Ma salve a tutte!
Eccomi qui a rispondere alla challege di Kara che, appena letta, mi ha
subito ispirata*__* Bravissima Kara!! In verità avevo
già in testa pochi sprazzi di questa ff e non
riuscivo a collocarla...invece leggendo la challege sono
riuscita a mettere insieme i pezzi e dare senso a sta cosa...che non
è che abbia granchè senso!! I protagonisti sono
sempre Jun e Ken...eh ve li tirerò dietro finchè
non mi nauseo, perdonatemiXD Ma ormai in automatico mi vengono le
storie su di loro >___< Solo che è
una mezza bakata, scordatevi le paranoie alla “il cuore e il
pallone” e similiXD Anche se anche qui Ken ne combina una
delle sue!!
Allooooora...questa
ff ha avuto un grande onore, ossia quello di aver avuto un betaggio
doppio! Grazie millissime a quelle preziosissime ragazze che sono la
mia oneechan Ichigo e la cara berlinene!!
Mi hanno dato
degli ottimi suggerimenti, grazie grazie e ancora grazie!! Siete due
tesori!!
La
dedico quindi a loro questa ff! E anche a Kara,
naturalmente, per la sua bellissima idea!! Anche se
c’è BP
l’accetti
la dedica, vero? >///<
Ehm...ecco, prima
della lettura vi lascio ad un avviso....Ogni riferimento a cose,
persone e animali...è puramente casualeXDD
Vero, nene??;ppp
Ora che ho detto
tutto...posso augurarvi Buona Lettura!!
UN
GIORNO VALE L’ALTRO
Di Releuse
“Bene ragazzi,
per sabato...”
“Quindi ti piacciono i wafer al cioccolato?” Gli
aveva chiesto Misugi, con l’espressione speranzosa di chi si
attende una risposta più che affermativa.
“...dato che
ci sarà una riunione provinciale delle scuole private
superiori...”
“Certo che mi piacciono, Jun! Lo sai che adoro i
wafer!” Gli aveva risposto lui, con sicurezza.
“Quelli al cioccolato, poi! Ce n’è un
tipo con la glassa tutta di cioccolato, ma sono rarissimi da trovare,
sigh! E costa un sacco ordinarli!”
“Eeeeh, capisco! Peccato...beh, dai, Ken, non si
può avere tutto!” Aveva sospirato il principe,
guardando fuori dalla finestra con finta aria sconsolata.
“...e visto
che si terrà proprio in questa scuola....”
Ma lo stava prendendo in giro? Si era chiesto il portiere; gli era
infatti sembrato di vedere un risolino beffardo sfuggire dalle labbra
del suo ragazzo.
“...saranno
sospese le lezioni! Ci vedremo direttamente
lunedì!”
“EVVIVA!!!!!!!!”
Sentendo tutto quel fracasso, Wakashimazu tornò
all’improvviso con i piedi per terra, guardandosi intorno:
giusto, era in classe all’ora di storia giapponese! Peccato
che non avesse seguito neppure un terzo della lezione, continuando a
pensare al suo ragazzo e all’ultima domenica passata insieme.
In quel momento notò i suoi compagni ridere ed agitarsi in
un giubilo di voci festanti e si chiese che diavolo stesse succedendo.
“Hai sentito, Wakashimazu?” Gli si
avvicinò Takeshi, richiamando la sua attenzione.
“Sabato non si viene a scuola!”
“Dai, è fantastico! Che bella notizia!”
Esclamò il portiere del Toho, comprendendo infine il
perchè di tutto quel tripudio.
Una cosa, però, non gli tornava: come mai un gruppo di
ragazze della classe se ne stava in un angolo con aria afflitta?
“Wakashimazu...” Lo chiamò una di loro,
una ragazza dai capelli lunghi e mossi che gli si rivolse con voce
pigolante. “...ma quindi non ci vedremo sabato...”
Ken si grattò la testa confuso. “Beh...credo di
no...” Rispose, nascondendo la sua perplessità con
un risolino accennato.
“Oh, no!” Abbassò la testa lei.
“Non vedremo neanche Hyuga!” Esclamò,
cercando comprensione nelle altre compagne.
“Che sfortuna!” Dissero tutte in coro, facendo un
lungo sospiro.
Wakashimazu era allibito ed anche un po’ inquietato: invece
di essere contente che la scuola fosse chiusa, quel gruppetto di
ragazzine sembrava avere ricevuto una mazzata sulla testa. Ma che
problema c’era? Si sarebbero rivisti il lunedì,
non gli sembrava una cosa tanto grave. Mah, non le avrebbe mai capite
lui le donne! E fortuna che non stava insieme ad una donna, sarebbe
impazzito, se lo sentiva. Se le sue compagne si comportavano in quel
modo, chissà cosa facevano quelle di Jun, quando lui mancava
da scuola! Non poteva dimenticare come il suo ragazzo fosse
sempre circondato da stuoli di ragazzine adoranti. Misugi stesso gli
diceva che quella situazione lo infastidiva parecchio: non poteva
rivolgersi a nessuna delle sue compagne di classe senza che questa
diventasse rossa o gli chiedesse di ripetere milioni di volte quanto
aveva detto, poiché non era riuscita a seguirlo.
