamma non possa aiutarti»
La guardai male.
«No, non è quello, per la miseria!»
Vidi mamma che, impercettibilmente, faceva un sospiro di sollievo.
«Quindi, cos'ha la
mia piccola Eris?»
«Nulla, è
solo che... sono sucesse troppe cose, ecco»
«Allora,
perchè non parti a raccontarmele dalla prima,
cara?» mi disse con un sorriso dolce.
Ah, la mamma!
«Beh...
ecco...» incominciai, raccontandole di tutta la giornata ed
osservando le sue espressioni.
Le raccontai del mio malumore mattiniero, della mia confessione, di
quello che Thy aveva detto e del bacio.
Evitai accuratamente la parte in cui scoprivo di non essere l'unica
malata mentale.
«Visto?»
mi disse lei con un sorriso raggiante «Sapevo non ti
avrebbe detto di no! Ora scusami, ma si brucia la cena!»
aggiunse, correndo via come il vento.
Parlare con mamma mi aveva clamata, ed ora vedevo tutto un po'
più chiaramente.
«Io
te lo avevo detto che con quel vestito avrebbe fatto molta fatica a
dirti di no...» disse una voce alle mie spalle.
Chinai la testa; ormai ero abituata alle improvvise comparse di Ael.
«Ael,»
dissi dopo un paio di minuti «le persone...
possono toccarti?»
«Non lo so,
perch-»
In realtà non attesi nemmeno la sua risposta. Come gli feci
la domanda, volai ad abbracciarlo.
E fu... meraviglioso.
Nonostante potessi sentire solo la sua dolce voce metallica,
mi
resi conto che quell'ombra emanava calore, che sotto quel nero... c'era
davvero qualcuno.
E potevo immaginare anche che fosse un gran bel qualcuno.
Mi scostai quasi subito con la testa bassa sussurrando uno "scusa",
mentre potevo sentire lo sconcerto di Ael invadere la stanza.
«Nu... Nu...
Nulla...» disse dopo cinque buoni minuti.
«... Vado a
mangiare» gli dissi ancora piena d'imabrazzo, quando mamma
urlò un "è pronto!!".
«Sì»
disse lui in un soffio.
La cena passò calma e tranquilla, e mamma non
accennò minimamente a quello che mi era successo.
Ci sarebbe mancato solo quello, papà avrebbe dato di matto!
Ridemmo, scherzammo e per quel poco di tempo dimenticai Thy, le sue
scenate e i miei sentimenti.
Fù quando tornai in camera per cambiarmi e ottenere un
meritato riposo che i pensieri tornarono ad attanagliarmi.
Non riuscivo a capacitarmi di come un insieme di parole potesse tanto
scombussolarmi la mente.
Di come una persona
potesse scombussolarmi la mente.
Nel caldo pigiama, decisi di prende in mano un libro e liberarmi la
mente leggendo.
Gira e rigira presi l'Amleto.
Avrei giurato che se il caso fosse stato una persona, gli avrei
cambiato i connotati.
«"Essere o non essere", lo dici a tua cugina!»
sbraitai, lanciando il libro contro la parete.
Seriamente, che cosa mi stava succedendo?
Spensi la luce, e decisi che era ora di dormire.
Sì, lasciarmi alle spalle tutto e sognare di fare una bella
nuotata da qualche parte in mezzo ai pesci volanti e gli unicorni rosa.
Tanto nei sogni potevo, no?
Chiusi gli occhi e ci misi un po' per addormentarmi.
«Bonne soire,
ma chérie»
«Ma cos-»
«No no no, chérie.
Shhh. Silence, mon amour»
«Mon...?! Ma che
diamin-»
Una mano mi coprì la bocca e in quel momento fui davvero
terrorizzata.
Poco dopo, sentii una presenza dietro di me -possiamo dire che mi era
appiccicata- ed alzai la testa per tentare di capire chi fosse.
Una visione sfocata, ma poi due profondi occhi ametista mi fissarono
sorridenti.
«Shhh... disturberai
se parli» disse al mio orecchio.
«Guarda, proprio
davanti a te»
Come disse queste parole, il nero che mi avvolgeva si dipinse di un
magnifico tramonto e sarei rimasta incantata dal rumore delle onde del
mare, se qualcosa non avesse catturato la mia attenzione in mezzo alla
sabbia.
Qualcosa di molto veloce si stava fiondando in mare.
«Ma... gli
scarafaggi non nuotano...»
La risata cristallina di Shin invase l'aria con un suono soave.
«Oh, ma chérie! Ma
non sono scarafaggi! Tortues!
