A papà pace Teddy?
Storiella senza pretese dedicata
a Fennec (ecco la breve one-shot su Remus, Tonks e il piccolo Teddy ;-)
e scritta come ringraziamento alle ultime, bellissime, recensioni sue e
di Nymphadora81, Nin e Mina85. In macanza di altri capitoli della mia
long fic vi ringrazio pubblicamente qui.
GRAZIE :-)
“Papà?”
“Il papà stanotte non dorme qui con me, Teddy.”
Il bambino si inginocchiò al centro del lettone sporgendo il
labbro inferiore e premendoci sopra l’indice grassoccio.
“Ciolo?”
Tonks lo prese per un braccio e lo fece sedere sulle sue gambe.
“Sì, è da solo.”
A ogni plenilunio il bimbo le poneva sempre le stesse domande, come fosse un rituale.
Vide che era di nuovo perso nei suoi pensieri, i capelli turchesi che sfumavano nel blu scuro.
“È ciù?” indicò il soffitto.
“Sì, piccolo mostriciattolo! È sù nel
solaio, ma non ti devi preoccupare, ha bevuto la sua medicina e
starà bene.”
“Ma è ciolo!”
Teddy sembrava scandalizzato dal modo in cui la mamma aveva liquidato
l’argomento. Gonfiò le guance appoggiando le mani sui
fianchi, una versione in miniatura dell’ostinazione della
nonna… e forse anche un po’ della sua.
Era così dolce a preoccuparsi per il suo papà.
Gli sfiorò per un istante i capelli con le dita, facendolo poi coricare accanto a sé.
Dormiva nel lettone con lei fin dalla sera solo nelle notti di luna
piena. In realtà, anche se Andromeda le aveva ripetuto almeno un
migliaio di volte che era un brutto vizio da dare al bambino abituarlo
a dormire con genitori, spesso Teddy si alzava di notte, e veniva
a infilarsi tra di loro. E chi aveva cuore di cacciarlo via?
“Teddy, una notte passa alla svelta, domani mattina, quando ti
svegli, lo troverai qui nel lettone con noi, tutto felice perché
la mamma sarà mooolto carina con lui fino a che non guarisce
dalla malattia della luna piena.”
“Cì?”
“Sì, promesso.”
Tonks entrò in casa già pregustando i deliziosi manicaretti che sicuramente il suo maritino le aveva preparato.
Remus era a casa dal lavoro perché la luna piena lo aveva messo
k.o. per due giorni, ma quando l’aveva salutata quella mattina
sembrava sentirsi meglio. Era in debito con lei per tutte le coccole
che gli aveva dedicato la sera, quando tornava dal Ministero stanca per
il lavoro. Come poteva non ringraziarla con un bel piatto di…
Annusò l’aria. Di… per Merlino! Non c’era
nessun profumino nell’aria, come era possibile?
Avanzò imbronciata per il corridoio, alla ricerca del marito.
Non pretendeva certo da lui una cena con le candele e tutto il resto
come l’ultima volta, anche perché incendiare la tovaglia e
carbonizzare il cibo nei piatti, che ora erano di un fantastico grigio
fumo, credeva fosse stato sufficiente come deterrente a certe
romanticherie, ma almeno qualcosa di caldo da mettere sotto i denti se
lo meritava.
Si trascinò in salotto strascicando i piedi più del
necessario, con il capo chino e le braccia penzoloni, sperando di
risultare molto patetica.
Strizzò gli occhi, aggiungendo al tutto una chioma lunga, liscia e color Troll anemico.
Doveva sembrare una Banshee così conciata. Se non fosse riuscita
a impietosire Remus, poteva sempre sperare di spaventarlo, obbligandolo
a piegarsi al suo volere.
I suoi due uomini erano sdraiati sul tappeto a pancia sotto. Vide Remus
porgere a Teddy una Gelatina Tutti i gusti +1 e stava per calarsi in
automatico nel ruolo di “mamma Rompipallini (Acidi)” ordinando
al bimbo di non provare a mangiarla che era ora di cena, ma lui si limitò
a prenderla in mano, guardando il papà con uno sguardo curioso.
Remus gli chiuse le dita sulla caramella, soffermandosi a sfiorare i
buchini grassocci della sua manina, nei punti dove, da adulto,
sarebbero sporte le nocche. Prese il piccolo pugno tra le sue mani e
disse al bimbo:
“Chiudi gli occhi e immagina il posto dove vorresti far andare la caramella.”
Teddy obbedì, sbirciando appena con l’occhio destro.
