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Ricordo
Mi
ricordo che iniziò a piovere. Me lo spiegarono dopo, ovviamente, cosa volesse
dire, io ero appena nato. Mi ricordo che era una sensazione bellissima, l’acqua
fresca che ti bagnava tutto, che ti nutriva, che ti dava un nuovo impeto di
vita. E dopo, quando era spuntato il sole, mi ricordo che per la prima volta
avevo esclamato:”che bello!”. Era caldo, luminoso, la combinazione perfetta con
quella pioggia che tanto mi faceva star bene. Mi ricordo la mia felicità, la mia
incantata sorpresa davanti a quei miracoli. E niente, né le chiacchiere
pettegole del mio vicino di prato, né il ghiaccio paralizzante della notte, mi
potevano negare il mio infinito piacere verso il sole e la pioggia, verso la
vita.
E così
crebbi, sempre più alto, sempre più robusto. Ogni notte mi addormentavo, e ogni
mattino potevo osservare dei cambiamenti su di me. Quando veniva tanto freddo,
quello che chiamavano inverno, i miei rami si protendevano al cielo, senza
veste, senza foglie. Poi, pian piano, ricominciavano a coprirsi, e io guardavo
compiaciuto le gemme spuntare, verdi contro il secco marrone della corteccia, si
schiudevano, e arrivava il colore, il profumo, l’intensa primavera: nulla amavo
di più di quel felice ricongiungimento alla vita, quando anche il sole diventava
splendente e più caldo. Dopo ancora, era l’epoca del cielo color
nontiscordardimé. Il calore si rivelava ancor più croccante, quasi feroce; ma
io, per allora, m’ero già coperto di tantissime foglie verdi, che mi
trasmettevano la voglia di essere. Ma loro erano ansiose del dopo, del futuro e
a un certo punto si stufavano del verde brillante, decidevano di cambiare: le
vedevo scurirsi, diventare un po’ gialle, un po’ rosse. Anche i miei amici,
vedevo subivano il cambiamento delle loro foglie; e così, il bosco diventava
tutto un perenne tramonto terreno, un luogo acceso dal nostro colore. Anche
quell’evento, prima o poi, finiva:le foglie si lasciavano andare, l’una dopo
l’altra, i rami si denudavano, il sole perdeva un po’ della sua grinta, e tutto
tornava come all’inizio. Dopo uno di questi giri , ero sempre un po’ più alto,
un po’ più robusto. Mi ricordo che era bello.
Ormai di
questi giri, ne avevo fatti molti, ma provavo ancora lo stesso gusto di quando
ero solo un germoglio per l’alternarsi della pioggia e del sole, per il fresco e
il caldo, per i colori e i profumi.
Poi,
bruscamente, tutto s’interruppe.
Sentimmo
da lontano un fosco brusio, come uno sciame d’api, ma molto più forte. Gli
uccelli, da lassù, scapparono:presero tutti il volo, e per qualche istante il
cielo si oscurò di frenetiche ombre.
Non era
un tuono. I tuoni venivano quando si preparava la pioggia, invece ora il sole
splendeva felice, senza ombra di nuvola.
Mi
ricordo che qualcuno alzò qualche ramo, vide cosa arrivava:un mostro
sconosciuto, che ronzava sempre più forte.
Mi
ricordo che qualcuno era incuriosito, altri erano impauriti.
Mi
ricordo che d’improvviso previdi, nell’aria, un cambiamento definitivo.
Si
avvicinò, il mostro, a me per primo.
Lo
guardai, attento.
E poi,
ricordo il dolore.
Fu
bruciante, oppressivo, immane.
Mi
ricordo di aver fulmineamente paragonato quel dolore… alla morte.
Non ci
avevo mai pensato, alla morte. Ma d’un tratto capii che era quella.
Faceva
troppo, troppo male per essere parte della vita.
E fu
così che sono finito. |