capitolo
1
UN
NUOVO LAVORO
«Ecco
qui», disse la donna
dai lunghi
capelli corvini seduta dietro alla scrivania. «Questo
è il suo contratto.
Inizierà domattina alle sei.»
Crystal
guardò la
risma di fogli che pendeva dalle mani della donna per un momento che le
parve
interminabile. Non poteva credere di aver appena ottenuto il suo primo
contratto di lavoro. Con le mani che tremavano per
l’emozione, si allungò per
prendere i suoi documenti.
La
donna si
ritrasse appena sulla poltrona da ufficio, esitante.
«Prima
voglio
dirle una cosa, signorina Evans.»
Crystal
annuì, il
cuore che d’un tratto smise di battere.
«Ha
ottenuto
questo posto di lavoro perché la nostra precedente cameriera
è stata licenziata
in tronco.»
«Ma
l’annuncio
diceva…»
«So
bene cosa
diceva l’annuncio. Congedo per maternità. In
realtà è una questione delicata,
perciò ho preferito parlargliene di persona.»
«Ma
certo. Nessun
problema.»
«La
sua collega è
stata licenziata in seguito a sospetti e numerosi sparimenti di merce
dal
magazzino. Si trattava per lo più di alimentari.»
«Capisco»,
tagliò
corto Crystal. Parlare di furti con il suo neo-capo la metteva per
qualche
ragione in imbarazzo.
«Voglio
accertarmi
che questo non si ripeta», disse la donna.
«Assolutamente»,
mugugnò Crystal paonazza.
«Bene»,
concluse
porgendole la documentazione. «Allora domani alle sei.
Miranda sarà già lì ad
aspettarti. Ti mostrerà le tue mansioni.»
«Grazie
mille»,
seppe dire soltanto. Era così emozionata che le parole le
uscivano a stento.
L’indomani
Crystal
si fece trovare davanti all’entrata dell’Every
Flavour Donuts un quarto d’ora
in anticipo. Durante la notte era stata così in ansia per il
suo primo giorno
di lavoro che non era riuscita a chiudere occhio. Si era immaginata
almeno un
centinaio di versioni diverse della sua giornata, ma ora che il sole
era sorto
non si sentiva pronta per niente.
Si
spaventò quando
udì un rumore di ferri scricchiolanti. Si voltò
verso la vetrina e vide che la
serranda si stava sollevando meccanicamente. Concentrandosi
riuscì a scorgere
una figura dietro al vetro immacolato. Era una donna e indossava un
grembiule a
scacchi bianchi e verdi.
La
donna aprì la
porta a vetri non appena la serranda si fu sollevata del tutto.
«Ciao!»,
la salutò
allegramente. «Tu devi essere Crystal.»
La
ragazza annuì.
«Sì. E tu devi essere Miranda.»
«Indovinato.
Vieni, entra. Ho appena sfornato dei croissant fantastici.»
Crystal
non se lo
fece ripetere. Entrò nel locale e fu subito investita da
un’inebriante profumo
di brioches, cioccolato e schiuma di latte.
Si
guardò attorno,
curiosa ed eccitata. L’interno del locale era stato arredato
nei toni del
verde. Le pareti verde mela, il bancone di plexiglass color bottiglia e
le
piastrelle di un intenso smeraldo. L’unico colore di
contrasto era il bianco,
che si trovava nel soffitto a botte, nei quadri d’arte
contemporanea e nelle
sedie di fibra intrecciata sparse nella sala.
Non
era male come
prima impressione. Crystal era affascinata dal lungo bancone di vetro
da cui
faceva capolino ogni sorta di squisitezza, dalla composizione di frutta
fresca
che si ergeva sul banco di marmo e dalla grande macchina per il
caffè lucidata
a specchio.
Miranda
disse a
Crystal di sedersi dove preferiva e la raggiunse poco dopo portando con
sé un
vassoio ricolmo di prelibatezze.
«Che
profumino»,
commentò estasiata Crystal.
Miranda
le sorrise
gentile. «Ora faremo una bella colazione e parleremo del tuo
ruolo qui dentro.
Si discute sempre meglio a pancia piena.»
«Concordo»,
rispose Crystal con l’acquolina in bocca.
Miranda
era una
donna paffuta, sulla cinquantina. Portava i capelli rossi e corti,
ordinati in
una perfetta messa in piega. Sul naso le pendevano degli occhialetti
tondi che,
pensò Crystal, la facevano assomigliare ad un personaggio
dei cartoni animati.
La
donna le spiegò
per filo e per segno qual era il compito che le stava affidando. Le
raccontò dettagliatamente
la giornata tipo del locale e le descrisse brevemente Oliver, il
barista. Disse
che non era un tipo molto amichevole, ma se Crystal non avesse invaso i
suoi
spazi lui non le avrebbe dato del filo da torcere.
«E
cosa mi sai
dire sulla persona della quale ho preso il posto?»,
azzardò Crystal a bocca
piena. «La signora Helgen ha detto che è stata
licenziata in tronco per
negligenza.»
La
fronte di
Miranda s’increspò all’improvviso, come
quando si morde una fetta di limone.
«Vuoi
dire
Serena?», rispose a labbra strette. «La signora
Helgen l’ha cacciata perché negli
ultimi due mesi ci sono state delle strane sparizioni, qui al locale.
Ma
personalmente non l’ho mai vista fare niente di insolito.
Lavorava qui da quasi
un anno ed era una buona collega. È tutto quello che posso
dirti.»
Crystal,
curiosa
com’era, avrebbe voluto porgerle altre domande al riguardo.
