A Elisa, che mi ha ricordato che le stavo raccontando una storia.
E grazie ad Alektos.
Federica attraversa la strada
principale del paese, avvolta dal più assoluto silenzio.
Data l’ora e la calura sono in
pochi a passeggiare per le strade. In effetti Federica
è l’unica impavida ad avventurarsi allo scoccare del mezzogiorno per una via
dove trovare anche solo uno spicchio d’ombra si rivela un’impresa degna delle
dodici fatiche erculee.
E Federica, provata dal caldo e
vittima dell’accidia, non si accinge nemmeno all’impresa.
I suoi occhiali scuri non sono il
baluardo contro il sole che sperava di avere e il vestito bianco si è rivelato
meno prezioso di quanto si dice debba essere.
Ma a Federica non pesa molto
dover soffrire un po’. Ha con sé la sua fida macchina fotografica e cerca lo
scorcio giusto per poter immortalare il mare cristallino che illumina da una
settimana i suoi occhi. La strada che percorre porta alla distesa che l’incanta
e come una calamita l’attrae.
Da quando è arrivata in paese non
vuol far altro che recarsi in spiaggia. Non le interessano le feste e le nuove compagnie;
l’unica amicizia di cui sente il bisogno l’ha abbandonata durante l’inverno.
Ha smesso di ostinarsi a spiegare
perché guardare il mare le fa sentire la vicinanza di Silvia, nonostante tutto.
Ha capito che non conosce le parole atte a descrivere quel che prova, il senso
di infinito che la pervade e le fa capire che il nulla in cui le sembra perduta
la sua amica non esiste. Le hanno insegnato a credere che non
si finisce mai di vivere, che la morte è solo l’ennesimo passo in
avanti, e solo ora quegli insegnamenti acquistano significato.
Per anni Federica non ha dubitato
della veridicità delle parole degli adulti, i quali avevano affrontato più
sfide, percorso strade più lunghe, e che per questo
riteneva i padroni della verità. Ma, di fronte al dolore che l’ha colta alla
morte di Silvia, la verità è diventata mutevole, ha perso il valore
dell’unicità.
Federica ha scoperto di avere una
sensibilità meno profonda di quanto pensasse: ha pianto poco, e spesso
dimentica di pensare all’amica perduta. Si sentiva in colpa per questo,
riteneva di dover ricordare Silvia in ogni momento, e invece riusciva a vivere
benissimo anche senza di lei.
Le avevano insegnato che quando
si perde una persona cara il dolore ti attanaglia senza lasciarti tregua. Non
provava quel dolore e si sentiva in difetto.
Un mercoledì mattina trovò nella
casella di posta elettronica una e-mail attesa da
molto tempo.
Erano mesi che aspettava di
sapere come si era classificata in un concorso che l’avrebbe potuta portare a
vivere un anno in Nuova Zelanda.
Federica e Silvia condividevano
il sogno della fuga. Il loro scopo non era girare il mondo per avere qualcosa
da raccontare, ma girare il mondo per trovare il proprio posto. Scherzavano
spesso, ricordandosi l’un l’altra che in un mondo
tanto grande c’era necessariamente posto anche per loro.
Si era piazzata bene nel concorso
e le veniva offerta la possibilità di lavorare per realizzare il proprio sogno.
Prese il telefono e digitò un
numero.
La voce che rispose era
affannata. Federica la riconobbe all’istante e realizzò il proprio errore:
aveva chiamato a casa di Silvia. Presa dall’euforia voleva condividere la bella
notizia con chi avrebbe capito tutto il suo entusiasmo. Ma Silvia non c’era
più. Quello fu il momento in cui lo realizzò davvero. Riattaccò la cornetta
senza parlare. Si dice che ci si accorge di vivere quando si soffre, per il
resto si procede per inerzia. Federica era felice, eppure si rendeva conto di
essere viva.
Non aveva nessuno con cui
condividere la sua gioia, qualcuno che ne capisse le vette, perché conoscesse
le profondità che le generavano. Era sola nella sua felicità.
Raccontò del suo successo a
chiunque volesse ascoltarla, sperando di trovare conforto alla propria
inquietudine. Ne parlava fingendo un entusiasmo che non sentiva. Quando Silvia
era in vita la Nuova
Zelanda era tanto vicina da vederne gli altipiani, ora non
ricordava come si sognava il colore del cielo.
