Qualcuno
arriverà
Il finto Re sorrise malignamente verso Mycroft, che lo fissava incerto
« Vedi, Consigliere del Re, hai fatto tanti errori, nella
convinzione di avere tutto sotto controllo. O forse, una volta morti i
tuoi genitori e ritenuto che il fratellino avesse fatto la stessa
fine, ti eri lasciato prendere dallo sconforto? »
lo sbeffeggiò l’uomo dai capelli neri.
Aveva un’aura di mistero e di arroganza, che tradiva
però un passato triste e turbolento. Mycroft
notò il disperato bisogno di attenzione dell’uomo
con cui stava parlando e sperò potesse essere usato in
qualche modo, a proprio vantaggio.
«Con chi ho il piacere di parlare? » chiese
Mycroft, senza tradire alcun timore, anzi quasi annoiato.
Il moro sorrise, beffardo « James Moriarty, fratellastro del
principe » rispose, godendosi lo stupore dei due Holmes.
« Cosa? » chiese Sherlock, improvvisamente
ridestandosi dai suoi pensieri.
Victor si avvicinò alle sbarre, mantenendo un tono di voce
più basso, quasi stesse confabulando con i prigionieri
« Anni fa, non solo ho scoperto che non ero figlio della
Regina, ma di una delle dame di corte con cui mio padre aveva avuto una
relazione, ma ho scoperto anche che la suddetta dama, aveva avuto un
altro figlio »
Gli sguardi degli Holmes si spostarono verso lo stregone della terra
« Nostra madre era una strega e il nostro caro padre
l’ha fatta uccidere. Non ha avuto il coraggio di fare
altrettanto con il figlio bastardo »
Sherlock osservava freneticamente i due uomini, registrando ogni
dettaglio, catalogando i loro difetti, in particolare quando potevano
essere egocentrici e vanesi. Stavano spiattellando tutto, solo per il
gusto di vantarsi, di dimostrare quanto fossero intelligenti.
« Così » continuò Mycroft,
pigramente, dimostrandosi per niente impressionato dai due «
Avete ucciso il Re e vi siete sostituiti a lui? Uccidete stregoni come
voi? Perché? »
Moriarty strinse gli occhi, infastidito « Niente affatto,
nessun stregone è morto da quando abbiamo eliminato quel
trucidatore »
« Quindi, qual è il vostro scopo? »
incalzò Mycroft.
« La profezia, mio caro » rispose Moriarty,
avvicinandosi alle sbarre per vedere meglio il giovane Holmes, che lo
fissava interrogativo « Mi sembra evidente che Victor ed io
siamo gli stregoni legati dal sangue. Abbiamo una strega
dell’acqua e ci manca proprio uno stregone
dell’aria » concluse, continuando a tenere lo
sguardo fisso su Sherlock.
Il moro dapprima sembrò sorpreso, poi scoppiò
semplicemente a ridere « Perché dovrei partecipare
a questo piano, con voi due oltretutto? »
Jim si aspettava una reazione del genere. Non conosceva bene il piccolo
Holmes, ma aveva avuto modo di studiarlo nei pochi giorni che aveva
soggiornato nel borgo. Era stato piuttosto sfuggente, lo aveva visto
andare in giro con un inutile villico, ma dopo l’attacco
aveva avuto la conferma di cui aveva bisogno: Sherlock aveva un lato
oscuro pronto ad emergere.
