6.
NEW ORLEANS – ALCUNI ANNI
PRIMA
Elijah stava aspettando
seduto al Rousseau’s da un’ora quando Allison era arrivata. Teneva in mano una
custodia per abiti, più in alto che poteva per non farla strofinare in terra.
L’Originale la raggiunse non appena la vide, le sorrise sfilandogliela di mano.
“Hey” le sussurrò
guardandola negli occhi.
Lei arricciò la bocca
in una specie di sorriso, si passò le chiavi dell’auto nell’altra mano e
sospirò. “Hey” rispose, ma senza troppo entusiasmo. “Lasciami indovinare, John
ti ha detto dove trovarmi.”
Lui scosse il capo
resistendo all’urgenza di toccarla, di stringerla e poggiare le labbra su
quella bella bocca che aveva baciato tante volte. “È stato Klaus” le fece
sapere. “Ha visto la tua auto ferma qui fuori, non era sicuro che fossi tu ma
quando è arrivato alla tenuta ha visto John e ha fatto due più due.”
“Chiunque sia stato è
comunque colpa di John,” replicò lei avvicinandosi al bancone, passando
dall’altra parte e servendosi una tazza di caffè. “Gli avevo detto di stare
lontano da voi ma a quanto pare non mi ascolta mai.”
La donna uscì da dietro
il bancone e si mise a sedere su uno sgabello. Bevve un lungo sorso pensando
bene a cosa dire e si rese conto di non saperlo. La prima cosa che le era
venuta in mente era di dirgli che le mancava da morire, baciarlo, abbracciarlo…
ma non era il momento di seguire il primo istinto.
“Allison,” le disse lui
poggiando la mano sulla sua. “Dove sei stata in queste ultime settimane? Ti ho
telefonato un migliaio di volte e non hai mai risposto. Sono persino venuto ad
Atlanta ma non eri neppure lì; non c’era nessuno.”
La cacciatrice deglutì
a vuoto poggiando lo sguardo su di lui, piacevolmente sorpresa di sentire che
era andato a cercarla fino ad Atlanta, pervasa da uno strano senso di gioia nel
sentire che gli interessava, che aveva pensato a lei. Ma non lo lasciò a vedere
e anzi ritrasse piano la mano e strinse la tazza con entrambe. “Ero a
Covington. Stavo lavorando ad un caso con John.”
Elijah piegò con
delicatezza la custodia su uno sgabello e si mise a sedere su quello accanto a
lei. Si sbottonò la giacca e rimase in silenzio per un attimo mentre lei
guardava di nuovo di fronte a sé. “Eri ad un’ora da New Orleans ed io ho
viaggiato per ore per venire da te” sussurrò.
Nella sua voce c’era
qualcosa di lievemente divertito, ma Allison non si divertiva affatto. “Dovrei
per caso sentirmi in colpa?” gli disse voltandosi a guardarlo. “Perché se è
quello che ti aspetti, credo che tu possa andartene Elijah.”
“Non è quello che mi
aspetto” mormorò lui.
“Bene! Perché io ho
viaggiato per ore ed ore per mesi, ogni volta che potevo e tutte le volte che
venivo a trovarti tu c’eri ma era come se non ci fossi.”
Elijah sollevò piano la
mano e gliela poggiò sulla guancia, facendo scivolare il pollice lungo un
sopracciglio, sorridendo quando lei chiuse gli occhi rilassandosi sotto il suo
tocco. “So di non essere stato un buon compagno negli ultimi tempi, so di
averti trascurata e di aver trascurato noi, ma ti prego… lasciami rimediare. Io
ti amo.”
“Fino a quando? Fin
quando ad Hayley non capiterà qualcos’altro che avrà la priorità assoluta per
te?” la donna si inumidì le labbra, poi prese la mano dell’Originale ancora
poggiata sul suo viso e ne baciò il palmo due, tre volte prima di lasciarla.
“Apprezzo le belle parole Elijah, è solo che non so se riesco a crederti.”
Elijah la guardò mentre
si alzava e con delicatezza prendeva la custodia sullo sgabello. La seguì con
lo sguardo fin quando lei non uscì dal ristorante, deciso ad alzarsi ma senza
riuscire a farlo. Raggelato da quel tono di voce che conosceva fin troppo bene
e che di solito precedeva un addio.
Quel tono Elijah lo aveva sentito
di nuovo poche ore prima e come quel maledetto giorno al Rousseau’s lo aveva
odiato e gli aveva lasciato un vuoto dentro lo stomaco.
“Stai bene?” gli chiese Klaus
raggiungendolo sul portico. “Allison è impulsiva, lo sai meglio di me.”
“Avresti dovuto avvertirmi prima di
piombare qui” gli disse Elijah scuotendo il capo. “Avrei dovuto parlarle,
avvisarla. Hai idea di quanto ci abbia messo a farla aprire di nuovo con me?
Non voleva lasciarmi neppure parlare fino…”
“Non ci hai messo così tanto
fratello” cercò di sdrammatizzare l’Ibrido interrompendolo. “Era radiosa anche
se arrabbiata e tu sembri stranamente rilassato. Questo può voler dire una sola
cosa.”
L’Originale elegante mise le mani
nelle tasche e serrò le mascelle. “Non sai di cosa stai parlando. Non sono
venuto qui per riconquistare il suo corpo, sono venuto qui perché rivoglio lei
e la rivoglio tutta e aveva appena iniziato a lasciarsi andare e adesso… adesso
sento che mi sta di nuovo scivolando tra le dita e mi fa… male.”