Piccole tartarughe appena nate. È un evento raro a cui
assistere, sai?»
Ero così rapita da quella visione che avevo già
dimenticato le parole di Shin.
Vedevo quei piccoli cosini scuri che il più velocemente
possibile tentavano di raggiungere l'oceano.
«È una
cosa crudele, però...» aggiunsi triste in tono
basso.
«Perchè?»
«Perchè
ora, fin da subito, se la devono cavare da soli. Insomma, i loro
genitori fanno seriamente figli solo per avere discendenza»
«Umh...»
disse lui pensieroso «Hai ragione. Ma
questo insegna loro a vivere»
«Non sanno
cos'è l'affetto!»
«Non sei una
tartaruga, non puoi dirlo» mi sorrise lui.
Vabbeh, uno a zero per lui.
Le
piccole tartarughe ci misero giusto un paio di minuti ad arrivare
all'acqua, e tutto finì così come era iniziato.
Mi avvicinai alla spiaggia e mi sedetti.
Questa volta, avevo vestiti più comodi e moderni: una maglia
e un paio di jeans.
«Ti piace il tramonto?» disse la voce di Shin che si
avvicinava.
«Umh»
dissi «Sì e no.
Non sono una romanticona maniacale, ma non si può negare che
il tramonto sia bello»
«Hai
ragione» disse, e rimanemmo a fissarlo per un po', in
silenzio,
col rumore del mare che cullava il nostro udito.
«Ti... ti
farà felice, vedrai» disse Shin dopo una buona
oretta di silenzio.
«Cosa?»
«Tenterà di
farti felice. Dagli del tempo. Non è sempre stato
così facile. Non
lo è mai stato, in realtà»
«Di cosa stai
parlando, Shin?» gli chiesi con tono perplesso.
Lui mise una mano sulla mia
testa.
«Lo capirai. Solo, dagli tempo ed abbi pazienza»
disse con un sorriso nostalgico.
Aprii gli occhi e scoprii di essere in ritardo.
«Oh. Porca.
Salvietta» ogni volta tentavo di trovare insulti inoffensivi.
Insomma, dovevo pur sfogare il mio lato ribelle, ed ero scesa a patti
nel farlo senza offendere nessuno.
O quasi. Stamattina avevo appena offeso una salvietta.
«Eris! Tesoro,
è tardi! » urlò mia madre dal fondo
delle scale.
«Io vado, fai in
fretta!»
Diamine, era davvero tardi.
Mi lavai, mi vestii, presi il primo elastico disponibile e mi feci una
coda: al diavolo i capelli, non avevo tempo!
In fretta e furia, presi lo zaino e mi diressi a scuola.
Ormai non facevo più caso al fatidico incrocio da
cui tutto era partito, anzi, tiravo dritto.
Nella fretta, realizzai che non avevo più visto Ael da
quando lo avevo abbracciato.
Che fosse stato così sconvolgente?
Insomma, era stato un semplice abbraccio...
Che fosse... Magari Ael non era propenso per gli
abbracci?
O forse non lo avevano mai abbracciato.
Un giorno, forse, glielo avrei chiesto, ma al momento ero un po' troppo
in ritardo per curarmene.
Arrivai a scuola che la campanella era già suonata, ed
entrai per un pelo.
Alla velocità della luce - più veloce persino di
quei due che volavano - mi sedetti e tirai fuori le mie cose.
Che lunga giornata mi aspettava.
A pranzo, Mary mi continuò a parlare senza sosta,
ma io non vi feci molto caso.
«Che cos'abbiamo, ora?» le chiesi distratta.
«Non mi stavi ascoltando, vero?» mi disse lei
mettendo il broncio.
«Io... scusa, sono solo molto sovrapensiero, ultimamente.
Sono successe cose...»
«Eh, lo vedo!» mi disse lei
«Thy non ti cava gli occhi di dosso, sembra ci sia
solo tu, per lui» disse leggermente irritata.
«Sono successe... cose...»
Mary mi prese e mi girò verso di lei, poi mi
guardò dritta negli occhi.
«Bagno. Ora» mi disse, prendendomi per un braccio e
trascinandomi come un sacco di patate.
«Ok. Che cos'è successo fra te e Thy?»
«Mary, davvero, no-»
«Cosa. È. Successo. Sai che posso estorcerti le
informazioni con i miei metodi» tentò di
minacciarmi con voce poco convincente.
«Mary, davvero, non è successo nulla»
Mi fissò per un paio di minuti.
«Per questa volta passa, ma sappi che non me la
bevo»
Continuammo a guardarci per un po', poi sbuffai.