L’aria è immobile e l’umidità si
attacca alla pelle. Federica si porta una fastidiosa ciocca di capelli dietro
l’orecchio ed estrae la macchina fotografica dalla sua custodia. Si è fermata a
distanza dalla distesa marina per fare entrare nell’inquadratura tutto ciò che
le piace.
La superficie dell’acqua è
leggermente increspata e si possono notare diverse sfumature di colore, dal
verde chiaro al blu, man mano che si sposta lo sguardo verso l’orizzonte. In
spiaggia c’è una sola persona, sdraiata sotto un ombrellone blu, che a Federica
piace molto. Il colore intenso che richiama quello del mare in lontananza le
sembra perfetto nella sua inquadratura. La sabbia non è bianca come nelle
cartoline ma è pulita, e tanto le basta.
Fa qualche scatto e si sposta per
cambiare angolazione.
Adesso vuole eliminare
l’ombrellone, le interessa solo il mare.
Si muove tra la poca vegetazione
che cresce sulla sabbia e nota una lucertola. Superato l’iniziale spavento, le
scatta una foto, sempre riuscendo ad inquadrare anche il mare. Tutto ciò che è parte
del paesaggio è importante. La bassa marea ha scoperto delle brevi lingue di
sabbia su cui l’acqua, colpita dai raggi del sole, assume riflessi cangianti.
Si avvicina al bagnasciuga e
immortala anche questo dettaglio.
Percorre un breve tratto camminando
all’indietro fotografando le orme che lascia sulla sabbia presto coperte dalle
lievi onde.
Una lieve brezza ora percepibile
le scompiglia i capelli costringendola a portarli ancora dietro le orecchie.
Anche se lo scatto in cui sabbia, acqua e capelli si confondono le piace molto.
Ridacchia riguardandolo ed alza lo sguardo.
E’ arrivata davanti
all’ombrellone, dove si accorge che il ragazzo che vi era sdraiato all’ombra si
è messo seduto e la fissa.
Non sa se apprezzare
quell’attenzione o meno, ma, prima che possa decidere, il giovane alza il mento
in un atto di saluto e Federica si trova a ricambiare il gesto.
Continuano a fissarsi finché uno
dei due non parla.
- Se vuoi ti faccio una foto col
mare dietro.
Federica guarda la propria
macchina fotografica e poi scuote la testa:
- No, grazie. Non mi interessa
essere nelle foto. - gli sorride e torna a girarsi verso il paesaggio.
- Hai sete? - il ragazzo richiama
la sua attenzione con una domanda.
Si volta e lo fissa intensamente.
Sta aprendo una bottiglia di acqua ghiacciata. Lo raggiunge ed annuisce:
- Sì, grazie.
Il giovane si sposta come per farle
posto sull’asciugamano su cui è seduto.
Lei gli si siede accanto ed
accetta la bottiglia che le porge. L’acqua è gelata tanto da provocarle un
brivido. Un piccolo sorso è più che sufficiente per rinfrescarsi.
Restituisce la bottiglia con un
ringraziamento.
- Ma tu ringrazi sempre? - si
sente chiedere.
- E’ buona educazione ringraziare
- ribatte stizzita, per poi accorgersi del sorriso che le sta rivolgendo.
- Sei del nord? - le chiede
ancora.
- Perché? - il contrattacco è un
po’ irruento, ma non vuole raccontarsi troppo, tanto meno ad uno sconosciuto.
Lui si stringe nelle spalle e
avvicina il proprio braccio al suo:
- Sei bianca.
Federica osserva le due braccia e
le spunta un sorriso: anche attraverso le lenti scure la differenza è evidente.
La sua pelle è lattea, mentre quella dell’altro è scurissima, palesemente molto
abbronzata.
- Ho la pelle delicata, devo
stare attenta - gli risponde, continuando a sorridere.
- Sai quante ne ho viste di tipe
come te?! - dice lui dopo aver bevuto.
Lei alza la testa di scatto e gli
chiede:
- Bianche?
- No. Che fanno foto a tutto per
non dimenticare niente
La ragazza non può non scattare e
guardarlo in viso. Ha i lineamenti marcati e gli occhi neri, come i capelli
ondulati. La sta osservando, senza l’insolenza che si aspettava. Semplicemente
con intensità, come se la stesse studiando. Questa è
l’impressione che ricava dalla sua espressione. E ne è intimidita. Abbassa lo
sguardo verso i propri piedi, accarezzandoli, come per ripulirli dalla sabbia.