‘Accidenti a quelle oche sbavanti!’, si ripeteva
Ken. Che lo lasciassero in pace il suo ragazzo! Quando seguiva le
partite della Musashi e le sentiva gridare e fare apprezzamenti, spesso
non troppo leggeri, sul SUO Jun, le avrebbe volentieri prese una ad una
e tirato il collo, come si fa con le galline!
“Hey, Ken! se continui così la spezzi quella
matita!” Esclamò Kojiro, apparso
all’improvviso, osservandolo dubbioso.
“Come?” Ken si guardò le mani, notando
solo in quel momento che teneva una matita alle due
estremità, stringendola con forza. Subito la
poggiò sul banco, facendo finta di nulla.
Il capitano del Toho, seduto al contrario su una sedia, con le mani
poggiate sullo schienale, soffocò una risata.
“Certo che doveva essere qualcosa di molto irritante quello a
cui stavi pensando...avevi una faccia! Wakabayashi?”
Domandò la tigre, grattandosi il mento.
Ken avrebbe voluto sprofondare. “Beh...qualcosa del
genere!” Esclamò, facendo spallucce ed assumendo
un’aria innocente, imitando la tecnica di Misugi che, in
determinate situazioni, si rivelava piuttosto utile.
Certo però che era davvero un dilemma...odiava di
più Wakabayashi o lo stormo di ragazzine adoranti che
circondavano Jun? Beh, sarebbe stato meglio sbarazzarsi di tutti
quanti, rifletté il ragazzo, così si estirpava il
problema dalla radice...
“Beh, se la scuola sabato è chiusa”
Cominciò il capitano “che ne diresti di passare
una giornata insieme, io, te e Takeshi? Possiamo andare a correre,
allenarci e poi magari pranzare o cenare a casa!”
Esclamò Hyuga, cercando conferma nell’amico.
“Uh? Sabato?” Chiese distratto il portiere.
Ken stava cercando di riflettere: di solito vedeva Jun la domenica,
però ora avrebbe avuto il sabato libero e Jun il
pomeriggio non aveva mai scuola, quindi...
“Oppure hai altro da fare, sabato?”
I pensieri di Ken andarono in black out di fronte a quella domanda a
dir poco allusiva di Kojiro, rincarata da uno sguardo malizioso. Che
diavolo stava insinuando il capitano?
“Certo che non ho impegni sabato!” Rispose irritato
il portiere, con il cuore che gli balzava in gola agitato.
“Che diavolo dici?”
“Ehi, stavo scherzando, non arrabbiarti!” Gli disse
il capitano, tornando serio. “Che ne so, magari avevi da fare
con Misugi, non ti si può mai chiamare da nessuna parte, hai
sempre impegni con lui!” Sbuffò Kojiro, cercando
di calmare il nervoso che lo assaliva non appena c’era di
mezzo il principe del calcio.
Era la verità e Ken lo sapeva. Da quando stavano insieme la
maggior parte del tempo libero lo passava con Jun, soprattutto i week
end o i giorni di festa e questa cosa cominciava a stare stretta al suo
capitano, nonché migliore amico. Anche Takeshi sicuramente
la pensava allo stesso modo, ma essendo di indole pacifica non glielo
faceva pesare quanto Hyuga, per il quale ogni occasione era buona per
inveire contro Jun. La tigre del Toho si sentiva tradita e messa da
parte, gli sembrava che qualcosa si fosse rotto fra lui e Ken da quando
questi frequentava Misugi. Ma cosa diavolo avevano in comune,
continuava a chiedersi, uno come Ken, cresciuto in una famiglia stoica
e tradizionalista, con un figlio di papà come Misugi? Quello
lì aveva sempre avuto tutto, viveva in una famiglia ricca,
non aveva mai sofferto la fame, era figlio unico ed aveva entrambi i
genitori. Inoltre si dimostrava sempre calmo e placido, come se nulla
lo sfiorasse e questo lo mandava ancora più in bestia. Che
ne poteva sapere lui di dolore e sofferenza?
Aveva sempre avuto tutto ed ora voleva ‘soffiargli’
anche il suo migliore amico, no, questo non lo sopportava proprio!
“Vabbè dai, lasciamo perdere!”
Esclamò Kojiro, scacciando quei pensieri dalla testa.
“ Allora domani ci si organizza!”
“O-ok!” Rispose Wakashimazu, sorridendo complice.
Dentro di sé, però, era dispiaciuto. Dispiaciuto
perchè sapeva bene quello che provava Kojiro, o meglio, lo
immaginava, ma non se la sentiva proprio di dirgli come stessero
realmente le cose, anche perchè non sapeva cosa sarebbe
stato peggio per il capitano: rimanere convinto che Misugi lo stesse
sostituendo come migliore amico o venire a conoscenza che stavano
insieme? Sinceramente, per Ken, era peggio la seconda, quindi preferiva
tacere, mantenendo in cuor suo la verità. Kojiro sarebbe
stato sempre il suo migliore amico, questo lo sapeva, nessuno avrebbe
mai potuto sostituirlo. Lo ammirava troppo e per lui era sempre un
esempio da seguire, nonché una spalla sempre presente,
glielo aveva dimostrato in vari modi. Per questo non poteva dirgli che
stava con Misugi e sempre per lo stesso motivo aveva accettato subito
il suo invito, facendosi cogliere impreparato, perchè quella
allusione lo aveva spaventato.