Jim si fece fintamente serio e si rivolse direttamente allo stregone
dell’aria. « Onestamente, pensavo avresti finto di
darci corda per scappare, devo dire che sono sorpreso. Te lo spiego
subito perché dovresti unirti a noi. Lo so benissimo che non
ti dispiace nemmeno un po’ la morte de Re, probabilmente lo
avresti ucciso tu, se non ce ne fossimo occupati noi. Non hai motivo di
essere leale a tuo fratello, ha lasciato che uccidessero i tuoi
genitori e tanti altri stregoni »
Sherlock non era per niente dispiaciuto della morte del Re, proprio
come aveva detto Jim. Mentre rifletteva sui suoi sentimenti di
avversione per il Re, per Mycroft e per tutti quelli che lo avevano
deriso ed umiliato nel corso della vita, sentì un qualcosa
smuoversi, un sentimento di rabbia repressa. Per farla tacere rimise
subito le mani in tasca, solo per sentire di nuovo il piccolo unicorno
di legno. Troppe cose erano cambiate, non era più lo
stregone dalla furia omicida che voleva scatenarsi nel borgo. Aveva
incontrato chi gli aveva insegnato che poteva avere degli amici, poteva
aprirsi al mondo, apprezzare la compagnia di un’altra
persona. Non era più uno stregone dell’aria,
dedito soltanto ai venti freddi, qualcosa stava mutando. Si prese
qualche secondo e poi rispose calmo « Anch’io sono
stupito, credevo mi avreste minacciato per costringermi ad unirmi a voi
»
Moriarty rise « Anche, uccideremo tuo fratello, la simpatica
locandiera che ti ha accolto, ma prima di tutti quell’inutile
villico che ti ha fatto da scudo nel vicolo, se non collaborerai. In
fin dei conti, partecipando all’incantesimo della profezia,
diventerai uno dei fondatori del nuovo ordine, sei lo stregone
dell’aria che abbiamo scelto, dovresti esserci grato
»
Lo sguardo di Sherlock si assottigliò, non appena Jim aveva
fatto riferimento a John e alla sua quasi morte «
Perché mi avete attaccato, se volevate facessi parte del
piano? »
« Dovevamo essere sicuri che tu fossi uno stregone
dell’aria. Poi, il nostro Victor, si è fatto un
po’ prendere la mano, sai non usa spesso la magia »
Victor arricciò le labbra, fintamente offeso dal
commento « Basta convenevoli, sarebbe ora che ci
seguissi, Sherlock. Sei ancora senza magia, non tentare inutili fughe
»
Il finto Re e il principe Victor, trascinarono Sherlock fuori dalla sua
cella. Il moro fece in tempo a lanciare un’occhiata al
fratello, sottintendendo che non si sarebbe piegato ai loro voleri, ma
che per il momento conveniva assecondarli.
Quando i tre furono usciti dalle prigioni, Mycroft liberò un
sospiro di sconforto. Aveva ragione Moriarty, dopo la morte dei suoi
familiari era stato meno attento, aveva disperatamente cercato altri
stregoni che potessero realizzare la profezia, finché non
era riapparso suo fratello, sano e salvo, distraendolo completamente
dalle vicende di palazzo.
Si sentiva alquanto stupido, l’eccesso di sicurezza da una
parte e la distrazione del ritorno di Sherlock dall’altra, lo
avevano completamente annebbiato. A questo si aggiungeva anche, che ora
era decisamente preoccupato per il fratello. Sarebbe rimasto dalla
parte della magia chiara o avrebbe ceduto definitivamente
all’oscurità?
***** *****
Sherlock camminava dietro ai due uomini in silenzio, sentendosi anche
lui alquanto stupido. Era stato ingenuo e presuntuoso, credeva avrebbe
saputo cavarsela da solo, nel borgo, senza bisogno di qualcuno che gli
guardasse le spalle.
Sherlock mantenne il sangue freddo e seguì i due stregoni
fino alla sala del trono. Gridare alle guardie sarebbe stato
inutile, nessuno avrebbe creduto che il Re, non era tale, ma era uno
stregone che aveva preso il suo posto; inoltre, le guardie erano state
opportunamente collocate in modo da non trovarsi nella strada tra le
prigioni e la loro destinazione.
Sherlock attendeva con ansia il momento in cui sarebbe stato nuovamente
in possesso dei suoi poteri, in modo da fermare quella follia e mettere
ogni cosa al suo posto. In ogni caso, non era sicuro che il popolo
avrebbe preso positivamente l’assassinio del Re da parte di
due stregoni, e temeva che nemmeno l’incantesimo di Mycroft
avrebbe risolto il problema.
La sala del trono era enorme e sfarzosa, il chè
infastidì non poco lo stregone dell’aria,
trovandosi ad immaginare il Re immerso nel lusso, mentre decideva della
vita a e della morte di altre persone.
« Si, un vero schifo » commentò Jim,
immaginando esattamente i pensieri del moro. Non erano tanto diversi
Moriarty e Sherlock: erano entrambi reietti ed emarginati per i loro
poteri. E proprio su questo contava Moriarty, far leva sulle loro
similitudini.
« Cosa pensate accadrà, quando pronunceremo
l’incantesimo? » chiese Sherlock, intento a
distrarli per poter studiare meglio la stanza.
« Ritornerà la magia e gli stregoni si riuniranno
» rispose semplicemente Victor.
« Come? »
Jim sorrise, fissando un punto nel vuoto, come se potesse vedere quello
che sarebbe successo « Tanto per cominciare, torneranno i
draghi, gli unicorni, i centauri e tutte le creature che sono man mano
scomparse a causa della caduta degli Ordini »
Anche Sherlock sorrise, per un attimo, pensando a quanto lo
incuriosissero le creature leggendarie che una volta abitavano le terre
del nord.