- Io non voglio dimenticare nulla
- sussurra. Lo ha detto tra sé, in realtà non voleva essere sentita da qualcun
altro.
- Giuseppe.
La giovane si blocca e lo guarda
con la coda dell’occhio. Poi sorride sincera e gli tende la mano girando tutto
il busto verso di lui.
- Facciamo le cose per bene.
Federica.
Giuseppe stringe la mano tesa e
sorride a sua volta.
- Hai pranzato, Federica? Io no.
Ho qui il mio panino. - dice, mentre inizia a rovistare nello zaino.
- No, non ho pranzato. Devo
tornare a casa.
Giuseppe annuisce pensieroso,
rigirando tra le mani il suo panino avvolto nella carta stagnola.
- Quando?
- Ora, in effetti. Vado. - la
ragazza si alza e stira la gonna - Ciao.
- Ciao.
La spiaggia è stata trasformata
in una pista da ballo con luci intermittenti e grandi casse di diffusione per
la musica.
Federica credeva che avrebbe
ballato sotto le stelle, come promesso dai poster pubblicitari. Ma fa buon viso
a cattivo gioco, lanciandosi all’inseguimento delle sue amiche, le quali sono
ormai nella mischia.
Si diverte a prendere in giro i
ragazzi presenti ed il loro goffo modo di ballare, ridendone con le altre
ragazze.
Le vengono presentate nuove
persone di cui già sa non ricorderà il nome.
La musica è ad un volume molto
alto e le fornisce un’ottima scusa per non dar retta alle avance di un tipo che
le si avvicina insistente.
Un po’ per sfuggirgli, un po’ per
trovare dello spazio libero, esce dal gruppo e finisce sul bagnasciuga. Ha
tolto i sandali appena arrivata sulla sabbia e li ha infilati nella borsa
argentata che porta a tracolla, quindi ha i piedi nudi e l’acqua glieli carezza
fino alla caviglia. Non si preoccupa dei jeans e ad ogni passo si addentra
sempre di più nel mare.
Trova la sensazione dell’acqua
attraverso i vestiti inebriante. Sorride soddisfatta
pensando a quando le dicevano che non si fa il bagno vestiti.
L’acqua le arriva alle ginocchia ed
un’onda l’investe bagnandole la vita.
Nella borsa custodisce la sua
preziosa macchina fotografica, questo pensiero la induce a tornare a riva.
Prende l’oggetto e scatta qualche
foto al cielo scuro, puntellato da poche stelle, ed al mare mosso da onde spumose.
Volge l’obbiettivo verso la folla cercando le proprie amiche, alle quali sa che
farà piacere avere un ricordo visibile della serata. Mentre lo fa,
nell’inquadratura finisce il dj. Le sembra di riconoscere qualcuno che ha già
incontrato, allora zoomma per vederlo da vicino.
E’ Giuseppe.
Sorride entusiasta e corre alla
consolle per salutarlo.
Un paio di ragazze cercano di
attirare le sua attenzione e Federica ne ride
chiedendosi se anche lei agli altri appare così esilarante mentre cerca di
farsi notare da un bel giovane.
Giuseppe indossa una t-shirt
celeste, che dona molto alla sua abbronzatura, e un paio di pantaloni neri. E’
scalzo e porta tra i capelli una fascetta elastica che glieli tira indietro.
Scambia alcune battute con le ragazze e sorride loro cortese. Lo fa anche con
Federica, quando la nota, ma aggiunge anche una
strizzatina dell’occhio.
La ragazza si ritrova a ridere
ancora. Gli si avvicina iniziando a ballargli accanto. Gioca con lui come se ci
stesse flirtando, lanciandogli occhiate maliziose e sorrisi.
Giuseppe continuando a sorriderle
la lascia fare e asseconda i suoi movimenti.
Le altre due si dileguano in
fretta.
- Hai i pantaloni bagnati - le
urla in un orecchio - Stai bagnando anche me - e ride.
La giovane ride con lui e lo
abbraccia stretto.
- Te ne vuoi lamentare? - gli
urla di rimando.
- Certo. Non dovrei?
- No che non dovresti! - lei si
allontana fingendosi indignata, - Dovresti apprezzare le attenzioni di una
bella ragazza del nord!