Perchè se solo ci avesse pensato a mente lucida,
probabilmente avrebbe scelto di stare con Misugi quel sabato, ma la
frittata ormai era fatta, non poteva dare buca dopo avergli detto di
sì. Sicuramente Misugi avrebbe capito, in fondo era proprio
lui a rimproverarlo di essere poco presente con gli amici e a dirgli
che li doveva frequentare, che se ne sarebbe pentito un giorno ed altre
storie del genere.
“Ogni volta che mi vede, Kojiro mi incenerirebbe con lo
sguardo, credimi!” Sbuffava esasperato il suo ragazzo, quando
prendevano l’argomento.
Eh, pazienza. In fin dei conti si sarebbero visti domenica, la cosa non
era poi così tragica!
****
“COME SAREBBE CHE STAI CON KOJIRO SABATO!"
No, questa non se l’aspettava proprio!
“Bè, ecco...non abbiamo scuola, te l’ho
spiegato...passiamo una giornata insieme...lo sai, non accetto mai i
suoi inviti...me lo dici sempre anche tu...” Cercò
di giustificarsi Ken, spiazzato dalla reazione che il suo ragazzo aveva
avuto al cellulare.
“E ti ha invitato sabato!” La voce seccata del
principe del calcio.
“Bè, sì, sabato...”
“Sabato...” Ripeté Misugi.
“Già...sabato!”Ribadì
Wakashimazu, cominciando ad innervosirsi. “Senti, se ti da
fastidio non vado!” Sbuffò il portiere, non
comprendendo affatto il suo ragazzo. “Ma non venirmi
più a dire che trascuro gli amici per te!”
“Ma figurati! Non ho detto nulla, vai pure!” Il
principe del calcio si stava calmando, o, almeno, era quello che si
percepiva dalla sua voce, anche se Ken non ne era totalmente convinto.
“Stai con Kojiro, sabato!”
Eccola lì, la sottile allusione! Gli era sembrato strano
gettasse subito la spugna.
“Senti!” Ken sbuffò seccato.
“Non ‘sto con Kojiro’!
C’è anche Takeshi, per tua informazione!”
“Sì, me lo hai detto!”
“Eh allora? Qual è il problema? Ci vediamo
domenica, no?” La voce di Wakashimazu cominciava ad
incrinarsi verso un suono dispiaciuto.
Quando Jun faceva così, lui non lo capiva proprio, non
sapeva cosa dire per farlo contento, qualunque cosa dicesse sembrava
non andare bene, ma mica poteva entrare nella sua testa!
“Hai ragione, Ken...scusami...” Disse
all’improvviso il principe in tono sommesso, rendendosi conto
di stare esagerando.
“Ehi, non scusarti!” Lo rassicurò
Wakashimazu, rilassando a sua volta la voce. “Vedrai che
domenica passeremo una bella giornata insieme...io...non vedo
l’ora di vederti!” Glielo sussurrò
dolcemente, poggiando una mano fra la cornetta e le labbra, per paura
che qualcuno in casa lo sentisse.
“Anche io...” Rispose Jun, accennando un sorriso
che Ken non vedeva, ma che poteva percepire dalla cadenza delle sue
parole.
Alla fine della telefonata Ken non si sentiva per nulla tranquillo.
Continuava a chiedersi perchè mai Jun avesse reagito a quel
modo, che fosse geloso di Hyuga? Mah, non gli era mai sembrato, anzi,
lo incitava anche ad uscire più spesso con lui, ma allora
perchè? Improvvisamente gli vennero in mente le parole di
sua madre, mentre chiacchierava in salotto con una sua amica:
“Mia cara! Gli uomini sono tutti uguali! Ti danno sempre per
scontata, per questo se ne approfittano! Tanto sanno che noi siamo
sempre lì, a disposizione, in ogni secondo! O almeno questo
è ciò che gli piace credere! Non appena li ignori
o ti allontani, però, entrano in panico e vedi come tornano
ai tuoi piedi! Basta privarli di un po’
d’attenzione e loro... zack, d’improvviso si
ricordano che esisti!”
Oddio, si disse Ken, certo che le donne sono terribili quando parlano
degli uomini...però, forse un fondo di verità in
quelle parole c’era! Fino a quel momento lui aveva dedicato
tutte le domeniche e le feste a Jun, a parte qualche ricorrenza per la
quale doveva stare in famiglia. Ecco perchè il principe del
calcio la faceva facile a parlare di “stare di più
con gli amici”, “a non trascurarli” e
tutte quelle belle frasi, tanto sapeva bene che non avrebbe rinunciato
a stare con lui! E nel momento in cui l’aveva fatto... il
principe si era irritato! Probabilmente non se lo aspettava!
A quelle constatazioni, Ken si sedette sul letto sghignazzando. Doveva
essere sicuramente così, si ripeteva divertito: alla fine
anche Jun era uguale a “tutti gli uomini”, come
diceva sua madre. Eh, che ci poteva fare, lui comunque il suo ragazzo
lo adorava! La domenica si sarebbe fatto perdonare, ne era sicuro.