« Questo riunirà gli stregoni in una causa comune,
scacceremo tutti gli essere privi di magia, così non
potranno metterci di nuovo in un angolo! » concluse Moriarty.
Sherlock sembrò come scosso da quell’affermazione,
come se due secondi prima si fosse trovato in un mondo ideale e subito
dopo fosse stato rovinato dalla stupidità della brama di
potere del moro « La magia protegge, non distrugge
» commentò e si stupì lui stesso di
quella frase. Era qualcosa che ripeteva sempre sua madre, solitamente
quando lui o Mycroft facevano saltare per aria qualche mobile della
casa.
« La magia non distrugge? » ribatté
Victor « E se lo dice lo stregone che stava per sradicare il
borgo… »
« Suvvia Victor, è solo un po’ impulsivo
» commentò una voce calda e femminile alle loro
spalle. La proprietaria della voce entrò sinuosamente della
sala del trono. Aveva lunghi capelli castani e freddi occhi azzurri,
che teneva fissi sul nuovo arrivato.
Sherlock non indietreggiò di un passo, non aveva mai provato
interesse per chi usava il proprio aspetto fisico per sedurre e di
certo la cosa non lo sconvolgeva, non era così che
funzionava il suo cervello. La donna, molto probabilmente,
era la strega dell’acqua di cui avevano parlato i due
cospiratori.
« Questa è madame Adler, la mia fidanzata
» fece Victor, presentandola.
Il moro trattenne a stento una risata. Se credevano ciecamente nella
profezia, allora non avrebbe mai funzionato. Servivano due persone
legate dall’amore e madame Adler e il principe non lo erano.
Si vedeva lontano ad un miglio che quella donna era
un’opportunista e non era innamorata di Victor. Probabilmente
non lo era nemmeno il principe, ma non sembrava abbastanza intelligente
da distinguere l’amore dal concetto di possesso. Quella Adler
era una bella donna e il principe poteva averla, altro non sembrava
interessargli.
***** *****
Qualche ora dopo, Sherlock era ancora senza poteri, anche se sentiva
che man mano, l’energia riprendeva a scorrere nelle sue vene.
Non sapeva bene come funzionava tutto il processo, ma era parte di lui
e senza poteri magici si sentiva come se gli fosse stata amputata una
parte.
L’avevano chiuso in una stanza della torre est, con le sbarre
alle finestre. Si sentiva come quando era a casa, nel maniero, una
prigione dorata dove non poteva rischiare di usare la magia e farsi
scoprire. Se solo i suoi genitori non lo avessero tenuto sotto una
campana di vetro, sarebbe stato meno ingenuo e un po’
più capace nelle relazioni sociali. Invece era
lì, in trappola, attendendo la prossima mossa dei suoi
carcerieri.
Guardò sconsolato fuori dalla finestra, sperando almeno che
John fosse al sicuro, che si fosse ripreso e fosse fuggito.
Come aveva immaginato, i loro assalitori non avevano capito che era uno
stregone dell’acqua. Era così arroganti da essere
ciechi davanti a un uomo dall'aspetto ordinario come John; non avevano
capito quanto fosse speciale, quello che per loro era un banale villico.
Era ancora appoggiato al muro, fissando il borgo dall'alta torre,
quando Irene Adler fece il suo ingresso nella stanza. Era bella e
affascinante, oggettivamente Sherlock non poteva negarlo, ma quello
sguardo freddo e ammaliatore lo disturbava, ormai era troppo abituato
ad occhi dolci e comprensivi, per lasciarli ammaliare dalla strega.
« Ho pensato che dovremmo conoscerci meglio »
affermò la donna, percorrendo la distanza che li separava,
non dimenticando di ancheggiare « Presto saremo a capo degli
Ordini e della magia, sarà il caso che andiamo
d’accordo »
Sherlock emise una leggera risata, incolore « Devo credere
che tu sia così stupida? Pensi davvero che
basterà prenderci per mano e recitare un incantesimo e tutto
si sistemerà? »
« Non hai fede nelle profezie, signor Holmes? »
fece lei, avvicinandosi pian piano, godendosi l’effetto che
la sua camminata provocava su ogni uomo.
Quando fu a un passo da lui, Sherlock abbassò leggermente lo
sguardo, per guardarla negli occhi « Lo fai per il potere?