Lui inarca un sopracciglio per
poi guardarla dubbioso:
- Modesta.
- Obbiettiva. - ribatte lei
riprendendo a ridere.
Giuseppe torna a dedicarsi al suo
lavoro.
- Ehi! Dovresti aggiungere
qualcosa del tipo “eh già, sei bellissima”.
- Se te lo dici da sola, che te
lo dico a fare io? - le dice senza guardarla.
Federica incrocia le braccia
davanti al petto e lo guarda torva, ma sempre nascondendo un sorrisino
divertito.
- Vedo che hai gli occhi. -
riprende lui.
- Cosa? Tutti hanno gli occhi!
- Ieri non hai tolto gli occhiali
ed io non li ho visti.
- Ma che centra? Hai detto una
cosa sciocca. - lo pungola.
- Allora… vedo che hai le ciglia
folte. - le risponde mentre continua a pigiare i pulsanti della consolle.
- Ma se non mi guardi. - Si sta divertendo con questo sconosciuto.
Giuseppe si volta completamente
verso di lei. Avvicina il proprio viso al suo tanto che le punte dei loro nasi
si toccano.
- Preferisci essere guardata
così? - le dice sottovoce.
Lei non capisce quello che lui le
sta dicendo, ma lo sguardo penetrante che le riserva l’imbarazza tanto da farla
allontanare e distogliere il proprio.
Non si diverte più, ora. Lo trova
invadente. Cerca velocemente una scusa per allontanarsi però lui è più veloce
nel chiederle:
- Cosa fotografi stasera?
Federica si volge di nuovo a
guardarlo.
- Le mie amiche, se le trovo, il cielo…
- Il mare - la interrompe.
- Sì, anche.
- Su al nord non avete acqua?
In breve la ragazza si ritrova a
rivalutare i nuovi propositi.
- Certo che fai proprio domande
stupide tu!
- A cui tu non rispondi. E’
evidente che non sono alla altezza delle tue risposte.
- afferma lui con un ghigno.
- Abbiamo l’acqua. - concede con un’alzata
di spalle, ma senza guardarlo.
- Però non è salata. - continua
lui.
- Non è solo questo. - Federica
si indigna sul serio questa volta - E’ che sembra… dà un senso… il mare è
ovunque, avvolge tutto, unisce tutto! - balbetta un po’, ma alla fine trova le
parole per esprimersi.
Il suo sguardo è rivolto verso la
scura distesa d’acqua, perso, come a cercare di vedere cosa ci sia oltre.
- Io faccio domande stupide, ma
tu dici cose banali.
L’urlo di Giuseppe sembra
perforarle il cervello.
Cose banali? Per lei sono
scoperte fondamentali, che le danno un senso di pace, e questo orribile
sconosciuto si permette di giudicare il suo modo di pensare.
Rimane immobile per interminabili
attimi, poi, senza dire una parola o guardarlo, si allontana.
Cammina lentamente affondando i
piedi nella sabbia, non si dirige verso un punto preciso, semplicemente si
allontana dal rumore.
La brezza le scompiglia i
capelli, le accarezza le braccia facendola rabbrividire. Istintivamente si
stringe nelle spalle per resistere alla sensazione che il freddo le stia invadendo l’anima. Si illude che il pizzicore agli
angoli degli occhi sia dovuto al vento, così come le lacrime che ormai le
rigano le guance inducendola a rabbrividire ancora.
Si siede sulla sabbia
rannicchiandosi in modo da chiudere le braccia nude tra l’addome e le cosce,
per cercare di trovare sollievo contro il freddo. Poggia la fronte sulle
ginocchia e sospira prendendo a piangere senza più remore.
- Hai smesso?
La domanda la coglie alla
sprovvista, ma ancora di più la stupisce sentire quella voce.
Non alza la testa per affrontare
il suo sguardo, consapevole che la luce, seppur poca, tradirebbe
le lacrime che ha pianto.
- Cosa vuoi? - intuisce subito
che la voce arrochita tradisce il suo pianto quanto farebbe la luce della luna
e delle stelle.
- Non hai smesso.
Giuseppe si siede accanto a
Federica e volge la testa verso di lei, mentre la ragazza cerca goffamente di
darsi un contegno.
- Perché piangi?
- Non di certo per te. - gli
risponde sprezzante.
- E vorrei vedere! Perché mai
dovresti piangere per me?