“Pace nunì nunà?”
La ragazza sorrise. “Nunì nunà” era il modo
buffo con cui il suo bambino chiamava le caramelle. Scivolò di
soppiatto dietro l’angolo, stupendosi per essere riuscita a farlo
in silenzio, e li guardò divertita.
“Sì, Teddy, mi piacciono molto le caramelle.”
Teddy annuì compunto, serrando gli occhi. I suoi capelli
assunsero le tinte di tutti i colori di cui era in grado di pronunciare
il nome, fino a fissarsi sull’azzurro intenso quando Remus
soffiò sul suo pugno. Il bambino spalancò gli occhi
mettendosi seduto e dimenandosi con il sederino sul tappeto,
sembrava non stare più nella pelle.
“Adesso apri la manina, Teddy,” lo invitò con un
sorriso incoraggiante, che il bambino istintivamente imitò
subito. Non resisteva ai sorrisi di papà, proprio come lei.
Teddy abbassò lo sguardo sulla mano aperta, la caramella era scomparsa.
“Pù?” esclamò, alzando le mani al di
sopra delle spalle e rivolgendone i palmi verso l’alto.
“Sì, non c’è più, sei stato tu a farla sparire, sai?”
Tonks si sentì molto orgogliosa del suo ometto e dovette frenare
l’impulso di saltare fuori dal suo nascondiglio per riempirgli il
faccino di baci.
“Io?” il bimbo allargò il sorriso, mostrando i
dentini perfetti, malgrado il piccolo sporcaccione cercasse in tutti i
modi di trascurarne la pulizia.
“Sì, e sei stato bravissimo. Ma dimmi, dove hai fatto andare la caramella?”
Teddy si strinse nelle spalle.
“Non ciò. Pù!”
Remus fece una piccola risata. “Va bene, spero sia in un posto
felice. Cioè il più lontano possibile dai piedi della
mamma, o finirà spiaccicata facendole fare uno dei suoi soliti
capitomboli.”
“Ehi!”
Tonks balzò davanti a loro, mettendo in fallo un piede e sarebbe
finita lungo distesa se Remus non si fosse alzato a sedere in un lampo,
prendendola al volo.
“A mamma!” Teddy la stava indicando sbattendo i piedi sul tappeto.
Si staccò goffamente dal marito, guardandolo storto.
“Non credi di dovermi delle scuse?” sputò, arrabbiata.
Lui abbassò lo sguardo, stringendo le labbra.
“Sì.”
Tonks ebbe la pazienza di attendere almeno un minuto prima di incitarlo.
“Allora? Sto aspettando le scuse!”
“Oh. Emh…” si grattò la nuca con un mezzo
sorriso. “Scusa se ho detto che sei una donna bellissima,
irresistibile e con tanto di quel fascino da far concorrenza a una
Veela,” disse, mettendo su uno sguardo innamorato molto, ma molto
credibile.
Malgrado le sue parole e il suo sguardo la stessero mandando in totale
confusione e avvertisse già un sorriso idiota punzecchiarle le
labbra, si fece forza e non si lasciò incantare. Anche
perché…
“…tu non hai detto niente del genere!”
“Appunto. Scusa se non l’ho detto.”
Ecco, ora avrebbe ceduto.
Teddy puntò il dito verso di lei, strillando.
“A mamma lide!”
“La mamma riderà ancora per poco se papà non le prepara subito qualcosa da mettere nella pancia!”
Remus non si scompose.
“Ho quello che fa per te,” disse, serio.
“Sì?” mormorò speranzosa, sentendo già l’acquolina in bocca.
Lo osservò perplessa prendere Teddy sotto le ascelle e buttarselo sulla spalla come fosse un sacco.
Li seguì in cucina, Remus aveva messo un pentolone sul fornello
spento e fece per infilarci Teddy, che rideva a crepapelle,
divincolandosi.
“Amore mio, temo che la tua cena non abbia intenzione di collaborare.”
“Forse prima dovresti sbucciarlo e dargli una sciacquata,” osservò lei, cercando di rimanere seria.
Lui aggrottò la fronte. “Sì, hai ragione. Io lo sbuccio, tu prepara l’acqua calda, Dora.”
Teddy all’improvviso smise di ridere.
“No! Banio no! No!”
Era un bambino sveglio, aveva già capito l’antifona. Tonks
si rimboccò le maniche, prima di poter mangiare
l’aspettava una dura lotta con il piccolo ribelle allergico al
sapone.
“Mamma?”
“Mmm?”
