Luce
e fiamme
27 anni prima
« Sherlock, smettila! » Imprecò Mycroft,
guardando il fratellino, che a braccia conserte, aspettava che gli
dedicasse cinque minuti del suo tempo.
« Sherlock, vorrei studiare » continuò
il giovane stregone, appena dodicenne.
« Non fai altro che studiare! » Si
lamentò il piccolo di casa.
« Dovresti farlo anche tu, visto che sei molto indietro con i
tuoi poteri »
Sherlock sgranò gli occhioni azzurri, la frase del fratello
lo aveva colpito, come se gli avesse gettato una sfera di fuoco in
pieno petto. Allo stupore si sostituì
l’espressione offesa, di un bimbo che si sentiva
più lento e più stupido del genio di casa Holmes.
«Ti ho chiesto solo di aiutarmi a trovare Barbarossa e non
sono indietro! » sbottò Sherlock.
« Non sai fare la metà delle cose che facevo io
alla tua età, questo come lo definisci? » Rispose
pigramente, senza curarsi dell’effetto che quelle parole
aveva sul fratellino, ma pensando solo ad allontanarlo per studiare in
pace.
Sherlock prese in mano uno dei volumi del fratello e glielo
lanciò con tutta la forza che aveva; Mycroft si
limitò ad alzare leggermente la mano destra e far cadere il
libro a terra, con naturalezza e senza sforzo, senza mai staccare gli
occhi da quello che stava leggendo.
Capito che non avrebbe mai avuto l’attenzione del fratello,
ma solo frasi di biasimo, Sherlock lasciò la stanza e corse
in giardino alla ricerca del suo cane.
Dopo aver a lungo camminato, nella speranza di veder sputare la chioma
rossa del suo cucciolo e unico amico, Sherlock sentì un
guaito provenire da un albero.
« Barbarossa? » Fece il piccolo, stupito
« Saresti un cane, come diavolo sei arrivato lì?
» chiese, guardando il cucciolo, curiosamente appollaiato
sopra un ramo.
Barbarossa non sembrava avere nessuna intenzione di scendere
dall’albero, anzi tremava preoccupato dall’altezza,
per cui al piccolo stregone non restò altro che arrampicarsi
sulla grande quercia, per portare in salvo il compagno fedele.
Sherlock mise un piede dopo l’altro sulla corteccia, facendo
attenzione a non scivolare. Quando finalmente fu a un passo dal ramo
dove era nascosto Barbarossa, sentì un grido per niente
amichevole che proveniva dalla base della quercia.
« Scendi, subito! »
Guardò in basso e vide il fratello con la faccia verso
l’alto e l’espressione arrabbiata che gli
riservava quando si cacciava nei guai; almeno, così li
definiva Mycroft, per Sherlock erano solo avventure.
« Un attimo, prendo Barbarossa e scendo » rispose
Sherlock. Il cucciolo sembrò ritrovare un po’ di
coraggio nel vedere il suo padrone e iniziò a spostarsi
« Fermo Barbarossa! » intimò il moro, ma
il cucciolo non lo ascoltò. Fu un attimo, il ramo su cui
aveva messo la zampa si spezzò e si trovò a
cadere. Ma il tonfo non arrivò mai, una leggera brezza
trattenne il cucciolo dal precipitare e lo posò
delicatamente a terra.
« Mycroft? Hai visto? » gridò Sherlock
entusiasta « Questo sapevi farlo a cinque anni? »
chiese il piccolo con aria divertita.
Ma il fratello non era divertito per niente, anzi si
accigliò e Sherlock non capì cosa stesse
accadendo. Scese dall’albero, mentre Mycroft continuava a non
esternare alcun pensiero.
« Mycroft? »
« Non ho mai fatto una cosa del genere, Sherlock »
rispose piano, meditando su quello che era accaduto.
Il moro rise fra sé, non capendo che in realtà
c’era preoccupazione e non ammirazione nel tono del fratello.
« Sherlock, non è un potere da stregone del fuoco,
questo. E’ da stregone dell’aria »
affermò soltanto.
Qualche ora dopo, Sherlock era seduto in camera sua, le gambe
incrociate e il musetto di Barbarossa appoggiato su un ginocchio.
Continuava a fissarsi le mani, non capendo perché doveva
essere sempre quello diverso.
