ReggaeFamily
Chatty
Martina
si svegliò di soprassalto, mettendosi subito a sedere sul suo
lettino.
Era
arrivato l'8 maggio, il giorno del suo compleanno e lei non aspettava
altro! Aveva compiuto otto anni ed era davvero curiosa di sapere cosa
i suoi genitori le avessero regalato.
Da
un paio di mesi chiedeva insistentemente un cellulare – il suo
primo cellulare – perché alcuni suoi compagni di classe
ne avevano uno e lei non poteva permettere di rimanere indietro.
Martina
voleva un cellulare di quelli belli, che hanno l'aria di valere tanto
e si usano premendo le dita sullo schermo, così avrebbe potuto
anche lei parlare con gli altri bambini, ricevere quei video scemi
che le facevano vedere sempre in classe e giocare a tantissimi
giochi.
Così
saltò giù dal letto e corse nella camera dei suoi
genitori.
“Mamma,
papà! È il mio compleanno!” gridò non
appena si ritrovò sulla soglia.
I
suoi genitori si svegliarono di soprassalto, spaventati dal grido
della bambina.
“Buongiorno
Martina... tanti auguri!” biascicò sua madre, mentre lei
si tuffava nel grande letto matrimoniale, tra le braccia di suo
padre.
Dopo
essere stata coccolata per qualche minuto, Martina non resistette più
e domandò: “Papà, che cosa mi hai comprato?”
Lui
si alzò dal letto, seguito poi dalla moglie, e disse a sua
figlia di recarsi in cucina, dove lui l'avrebbe raggiunta con il
regalo.
Martina
scese le scale e si sedette su una sedia, impaziente di sapere se il
suo sogno era stato realizzato.
Ma
lei già sapeva che avrebbe ricevuto un cellulare: quando lei
chiedeva qualcosa le veniva subito data. A volte i suoi genitori le
negavano qualcosa, ma a lei bastava fare un po' di capricci e gridare
e loro subito cedevano.
Poco
dopo sua madre e suo padre entrarono nella stanza con un pacchetto
rettangolare stretto tra le mani.
Martina
se ne impossessò con uno strattone, per poi strappare la carta
ed esaminare la scatola che si ritrovava in mano.
“È
un cellulare, uno smartphone tutto mio! Sì, non vedo l'ora di
andare a scuola e far vedere ai miei compagni quanto è bello!”
esultò la bambina, fiondandosi sul suo regalo senza neanche
ringraziare i suoi genitori.
Loro
non ci fecero tanto caso: si sedettero a tavola per la colazione,
contenti che la bambina aveva qualcosa che la tenesse impegnata.
Almeno non avrebbero dovuto stare dietro alle sue grida e ai suoi
capricci.
Martina
era proprio contentissima. In quei giorni stava imparando a usare il
suo telefono e le sembrava di poter controllare tutto il mondo con
quel piccolo aggeggio in mano.
I
suoi compagni erano rimasti sorpresi e ora tutti le stavano intorno e
le chiedevano se potevano giocare con il suo cellulare. Ma lei non lo
prestava a nessuno perché ne era troppo gelosa, e poi le
piaceva essere pregata dagli altri.
Giuditta,
la sua compagna di banco che aveva un iPhone, le disse che per essere
davvero alla moda doveva farsi i selfie.
“E
che cosa sono i serfie?” aveva chiesto Martina, confusa.
“Si
dice selfie, con la L, scema! Devi farti una foto da sola, con
la telecamera interna! Guarda come faccio io! Se li fanno tutte le
femmine e poi li fanno vedere agli altri!” aveva spiegato
Giuditta, mentre inquadrava il suo viso e scattava una foto dopo
l'altra.
Così
anche Martina aveva preso il suo telefono e aveva seguito le
istruzioni della sua compagna.
Prima
di scattare, aveva osservato i suoi capelli lisci e lunghi color
miele, gli occhi talmente neri che non si riusciva a trovare la
pupilla e le sue guance tonde e rosse.