Certo non poteva sapere la reazione che aveva avuto Jun non appena
avevano chiuso la telefonata.
“Dannato, dannatissimo Wakashimazu! Cretino, scemo,
stupidissimo, idiota!” Continuava a ripetere il principe,
girando a vuoto per la sua stanza con le braccia conserte.
“Ma chi me lo ha fatto fare di mettermi con una persona del
genere?”
Si fermò, guardandosi intorno e stringendo i pugni. Ma
possibile che quel ragazzo lo facesse esasperare tanto? No... non era
da lui avere certe razioni! Di solito affrontava ogni situazione con la
massima calma e lucidità, senza mai perdere le staffe.
Invece, da quando stava con Wakashimazu...si sentiva un’altra
persona! Certo, da una parte questo era un bene, perchè
stare con Ken lo faceva sentire più libero, si comportava in
maniera più spontanea, ma dall’altra non poteva
negare che il portiere riuscisse anche a tirare fuori il peggio di lui!
“Non lo sopporto!” Sbuffò spazientito il
principe, gettandosi a peso morto sul letto. Poi guardò
l’orologio sulla scrivania, leggendone l’ora.
“E pensare che domani Yayoi mi porta quella roba...che me ne
faccio, ora?” Sospirò, accovacciandosi su di un
lato, allungando la mano per spegnere l’abat-jour.
Chiuse poi occhi, nel tentativo di addormentarsi, pensando che era
davvero dispiaciuto. E anche un pochino deluso.
**********
Quella mattina il sonno di Ken Wakashimazu venne disturbato da qualcosa
di insolito. Si girava e rigirava nel letto, coprendosi la testa col
cuscino nel tentativo di prendere nuovamente sonno, cercando
di convincersi di stare sognando; già, probabilmente era
sempre nel dormiveglia.
“La primavera non è ancora arrivata...allora,
perché?” Mugolava fra sé il ragazzo. Fu
solo quando si svegliò completamente, sempre più
infastidito, che si rese conto di non stare sognando. Alzandosi dal
letto decisamente furibondo, si avvicinò alla finestra con
fare minaccioso.
Ora ne era davvero sicuro: un cinguettio assordante proveniva dal
davanzale della sua finestra! Anzi, non uno, ben due cinguettii si
mescolavano, rimbombando nella sua stanza e nelle sue orecchie! Quella
coppia di volatili non voleva smettere nemmeno un secondo, starnazzava
come una coppietta di innamorati! Spazientito, Wakashimazu
aprì di scatto la finestra, spaventando gli uccelli che
prontamente volarono via.
“Alla buon ora, non ne potevo più!” Si
lamentò il portiere, digrignando i denti. “Ma
quelle bestiacce non dovrebbero essere emigrate nei paesi caldi? Siamo
ancora in pieno inverno qui in Giappone!” Esclamò
a voce alta, tirandosi indietro i capelli, ancora esasperato da quel
brusco risveglio. Ormai, però, nonostante fossero solo le
otto, era in piedi e il sole che irrorava la sua stanza
cacciò via i suoi progetti di rimettersi a dormire.
“Pazienza” Sospirò Ken
“Vorrà dire che faccio colazione con calma, mi
preparo e poi raggiungo Kojiro!”
Il famoso sabato era ormai arrivato.
Coprendosi la bocca per nascondere uno sbadiglio, il portiere
uscì dalla sua camera per dirigersi prima di tutto in bagno:
una bella rinfrescata al viso gli avrebbe di sicuro fatto bene.
Poggiata la mano sulla maniglia della toilette, si rese conto che era
chiusa dall’interno. In un primo momento non capì,
i suoi genitori di solito usavano quello che avevano al piano di sotto,
possibile che...
“Keeen, ho quasi finito! Aspeeeetta!”
No, era proprio come temeva! Che diavolo ci faceva suo fratello Yu in
piedi a quell’ora? Di solito quello scansafatiche ronfava
tutta la mattina! Era stata la Terza Guerra Mondiale a
scrostarlo dal letto?
“Yu? Che diavolo ci fai in piedi a
quest’ora?” Il portiere non riuscì a non
chiederglielo, era troppo scioccato. All’improvviso la porta
del bagno si aprì e Ken strabuzzò gli occhi nel
vederlo tutto imbellettato: camicia all’ultima moda, jeans
aderenti, capelli a punta pieni zeppi di gel. Ma ad inquietare il
portiere fu il sorriso a trentadue denti di suo fratello e le parole
che prontamente gli uscirono dalla bocca. “Vado
all’Università, no?” Come se fosse la
cosa più normale del mondo, sorpassandolo e canticchiando
fra sé una canzoncina.