L’espressione sinceramente
sorpresa del ragazzo la sorprende. Lui davvero crede di non aver indotto quella
reazione.
- Secondo te perché piango? - gli
chiede perplessa.
- Perché ti senti sola. -
Giuseppe pronuncia queste parole con freddezza, sembra non rendersi conto
dell’effetto che potrebbero avere.
- Non mi sento sola. Ho tanti
amici. Sono qui con le mie amiche. - ribatte con veemenza la giovane.
- Però stai sempre da sola. La
tua migliore amica non è venuta?
Il sorriso beffardo che gli piega
le labbra resiste poco di fronte all’espressione, di pietra, di Federica.
- Sono stato indelicato? - chiede
in un sussurro.
E Federica non sa cosa
rispondere. Perché non è vero che chi manca era la sua migliore amica. Era una
persona speciale, con cui condivideva il suo maggior sogno, ma non si può dire
che fosse la sua migliore amica.
- Un po’. - risponde per non
lasciare spazio ad un silenzio che diventa pesante.
La ragazza si aspetta delle
scuse, che non arrivano.
Giuseppe si alza e si allontana
nella direzione opposta a quella da cui entrambi sono venuti.
Federica si guarda intorno
notando che ormai non è rimasto più nessuno, se non qualche coppietta, allora
si alza e raggiunge di corsa Giuseppe.
- Vuoi venire con me?
- Non credo sia il caso resti da
sola. - gli risponde con il fiato corto.
Il ragazzo sorride, Federica può
vederlo anche se la luna è alle loro spalle.
- Dove stiamo andando? - chiede
per non restare in silenzio.
- Io a dormire,
tu con me. - dice lui continuando a sorridere.
Lei preferisce non chiedere altro
e si limita a camminare.
Le sue amiche sono andate via
senza preoccuparsi di ritrovarla e questo la rattrista molto. Sa di non essere
stata di gran compagnia negli ultimi giorni, ed anche mesi a voler essere onesti,
ma non si aspettava tanto disinteresse. Ha sbagliato ad accettare di
partecipare al viaggio, ormai ne è certa.
- Eccoci arrivati. - Giuseppe
sembra entusiasta mentre indica una tenda montata in spiaggia.
- Cosa?
- Siamo arrivati al mio letto. Ho
detto che io stavo andando a dormire, no? Io dormo lì.
- In spiaggia?
- Evidentemente. - continua a
sorridere, sinceramente.
- Perché? - chiede Federica. E’
davvero stupita da questa scoperta.
- Tu perché fotografi il mare?
La domanda la spiazza, si ritrova
a pensare che gli ha già spiegato cosa pensa del mare
e lui l’ha definito banale. Ma risponde semplicemente:
- Perché mi piace. - ed è certa
che sia la risposta giusta, glielo assicura un vuoto che sente allo stomaco.
- Già. A me piace dormire in
spiaggia. Non cerco un modo particolare per dirlo, e non ho il bisogno di
spiegarlo, lo faccio e basta. - il suo sorriso così sincero la induce a
ricambiarlo - E poi, vuoi mettere portare qui una ragazza e poterle offrire di
fare l’amore sotto le stelle, con questo scenario? - e ride dell’espressione
sgomenta che Federica ha assunto.
- Io non voglio fare l’amore
sotto le stelle! - si indigna lei.
- Entriamo in tenda, allora. - le
dice mentre si avvia.
- Ma cosa credi? Che ti abbia
seguito per questo? Credi di piacermi?
Dopo aver aperto la tenda si gira
a guardarla: è turbata.
-Io non credo niente di tutto
questo, io penso che tu abbia bisogno di un po’ di compagnia. Ed io non ho, a
dire il vero, molto sonno.
Federica non sa dire da quanto
tempo siano seduti davanti alla piccola tenda ed ha smesso di contare i
granelli di sabbia che sono saldamente attaccati alla sua pelle, tra le dita dei
piedi, ma il vento la fa rabbrividire e desiderare di essere al chiuso, anche
se nella tenda. Il cielo scurissimo con le sue poche stelle non si riflette
sulla superficie del mare molto increspata.
- Giuseppe, cosa vuoi fare tu da
grande? - Chiede all’improvviso, senza voltarsi a guardare il suo
interlocutore.
- Essere grande. - Risponde lui
con semplicità.