Sono
proprio bella!, aveva pensato, mettendosi in posa come una
star.
La
scuola stava per finire e Martina non riusciva proprio a capire i
suoi compagni. All'inizio loro volevano sempre stare con lei e vedere
i giochi del suo smartphone, ma dopo qualche giorno avevano
cominciato a dire che lei era antipatica e smorfiosa, che non voleva
mai giocare con loro, e allora l'avevano lasciata sola.
Ma
a lei non importava.
Un
giorno, mentre cercava qualche nuovo gioco da scaricare, ricevette un
messaggio un po' strano da un numero che non conosceva.
Ciao,
ti stavo cercando :)
Il
cuore di Martina prese a martellarle forte nel petto.
Lei
sapeva che agli sconosciuti non bisogna mai rispondere perché
potrebbe essere pericoloso.
Ma
lei era una bambina coraggiosa, voleva scoprire chi le aveva mandato
quel messaggio.
Così
rispose:
Ciao
chi sei?
Mi
chiamo Giulia e ho 9 anni... sto cercando una persona con cui
giocare, tu come ti chiami?
Visto?
È una bambina come me, pensò Martina
tranquillizzandosi. Era una bambina che voleva un'amica, proprio come
lei!
Avere
un'amica a distanza era una cosa molto emozionante, una cosa da
grandi; l'aveva visto una volta in un programma che si chiamava
Catfish ed era incredibile che adesso stesse succedendo proprio a
lei!
Così
salvò il numero di Giulia e rispose al messaggio, piena di
entusiasmo.
Mentre
digitava, non si chiese minimamente come avesse fatto quella bambina
a trovarla.
Io
mi chiamo martina e ho 8 anni.. sono molto contenta che mi hai
mandato questo messaggio, certo che possiamo giocare insieme ;) ;) ;)
Che
bello Martinaaa! Allora ti chiamo Marty e siamo amiche, tu chiamami
Giuly!!! Adesso però mi devi raccontare: in che classe sei?
Hai tanti amici?
Io
vivo in una casa bellissima e grandissima con i miei genitori che mi
comprano tutto quello che voglio, sono in seconda elementare ma
secondo me sono troppo intelligente e poi tutti i miei compagni mi
vogliono e vogliono giocare con il mio telefono nuovissimo che è
meglio degli altri XD
Così
Martina continuò a parlare con Giulia e ben presto si rese
conto che era davvero simpatica.
Ogni
giorno si sentivano e si mandavano un sacco di foto e video
divertenti, poi parlavano un sacco e Martina le raccontava un sacco
di cose.
Giulia
le disse che lei non era così fortunata: i suoi genitori non
le volevano bene e l'avevano abbandonata e i suoi compagni di scuola
la escludevano e la mandavano via quando si avvicinava a loro per
giocare.
“Sei
fortunata ad avere tutti i giochi che vuoi” le aveva scritto.
A
Martina dispiaceva e le prometteva che un giorno l'avrebbe invitata a
casa sua e avrebbero giocato insieme; le avrebbe anche prestato i
suoi giochi, ma non troppo perché erano suoi.
La
bambina però non rivelò ai suoi genitori e a nessun
altro adulto l'esistenza della sua nuova amica: sicuramente loro non
avrebbero approvato e l'avrebbero costretta a smettere di parlare con
Giulia.
Invece
amava vantarsi con i suoi compagni di avere un'amica a distanza.
Tutti la guardavano con ammirazione quando lo raccontava, anche se
alcuni non le credevano e la accusavano di essere solo una bugiarda.
Martina
rispondeva loro a tono: “Siete gelosi perché io ho
un'amica che vive lontana e voi no! Io faccio un sacco di cose da
grandi e voi siete bambini piccoli e capricciosi!”
Un
giorno Giulia le chiese:
Ma
perché litighi sempre con i tuoi amici? Devi pensare a giocare
con loro e basta. Io non ne ho e mi sento così sola...