*Ma quanti chili di profumo si è rovesciato addosso?* Si
domandò il ragazzo, nauseato dalla scia che il fratello
aveva lasciato al suo passaggio, prima di assimilare del tutto le
parole di Yu. *Università?* Ken sbatté le
palpebre sorpreso. Da quando in qua suo fratello si alzava presto per
andare all’università? Diceva sempre che era una
noia!E poi...si era conciato più del solito, che avesse
appuntamento con qualche ragazza importante? Ken scosse la testa
scettico; suo fratello ne cambiava una a settimana, non era possibile
che avesse interesse per qualcuna nello in particolare! Facendo
spallucce decise che era meglio andare a darsi una sciacquata al viso,
forse, pensò per un attimo, stava ancora dormendo in piedi.
“...’giorno!” Esclamò Ken,
entrando in cucina e vedendo sua madre che armeggiava con i fornelli.
“Buongiorno tesoruccio!!” Rispose squillante la
donna, voltandosi verso di lui con un sorriso immenso e radioso, con
grande sorpresa del figlio che la guardava allibito. Di solito la madre
la mattina presto era sempre assonnata e vagava per la cucina come un
cadavere, mentre quel giorno sprizzava energia da tutti i pori.
“Tesoro, siediti, che la mamma ti stava preparando la
colazione!” Trillò la signora.
“Ma che...” Ken schiuse le labbra nel tentativo di
dire qualcosa, ma si frenò, mordendosi la lingua. Che
diavolo stava succedendo quella mattina? Possibile che fosse ancora nel
mondo dei sogni? Poi, d’improvviso, mentre beveva il suo
caffellatte, Ken percepì un profumo particolare avvolgere
l’aria della cucina. “Cos’è
questo odore, mamma?” Chiese a voce bassa, temendo
sinceramente la risposta.
“Ma una torta, è ovvio!!”
Esordì lei, tutta felice.
*Oddio*, ripeté fra sé Wakashimazu, balzando
dalla sedia, rischiando di cadere in terra. Cominciò a
sudare freddo...che cosa stava preparando sua madre? Una torta? Ma se
l’ultima volta erano stati tutti male perchè aveva
sbagliato ingredienti e la volta prima l’aveva anche
carbonizzata! Per non dimenticare quando aveva imbrattato mezza cucina
nel tentativo di frullare le uova! No, sua madre era negata per i
dolci, allora perchè diavolo si era messa a farli? Stava per
esporre le sue perplessità, quando entrò in
cucina suo padre, dando il buongiorno.
“Tesoro mio!” Lo chiamò la madre,
avvicinandosi e schioccandogli un bacio sulla guancia.
“Himeko, per favore!” la richiamò il
marito, allontanandola con le mani, cercando di mostrarsi scostante, ma
in evidente imbarazzo.
Di fronte a tale scena, Ken si alzò di scatto dalla tavola,
in silenzio. No, quello era troppo! Forse non stava ancora sognando,
probabilmente era solo...nel bel mezzo di un incubo!
MA CHE DIAVOLO AVEVANO TUTTI QUELLA MATTINA?
Uscì dalla cucina sentendo un forte mal di testa che
avanzava, decidendo che forse sarebbe stato meglio prepararsi e
raggiungere Kojiro e Takeshi al più presto, altrimenti
avrebbe rischiato il coma diabetico dall’eccessivo miele di
quella stramba mattinata. Prima di tutto, però, avrebbe
mandato il buongiorno al suo ragazzo, com’era solito fare.
Probabilmente Misugi era già entrato a scuola, quindi gli
avrebbe risposto nell’intervallo o allora di pranzo.
Dopo una bella doccia rinfrescante, il portiere del Toho
indossò la sua divisa da calcio, tanto, si disse, avrebbe
dovuto allenarsi per tutta la mattina. Sorrise divertito nel pensare a
Kojiro: il capitano anche nei giorni di festa non poteva esimersi
dall’allenarsi, ogni momento libero per lui era tanto di
tempo guadagnato per migliorare il proprio gioco. Afferrato pallone e
guanti, Ken si diresse alla porta di casa, affacciandosi prima in
cucina. “Ciao a tutti!” Disse “Esco con
Kojiro e Takeshi, forse faccio tardi stasera!”
Detto ciò camminò verso l’uscita, ma un
attimo prima di chiudersi la porta alle spalle, sua madre lo raggiunse,
sfoggiando un sorrisetto a fior di labbra. “Salutami tanto
Jun, tesoro!”
Ken per poco non cadde dallo scalino.
“... e digli che qui può venire quando
vuole, non è giusto che vai sempre tu!”
Pigolò la donna, lei stravedeva per quel ragazzo tanto bravo
e ben educato, altro che quei tipi loschi di Kojiro Hyuga e Takeshi
Sawada!
“Mamma!” Sbuffò Ken, spazientito dalla
follia che l’aveva colta quella mattina. “Non vado
da Jun oggi!”
“Eh, dai... non c’è nulla di cui
vergognarsi...” Gli si avvicinò la madre
coprendosi le labbra con la mano, per non farsi sentire da orecchie
indiscrete. “...tanto tuo padre è in cucina, non
ci sente, a me puoi dirlo!” Gli sorrise lei, tutta gongolante.
“Oh, mio Dio!” Ken era sconcertato, non sapeva
più cosa dire. “Vabbè, ciao
mamma!” Ignorando le parole della donna , il ragazzo
affrettò il passo per allontanarsi, ma sua madre
richiamò di nuovo la sua attenzione dicendogli con voce
soave:
“Hai visto, Ken? Anche Genzo si è trovato
un’amichetta!”