Aveva percepito qualche stralcio di conversazione tra i suoi genitori e
Mycroft, sembrava dicessero che lo sospettavano da tempo, che era
troppo abile nel riconoscere le bugie mentre era completamente incapace
nelle magie spontanee degli stregoni del fuoco.
Solo dopo ampia discussione, i familiari decisero di renderlo partecipe
alle loro considerazioni, rivelandogli che nonostante anni di
discendenza rendevano praticamente impossibile l’evento, lui
non era uno stregone del fuoco ma dell’aria.
21 anni prima
« Così, te ne vai? » chiese Sherlock,
fissando il fratello più grande che riponeva con cura i
propri abiti in una grossa valigia di pelle. Dietro il moro, uno stanco
Barbarossa si era adagiato ai piedi del letto.
Mycroft annuì, senza spiegare, ancora una volta il motivo
della sua partenza.
Sherlock aprì la bocca per gridare il suo disappunto, ma non
uscì alcun suono, tanto sapeva che protestare non sarebbe
servito a niente, nessuno lo ascoltava mai.
« Sherlock, promettimi di fare il bravo mentre sono via
»
« Sarò come sono sempre »
ribatté.
«Sherlock, davvero, è pericoloso, gli eventi
stanno precipiteranno, temo che presto dovremo fare i conti con
qualcosa di oscuro »
« Hai visto qualcosa? Mamma e Papà non mi dicono
mai le loro profezie » rispose attento e curioso,
com’era sempre il piccolo Holmes.
Mycroft sorrise al fratellino, un sorriso fiducioso, di uno che ancora
credeva che il futuro poteva essere roseo, nonostante le previsioni
negative.
« Come ti ho già detto, parto proprio in cerca di
risposte. Continuo a vedere strani eventi e non riesco a collegarli. Un
castello, una cascata, un uomo brizzolato. E’ tutto molto
confuso »
« Vorrei vedere anch’io il futuro »
esalò l’undicenne.
« E io vorrei volare, ma dobbiamo tenerci i poteri che
abbiamo » rispose serio, ma al contempo cercando di
rassicurare Sherlock che non c’era niente di male ad avere
poteri diversi dal resto della famiglia.
Sherlock si sedette sul letto del fratello e per una volta Mycroft non
lo sgridò perché stava invadendo un suo spazio.
Il maggiore degli Holmes sospirò, riponendo
l’ultimo libro nel suo pesante bagaglio e poi si rivolse al
fratellino, che non avrebbe rivisto per molto, molto tempo
« Sherlock, davvero, stai attento. Cerca di imparare a stare
in mezzo alle persone, ok? »
Sherlock annuì, senza capire del tutto il significato di
quella richiesta.
«Ma cerca anche di non farti coinvolgere, i sentimenti non
sono importanti »
10 anni prima
Sherlock continuava a rigirarsi nel letto, era molto tardi ma non
riusciva a spegnere la testa dai pensieri.
Continuava a pensare che fuori dalla sua magione, c’era tutto
un mondo che non conosceva e da cui non sapeva cosa aspettarsi. Amava i
suoi libri e i suoi esperimenti magici, ma dopo che suo
fratello era partito e Barbarossa lo aveva lasciato, cominciava a
sentirsi come rinchiuso in una prigione.
Ogni tanto si recava nei villaggi vicini, per risolvere qualche banale
disputa, riguardante per lo più ladri di polli, niente che
una mente come la sua potesse trovare interessante. Stava chiedendosi
se fosse il caso, anche per lui, di partire e di visitare altri luoghi.
Un rumore proveniente dal piano inferiore, come uno scricchiolio, lo
destò improvvisamente dai suoi pensieri. Uscì
dalla stanza, incurante del pericolo che poteva paventarsi, anzi
sperando in una qualche tipo di distrazione. Scese le scale a passi
felpati, furtivi, derivati da anni di esperienza
nell’aggirarsi per la casa senza farsi sorprendere dai suoi
genitori. Voltò l’angolo e si trovò
davanti la persona che aveva fatto scricchiolare il pavimento,
visibilmente dimagrito e con l’espressione stanca di uno che
aveva sopportato un lungo viaggio.
« Mycroft? »
Il fratello maggiore, per un attimo, un’impercettibile
frazione di secondo, lasciò trapelare un’emozione
nell’essere di nuovo a casa. Non fecero in tempo a dirsi
niente perché, poco dopo, i due furono raggiunti dai
genitori che chiesero tutti i dettagli del suo viaggio, di dove fosse
andato, del perché non avesse più scritto per
tanto tempo.