Non
devi stare sola, anche tu devi giocare con gli altri bambini e poi i
miei amici tornano sempre da me a chiedermi scusa anche se litighiamo
Gli
altri bambini non mi vogliono :(
Perché?????
Hanno
detto che sono strana e pericolosa. Non è vero, io non sono
pericolosa!!! Quando li abbraccio mi dicono che gli faccio male ma io
non voglio, io voglio solo giocare...
Un
brivido percorse la schiena di Martina, ma nemmeno lei si seppe
spiegare perché. Sapeva che Giulia non era affatto pericolosa,
era una bambina simpatica e dolce, però quella parola le
faceva un po' paura.
Sono
gelosi perché tu sei meglio di loro
Marty,
lo vuoi sapere un segreto?
Certo
Mi
hanno rinchiuso in un collegio, quello dove si mandano i bambini
cattivi, però assomigliava di più a un ospedale. Io non
avevo fatto niente di male, forse i miei genitori mi avevano mandato
lì perché non mi volevano più, allora io sono
scappata
Martina
rimase interdetta per qualche secondo, a fissare lo schermo senza
realmente vederlo. Quella storia era incredibile e stava a
significare solo una cosa: Giulia era stata davvero coraggiosa a fare
una cosa del genere e si era difesa perché l'avevano punita
per qualcosa che non aveva fatto.
Glielo
scrisse, aggiungendo che anche lei voleva diventare così
coraggiosa.
Era
un afoso pomeriggio di fine giugno e Martina si stava annoiando. Era
a casa, sul divano in soggiorno, e giocava con il suo telefono.
Con
questo sole luminoso avrei voluto andare al parco a giocare con i
miei amici, pensò con uno sbadiglio.
Alla
tv si parlava di una bambina scomparsa da un mese e mezzo, così
afferrò il telecomando e la spense. Da settimane ormai non si
faceva che parlare di questa storia e lei si era stancata. A lei non
importava.
Marty,
io mi sto annoiando tantissimo, ho voglia di giocare con qualcuno
Questo
fu il messaggio di Giulia che la riscosse dal torpore.
Anche
io...
Cosa
ne dici se vieni da me per giocare insieme?
Lei
ci pensò su. In fondo cosa aveva da perdere?
Sarebbe
stata l'occasione giusta per fare una passeggiata all'aria aperta e
conoscere Giulia di persona. Però le venne in mente che forse
abitavano troppo lontano e non ci sarebbe potuta andare a piedi.
Ma
giuly... e se abitiamo lontane????
No,
non abitiamo lontaneee e se vuoi mentre vieni da me parliamo al
telefono, così ti tengo compagnia e ti dico dove devi
passare!!
Okkk
io mi fido di te ma aspetta che mi devo preparare e poi i miei
genitori non lo devono sapere che sto uscendo
Mentre
si teneva in contatto con Giulia, la bambina raggiunse in camera sua
e prese uno zaino.
Cosa
devo metterci dentro?, si chiese, mentre spostava lo sguardo da
una parte all'altra della stanza.
Alla
fine optò per una giacca, una bottiglia, un paio di merendine
e, ovviamente, il suo adorato cellulare.
I
suoi genitori probabilmente si trovavano al piano di sopra, così
uscire senza essere vista fu per lei molto facile: camminò in
punta di piedi per il corridoio e aprì il portone d'ingresso
più lentamente possibile.
Una
volta fuori, corse come una pazza fuori dal giardino e percorse tutta
la strada, finché non svoltò l'angolo e si appoggiò
al muro per riprendere fiato.
L'adrenalina
le scorreva nelle vene e si sentiva una vera ribelle. Era stata
davvero brava! Ora non rimaneva che mettersi in viaggio.
Spiegò
a Giulia dove si trovava e lei le indicò la strada da seguire,
promettendole che l'avrebbe chiamata entro qualche minuto.
