Sono un
cavaliere. Ho fatto voto di difendere il regno che rappresento e il mio
re: è
per questo che sono qui, assieme ai mie fratelli. Una vita votata al
sacrificio, e questo non è cambiato nemmeno dopo la mia morte, né dopo
le molte
altre che sono succedute a quella prima. Sì, io sono portatore, come
altri, del
terribile marchio profano, ma non per questo ho posato la spada o le
mie
convinzioni: rimango certo che le nostre azioni parlino più forte delle
parole,
e i nostri pensieri, che siano espressi o meno, siano comunque cose
reali.
Il nostro
mondo muore, un po’ più in fretta ogni giorno: Lordran, la terra degli
dei,
delle leggende e dei miti, si sta spegnendo, mentre la fiamma che ha
iniziato
l’Era del fuoco langue irreparabilmente. Io, come i miei fratelli,
altri
cavalieri buoni e prodi, e come altri avventurieri giunti da ogni dove,
abbiamo
assediato questa terra per anni per cercare di riparare a ciò che
appariva
inevitabile… o sono stati forse secoli?
E chi può
esserne più certo in fondo? Qui, il tempo si mescola e le dimensioni si
attraversano: i passi conducono non solo attraverso gli spazi, ma
attraverso
ere, attraverso regni, attraverso passati e presenti… mentre l’unico
futuro
possibile appare essere la fine di tutto. Ma non è nella natura di un
cavaliere
disperare e posare la spada.
E così
assediamo, marciamo e sfidiamo demoni e antiche leggende, cercando di
raggiungere il cuore stesso del mondo, mentre mille insidie ci
minacciano, e
ogni morte che subiamo ci diminuisce. Perché questa è la natura del
Marchio e
dei marchiati: ciò che per altri è una fine netta, la scure del più
gentile dei
boia, per noi è come una passata di mola. Noi non possiamo morire… ma
nonostante
questo, possiamo impazzire.
E così, ci
stringiamo gli uni agli altri. Ci facciamo coraggio a vicenda… ci
aggrappiamo a
ciò che sappiamo, per non lasciare che i secoli e le rinascite ci
spezzino.
Inevitabilmente,
diventiamo più e meno di ciò che eravamo: prima o poi finiamo col
recitare noi
stessi, con una tale convinzione da crederci e questo pur di
aggrapparci a
qualcosa. Indossiamo armature e nascondiamo il nostro animo perfino al
sole...
Erano
passati secoli, o forse perfino di più, dall’ultima volta che avevo
visto il
mio volto: c’è stata solo la battaglia per così tanto tempo…
Essere Tarkus
Ferro Nero mi ha sostenuto per così tanto tempo.
Mi ha
sostenuto quando assieme ai miei compagni abbiano attraversato foreste
e città,
mi ha sostenuto mentre combattevano demoni. E ha sostenuto soprattutto
i miei
fratelli: l’immagine del prode Tarkus, dalla forza indomabile, ha fatto
coraggio a molti più a lungo di quanto pensassero possibile.
Fino al
giorno in cui ho scoperto di essere rimasto solo, di essere l'ultimo
dei
cavalieri ancora dotato di senno: solo allora ho capito che avevo
recitato me
stesso per gli altri. Una marionetta senza più pubblico. Eppure… eppure
quella
consapevolezza non mi ha fatto desistere: sono un cavaliere, e i
cavalieri sono
fatti per avanzare. Difendere il mio regno e seguire gli ordini del mio
re,
anche se morto da mille anni: come Tarkus Ferro Nero, il più forte dei
cavaliere
di Berenike.
Eppure…
Eppure
eccoci qui ora. Si dice tra le dimensioni, così mi è stato riferito da
un
solare cavaliere il cui mondo a volte si sovrappone al mio, che il
prode
Tarkus, colui che ha sconfitto in singolar tenzone il terribile Golem
di ferro,
l’armatura col potere degli antichi draghi sempiterni, sia morto dopo
aver
raggiunto la città degli dei. La prova, così dicono, è la sua armatura
che
giace sul pavimento di fronte al grande affresco, nelle sale da cui è
così
facile precipitare, infestate dai misteriosi guardiani candidi,
assassini e
custodi di qualcosa che loro stessi hanno dimenticato.
Non è troppo
distante dalla verità: Tarkus Ferro Nero è davvero morto in quel luogo.
Per
questo ho lasciato indietro la mia armatura e le mie armi: ho dovuto.
Non ne
avevo più bisogno: giaccia spezzato lo scudo, dietro cui un uomo in
arme si può
riparare! Giaccia immobile la spada capace di tagliare cavallo e
cavaliere con
un sol fendente! E arrugginisca la corazza che mi ha dato il nome!
Suonino
dunque le campane di Berenike, perché il cupo guerriero non è più!