“Eh?” Il portiere si guardò intorno, in
effetti quella mattina non lo aveva ancora visto, di solito gli si
avvicinava salutandolo festoso. All’improvviso lo vide
sbucare da una siepe, peccato che il cane non lo calcolò
minimamente, intento com’era a rincorrere quella che Ken
riconobbe come la cagnetta dei vicini.
“Cane ruffiano!” Sbuffò Ken,
lanciandogli un’occhiata perfida.
“Genzo?” Si ricordò d’un
tratto l’espressione stupita di Misugi quando aveva sentito
per la prima volta il nome del suo cane. “E tu ti saresti
buttato sotto un camion per salvare Genzo?” Il suo ragazzo
gli lanciò un’occhiata parecchio perplessa.
“Ah, ah, ah! In effetti no! Però sai che goduria
dire ‘Genzo vieni qua!’, ‘Genzo dai la
zampa!’, ‘Genzo và a cuccia!’”
Rispose il portiere, ridendosela di gusto.
Il flashback di Wakashimazu venne interrotto quando vide i due cani
fermarsi e farsi le feste a vicenda, girando l’uno intorno
all’altro e leccandosi felici. Il portiere scosse la testa,
no, decisamente quella non era giornata!(1)
****
“Heilà Wakashimazu!” Lo
salutò Takeshi, non appena lo vide svoltare
l’angolo. Intanto poco distante anche Hyuga si stava
avvicinando e alzò la mano in segno di saluto.
*Per fortuna...almeno loro sembrano normali!* Sospirò Ken,
non nascondendo un sospiro di sollievo.
“Uh? Che diavolo ti prende?” Gli chiese preoccupato
Sawada, notando la sua espressione un po’ stravolta.
“Ah, no, no, nulla!” Rispose Ken, scuotendo una
mano e cercando di tornare in sé.
“Mah, forse aveva voglia di andare a scuola, il nostro
portiere...” Accennò Hyuga con tono ironico,
mentre se ne stava appoggiato al muretto con le braccia incrociate.
“...preferiva essere assalito dalle ragazzine!”
*Eh?* Ken non capì il suo sarcasmo, forse lo stava
confondendo con Jun!
“Ne faccio volentieri a meno, grazie!” Gli rispose
aspro, com’era solito fare alle battute poco gentili del suo
capitano, ma, sinceramente, non ne aveva affatto afferrato il senso,
quindi lasciò cadere lì il discorso, invece di
discutere inutilmente.
I tre amici passarono una bella e piacevole mattinata, cominciando con
una bella corsa nell’apposita pista vicino al mare e
terminandola poi con una sfida di calcio l’uno contro
l’altro, sulla spiaggia, mentre l’acqua del mare
ogni tanto li raggiungeva, bagnandoli fino alle caviglie. Era fredda,
è vero, ma a loro non importava.
“Sono stanchissimo!” Takeshi si lasciò
cadere a peso morto sulla sabbia, respirando a pieni polmoni.
“A chi lo dici!” Lo seguì Ken, seduto a
gambe incrociate. “Capitano, prendi troppo sul serio anche le
sfide fra di noi” Disse, guardando di sbieco Kojiro e
canzonandolo un po’: la tigre, infatti, aveva tirato subito
fuori gli artigli mentre giocavano sulla spiaggia, infiammandosi sempre
di più.
“Tzé, che rammolliti!” Rispose il
capitano, stizzito. “Una sfida è pur sempre una
sfida!”
Sawada e Wakashimazu si lanciarono uno sguardo di comprensione, facendo
spallucce; non c’era da stupirsi, ormai lo conoscevano bene
il loro capitano!
Bip bip bip bip
“Cellulare?” Chiese Takeshi, controllando il suo,
ma era quello di Wakashimazu a segnalare l’arrivo di un
messaggio. Prontamente Ken afferrò il suo telefono ed
aprì lo sportellino: Jun gli aveva risposto.
*Sì tutto bene, passa una buona giornata!*
Ken rimase a fissare lo schermo per diversi secondi, seriamente
confuso. Perchè Jun gli aveva risposto in maniera tanto
fredda e scostante? Apparentemente poteva sembrare un messaggio
normale, ma lui conosceva il modo di scrivere di Misugi. Certo, non era
il tipo da smancerie telefoniche, però solitamente ci
aggiungeva qualche battuta, gli chiedeva cosa stava facendo, insomma si
sprecava a scrivere più di mezza riga! In fondo lui gli
aveva scritto un messaggio carino quella mattina, si era impegnato!
“Tutto bene, Ken?” Gli chiese Kojiro,
notando la mano sinistra del portiere afferrare nervosamente la sabbia.
“Sì..” Sbuffò Wakashimazu,
alzandosi in piedi. “Scusatemi un secondo...”Disse,
gettando poi la sabbia su di un lato, alterato.
Non appena fu distante abbastanza da non venire sentito dai suoi amici,
Ken chiamò Misugi. Era l’ora di pranzo, doveva per
forza rispondergli.
“Pronto?” La voce di Jun, dall’altra
parte.