Martina
camminava sotto il sole cocente lungo vie che non aveva mai visto,
con il cellulare costantemente in mano, in attesa di una chiamata
della sua amica.
Dopo
circa dieci minuti si accorse che si stava addentrando in una strada
di periferia, in una zona in cui i tanti alberi sovrastavano le poche
abitazioni rustiche.
Eppure
era sicura di aver seguito meticolosamente le indicazioni.
In
quel momento il cellulare prese a squillare.
“Pronto
Giuly, sono io!” rispose Martina con entusiasmo.
“Ciao
Marty” rispose una voce infantile in tono basso, come se avesse
paura di farsi sentire da qualcuno.
“Sono
così felice che tra poco ci incontreremo! Ma per quanto tempo
dovrò camminare?”
“Un
po', ma ci sarò io a tenerti compagnia e ti sembrerà di
meno!”
“Va
bene. Io adesso sono in una strada di periferia, dove ci sono poche
case. Mi sono persa o no?”
“No,
non ti sei persa. Adesso devi andare dritta, poi troverai un'altra
strada a destra, dove c'è un cartello, e dovrai girare lì.”
Le
due continuarono a chiacchierare del più e del meno, di cose
da bambine: giocattoli, compiti e cartoni animati. Martina raccontò
qualche episodio accaduto a scuola, quando la classe si metteva
d'accordo per fare scherzi ai maestri o tutti insieme li prendevano
in giro.
Intanto
i minuti volavano e Martina continuava a calpestare terreni
sconnessi, polvere e foglie secche. Sotto le indicazioni di Giulia
stava attraversando sentieri di un bosco in cui era stata poche volte
e di cui non conosceva niente. Si guardava attorno e scorgeva alberi
dalle fronde irraggiungibili, cespugli colmi di spine e pietre da
evitare per non ruzzolare a terra. Intanto le sue gambe erano sempre
più stanche: non sapeva da quanto tempo stesse camminando
ininterrottamente.
Anche
se non sapeva dove si trovava, non aveva paura perché Giulia
la rassicurava e le prometteva che insieme si sarebbero divertite.
Lei sapeva la strada e non avrebbe permesso che si perdesse.
Erano
amiche e si volevano bene.
A
un certo punto si accorse di un fruscio lontano, dolce e irregolare,
e lo riconobbe subito.
“Giuly,
ma sono vicino a un fiume! C'è un fiume qui, lo sento!”
esclamò, saltellando per la gioia.
“Sì,
è alla tua sinistra” confermò l'altra bambina.
“Che
bello! Allora mi avvicino e mi fermo un po' a riposare, sono troppo
stanca e non ce la faccio più a camminare.”
“Certo
che ti devi riposare! Ma non per troppo tempo, altrimenti ci metterai
un sacco ad arrivare da me!”
Martina
si diresse verso il piccolo fiume con il respiro regolare di Giulia
nell'orecchio. Quando arrivò al corso d'acqua, rimase a
fissarlo per qualche secondo, incantata, poi si accomodò su un
masso vicino alla riva e cominciò a divorare le merendine che
aveva messo nello zaino.
“Questo
bosco è bellissimo, sembra uno di quelli delle fiabe! Però
ho un po' paura di perdermi” ammise la bambina.
“Non
devi avere paura, ci sono io che ti dico dove devi andare! Però
mi devi promettere che non ti arrenderai e non ti fermerai in mezzo
al bosco. Non voglio che tu resti da sola lì.”
Martina
promise e dopo dieci minuti riprese il suo cammino.
Il
viaggio procedeva normalmente, ma ben presto la bimba si stancò
di camminare. Non ne poteva più, era stanca e non sapeva dove
era finita. Voleva tornare a casa.
Così
scoppiò a piangere e si rannicchiò ai piedi di un
albero.
“Marty,
che succede? Perché stai piangendo?” domandò
dolcemente la voce al telefono.