Mycroft spiegò la sua teoria sulla profezia, su come fosse
certo di essere molto vicino a capire quello che aveva detto la strega,
sul fatto che aveva dovuto celare la propria identità per la
sicurezza di tutti e questo era il motivo per cui non aveva
più scritto.
I genitori furono molto contenti e entusiasti di rivederlo, mentre
Sherlock abbandonò la conversazione, annoiato, dopo
l’ennesima affermazione del fratello che era a un passo dal
far risorgere la magia.
Qualche ora dopo, poco prima dell’alba, Mycroft raggiunse il
fratello nella sua camera. Sherlock era disteso nel letto, ancora
sveglio, intento a leggere un trattato di erbologia o quantomeno a far
finta di leggere.
« Sherlock, io vado via »
esordì Mycroft.
«Buon viaggio » rispose soltanto, senza accennare
interesse.
Mycroft scosse il capo « Sherlock, nostra madre mi hai detto
che stai molto sulle tue, che a mala pena le rispondi quando ti parla,
cos’è successo? »
« Ho fatto quello che mi hi detto, non mi faccio coinvolgere
» rispose, con una punta di sarcasmo.
« Nostra madre dice anche che hai cambiato magie,
c’è qualcosa di più freddo in te
»
« Sei tornato da qualche ora e mamma si è gia
lamentata di me? » chiese Sherlock, mettendosi seduto.
« Non si lamenta, è preoccupata. Sherlock, cosa ti
prende? »
« Niente, sono solo stufo di stare qui »
« Quindi, il fatto che il figlio dei vicini ti
abbia definito uno psicopatico, non riguarda qualcosa che hai
fatto? »
Sherlock si rabbuiò leggermente, ma non gli diede la
soddisfazione di far vedere che aveva colpito nel segno.
«Stai attento, d’accordo? Sono tempi sempre
più bui » fece Mycroft, l’espressione
seria e preoccupata. Sherlock, come tanti anni prima, annuì
distratto, senza comprendere davvero quali pericoli ci fossero oltre le
mura di casa.
Quattro anni prima
Sherlock corse veloce come il vento verso casa, sentiva che era successo
qualcosa, gli uomini del villaggio dovevano aver parlato e averlo
denunciato per stregoneria. Dovevano abbandonare velocemente la magione
e scappare lontano, magari dagli zii che abitavano oltre la montagna.
Nella foga inciampò più volte, era buio e non
vedeva dove stava mettendo i piedi. Seguì il rumore del
ruscello che costeggiava la propria casa finché non vide una
luce, come uno squarcio nell’oscurità della notte.
Erano fiamme, alte, devastanti, che bruciavano vive, diffuse per tutta
la magione degli Holmes. Sherlock si bloccò sul posto,
immobile, fissando quello spettacolo straziante e sperando che i suoi
genitori fossero riusciti a scappare prima dell’incendio.
Sapeva che non era probabile, erano stregoni del fuoco, avrebbero
bloccato le fiamme, c’era un’unica soluzione
razionale ipotizzabile: erano già morti quando era stato
appiccato l’incendio.
Sherlock crollò in ginocchio, quando il peso di quello che
era accaduto lo travolse. Era stata colpa sua, aveva usato la magia nel
villaggio e li avevano scoperti.
Oggi
Sherlock aveva gli occhi sbarrati e respirava
affannosamente, ancora inginocchiato tremante vicino al corpo immobile
di John; quel John che lo aveva accolto come un amico, da subito, che
si era fidato di lui, che lo aveva aiutato e difeso, giaceva senza
vita, per colpa sua.
Il moro aveva preso a stringerlo forte, come se potesse in qualche modo
rianimarlo o cancellare quello che era successo.
« Sherlock » mormorò nuovamente Molly,
ma lo stregone non sembrava sentirla. « Dobbiamo andare
»
« Non mi muovo da qui » rispose, scandendo le
parole, senza togliere gli occhi dal biondo.
Molly trattenne una lacrima e si inginocchiò accanto a lui
« Non posso immaginare cosa tu stia provando, ma restare qui
non servirà a niente, se non a farti catturare di nuovo
»
« Dovevo morire io, capisci? E’ la seconda volta
che… » disse, con voce rotta, sentendosi in colpa
per tutto, per non essere uno stregone capace come il fratello, per
cacciarsi sempre in situazioni che mettevano in pericolo altre persone,
per aver indirettamente causato la fine dei suoi genitori, per aver
trascinato John in un mondo che lo aveva condotto alla morte.