“Pronto!” La risposta secca di Ken, nel percepire
il tono rigido del suo ragazzo.
“Tutto bene?” Gli chiese il principe, con voce
molto ironica.
“Sì, abbastanza!” Rispose Wakashimazu,
sempre più alterato. “Tu, invece, tutto
bene?” Gli chiese a sua volta.
“Sembra di sì...” Ancora più
vago.
Ecco, quando faceva così non lo sopportava!
“Senti, Jun...” Ma non riuscì a finire,
perchè Misugi lo interruppe.
“Qualcuno ti ha regalato qualcosa?”
Quella domanda spiazzò decisamente il portiere del Toho.
“Come? Che diavolo dici? Non è mica il mio
compleanno!” Cominciava pure a perdere il filo del discorso.
Dove diavolo voleva andare a parare Misugi?
“Ah, dicevo così per dire...dai,
scherzavo!” Esclamò Jun, soffocando una risata.
Ma lo prendeva anche in giro, ora? Prima gli rispondeva acido al
messaggio, poi al telefono gli parlava come se fosse un estraneo e ora
si metteva pure a scherzare? Cominciò a pensare che se ce
l’avesse avuto davanti un bel colpo di karaté non
glielo avrebbe tolto nessuno... forse così sarebbe rinsavito!
“Dai, dimmi, che state combinando?” Finalmente il
tono di Misugi si fece più dolce e Wakashimazu si
rilassò, raccontandogli un po’ come lui e i suoi
amici avevano passato la mattinata.
“...poi stasera ceneremo da Kojiro...” Gli disse
infine.
“Mh, dai, bene!” Rispose Jun, sospirando un poco.
Poi si salutarono, tranquilli, come se nulla fosse.
“Ciao Jun, a più tardi...”
“Ciao Wakashimazu...”
E chiusero la chiamata. Ken fece un lungo respiro... l’aveva
chiamato ‘Wakashimazu’ e non Ken. Il principe non
se ne accorgeva, ma il portiere aveva imparato che quando lui lo
chiamava per cognome c’era qualcosa che non andava. Ma
perchè non gli parlava chiaramente, invece di tormentarlo in
quel modo? Possibile che fosse tanto geloso di Kojiro da reagire
così? Gli sembrava quasi impossibile!
“Al diavolo!” Disse, chiudendo il cellulare e
tornando dai suoi amici. Stava passando una bella giornata,
perchè diavolo doveva rovinargliela con tutti quei misteri?
No, a volte non lo capiva proprio e rinunciava anche a farlo!
Raggiunti i compagni sfoggiò un’espressione
annoiata “Bah, le solite raccomandazioni di mia
madre!” Disse, anticipando una loro qualsiasi domanda, poi si
sedette sulla spiaggia, alzando gli occhi verso il sole come per
ricaricarsi le energie. Dentro di sé era davvero, davvero
arrabbiato. Decise che per quel giorno non l’avrebbe
più richiamato, Misugi doveva imparare a dirgli
ciò che non gli andava, invece di fare il misterioso
barricandosi dietro quell’impenetrabile mutismo. Lui non era
un chiaroveggente e se avesse potuto l’avrebbe smontata ben
volentieri la testa del principe per capire quale meccanismo perverso
la facesse funzionare!
Il pomeriggio volò via in fretta senza che i tre ragazzi se
ne rendessero conto. Alla fine, verso le 18, si trovarono tutti insieme
a casa di Hyuga.
“Che piacere, ragazzi, quanto tempo!” Li
salutò la signora Hyuga, accogliendoli gentilmente
“Era da molto che non venivate qui tutti insieme!”
“Eh, sai, mamma...” Kojiro poggiò delle
bibite sul tavolo “il nostro portiere è un uomo
molto impegnato!” Esclamò sarcastico il capitano
del Toho.
“Kojiro, non essere scortese!” Lo riprese sua
madre.
Per fortuna che lo fece lei, poiché Ken stava per scattare
in piedi pronto a rispondere a quella frecciata del capitano; la sua
pazienza, quel giorno, si stava davvero esaurendo.
“Allora, signora, come va il lavoro?” Intervenne
Takeshi con un bel sorriso, cambiando prontamente discorso, non appena
vide Ken e Kojiro scambiarsi un’occhiataccia astiosa.
“Ah, bene, Sawada. Oggi mi hanno dato il pomeriggio libero,
così ho potuto prepararvi una bella cena!” Rispose
la signora, cordiale.
“Ma non si deve disturbare!”Esclamò Ken,
anche se, in effetti, avevano mangiato solo un panino a pranzo,
lì in spiaggia.
“Ma quale disturbo, è un piacere!” La
donna gli rivolse un sorriso disteso.
Anche Ken l’aveva notato. Da quando la signora Hyuga era
stata assunta come assistente geriatrico in una struttura per anziani
abbastanza rinomata, la loro situazione era cambiata radicalmente.
Nella loro famiglia c’era un clima più sereno e
anche il capitano sembrava trarne beneficio, ora poteva concentrare
tutte le sue preoccupazioni solamente sul calcio, anche se, nonostante
tutto, rimaneva sempre il solito tipo testardo e anche prepotente!