Immagino che
qualcuno si chiederà cosa sia successo. Perché Tarkus ora brandisce
un’ascia,
perché nella sua mano non è più saldo lo scudo a torre, ma la più
eretica delle
fiamme? E dov’è la corazza consegnata dalle mani del tuo re?
La risposta
è in lei, ed è lei. Solo per lei: l’ascia che brandisco è l’ascia del
golem,
l’ultimo ricordo del mio più grande trionfo come cavaliere di Berenike.
La
fiamma che brandisco è la fiamma del mio cuore. La corazza è stata
abbandonata
invece, perché potessi stringere tra le mie braccia.
Lei è… le
parole suonano goffe e pesanti sulla mia lingua di guerriero, ma ne
parlerò
comunque: devo almeno provarci, in modo da affinare le parole che le
rivolgerò.
Priscilla è il suo bel nome, bella anch’essa, come il più candido fiore
dell’inverno. Priscilla la Mezzosangue, è il titolo crudele che gli dei
le
hanno affibbiato, prima di sigillarla e farla scomparire almeno dalla
vista, se
non dalla memoria. Sovrana di un regno che non esiste: Ariamis, la
desolata
landa del dipinto, prigione e rifugio della bella Priscilla.
Avrebbe
dovuto essere una dea, la mia Priscilla, perché sua madre è stata
Velka, moglie
di Gwyn, il signore della cenere. Questo fa della mia amata la
sorellastra di
Gwynevere e di Gwyndolin, dea del sole e dio della luna. Ma Velka ha
concepito
Priscilla al di fuori del matrimonio col signore della cenere,
generandola con
uno degli ultimi draghi sempiterni: la mia amata non ha mai conosciuto
suo
padre, né si può dire che abbia mai davvero conosciuto sua madre. In
questo, ci
assomigliamo.
I pochi
ricordi che ha di sua madre, così mi ha raccontato, sono quelli in cui
cerca di
impedire al Duca traditore, il Senza Scaglie, di usarla in uno dei suoi
esperimenti: sembra addirittura che l’ossessione di Seath sia nata con
Priscilla, ma egli non è, e non fu mai, suo padre. La mia stessa amata
rifiuta
una simile ascendenza, e ho avuto la fortuna e l’onore di poter
confermare
queste sue convinzioni.
Ma non fu
per essere la prova del tradimento fatto a Gwyn, che Priscilla venne
sigillata:
frutto dell’unione tra dei e draghi sempiterni, ella rappresenta la
prova che
la convivenza tra il vecchio e il nuovo ordine era possibile. Che la
guerra più
antica e terribile poteva essere evitata.
Ma gli dei
non possono avere torto: soprattutto Gwyn. Né gli dei possono
sopportare esseri
più forti di loro: la mia bella Priscilla ha in se il potere di draghi
e dei, e
dunque il potere di uccidere entrambi.
E così,
spaventati da lei e dalla sua origine, la mia bella è stata rinchiusa
nella sua
prigione, fin da prima che il mondo iniziasse a decadere: un castello
dipinto,
in un panorama desolato e altrettanto fittizio, con solo poveri mostri
e i più abbietti
a donarle la loro compagnia in una desolata corte, con un re pazzo come
giullare. La prima volta che mi recai a far visita a quel luogo,
Ariamis,
confesso che spazzai via tutti quelli che trovai sul mio cammino… ora
non è più
così. Sono dei loro, e loro sono ora il mio regno, e Priscilla la mia
regina.
Mi ha
conquistato al primo sguardo.
Sembra
sciocco parlare con leggerezza di qualcosa di simile, e potrebbero
sembrare
parole vuote, dette come sono da un uomo che è più abituato al tocco
del ferro
che a quello di una donna… eppure è proprio così. Il suo retaggio dà
alla sua
candida bellezza una fierezza senza pari, e com’è piacevole dover
alzare la
testa per guardare una donna negli occhi, per adorarla come merita e
sento di
dover fare! Il fatto che al nostro primo incontro mi sovrastasse da più
del
doppio della mia altezza non ha saputo dissuadermi: sono stato temprato
dal
coraggio. E il Golem in fondo era molto più grande… ma c’è voluta molta
più audacia
per rivolgerle la parola quella prima volta: labbra come due petali di
rosa,
pelle d’alabastro, capelli come luce di stelle e un volto a cuore…
Una bellezza
che ammutolisce, assoluta come la neve del suo regno, che calpesta a
piedi
nudi.
Un cavaliere
può tutto per il suo re, ma può ancora di più per la donna che ama. Un
cavaliere può percorrere solo una strada, quella del suo cuore e
dell’onore. Questo,
non è cambiato.
E ora, forse
giorni o secoli dopo quel nostro primo incontro, dopo aver visto cose
di cui
non credevo possibile l’esistenza, e scoperto realtà indicibili, mi
rendo conto
che questa nuova verità che ho scelto per me stesso mi ha portato molto
più
lontano di quanto potessi sperare. E molto più in alto: il ferro nero
che mi
cingeva era pesante, al punto che avevo dimenticato quanto gravasse sul
mio
spirito.