«Ok, d'accordo. Io e Thy ci piacciamo»
«RAGAZZI QUESTO È-lo avevo immaginato»
disse, in un repentino cambio d'idea.
Io la fissai.
«Sì, beh, insomma, vi guardate come se foste due
pesci lessi. Che si piacciono, certo, ma sempre due pesci
lessi» aggiunse.
Questa frase mi fece ridere, e questo mi allentò un po' la
tensione che avevo addosso dalla mattina.
«Vedi, è... una cosa strana. Insomma, non so come
dscriverla...» le dissi, e le raccontai tutto.
Le raccontai delle sensazioni che provavo vicino a Thy, dei miei
sentimenti, del fatto che sentivo come se mi conoscesse da molto
più tempo di quanto dasse a vedere.
«Wow» disse Mary alla fine dello sfogo.
«Questo sì, che non me lo aspettavo»
«Eh» dissi io, semplicemente.
La campanella suonò, decretando la fine della pausa.
«Poesia»
«Cosa?» le chiesi, mentre uscivamo dal bagno.
«Mi hai chiesto che cosa avessimo ora. Poesia»
«Ah. Wow» dissi, sospirando nervosamente.
Ci incamminammo verso l'aula di poesia e ci sedemmo vicine, come sempre.
Haimé, per quanto Poesia mi piacesse - tirava fuori il mio
lato emotivo senza che dovessi giustificarmi - era anche una delle
lezioni che odiavo di più.
Ed ora...
Ora la detestavo.
Poesia era l'unica lezione che condividevo con Sherley, ed era
già insopportabile prima, figuriamoci ora dato che - in
qualche modo, ma non avrei indagato - aveva scoperto che io e Thy
stavamo più o meno insieme.
Cioè, non era ancora una cosa ufficiale o altro, ma- "Aspetta un attimo,
cos'è che ho visto?"
"Era forse... no, dai mi
sono sbagliata. Però Thy... eh, Thy lo sta fulminando..."
Con mio immenso stupore avevo ricevuto la mia prima - e istintivamente
sapevo non sarebbe stata l'ultima - occhiataccia di Phy.
"Io lo avevo detto che
non mi stava simpatico" dissi a me stessa.
La signora Stone entrò in aula con qualche minuto di ritardo
ed un sacco di fotocopie in braccio.
I corti capelli brizzolati erano in disordine, ma con un
sapiente gesto della mano se li sitemò dopo aver poggiato
sulla cattedra i fogli.
Un sorriso radioso e gentile si aprì sulle sue piccole
labbra, fino ad illuminare i grandi occhi marroni nascosti dietro il
solito paio di occhiali da professoressa.
Ci diede il buongiorno e si apoggiò alla cattedra,
annunciando la lezione di oggi.
«Bene, ragazzi. Dato che abbiamo un po' di tempo libero, oggi
volevo fare qualcosa di diverso»
Un leggero brusio si levò dalla classe.
«Oggi lasceremo stare autori, epica e - purtroppo devo
ammetterlo - noiose poesie, per dare spazio al vostro Io»
Stavolta si levò un brusio un po' più forte.
«Su su, ragazzi! Di cosa avete paura, di un foglio e di una
penna?»
«Ma prof!» Disse una voce.
I miei occhi, istintivamente, guardarono supplichevoli il cielo.
«Il nostro Io
è una cosa importante, non possiamo mica sbandierarlo davati
a tutti!»
«Hai ragione Sherley. Ed ecco perchè voglio che lo
facciate»
Le risatine che Sherley aveva scatenato, si spensero in un secondo.
«Ma prof-!»
«Niente ma. Avate un'ora di tempo per esprire ciò
che queste immagini vi comunicano» disse, mentre cominciava a
consegnarci un foglio.
Ringraziai quando la professoressa mi diede il mio, e presi a guardarlo.
Erano tre immagini semplici, che si potevano trovare in internet con
una banalissima ricerca.
«Potete prendere spunto da un'immagine o da tutte e tre, a
seconda di cosa il vostro Io
vi suggerisca. Lasciatevi guidare dai sentimenti, ragazzi. I sentimenti sono la chiave»
Con questo, si sedette alla cattedra e prese a scribacchiare cose sulle
sue scartoffie.
Un'ora di tempo per una poesia, non era il massimo.
O meglio, bisognava vedere quando veniva l'ispirazione.
Se veniva
l'ispirazione.
Tornai sulle immagini e tentai di concentrarmi su esse.