Ripensò a quando John aveva eroicamente fatto scudo con il
suo corpo, in un gesto di altruismo e bontà, come nessuno
aveva mai per lui, per difenderlo dalle sfere di fuoco, senza
riflettere sulle conseguenze e procurandosi notevoli cicatrici.
Fu un attimo, Molly notò che per una frazione di secondo,
qualcosa nello sguardo di Sherlock cambiò, come se
improvvisamente fosse diventato un’altra persona.
Strinse gli occhi, rivolse lo sguardo verso Molly, ritraendo le mani
dal corpo, che poco prima stava stringendo come se ne andasse della sua
stessa vita « Vattene, hai ragione, non
c’è più niente che tu possa fare
»
« Sh… » tentò la damigella.
« Vattene, ho detto » ribadì lui, mentre
dei passi in lontananza, evidenziavano che qualcuno si stava
avvicinando, probabilmente Moriarty e i suoi complici.
Molly era indecisa su come comportarsi, ma Sherlock sembrava
inamovibile e i passi erano sempre più vicini. Si
trasformò in una guardia e corse via, lasciando lo stregone
dell’aria inginocchiato a terra, con una strana espressione
negli occhi.
La damigella corse nei corridoi vuoti, pensando soltanto a raggiungere
le segrete, sperando di trovarvi ancora Marye Mycroft che
l’attendevano per uscire da palazzo.
Si sentiva triste e svuotata, non aveva mia visto così da
vicino la morte, la devastazione, sentimenti così forti da
far perdere il raziocinio. Rallentò il passo ogni
volta che incontrava altre guardie, finché riuscì
a prendere il corridoio per le prigioni.
Fece le scale a gruppi di due, per arrivare il prima possibile, ma
quando fu davanti alla cella di Mycroft, la trovò aperta e
vuota, dovevano essere già andati via. Si fermò
un attimo per respirare e pensare, finché non
sentì un rumore, vicino una delle nicchie che dava verso il
ruscello.
Si avvicinò piano, quando il muro letteralmente
ruotò davanti ai suoi occhi e rivelò
l’esistenza di un tunnel segreto, da dove apparve la
principessa accompagnata dal Consigliere Reale.
« Ti stavamo aspettando » fece Mary.
« Dov’è Sherlock? » intervenne
Mycroft, temendo subito il peggio.
Molly si morse un labbro, era successo troppo per riassumere tutto in
poche parole. Fece per rispondere, quando sentì altri passi
provenire dal buio tunnel. Tre figure stavano avanzando, non troppo
silenziosamente, nonostante la situazione lo richiedesse.
Mycroft si tenne pronto ad agire, ma poi riconobbe la sagoma
rassicurante di Lestrade « Vedo che avete avuto la nostra
stessa idea » affermò allegro lo sceriffo. Dietro
di lui Anthea sorrise, felice di rivedere vivo il Consigliere, e subito
dietro di lei, apparve John.
Molly sgranò gli occhi, portandosi una mano alla bocca e
arretrando, come se avesse visto un fantasma. Tutti si girarono a
guardarlo, non capendo cosa potesse essere successo. « Mi
sono perso qualcosa? » chiese soltanto lo stregone
dell’acqua.
« Tu, eri morto » mormorò la damigella.
« Direi di no »fece lui, guardando gli altri e
attendendo una qualche spiegazione, almeno da Mycroft, che sembrava
sapere sempre tutto. Molly continuava a non parlare, per cui John si
fece strada fuori dal tunnel e prese gentilmente la damigella per le
spalle « Sono davanti a te, cos’è
successo e soprattutto, dov’è Sherlock? »
« Hanno trasfigurato un corpo, in te » rispose lei,
sentendosi tanto stupida per non averlo capito « Sherlock
crede che tu sia morto, che ti abbia ucciso »
Nessuno parlò, ma tutti temettero che il qualcosa che poteva
strappare Sherlock dalla luce, fosse appena accaduto.
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Angolo
autrice:
Ciao
a tutti, lo so, se non metto almeno un flashback non sono io, abbiate
pazienza.
Grazie
come sempre per leggere e recensire, alla prossima!
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