“Io
voglio venire da te, voglio conoscerti e che giochiamo insieme, però
sono stanca e non ho più voglia di camminare! E poi non so
dove sono e poi il sole sta tramontando e io ho fame e voglio tornare
a casa!” mormorò tra i singhiozzi, mentre tentava di
asciugarsi le lacrime con una mano.
“No,
Martina! Lo so che è difficile, però non ti puoi
fermare proprio adesso che stai per arrivare! Io ti vorrei
abbracciare e se fossimo state insieme, sarebbe stato meno faticoso,
però ti devi fidare di me! Io non voglio che tu ti perda in
mezzo al bosco!” cercò di consolarla Giulia teneramente.
A
Martina parve quasi di poter sentire le carezze e l'abbraccio della
sua amica mentre la confortava; questo le diede nuovamente la forza
per andare avanti, anche perché non poteva stare nel bosco
tutta la notte.
Così,
dopo essersi calmata e aver fatto un paio di respiri profondi, si
rialzò e riprese a camminare.
Ormai
il sole faticava a illuminare il sottobosco e l'aria cominciava a
farsi più fresca.
Martina
era affamata e si stringeva la giacca intorno al corpo, come se essa
potesse difenderla da qualsiasi pericolo.
Mentre
i suoi lunghi racconti si riducevano a monosillabi strascicati e gli
ultimi pallidi raggi cedevano il posto alle tenebre, Giulia
continuava a ripetere che ormai c'era quasi e che doveva resistere.
“Io...
non vedo più niente...” mormorò Martina, cercando
di non inciampare.
Di
colpo il respiro di Giulia si fece più pesante. “Martina...”
sospirava, ansimante.
“Cosa
sta succedendo?” domandò lei allarmata, stringendo
convulsamente il cellulare.
Aveva
il cuore in gola e i suoi occhi vagavano da una parte all'altra,
senza mettere a fuoco niente di preciso.
Dall'altro
capo del telefono, Giulia continuava ad ansimare e a sussurrare il
suo nome. Martina quasi poteva avvertire il respiro caldo e ormai
irregolare dell'altra bambina, là dove invece era posizionato
un telefono ormai scarico. Il suo nome sussurrato le sembrava
un'accusa.
La
comunicazione si interruppe con un suono acuto e prolungato, ponendo
fine ai rantoli della voce all'altro capo.
Martina
si rese conto finalmente della sua situazione: era da sola, a
chilometri da casa sua, in un bosco, senza neanche un filo di luce.
A
quel punto scoppiò a piangere disperatamente e pensava invano
a una soluzione; i singhiozzi le squarciavano il petto e due lacrime
troppo grandi le solcavano inesorabilmente le guance, pallide e tese.
I
numerosi suoni del bosco la facevano sobbalzare: ora un qualche
uccello notturno muoveva le chiome degli alberi su di lei, ora un
animaletto impaurito scappava dietro un cespuglio.
Un
fruscio più forte degli altri la fece immobilizzare
all'improvviso, con gli occhi sgranati e il cuore che percuoteva la
sua gabbia toracica all'impazzata.
Poi
accadde tutto in un secondo.
Sentì
un colpo alla testa, pari a un'esplosione, e qualcosa che la
stringeva in tutto il colpo, togliendole il respiro. Opporre
resistenza era inutile: qualcuno la stringeva in una morsa
soffocante.
Martina
non ebbe nemmeno il tempo di gridare: si ritrovò a terra, con
la faccia schiacciata contro il suolo e la bocca piena di terra e
polvere.
Ciò
che l'aveva imprigionata la ribaltò e lei si ritrovò a
pancia in su.
Non
fu il colpo alla testa o la pietra sullo stomaco la peggior tortura,
bensì il volto sfigurato che si ritrovò davanti.