Teddy, che stava frugando da almeno un quarto d’ora con la mano
immersa nella schiuma, fece un sorriso soddisfatto mentre alzava il
braccio impugnando una saponetta rosa. Bene, almeno lei era
salva… l’avrebbe depennata dall’elenco delle
disperse. Sul fondo della vasca ne rimanevano altre due, speranzose di
essere tratte in salvo al più presto.
Secondo Remus, se non volevano finire sul lastrico, avrebbero dovuto
tagliare drasticamente la frequenza dei bagnetti di Teddy, dato che
spendevano metà dei loro stipendi per sostituire le saponette
che lei si faceva sfuggire lavandolo, facendole affogare.
Inutile dire che Teddy era d’accordo con il papà.
Il bambino le sventolò la saponetta davanti agli occhi, stando attento a non farsela sfuggire.
“Bravo il mio ometto. Almeno questa non si scioglierà del
tutto sul fondo della vasca prima che il tuo bagnetto sia finito.”
Già, perché di solito quando le recuperava erano
così consumate da non essere più grandi di una moneta.
“Pace ciapone?” Teddy la guardava intensamente.
“A me sì, piace il sapone, non sono mica una sporcacciona
come te,” rispose mentre gli risciacquava i capelli, in quel
momento verde ninfea.
“A papà pace?”
Tonks ci rifletté un istante. “Abbastanza. Soprattutto se è la mamma a insaponarlo.”
Teddy era perplesso, lui odiava fare il bagno a prescindere da chi era a lavarlo.
Certo, con la nonna non si sarebbe mai permesso di fare certi capricci.
Appoggiò la saponetta sul bordo della vasca, mentre lei lo
prendeva in braccio avvolgendolo in un salviettone, iniziando poi a
strofinarlo vigorosamente. Lo sentiva scivolare un po’ più
giù a ogni sfregata, fino a che si trovò a reggere la
salvietta vuota.
Colse di sfuggita il bambino sgambettare fuori dalla porta del bagno,
tutto nudo e con la pelle arrossata a causa del suo cruente metodo di
“asciugatura bimbo” che, come da tradizione, si tramandava
di madre in madre nella Nobile Casata dei Black. Andromeda la faceva
diventare bordeaux dalle orecchie alla punta dei piedi quando era
piccola, a furia di strofinare.
Lo seguì, Teddy si era infilato in cucina e si era arrampicato
sulla pila di cuscini che alzavano la seduta della sua sedia,
permettendogli di raggiungere il tavolo.
“Remus! Guarda tuo figlio!”
L’uomo, che stava rigirando nella padella del purè di patate, l’accontentò.
“Fisico statuario. Degno di suo padre, direi,”
osservò, riuscendo a sembrare davvero convinto di quel che
diceva.
“Remus!” strillò, in cerca di un briciolo di
collaborazione. Insomma, non stava bene cenare completamente nudi! Per
quanto fosse noioso, un minimo di educazione l’avrebbero pur
dovuto inculcare al piccoletto, o no?
Piccoletto che si stava ficcando in bocca mezza salsiccia, che aveva un profumo così… così…
Al diavolo!
Tonks gettò sul pavimento la maglietta e le mutandine del
figlio, sedendosi al tavolo e iniziando anche lei a ingozzarsi senza
ritegno.
“Sappi che se viene su come un selvaggio la colpa sarà solo tua!” biascicò con la bocca piena.
Teddy arraffò il suo bicchiere, portandoselo alla bocca con
entrambe la mani. Era il suo preferito, quello blu con dei draghetti
disegnati sopra. Metà del suo contenuto gli stava colando lungo
il mento fin sul petto e Remus, che si era avvicinato a lui per
riempirgli il piatto con il purè, scandì:
“Accio bavaglino,” e dopo averlo asciugato per bene, glielo legò al collo.
“Vedi, Dora, avere un bimbo senza senza vestiti è vantaggioso, si fa prima a lavarlo.”
“Lavallo?”
“Sì, Teddy, tutto nudo sei così lavabile che credo
ti faremo il bagnetto almeno dieci volte al giorno,” Remus stava
annuendo con aria compassata. “Pensa, ogni giorno dieci
asciugature bimbo come la Nobile Casata dei Black comanda e sarai
sempre rosso come il tuo didietro dopo una sculacciata, però su
tutto il corpo.”
“No!” strillò lui inorridito, facendo per saltare giù dalla sedia per correre a vestirsi.
Ma Tonks lo fermò, cercando con scarso successo di non ridere.