Queste
squame nere invece, il dono e la benedizione di un padre che attende
ancora e
sempre la sua unica figlia in tempi e dimensioni lontane, sono così
impossibilmente… leggere. Il mio spirito è elevato, e così il mio
cuore, mentre
l’ascia che brandisco per lei è leggera più di una piuma.
Che cosa
strana in fondo… cadere a volte è altrettanto importante che avanzare,
perché
dà la possibilità di vedere le cose da un altro angolo e in altra luce.
Il dominio
degli dei giungerà alla fine, prima o poi. Forse perfino per mia mano,
almeno
in questa dimensione. Ma perché dovrebbe essere un male, quando le loro
sono
poco più che illusioni, e sanno essere più gretti dell’ultimo degli
assassini?
E perché dovremmo temere le tenebre in fondo, quando noi stessi veniamo
dall’oscurità?
Come la mia adorata mi ha fatto comprendere, perfino durante l’inverno
non
tutti i giorni sono crudeli, e il freddo non è sempre insopportabile.
Ora, io sono
Tarkus Drago Nero, la cui fiamma eretica può consumare anche la cenere.
Tarilla? Tarilla!
Ovvero Tarkus (jolly cooperator
exceptional) X Priscilla (best DS waifu ever).
Ma voi credete davvero
che uno che ribalta golem per sport e sfonda le vetrate degli dei per
aprirvi
la strada (probabilmente quando eravate piccoli vi proteggeva anche dai
bulli
al parco), potrebbe davvero trovare la sua morte ultima in una caduta?
Se Tarkus
cade, il pavimento come minimo chiede scusa. Quindi Tarkus non può
essere
morto. Semplicemente, vi ha visto
che avevate bisogno di aiuto e non solo vi ha aperto la strada, ma vi
ha dato
anche la sua armatura, perché sotto quella corazza nera, batte il cuore
di un
santo. Dopo questo, che fine può aver fatto Tarkus secondo voi? Di
nuovo,
credete che qualcuno possa resistere al suo fascino? Probabilmente sta
facendo
dragobimbi con la sua waifu fin da quando ha preso a pugni Gwyn.
Mettendo da
parte questa ricostruzione personalissima degli eventi, di tutto DS
Tarkus e Priscilla sono
senza dubbio i miei personaggi preferiti, e mi serviva solo una trama
convincente per usarli entrambi (nemmeno io però immaginavo fin dove mi
sarei
spinto, ma lo rifarei senza esitare). Il bello di DS, tra le altre
cose, è che
oltre un certo punto, non ci sono fatti, ma solo interpretazioni: ecco
perché
ho scelto di dare la paternità di Priscilla al drago sempiterno del
lago di
cenere, piuttosto che a Seath; e la maternità a Velka, il cui ruolo non
è mai stato esattamente chiarito nel pantheon di DS (ma con qualcuno
Gwyn deve pur essere stato per creare due figli). Questa mia
interpretazione (a parte rigurgiti di lore e interpretazioni), è basata
su un cavillo più un fatto: il fatto, è
che alcuni mostri che si trovano negli archivi in DS1, sembrano la
brutta copia di
Priscilla (almeno nella teoria con cui sono stati costruiti). Ma se
Priscilla è
il punto di arrivo, perché Seath avrebbe dovuto continuare a fare
esperimenti,
quando aveva già raggiunto la perfezione?
La seconda,
è che i draghi sempiterni erano, secondo prove circostanziali almeno,
creature
di pelliccia e scaglie. Seath non ha né le une né l’altra,
mentre il
drago sempiterno del lago di cenere ha entrambe. Inoltre, il legarlo a
Priscilla spiega (forse) anche che cosa ci faccia in fondo a
quell’albero: per
quale altro motivo un essere che è eterno si prenderebbe il disturbo di
aprire
un varco per il suo mondo, se non per sperare che un giorno, qualcuno
che
aspetta da tempi immemorabili giunga a lui? E chi altri potrebbe
aspettare un drago, per così tanto
tempo, quando il resto dei suoi simili è sparito, o morto, o corrotto,
o
impazzito (Seath?).
Un po’
stiracchiata come teoria forse, ma la trovo più plausibile di che
quella che
lega Priscilla a Seath basandosi solo sul colore della pelle di
entrambi: generalmente parlando, i
pulcini e i piccoli hanno piume e pelo più chiaro di quando sono
adulti, e per
quanto Priscilla sia di fatto una semidea (e qualcosa di più, dato
cos’erano i
draghi in DS), è abbastanza difficile determinare con precisione quanto
sia
“giovane”, o quanto la sua permanenza ad Ariamis abbia rallentato la
sua
crescita. Potrebbe essere più vecchia di Gwynere, nonostante sia più
piccola di
statura…
In ogni
caso, best waifu ever. |