Enemies
(titolo
provvisorio)
di
Haciko; o meglio Hacch.
- Haine-san!!!Svegliati!Sono
tornati, ci attaccano di nuovo!!! –
Aprii
gli occhi di scatto, bruscamente risvegliata dall’urlo
di Aki, la mia migliore amica, nonché compagna di banda.
Allungai la mano,
tastando nel buio alla ricerca della sveglia, premetti il pulsantino
centrale e
subito il led della piccola macchinetta segna ora si accese,
informandomi che
erano soltanto le 3.07 del mattino. La pioggia batteva insistente sulla
finestra e le gocce parevano sassi da quanto erano grandi.
Ottimo
tempismo, pensai mentre mi mettevo a sedere sul
letto. Mi alzai e cercai l’interruttore della luce. Lo
premetti e la stanza
venne illuminata di colpo dalla lampada, facendomi strizzare gli occhi.
Guardai
Aki, in piedi sulla soglia, fradicia dalla testa ai
piedi, con il fiatone e in attesa di ordini.
- Ancora loro? –
chiesi ancora assonnata, mentre sentivo la rabbia crescermi dentro..
- Si, capo. E sta volta
c’è anche…lui. –
rispose Aki, esitando
sull’ultima parola.
Sentii
un brivido di pura follia scorrermi lungo la schiena e
digrignai i denti all’idea della sua
presenza.
Scattai
fuori dal letto come se fossi appena stata morsa da
un serpente e spalancai il piccolo armadio di legno, prendendo da una
gruccia
la divisa della banda, una camicetta bianca e una
minigonna rossa a
pieghe. Legai attorno al colletto della camicia il fiocco rosso,
simbolo del nostro gruppo, presi la Coraline dalla custodia argentata appoggiata
sulla
scrivania e mi fiondai fuori dal dormitorio. Aki mi seguì
lungo i corridoi,
correndo insieme a me come una furia.
- Aki, dove sono? –
urlai mentre continuavo a correre su per le
scale a perdifiato.
- Sul tetto dell’edificio
di fronte!Gli altri sono già lì! –
Salii
le scale due gradini alla volta, fino a raggiungere la
porta che dava sul tetto. La spalancai e mi fiondai fuori, sotto la
pioggia
battente. Stava per cominciare l’ennesima lotta.
-
- -
Quando
avevo solo due anni i miei genitori morirono
durante uno scontro tra le due bande rivali
dell’epoca.
A
Tokyo il governo, i
politici e tutto il resto valevano ormai meno di zero, fatto che
favorì la
nascita delle cosiddette “band”, il cui unico
obiettivo era quello di ottenere
il controllo sulla città.
L’odio
profondo che scorreva tra le due derivava da
scontri avvenuti secoli prima tra due famiglie che governavano la
città e si
era protratto negli anni fino ad oggi. I miei genitori facevano parte
degli
“Hanami”, il team dei fiori, la stessa band di cui
ora io sono il capo.
Fino ai
dodici anni ho vissuto in orfanotrofio con gli altri bambini che
avevano subito
il mio stesso crudele destino. Un giorno però, decisi di
andarmene. Volevo
dimostrare di essere indipendente, che potevo cavarmela da
sola.
Così
lasciai
l’orfanotrofio, portando con me l’unica cosa di
valore che possedevo, la mia
bacchetta Coraline, dotata di strani poteri e datami in dono come eredità dei miei
genitori, e vagai alla
ricerca di un posto dove dormire per giorni finchè non
trovai “il dormitorio”,
come lo chiamiamo noi Hanami, un vecchio palazzo abbandonato situato ai
confini
della città.
Pochi
giorni più tardi trovai Aki e alcuni degli altri bambini con
cui avevo condiviso l’orfanotrofio sulla soglia
dell’edificio, intenzionati a
seguirmi e a stare con me. Mentre sistemavamo alla bell’e
meglio il palazzo,
decidemmo di riformare gli Hanami e io venni eletta capobanda. La
nostra
tranquillità, però, durò troppo poco.
Non
avevamo rimesso in piedi la band con gli stessi scopi dei nostri predecessori, ma solo
perché eravamo un gruppo di ragazzini accomunati da storie
simili, cresciuti
insieme senza genitori. Ma ben presto scoprimmo di non essere gli unici
orfani
a essersi riuniti.
Un giorno d’estate ricevemmo la visita di un ragazzino biondo, che
con aria strafottente disse di chiamarsi Chiaki Takamura, il famoso "lui", e che la sua
band, la
“DanFlame”, ci avrebbe sconfitti e cacciati dalla
città. Poco dopo
realizzai che il team del fuoco, quello di Chiaki, era il perenne
rivale di
quello dei fiori e capii che i miei genitori dovevano essere stati
uccisi da
qualche ex componente di quella band, forse gli stessi genitori di quel
Chiaki.
Cominciai a provare un odio profondo nei suoi confronti e in quelli
della sua
banda, desiderando con tutta me stessa di farli fuori.
Tempo
un mese e
cominciarono gli scontri tra le nostre band. Inizialmente si
trattò di semplici
scaramucce tra bambini ma con il tempo ci rafforzammo e i nostri
combattimenti
cominciarono a farsi più duri e intensi fino ad arrivare ad
avere dei feriti.
Nessuna
delle due parti, però, ha mai prevalso totalmente
sull’altra. Ormai
sono cinque anni che continuiamo a farci guerra e quel che resta della
polizia
si ostina a darci la caccia, considerandoci “elementi
pericolosi per il paese”.
Ma
ora basta.
Stanotte la faremo finita una volta per tutte.
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