Era
un teschio senz'anima, dal quale pendeva qualche brandello di carne
putrida. In cima il resto di alcuni capelli si intrecciava a
ramoscelli, mentre dalle cavità oculari si dimenavano dei
vermi bianchi, causa della decomposizione.
Quel
cranio era attaccato a un corpo piccolo e ormai scomposto.
“Ciao
Marty,” sussurrò, con la stessa voce infantile e dolce
di Giulia, “adesso che siamo insieme possiamo giocare.”
Martina
avrebbe voluto gridare, dimenarsi, scappare e dimenticare l'accaduto.
E
invece, dopo ciò, il vuoto.
Il
giorno dopo nel bosco la polizia rinvenne due corpi appartenenti a
due bambine, stretti in un abbraccio, come fossero due amiche.
Uno
era quello di Martina, deceduta da poche ore, che portava sul volto
un'espressione di terrore. La maschera che l'accompagnò verso
la morte.
L'altro
apparteneva a Giulia, la strana Giulia, una bambina scomparsa diverse
settimane prima.
Giulia
aveva un passato tremendo, che aveva riempito le pagine dei giornali
per tanto tempo: era stata abbandonata all'età di cinque anni
da suo padre, dopo essere stata violentata da lui.
Subito
una famiglia decise di adottarla e di prendersene cura, sperando che
riuscisse a superare il trauma e crescere come gli altri bambini;
invece lei non si riprese mai del tutto e il suo passato ebbe varie
ripercussioni sul suo comportamento: manifestò infatti diverse
manie di persecuzione e sbalzi d'umore improvvisi; un attimo prima
giocava amorevolmente con i suoi compagni e dopo diventava violenta,
li picchiava e li insultava.
Giulia
crebbe sola, senza amici.
Inoltre
aveva un'altra particolarità: poteva passare ore intere
davanti a uno schermo, qualsiasi cosa ci fosse raffigurato.
Un
mese prima della sua scomparsa minacciò di morte la sua madre
adottiva con un coltello. A seguito di questo fatto venne rinchiusa
nel reparto di psichiatria infantile in una clinica.
Ma
la bambina era imprevedibile: per tutta la sua breve permanenza nel
reparto, architettò un modo per scappare e infine ci riuscì.
Si nascose nel bosco, ma per varie settimane non venne ritrovata
alcuna traccia.
Finché
i genitori di Martina non denunciarono la scomparsa della figlia.
Nelle
tasca dei pantaloni – ormai a brandelli – della piccola
Giulia venne trovato un cellulare ormai distrutto e inutilizzabile.
Anche
Martina era in possesso di un cellulare, ma il suo era ancora
funzionante.
Quando
il poliziotto lo afferrò, notò un messaggio ricevuto
proprio quella notte.
G+M
MAPS: Migliori Amiche Per Sempre
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_ _ _ _ _ _ _ _ _
Ciao
a tutti! :)
Chi
già mi conosce e mi segue, forse saprà che questo non è
il mio primo horror: avevo provato a cimentarmi in questo
affascinante genere, ma il risultato non era stato dei migliori.
Nonostante ciò io non mi sono arresa e ho voluto riprovare a
scriverne un altro a distanza di un po' di tempo.
Ringrazio
tutti coloro che si sono fermati a leggere e che quindi hanno trovato
interessante la storia (o almeno dal titolo e la trama è
sembrata una bella storia, poi probabilmente si sono ricreduti XD)!
Vorrei
fare una piccola precisazione sui messaggi: alcune frasi sono
formulate in modo strano e a volte manca la punteggiatura, ma questo
solo per imitare lo stile di scrittura delle due bambine (una era
bambina, l'altra un po' meno, ma vabbè) e non perché
l'autrice è ignorante (questo è tutto da vedere).
Ringrazio
immensamente chi recensirà e chi mi darà il suo parere
sincero. Ho bisogno davvero di molto aiuto per migliorare in questo
genere e per questo spero di ricevere tante opinioni e critiche!
Grazie
ancora per essere passati! :3
Soul
♥
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