C’era frustrazione nella sua voce e
Niklaus sentì un lieve senso di colpa farsi spazio dentro di sé. “Mi dispiace”
gli disse. “Avrei dovuto avvertirti, non l’ho fatto e non posso tornare
indietro. Ma posso aiutarti a rimediare, anzi ho già un piano.”
Elijah lo fissò confuso e si
preparò ad ascoltarlo.
****
Allison bevve l’ultimo sorso di caffè, quel
terribile caffè che servivano alla mensa dell’ospedale. Non sapeva perché era
finita proprio lì in quel posto, ma dopo aver visto Hayley, aveva pensato di
rifugiarsi lì perché l’ospedale le ricordava suo padre anche se non le piaceva
molto quell’odore di disinfettante, e perché lì nessuno l’avrebbe cercata. O
almeno sperava.
Si era dimenticata però di Alex, che in quanto
avvocato dell’intero ospedale era sempre nei paraggi. “Fantastico” mormorò
mettendosi dritta sulla sedia. “Alex” lo salutò quando si mise a sedere al suo
tavolo.
“Allison” ricambiò lui. “Che ci fai qui?”
“Bevo un caffè.”
“In ospedale?” Alex rise. “Andiamo, è risaputo che
il caffè dell’ospedale è il peggiore al mondo. Sei figlia di un dottore,
dovresti saperlo.”
“Non ho mai preso il caffè con mio padre qui”
Allison scosse il capo guardando un punto indefinito del tavolo. “Avevo sedici
anni quando è morto e la mia storia d’amore con la caffeina non era ancora
iniziata allora.”
L’uomo annuì, poi si mordicchiò il labbro quasi in
imbarazzo. “Faccio sempre delle figuracce quando mi stai vicino Morgan” cercò
di scherzare. “Divento impacciato e un sacco di altre cose.”
“Sì,” la donna fece un grosso respiro sforzandosi di
sorridere. “L’ho notato. Tu che ci fai qui Alex? Non ti prendi mai una pausa?”
“Di solito sì, ma oggi non ci sono riuscito. Il
nostro dottor Osso, è così che le infermiere chiamano il capo di ortopedia nel
caso non lo sapessi, ha peggiorato la frattura alla mano di un bambino provando
a sistemarla. O almeno è quello che sostiene la madre del piccolo, che vuole
fargli causa.”
“Una bella gatta da pelare. Buona fortuna caro
avvocato, conosco dottor Osso, è un tizio piuttosto fastidioso. Io vorrei
fargli causa solo per il modo in cui pronuncia il mio nome.”
“Non credo che in Tribunale reggerebbe, mi dispiace
deluderti. Ma semmai vorrai tentare una follia come questa sarò pronto a farti
da avvocato.”
“Ho già un avvocato” Allison si alzò e afferrò la
borsa. “Ma grazie dell’offerta. A presto Alex.”
“A presto Allison” la salutò lui seguendola con lo
sguardo fin quando non la vide più.
****
Elijah la stava aspettando sul
vialetto quando lei arrivò di sera. Stava seduto su quella piccola panchina di
pietra accanto al cancello, una valigia di fianco a lui. La donna pensò di non
fermarsi, di fare almeno un altro giro dell’isolato ma sapeva che sarebbe stato
inutile; lui non si sarebbe mosso da lì senza prima averle parlato. Facendo un
grosso respiro parcheggiò e scese dall’auto fermandosi a guardarlo un attimo
prima di chiudere lo sportello.
“Se ti chiedessi di andartene mi
diresti che non puoi farlo vero?” gli chiese.
“Probabilmente” ammise lui. “Suppongo
quindi che non me lo chiederai.”
Lei scosse il capo
avvicinandoglisi. “Vai da qualche parte?” gli domandò indicando la valigia.
Elijah si mise in piedi e fece un
grosso respiro. “Niklaus mi ha suggerito di venire qui e dirti che mi
trasferisco da te, lui crede che sia questo l’approccio migliore.”
“Ma tu non lo credi.”
“No, non lo credo. Ho aspettato per
dirti che andrò a stare in un hotel perché non mi importa di Hayley e perché
non sapevo che sarebbero venuti. Non posso mandarli via, hanno bisogno di aiuto
e sono la mia famiglia, ma sono venuto qui per te e non intendo accettare
alcuna distrazione. Quindi andrò a stare da un’altra parte e ogni giorno
tornerò qui e farò quello che devo, quello che ti ho promesso e ho promesso a
me stesso; ti riconquisterò e mai, mai più ti spezzerò il cuore.”
L’Originale afferrò la valigia e si
piegò per darle un bacio sulla guancia pima di incamminarsi verso l’auto.
“Elijah” lo chiamò lei. “La mia
casa è piena di stanze libere, puoi prenderne una se vuoi. Sono cento dollari a
notte, sono camere extra lusso” gli disse quando si voltò a guardarla.
Lui sorrise annuendo. “Sei sicura?”
Allison si avvicinò, con un gesto
rapido fece scattare la maniglia della valigia e sospirò. “No” disse sincera.
“Ma ti amo e negarlo è inutile. Di questo sono sicura.”
Il vampiro le baciò la bocca, poi
la punta del naso. “Anche io ti amo.”
“Ci andremo piano” gli fece sapere
lei camminando verso casa. “Molto piano. Entra Mikaelson.”
“Non ho alcuna fretta” lui la
seguì.