Dispetti e incubi
Giorno 19
Mi
svegliai super urtata. Avevo passato la notte a rotolarmi nelle
lenzuola, mi ero mossa così tanto che mi si era quasi sgonfiato
il materassino; mi sentivo arrabbiata e offesa, sia da me che da lui.
Da me perchè il corpo infido e traditore che mi ritrovavo si era
lasciato andare nelle sue mani, attratto come una calamita da lui, da
lui perchè si era schifosamente preso gioco di me. Andai in
cucina come una furia pronta a sfogare la mia frustrazione, e dopo che
mi aveva lasciata in bianco in quel modo ne avevo molta, sui suoi
capelli; sarei andata lì avrei preso le forbici dal cassetto e
zack-zack avrei distrutto la sua sfolgorante chioma.
Ma quando entrai nella stanza ci trovai solo Liz che sorseggiava un the; mi fece un segno con la testa.
- Dov'è?
Prese un sorso, si leccò le labbra e mi guardò.
- Bill? Credo sia uscito con Georg...ti ha lasciato una cosa...
Mi indicò una tazza coperta con un tovagliolo accanto ai fornelli.
Mi avvicinai e vidi che sotto la tazza c'era un foglietto.
Buongiorno Andrea, immagino che tu
non abbia dormito molto, se ti può consolare non l'ho fatto
nemmeno io, ma la vendetta richiede sempre qualche sacrificio...non
provacarmi più altrimenti facciamo una finaccia (i pantaloni la
prossima volta lasciameli tagliare!)...ti ho preparato il
caffè...diciamo che ti sto mandando il mio rametto di ulivo! Bill
Accartocciai il foglio in preda ad una rabbia ceca e mi bevetti il caffè tutto d'un sorso: rametto d'ulivo un corno!
Vidi Tom che placidamente entrò nella stanza in boxer e con i rasta sciolti, sbadigliando.
- Ehi Lizzy! Avresti potuto chiamarmi per fare colazione...
Le diede un bacio sulla testa, poi mi guardò sorridendo malizioso.
- Allora, Andy, come è andata la nottata?
Lo fissai con odio: lui sapeva.
- Infido traditore...
Lui mise le mani avanti.
- Non ne sapevo niente, giuro! L'idea deve essergli venuta sul momento...
- Digli che questo è solo l'inizio!
Feci per uscire dalla cucina, ma lui mi fermò.
- Dove vai?
- Ho bisogno di una doccia...
Andai in cameretta per prendere l'accappatoio e mi fermai davanti alla
scrivania; ripescai il biglietto di Bill accartocciato dalla tasca dei
miei pantaloni e cercai di stirarlo, poi lo misi nel cassetto.
Stare un'ora sotto l'acqua bollente mi rilassò molto...quando uscii sentii diverse voci venire dal salotto tra cui la sua.
Mi asciugai i capelli in fretta, poi, abbandonato l'accappatoio a se
stesso sul pavimento del bagno, mi misi a frugare nell'armadietto
cercando un asciugamano; ne trovai soltanto uno verdino, ma poteva
andare. Mi ci avvolsi e feci la mia trionfante entrata in salotto, non
vidi niente e nessuno, tranne lui che quando mi vide sospirò;
camminai decisa fino alla poltrona sulla quale era seduto, la mia
poltrona tra l'altro, a piedi nudi acciaccando anche qualcosa di
viscido: che schifo, cos'era? Non era importante, ci avrei pensato
dopo. Mi sedetti sopra di lui con le gambe appoggiate al bracciolo
della poltrona, mentre trattenendo il fiato alzava le mani in segno di
resa; mi avvicinai al suo orecchio lasciva, sussurrandogli.
- Con il rametto di ulivo ci farò un barbecue!
Sospirò di nuovo.
- Non sei affatto una tipa facile, sai?
Poi mi prese in braccio e mi tirò su, mi portò davanti alla mia stanza, mi spinse dentro e mi ci chiuse.
- Non ti faccio uscire finché non sei vestita...
Sbruffai alla porta contrariata.
- Sai forse ti preferivo quando mi ignoravi!
Lo sentii ridere.
- Ho smesso quando mi sono reso conto che ogni mio sforzo veniva
puntualmente sabotato da te! Cerco di evitarti e ti trovo nel mio
letto, andiamo al mare e mi fai stare in ansia perchè dormi con
quel tipo poco raccomandabile di mio fratello, ti spogli...non sono di
marmo, sai?