“Adesso finisci di mangiare, poi quel bavaglino è
così grande che ti fa praticamente da tunica.”
Tutto nudo con il bavaglino al collo era davvero buffissimo.
“Bello, è?” le chiese Remus rimirandoselo.
“Oh, sì, uno splendore!”
“Se preferisci, posso sedermi anche io a tavola così.”
Aveva l’aria di chi riteneva di stare facendo un’offerta molto generosa.
“Cì!” annuì Teddy, entusiasta. Era piena
estate e Tonks immaginava che nella sua mente di bambino fosse assurdo
vestirsi con quel caldo.
“Acche a mamma!”
Remus si morse le labbra. “Sì, sono d’accordo. Soprattutto la mamma, direi.”
Tonks gli lanciò un tovagliolo, ma sbagliò traiettoria e
invece di colpire il suo obiettivo rovesciò il bicchiere che
Teddy aveva appena posato sul tavolo.
L’uomo sistemò pigramente il disastro con un colpo di bacchetta.
“Papà?”
“Sì, piccolo?”
“Pace mio chere?”
Remus sorrise, rigirandosi il bicchiere nella mano.
“Sì, è fantastico.”
Buffa questa mania che aveva preso Teddy di chiedere in continuazione
cosa piacesse o meno a lei, ma soprattutto al padre. Meglio
così, forse questa novità avrebbe sostituito la mania di rispondere
“No” a qualunque sua richiesta. Con Remus di solito non si
permetteva, in effetti era molto più convincente di lei quando
lo sgridava e malgrado di solito fosse un papà divertente e
sempre pronto a giocare, sapeva essere serio e molto autoritario al
momento giusto.
Tonks vide che finalmente anche Remus si era deciso a infilare le gambe
sotto la tavola, così almeno poteva tornare concentrarsi sul
cibo senza più passare per una gran maleducata.
Era tutto delizioso, senza Remus sarebbero morti di sicuro di fame.
Gettò un’occhiata alla cucina, quella in compenso era un macello.
“Sono perdonato?” domandò Remus con un gran sorriso, vedendola soddisfatta.
Lei avvicinò indice e pollice della mano destra.
“Manca tanto così per guadagnarti il mio totale perdono.”
Guardò di nuovo verso la cucina, assicurandosi che seguisse il suo sguardo.
Remus alzò una mano, ma le sue speranze furono deluse quando
vide che non aveva impugnato la bacchetta per sistemare il disastro, la
sua mano infatti era tristemente vuota.
Si limitò ad avvicinarle pollice e indice, premendoli con le sue dita, fino a farli toccare.
Si sporse verso di lei, fissandola negli occhi, e lei chiuse i propri
istintivamente, pregustandosi un bel bacio. Li chiuse perché
ancora, dopo tre anni, sei mesi e quindici giorni di matrimonio, il suo
sguardo glieli faceva abbassare per l’emozione. Ma le intenzioni
di Remus erano tutt’altre, visto che si limitò a soffiarle
sulla mano.
“A cosa pensavi?” domandò, allontanandosi da lei.
“A un tuo bacio che non è mai arrivato!” rispose, contrariata.
“Allora il tuo perdono ora è qui,” mormorò passandosi le dita sulle labbra.
Si alzò da tavola stiracchiandosi, sembrava all’improvviso molto stanco.
“Vado a sdraiarmi sul divano assieme al perdono che mi hai gentilmente concesso.”
“Ehi! Ma non pretenderai mica che sistemi io tutto questo casino,
vero?” ma lui la stava ignorando, anzi, si era già
infilato nel salotto. “Ridammi il mio perdono! Non lo
meriti!”
Remus le urlò dall’altra stanza. “Se lo vuoi, vieni a prendertelo!”
Teddy la guardò, confuso.
“Coa dice papà?”
“Vuole che vado di là a baciarlo,” sbuffò, roteando gli occhi.
“Ah! A papà pace bacio?”
Le strane sparizioni ormai continuavano da circa un mese. Ora era scomparso anche il suo rossetto preferito, per Merlino!
Come era possibile? Ed erano già in un pauroso ritardo per il lavoro.
Andromeda entrò in bagno, appoggiandosi allo stipite della porta e incrociando le braccia, lo sguardo altero.
“Si può sapere dove è finito il bicchiere con i draghi di Teddy?” le domandò.
Anche se Tonks aveva capito che quello che voleva dire veramente era:
“Sei riuscita a mandare in frantumi persino il bicchiere
preferito di tuo figlio, non è vero?”