»
« Tutti agiamo per il potere e il controllo »
rispose lei.
Il moro scosse leggermente il capo, conosceva almeno una persona che
non si comportava così, che aveva dimostrato che le cose
più importanti erano generosità e altruismo e del
potere non aveva mai avuto interesse. Ma sapeva che non doveva
insospettire la Adler, che doveva almeno provare a stare al loro gioco,
altrimenti poteva mettere in pericolo le persone a lui care.
Mantenne il contatto visivo con la donna, era un gioco di potere e non
voleva perdere « Anche se non ho i miei poteri, so leggere
bene le persone »
« Davvero? » rispose lei, ammiccante.
« Miri al potere, vuoi diventare la donna più
potente del regno, perché non vuoi più essere
sfruttata. Sei nata povera, hai lottato per vivere e per emergere. Ti
sei abbassata a fare cose indicibili, ma i tuoi poteri ti hanno sempre
sostenuto e permesso di arrivare fino a qui, ad essere una dama di
corte »
« Molto bravo » fece lei, leggermente titubante,
quasi temendo che stesse riprendendo i poteri. Alzò una mano
e gli accarezzò un braccio, il moro spostò lo
sguardo per seguirne il gesto, un po’ stranito, quando,
ritornando al viso della donna, notò le pupille dilatate. Si
scansò di scatto e bruscamente, causando una leggera risata
in Irene « Sei mai stato con una donna, Sherlock? »
Si voltò infastidito, sbuffò, ma non disse niente.
« Chiedo scusa, volevo dire, sei mai stato con qualcuno?
» continuò, leggermente divertita.
Sherlock le diede le spalle e ritornò a fissare fuori dalla
finestra, ignorandola completamente. La donna rimase ancora qualche
secondo, ma poi, uscì dalla stanza, contenta di aver trovato
un’interessante preda.
***** *****
John si reggeva a stento in piedi, ma era più risoluto che
mai. Seguiva Lestrade per i vicoli più nascosti, cercando di
stare attento ad ogni movimento, ad ogni suono, per evitare di farsi
sorprendere nuovamente impreparato. Si sentiva ancora sciocco per come
si era comportato durante l’attacco davanti la locanda della
signora Hudson.
« Sceriffo, dove stiamo andando? »
sussurrò John.
« Ho lasciato un messaggio, qualcuno arriverà
»
« Ora è tutto chiaro » rispose il
biondo, sarcastico.
« Dovrai fidarti di me. Ti sei fidato di Sherlock e lo avevi
appena conosciuto, fidati anche di me »
« Con Sherlock è stato diverso
» affermò semplicemente. Ed era vero, si era
istintivamente fidato di lui.
Lestrade si bloccò di scatto e John gli finì
addosso, pestandogli un piede. Si voltò subito, temendo che
lo sceriffo avesse visto le guardie o qualche altro stregone, pronto a
lanciargli palle di fuoco.
« John, Mycroft mi ha parlato molto di Sherlock »
fece lo sceriffo, dubbioso.
« Quindi? »
« Era preoccupato che decidesse di lasciarsi dominare dai
venti freddi, che passasse dal lato sbagliato »
Il biondo si infastidì. Non poteva
credere che il suo amico, l’uomo che aveva
dormito accanto a lui, che gli aveva insegnato i segreti della magia,
che lo aveva incoraggiato - a modo suo - potesse diventare uno stregone
di magia oscura.
Lestrade capì di non essere stato chiaro «
Mi chiedevo solo, come fossi riuscito a cambiarlo »
« Io non ho fatto niente, sono solo
stato dalla sua parte » rispose.
Lo sceriffo non disse niente, annuì, poco convinto.
Non era esperto di magia e stregoneria, ma sapeva che i venti freddi
del nord erano molto pericolosi, nessun stregone che li padroneggiasse
era immune dal lato oscuro della magia. John doveva essere speciale, se
era riuscito a far emergere la parte chiara del fratello di Mycroft.
« Lestrade
» incalzò John « Dobbiamo sbrigarci a
salvarli, stiamo perdendo tempo! »
Lo sceriffo accelerò il passo, seguito da John, che faceva
di tutto per non crollare a terra esausto. Rimettersi in moto
così presto, dopo l'attacco, non era di certo quello che gli
avrebbe consigliato la guaritrice Molly.
« Eccoci, siamo arrivati! » fece finalmente
Lestrade, indicando una piccola taverna.
I due entrarono, John alquanto incerto, e si sedettero ad un tavolo, in
attesa di quel qualcuno che sarebbe arrivato.
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