Mi avvicinai all'armadio cercando qualcosa da mettermi.
- Per questo quella sceneggiata di ieri? Era davvero soltanto vendetta?
Si strinse nelle spalle.
- Forse...ma di certo non avrebbe funzionato se la tua reazione non fosse stata così...assecondante...
Cercai di aprire la porta, ma lui tenne la maniglia bloccata, sospirai.
- Sono vestita...
La lasciò e quando aprii me lo trovai davanti, con i suoi 20
centimetri di capelli dritti che incombevano; chiusi la porta alle mie
spalle e feci superarlo, ma lui si spostò con me impedendomi di
andarmene. Poggiò le mani sulla porta ai lati della mia testa,
intrappolandomi e avvicinando il suo viso pericolosamente.
- Ora è il mio turno, no? Ma credo che io ci metterò un po' di più di te a spogliarmi...
Le farfalle che si erano assopite la sera prima ripresero a svolazzare
nel mio stomaco, evitavo di guardare i suoi occhi, ma in quel modo
fissavo le sue labbra che mi ipnotizzavano; si avvicinò ancora e
mi annusò i capelli. La mia voce uscì più
tremolante di quanto avrei voluto.
- Che-che fai?
- Sai qual'è stata la cosa peggiore di quella notte? Avere il
tuo profumo morbido sul mio cuscino e te ad un soffio dal mio letto...
Mi diede un bacio leggero sulla guancia, poi sorrise: no, non di nuovo!
Tastai la porta fino a raggiungere la maniglia, la porta si aprì
rivelando una via di fuga; svicolai dentro e mi lasciai scivolare
contro la sua superfice al sciuro, controllandomi con una mano il cuore
che sembrava uscirmi dal petto: di quel passo sarei morta per
autocombustione.
Lo sentii ridere.
- Stai bene?
Ci misi un po' a trovare la bocca nel tumulto che avevo dentro.
- Ti odio, Bill...
Rise di nuovo, poi sentii i suoi passi allontanarsi.
Il resto della giornata passò immersa in situazioni accidentali:
lui che accidentalemente mi accarezzava la schiena o i capelli, lui che
accidentalmente mi sfiorava la pancia, proprio lì dove la
maglietta e i jeans lasciavano una striscia di pelle scoperta, lui che
si trovava accidentalmente così vicino alla mia guancia da
poterla baciare. E tutte le volte io mi sentivo svenire e gli altri
intorno a noi se la ridevano.
La notte mi misi sul materassino, sola e sola voleva restare, ma il destino era decisamente dalla sua parte.
Mia madre era morta in un incidente e anche se non me la ricordavo
quasi, certe immagini mi erano rimaste in testa; anche io ero su quella
macchina quando quel camion ci era venute addosso, mi ero salvata
perchè ero così piccola da potermi infilare sotto il
cruscotto.
Ma avevo visto delle cose, come il camion che colpiva la nostra auto, o
la mano della mia mamma sporca di sangue, quel vigile che la copriva
con il telo, mentre mio padre mi abbracciava...
Mi avegliai sudata e ansimante: dannatissimi incubi! Mi asciugai gli
occhi con le maniche del piagiama, cercando di riacquistare
lucidità.
- Tutto bene?
La voce di Bill nel buio.
- Solo un incubo...
Avevo una voce così fievole che non ero sicura che mi avesse
sentita. Lo sentii alzarsi e uscire dalla stanza, quando tornò
aveva una bottiglia d'acqua in mano.
- Bevi un po'...
Feci come diceva, mentre lui si rinfilava nel letto.
- Bill?
- Mm...
Attorcigliai le dita nel lenzuolo imbarazzata.
- Posso dormire con te?
Rimase in silenzio per un po'.
- Andrea, è un trucco?
- No...
Ancora qualche istante di silenzio.
- Ok...
Gattonai fino al suo letto e mi ci misi dentro, mi fece scivolare un braccio intorno alla vita.
- Ti do fastidio?
Scossi la testa e lui mi diede un bacio tra i capelli.
- Ora dormi...ci sono io a cacciare i tuoi incubi...
Mi accoccolai a lui e dormii tranquilla come non avevo mai fatto.
...momento
tragico...anche io lo voglio un Bill che mi caccia gli incubi!! Ok, ce
la faccio, ce la faccio...come sempre ringrazio le mie lettrici e tutte
quelle che recinsiscono...ehi, angeli neri ben tornata! spero che
apprezzerete il capitolo...baci&abbracci!
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