Mamihlapinatapai
«guardarsi
reciprocamente negli occhi sperando che l'altra persona faccia
qualcosa che entrambi desiderano ardentemente, ma che nessuno dei due
vuole fare per primo»
Simon
si sentiva come un pesce fuor d'acqua. Era seduto in un angolo,
lontano dalla massa di persone che si agitava, muovendo le mani al
ritmo della musica fin troppo forte per il suo udito sviluppato, e
teneva tra le dita un bicchiere pieno di uno strano liquido
fluorescente che qualcuno con delle orecchie a punta-una fata?- gli
aveva passato.
Sospirò.
Era a dir poco patetico. Clary era venuta quella sera al Dumort e gli
aveva chiesto di accompagnarlo ad una festa poco distante da lì.
“Ci divertiremo!” aveva detto, “hai bisogno di
svago.” Beh, su una cosa aveva ragione. Eppure, anche il rumore
delle voci non riusciva a cancellare il pensiero di un certo vampiro
dalla sua mente.
Occhieggiò
l'alcolico, indeciso se valesse la pena bere quella roba o avrebbe rischiato
una morte per niente gloriosa.
<<
Al diavolo >> borbottò, decidendo di mandare a
quel paese tutto
il buon senso. Lava bollente gli corse giù per la gola,
lasciandolo boccheggiante. Non sapeva che cosa fosse ma era
decisamente forte. Dopo essersi ripreso e aver controllato che non
avesse nulla di strano-a parte l'essere, beh, morto-si alzò in
piedi. La stanza cominciò a girargli e percepì il gusto
della bile in bocca. Si piegò su sé stesso. Non aveva
mai pensato che ci fosse stata una qualsiasi cosa peggiore della
fame, ma evidentemente si era sbagliato.
<<
¡Idiota!
¿que pasa por tu mente? >>
Raphael,
pensò.
Non che conoscesse un'altra persona capace di parlare spagnolo. Due
braccia lo presero prima di cadere sul pavimento. Si ritrovò
abbracciato-se quello si poteva chiamare abbraccio; era più
una stretta, con il braccio sinistro schiacciato tra il suo petto e
quello del salvatore, la guancia appoggiata all'altezza del cuore
immobile del vampiro-a Raphael, che lo sostenne, impedendogli di
scivolare a terra.
<<
Come ti è saltato in mente di bere qualcosa dalle fate?! >>
Era arrabbiato. La voce era roca, le sillabe che ottenevano un
accento diverso. Rabbrividì. Se non fosse stato sul punto di
vomitare avrebbe pensato fosse hot.
<<
C-come... >> provò a dire ma un attacco di nausea lo
costrinse a chiudere la bocca. Il moro sembrò capire. <<
Vieni >> gli disse, prendendolo sotto braccio per aiutarlo a
camminare.
L'aria
fresca della sera lo colpì in pieno viso, dando sollievo al
calore che sembrava avvolgerlo come una coperta. Si appoggiò
al muro dietro di lui, strizzando gli occhi alla sensazione dolorosa
che l'alcol gli aveva causato. Prese un profondo respiro. Non che
servisse davvero, i suoi polmoni era fermi, ma lo calmò. Si
azzardò ad aprire un occhio, notando che quelli del maggiore
erano già-o ancora?-su di lui. Un senso di agitazione lo
pervase. Era come se il suo cuore stesse battendo, o il suo fiato
mozzato, lasciandolo affannato. Non si era mai sentito così
umano, ed era buffo dirlo quando, di umano, aveva solo l'aspetto.
Voleva
baciarlo.
Quello stupido istinto lo provava almeno una volta al giorno, ma ora
ne aveva il bisogno fisico e mentale, di avvicinarsi, prenderlo per
la giacca e baciarlo, appoggiare il mento sulla spalla del ragazzo,
alla giuntare del collo e sentire l'odore del suo sangue. Ed ebbe la
prova che anche Raphael lo volesse quando lanciò uno sguardo
alla sua bocca. Si leccò le labbra, sorprendendosi nel sentire
i canini. Baciami,
urlò
nella sua mente a gran voce, la gola secca.
Si
costrinse a tornare in sé. Raphael sembrava piuttosto scosso,
ma, per una volta, Simon decise di stare in silenzio.
O
quasi. Il dolore allo stomaco tornò con la stessa potenza di
prima. Si inginocchiò a terra e rigettò l'alcol. Alzò
la testa, convinto di aver finito, ma non riuscì a rimettersi
in piedi che vomitò ancora una volta, sporcando il cemento
nero. Una mano gli si posò sulla schiena tremante.
Si
passò una mano sul viso per asciugare il sudore e pulirsi. Si
sentiva molto meglio. Guardò Raphael con un sorrisetto. Quello
fece una smorfia di disgusto. << Che questo ti sia da lezione.
Non ti hanno mai insegnato a non accettare caramelle dagli
sconosciuti? >> disse con una punta di ironia. Il castano roteò
gli occhi. Si rese conto della pressione leggera sulla sua pelle.
Anche Raphael doveva, perché si allontanò subito da
lui. Simon percepì un peso calargli nel petto, soffocandolo.
<<
Mi dispiace >> sussurrò. Il maggiore sollevò un
sopracciglio in una muta domanda. Non gli rispose; nemmeno lui sapeva
di cosa si stesse scusando. Forse di essere stato troppo stupido ed
ingenuo, o forse di ciò che era successo tra loro-perché
qualcosa era successo, poteva vedere la tensione nell'aria
sfrigolare, quel “non-detto” silenzioso ogni volta che
uno di loro parlava.
Si
scompigliò i capelli già incasinati.
<<
Penso sia meglio tornare a casa >> esclamò, sentendosi
esausto. Raphael annuì piano.
Prima
o poi la situazione si sarebbe risolta.
Simon
sperava accadesse più prima
che
poi.
Angolo
di quella pazza della scrittrice:
Ho
scritto questa roba qua in un attimo di noia mortale (solo
un attimo?), avevo
voglia di Saphael e ne ho scritta una.
Avrei
potuto fare molto meglio, non sono molto contenta del risultata ma,
mi sono detta, tentar non nuoce. Soo...a
voi l'ardua sentenza!
Vi
lascio,
Daughter_
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