- E come si fa a diventare
grandi?
- Ah! Questo non lo ancora.
Magari imparando a farsi meno pare mentali e vivere tutto con meno
preoccupazioni ma responsabilmente.
La ragazza ride:
- E come si fa a farsi meno pare
mentali?
- Diventando grandi.
Lei ride ancora mentre sulle labbra
di Giuseppe alberga un sorriso complice.
- Tu cosa vuoi fare da grande? -
le chiede a tradimento.
La domanda è accolta da un breve
silenzio:
- Non lo so più. Fino a qualche
mese fa ero certa di voler partire, andare. Ora sono tanto confusa. - Non vuole
spiegargli altro, si augura che tanto gli basti.
- Hai paura?
- No.
- E allora cosa è cambiato?
- Non voglio sognare da sola.
Le parole sono sgorgate dalle sue
labbra con una velocità che lei non avrebbe mai creduto, come se fossero vere.
Si aspetta qualche risposta. Le va bene anche una battuta sprezzante, purché le
sue ultime parole non abbiano tutto quello spazio, tra mare e cielo.
- Fa freddo. - Decide di
interrompere il silenzio in qualunque modo, va bene anche riempirlo di
sciocchezze.
- Perché no? Se i sogni sono tuoi
allora puoi sognarli da sola.
- Ma io questo lo sognavo con
Silvia! Ora è come se lei si fosse portata via anche il mio sogno, oltre che la
sua vita. Come se tutto ciò che io le avevo raccontato, i miei progetti, fossero
finiti con lei che ne era la cassaforte. - Si è girata verso di lui con occhi di
nuovo scintillanti.
- Qualcosa l’ha lasciata però.
Lo sguardo dubbioso di Federica è
un invito a proseguire.
- La paura. Quella te l’ha
lasciata.
- Quella l’ho trovata quando lei
mi ha lasciata. - Mormora contro le proprie ginocchia mentre le stringe al
petto per proteggersi un po’dal vento.
- E non riesci a liberartene? Non
riesci a riprendere il tuo sogno?
Federica scuote repentinamente il
capo.
- Dovresti riprenderti il tuo
sogno perché è tuo. - E aggiunge, fissando lo sguardo stupito della giovane -
Dammi la macchina fotografica.
- Ciao Fede! Come è andata la
nottata? - Le chiede Anita al suo rientro, al mattino.
- Oh… - inizia l’interpellata -
bene. E’ stata una bella nottata.
L’amica sorride maliziosa:
- Certo che il dj è proprio
bello… ti è andata di lusso, Federì.
- Mah! - Federica sospira - Già,
è un bel tipo lui.
Si avvia verso la camera da letto
ma la voce di Anita la richiama:
- Mi dai la macchina fotografica?
Ci hai fatto delle foto ieri? Le voglio vedere.
Federica armeggia con la sua
borsetta:
- Sì, ve ne ho fatte. - La
macchina non salta fuori, eppure la borsa è piccola - Ma… oh, l’ho perduta…
Federica scambia qualche parola
con un suo collega e accende il pc.
Più passano i giorni, le
settimane, e più la Nuova Zelanda
le piace: con la gente con cui lavora si trova bene, la lingua è stata un
problema solo all’inizio, il suo lavoro di ricerca procede bene. Tutto è meglio
di come lo avesse immaginato. Le torna spesso in mente quanto sua madre le ha
detto all’aeroporto, al momento di salutarsi “Tesoro, se hai paura, non ti trovi bene e vuoi tornare prima, fallo
pure, non preoccuparti” ed ogni volta sorride rendendosi conto che lei
vuole restare, che, per quanto la sua casa le manchi, ora sta affrontando una
nuova avventura che le riesce bene anche se nessuno le indica la strada.
Nella casella di posta
elettronica ci sono alcuni messaggi, un paio dalle amiche e uno da un indirizzo
sconosciuto. Apre subito l’e-mail di cui non riconosce il mittente. C’è solo
una foto. La foto di una ragazza sulla spiaggia in una notte con poche stelle che
sta sfumando nell’aurora.
“L’universo ci aiuta sempre a lottare per i nostri sogni, per quanto
sciocchi possano sembrare. Perché sono i nostri, e soltanto noi sappiamo quanto
ci costa sognarli.”
Sulla sponda del fiume Piedra mi sono seduta e ho pianto.
Paulo Coelho