La prima, erano un paio di ali bianche - di quelle da angelo - poste su
uno sfondo nero;
la seconda era un angeo inginocchiato, su sfondo bianco, con due ali
nere.
Il viso era oscurato, ma da ciò che intravedevo, non doveva
essere male, il pennuto.
La terza immagine, era una donna con delle maestose ali - ovviamente da
angelo, che la prof ne avesse la passione? - con le ultime piume
più lunghe da pavone.
La colorazione dell'immagine era sul viola scuro/chiaro, e dava al
tutto un senso id "mistico" ai miei occhi.
Una vocina mi diceva che avrei dovuto scrivere qualcosa sugli angeli.
Sentii Mary lamentarsi, affianco a me.
Lei non era un grande asso con la poesia.
Mi guardai intorno.
C'era chi stava già scrivendo, chi guardava il foglio
pensoso e chi lo guardava disperato.
Poi c'ero io che mi guardavo attorno e Sherley che spulciava
segretamente su internet per trovare la soluzione più rapida
e -a detta sua, o come avrebbe detto lei se glielo aveste mai chiesto -
indolore.
Tornai al mio foglio bianco e buttai giù qualche riga, ma
nessuna mi dava la giusta ispirazione.
Un leggero spostamento d'aria mi comunicò che qualcuno si
era mosso.
«... Hai problemi anche tu con questa roba?» mi
chese Thy divertito, a bassa voce.
«Non sempre, no. Deve solo venire l'ispirazione»
gli risposi.
«Umh...» mi disse lui «Io non so cosa
scrivere...» aggiunse con tono triste.
Diedi un'occhiata al suo foglio e quasi lo pesi a schiaffi.
«Thy... per... per... Odino! Hai scritto la replica in chiave
moderna della Divina Commedia!» dissi, tentando di trattenere
la voce.
«Guarda che sono solo appunti» mi corresse lui.
«Beh, mettili insieme e vedrai che qualcosa viene fuori,
credimi» gli dissi con un mezzo sorriso.
Lui me ne rivolse uno brillante, in un fugace momento in cui nessuno
guardava.
«Vedrai che l'ispirazione arriverà. So che hai le
parole dentro di te. Non tirarle fuori. Lascia che siano loro ad
uscire...» mi disse gentile, prima di tornarsene al suo posto.
"«Lascia che siano
loro ad uscire...» Sembra facile!" dissi a me
stessa.
Continuai a guardare il foglio bianco.
Ad un certo punto, riuscii a captare un piccolo spiraglio, in me, in
cui vedere quelle parole.
C'ero quasi, mancava poco.
Ancora un attimo e avrei scritto un poema degno di nota. Forse.
Eccole, erano lì, sulla punta della pena che non pregavano
altro che-«PROF! Ho
finito!»
"Uno di questi giorni,
io, ti ucciderò, Sherley Cooper. E sarà
così lentamente che perderai la congnizione del tempo"
Bene. Anzi, no,
fantasmagorico! Con il suo fantastico "Ho finito", Sherley mi aveva
fatto perdere la concentrazione.
Al diavolo lei e la concentrazione.
Mi rimisi a guardare il foglio bianco, pregando per un lampo di genio
che non arrivò.
Mancavanoancora un sacco di minuti allo scadere dell'ora,
così chiusi gli occhi e mi concentrai sui miei pensieri.
Svuotai la mente, eliminai tutto dall'ambiente che mi circondava.
In mente, avevo fisse le immagini che si susseguivano, come se
volessero raccontarmi una storia.
Nella mia mente, le fissavo e tentavo di capire cosa avevano da dirmi.
Finchè compresi.
Ed allora, la penna scivolò sul foglio, macchiando la sua
purezza con il nero inchiostro.
/*Angolo
Autore*/
Eeeee!
Prova. 1-2-3-prova!
Sì, sono ancora viva! *me balla la macarena*
Vi sono mancata? *coff coff* Intendevo la storia, ovvio v.v
Bene bene, che cos'abbiamo qui?
Una bella poesia in arrivo!
Probabilmente mi odierete perchè la leggerete nel prossimo
capitolo, ma non vi preoccupate: è già in
lavorazione se
tralasciamo il fatto che il mio spirito poetico deve rioganizzare le
frasi !
Aaaad ogni modo, per chi fosse curioso, ecco le tre immagini a cui mi
sono ispirata per scrivere il capitolo.
Le ho trovate davvero belle, e la descrizione che vi ho fatto non
è degna di nessuna immagine, lo devo ammettere v.v
Perciò, ecco la Prima immagine, la Seconda e la Terza.
Al prossimo capitolo!
- Kurokage
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