Per esempio cosa ne
pensava delle sparizioni di cibo se era convinta che Serena non ne
fosse
coinvolta. Ma si morse la lingua e si trattenne dal dire qualsiasi
altra cosa.
Non voleva sembrare una ficcanaso, almeno non al suo primo giorno di
lavoro.
«Vieni,
ti mostro
il tuo armadietto», disse Miranda poco dopo.
Crystal
fu
contenta di alzarsi dal tavolo, perché aveva la netta
sensazione che il parlare
della donna licenziata avesse turbato Miranda.
La
pasticciera
attraversò la sala ed entrò in cucina, seguita da
Crystal che si guardava
attorno cercando di capire a che cosa servissero tutti quegli arnesi
colorati
sparsi sui banconi da lavoro.
Arrivarono
nel
retro bottega, in un’angusta stanzetta che fungeva da
spogliatoio. Miranda
indicò a Crystal l’armadietto più a
destra lungo la parete frontale.
«Ecco,
quello è il
tuo», la informò.
Crystal
annuì e si
avvicinò all’armadietto. Notò che la
chiave era già infilata nella serratura,
così la girò e aprì l’anta
grigia. All’interno trovò un piccolo ripiano vuoto
e
delle grucce sulle quali erano appesi due cambi della divisa da lavoro
ancora avvolti
nel cellofan.
«Su,
cambiati. Ti
aspetto al bancone», concluse Miranda prima di uscire dallo
spogliatoio.
Crystal
si sbrigò
a scartare la sua mise da lavoro, che era composta da una polo bianca,
lunghi e
morbidi pantaloni grigio topo e un grembiulino verde mela da legare in
vita.
Sul fondo dell’armadietto trovò anche delle
ciabatte bianche.
Una
volta vestita,
Crystal andò alla ricerca di uno specchio per legarsi i
lunghi capelli color ebano
e trovò una porta che conduceva ad un piccolo bagno. Accese
la luce e si guardò
intensamente allo specchio.
«Va
tutto bene»,
si disse. «Devi stare tranquilla. Sarai bravissima.»
Crystal
trovava un
po’ stupido rassicurare sé stessa davanti ad uno
specchio, però funzionava
sempre. Si sentiva già meno tesa.
Fece
un respiro
profondo, poi si legò i capelli in un’alta coda di
cavallo. Sì lisciò il
grembiulino e fece dei risvolti ai pantaloni, che le stavano un
po’ lunghi.
Era
pronta per
iniziare.
Nel
pomeriggio
Crystal si sentiva già più a suo agio dietro alla
vetrina dei dolci. Serviva i
clienti con disinvoltura e riusciva ad utilizzare la cassa senza troppi
intoppi.
In
un momento di
calma piatta, verso sera, Miranda chiese a Crystal di rifornire la
vetrina dei
donuts. Crystal la raggiunse nel laboratorio e prese la prima teglia di
ciambelle appena glassate. Tornò al bancone e le espose
ordinatamente nella
vetrina. Poi tornò da Miranda per il secondo giro.
«Queste
sono alle
nocciole», le disse Miranda. «Mettile a
sinistra.»
«Certo»,
rispose
allegramente.
Crystal
tornò al
bancone e si mise a disporre le ciambelle dalla glassa scura, quando
notò uno
spazio vuoto lungo la fila delle ciambelle che aveva sistemato poco
prima.
Curioso,
pensò la ragazza. Sono convinta di
averle disposte una accanto all’altra.
Lo
spazio tra le
due ciambelle era effettivamente quello di una terza mancante, come se
qualcuno
l’avesse presa mentre lei era in laboratorio.
Crystal
si guardò
attorno circospetta, cercando qualcuno che si aggirasse per il locale.
Ma
l’unica persona oltre a lei era Miranda. Oliver, il barista,
sarebbe arrivato
mezz’ora più tardi, all’ora in cui
Crystal avrebbe smontato.
La
ragazza non
sapeva se trovarlo divertente o sconcertante. I
donuts non camminano di certo, disse fra sé.
Decise
comunque di
non coinvolgere Miranda. Continuò a lavorare fino al termine
del suo turno
senza dire una parola.
Stava
per uscire
dallo spogliatoio, esausta, quando sull’uscio
incappò in un ragazzo dai capelli
scuri e gli occhi di ghiaccio.
«Ciao»,
gli disse
un po’ sorpresa.
«Ehi»,
rispose lui
in tono monocorde.
«Immagino
che tu
sia Oliver», aggiunse lei.
Crystal
pensò che
il ragazzo era davvero carino, con quei ciuffi castani che gli cadevano
sulla
fronte e quelle labbra sottili contornate da un mento e una mascella
spigolosi.
«Sì.»
«Io
sono Crystal.
È un piacere.»
Il
ragazzo scrollò
le spalle con noncuranza. «Sei qui per sostituire Serena o
sei solo un’altra di
quelle stupide stagiste della Saintsbury?»
«Cos’hai
contro
quelle della Saintsbury?», chiese lei stizzita.
Crystal
ricordò le
parole di Miranda. “Non infastidirlo
e
lui non infastidirà te.”
Oliver
fece
spallucce. «Niente di personale.»
«Comunque
sostituisco Serena», disse lei.
«Oh,
be’, non ti
invidio comunque», rispose. «Buona
fortuna.»
Oliver
la spostò
di lato e s’introdusse nello spogliatoio senza aggiungere
altro.
Crystal
fu lì lì
per chiedergli che cosa intendesse dire con quell’ultima
frase, ma le sue
intenzioni di dissolsero quando Oliver chiuse la porta con un colpo,
facendola
sobbalzare.
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PERSONAGGIO DEL GIORNO:
Crystal Evans