Sbuffò. “Non ne ho idea, mamma. E se anche lo avessi
rotto, come le tue parole sottintendono che sospetti, Remus
l’avrebbe aggiustato in un secondo.”
Remus, che in quel momento si stava avvicinando alle spalle di sua madre, abbottonandosi la camicia.
“Dora, hai visto per caso la mia cravatta blu?”
“Quella che ti ho sentito dire a Teddy che è la tua
preferita, perché è la prima cravatta che sono riuscita ad
annodarti al collo senza strangolarti?”
Remus si fissò i piedi, apparendo così dolce nel suo
imbarazzo per essersi fatto scoprire a dire una simile cattiveria su di
lei.
Ma Tonks non si fece abbindolare, lo sapeva che stava fingendo, ormai lo conosceva bene.
“No, non l’ho vista,” gli rispose seccata.
“Sentite, ragazzi, è ora che impariate a tenere in ordine
le vostre cose, vi rendete conto che siete dei gran disordinati, non
è vero? Non è concepibile il caos che regna in questa
casa! Dovrò intervenire!” Le parole di Andromeda suonarono
come una minaccia.
Gettò un’occhiata preoccupata al genero.
“Remus, non avrai perso per caso anche la pozione Anti-Lupo, vero? La luna piena è tra due giorni!”
Lui si schiacciò una mano sullo stomaco, facendo una smorfia.
“No, quella schifezza è ancora al suo posto, nello
scaffale sopra il frigo… l’ho bevuta poco fa, ma non me lo
ricordare, sto ancora lottando per tenerla nello stomaco,” fece
un debole sorriso. “Teddy mi ha chiesto se mi piaceva mentre la
mandavo giù, ma non ha aspettato che gli rispondessi quando mi
ha visto fare più smorfie di lui davanti alle verdure.
Andromeda guardò per la decima volta l’orologio, e senza
tanti complimenti li afferrò entrambi per un braccio spingendoli
fuori di casa.
“Lo vedete che ora è?” sbottò severa.
“Mamma! E tu non vedi che sono ancora a piedi nudi?”
I suoi stivali sbucciati le furono scaraventati tra le gambe.
“Ah. Grazie, mamma,” mormorò alzando lo sguardo per vedersi sbattere in faccia la porta della propria casa.
Teddy era seduto al centro del lettone, la luce della luna piena che entrava dalla finestra gli illuminava il viso tondo.
“Papà?” domandò.
“È sù,” Tonks indicò il soffitto.
“Ciù?”
“Sì.”
Il bimbo incassò la testa nelle spalle, con un sorriso tenero sul faccino da monello.
“No ciolo, pelò!”
Tonks si accigliò. “Dici che non è solo?”
Il bimbo annuì, sembrava soddisfatto.
Remus li svegliò lasciandosi cadere di peso nel lettone e mentre si sdraiava con gli occhi già chiusi, Tonks vide che stringeva qualcosa nel pugno.
“Cos’hai lì, Remus?”
“Mmm…”
Stava per addormentarsi, Tonks gli sfilò dalla mano una cravatta blu e il suo rossetto.
“Dove li hai trovati?”
“Solaio,” borbottò lui, la voce impastata dal sonno.
“E come ci sono arrivati nel solaio?”
Notò con la coda dell’occhio che Teddy si nascondeva il viso dietro le manine.
Anche Remus se ne accorse e si forzò a tirarsi su a sedere.
Controllò di riuscire a reggersi prima di prendere Teddy in
braccio e stringerlo forte al petto.
“Grazie, piccolino,” mormorò, appoggiandogli la guancia sulla testolina azzurra.
“Al papà piacciono la cravatta, il bicchiere, il bacio
della mamma, le caramelle e tutte le cose che hai mandato sù nel
solaio. Grazie per averli spediti lì a farmi compagnia. Stanotte
il solaio era un posto felice.”
Tonks sentì gli occhi inumidirsi, il loro era davvero un bimbo speciale.
Remus non voleva che lei e Teddy passassero la notte di luna piena con
lui, anche se la pozione Anti-Lupo lo rendeva innocuo. Per lui era
fonte di profondo imbarazzo l’essere visto dopo la
trasformazione. Inoltre temeva che Teddy si potesse spaventare, lo
terrorizzava l’idea di perdere a quel modo il suo affetto.
Ma il bambino aveva altri progetti, in merito. Le fu chiaro quando lo
sentì esclamare, con la bocca premuta contro il petto di Remus.
“A papà pace Teddy?”
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