Inoltre, grazie alla borsa di studio del Toho , Kojiro non pesava
più sulla famiglia e questo permetteva alla madre di
dedicare le risorse economiche ai figli più piccoli.
“Fratelloooone!”
Improvvisamente tre voci squillanti riempirono l’aria,
Takeru, Naoko e Masaru irruppero energici in cucina, saltando
letteralmente al collo del loro fratello maggiore.
“No, hei, mi strangolate, fermi!” Kojiro cercava di
liberarsi da quell’assalto, ma non ci riuscì,
anzi, finì per cadere per terra ed avere completamente
addosso i tre fratellini. “Dai, così mi fate il
solletico!” Protestava il capitano del Toho.
Ken li osservava sorridendo, quella era proprio una bella scena: la
tigre del Giappone sconfitta dai suoi stessi fratellini!
Chissà cosa avrebbe detto il mister Kira se
l’avesse visto!
“Grazie per la cena signora, era tutto buonissimo!”
Takeshi si lasciò andare sulla sedia facendo un bel respiro,
si sentiva proprio pieno.
“Sì, è vero, tutto squisito,
signora!” Aggiunse Ken, davvero soddisfatto. Diede poi
un’occhiata furtiva all’orologio, notando che si
erano fatte già le nove. Non aveva più sentito
Jun dopo la telefonata nel pomeriggio, nemmeno con un messaggio; certo,
non poteva lamentarsi, neppure lui gli aveva scritto, anche se
più volte era stata forte la tentazione di farlo, bloccata
però da un ostinato moto d’orgoglio che lo aveva
pervaso dopo che si erano sentiti. Per distrarsi dalle sensazioni
fastidiose ed anche un po’ dolorose che gli causava il
pensare al suo ragazzo, Wakashimazu si mise a giocare con i piccoli
Hyuga insieme a Sawada, mentre Kojiro aiutava la madre a sistemare la
cucina. Certo, però, non poteva sapere che i bambini
potessero essere tanto svegli, lui non aveva fratelli minori,
perciò, quando Takeru gli fece quella domanda, per giunta
con molta innocenza, il portiere rischiò di rimanere
strozzato dall’acqua che stava bevendo.
“Ken, ma tu ce l’hai la fidanzata?”
Una tosse convulsa rischiò di fare perdere al Toho il suo
miglior portiere. “Come, scusa?” Domandò
a stento Ken, cercando di tornare in sé.
“Takeru!” Lo richiamò il fratello
maggiore, lanciandogli un’occhiata minacciosa “Chi
diavolo te le insegna queste cose, eh?”
Il piccolo Hyuga si nascose dietro la schiena di Wakashimazu
“Ma, io...”
“Non è successo nulla, Kojiro!” Lo
riprese il portiere, facendogli cenno con la mano di calmarsi.
“Comunque no, Takeru, non ce l’ho la
ragazza!” Ken accompagnò la frase con un
sorriso gentile, nel tentativo di nascondere l’imbarazzo per
quella domanda che, da chiunque provenisse, lo faceva saltare sempre
sul chi va là.
“Ah...” L’espressione di Takeru si fece
delusa. D’improvviso Naoko intervenne, saltellando davanti a
loro “Quindi non hai ricevuto il cioccolato?”
“Eh?” Ken afferrò distrattamente
l’esclamazione della sorellina di Kojiro.
“Ma sì!” La bambina si mise un dito sul
mento cercando di ricordare. “La maestra ci ha detto che oggi
le ragazze regalano al loro fidanzato il cioccolato!”
Ken aggrottò la fronte. “Ma che dici, Naoko? Oggi
non è mica...” Un pensiero fulmineo gli
passò per la testa, facendogli salire un pericoloso senso di
terrore verso il cervello, ammutolendolo. Il portiere ruotò
lentamente il viso verso il calendario che faceva bella mostra di
sé sulla parete della cucina.
“Bah, queste fesserie!” Sbuffò Kojiro,
infastidito, mentre si sedeva nuovamente. “Per fortuna
quest’anno ce la siamo scampata! Non ne potevo più
di avere l’armadietto invaso da tutta quella
cioccolata!”
Ken cominciò
a ricordare...*ecco perchè le ragazze avevano quella faccia
l’altro giorno...* Lui di solito la riceveva la cioccolata
dalle sue compagne di classe...
“Ma dai, capitano!” Takeshi scoppiò a
ridere “...è che tu le spaventi le donne, per
questo nessuna ti si avvicina, preferendo regalarti la cioccolata di
nascosto!”
...anche suo fratello
Yu, ecco perchè si era alzato così presto...lui
riceveva ogni anno valanghe di cioccolato dalle ragazze...e gli piaceva
pure vantarsene! Ecco perchè quella mattina era andato
all’Università!
“Ma che diavolo dici, Takeshi! Ma quale
spaventare!” Hyuga incrociò le braccia chiudendo
gli occhi e corrugando la fronte “Io ho altro a cui pensare,
altro che le donne! C’è da vincere il
campionato!”
...e sua madre! Come
aveva potuto scordarsi che l’anno prima quel mezzo incendio
dovuto alla torta era stato causato proprio in quel giorno? E tutta
quella dolcezza con lui e con il padre, poi...
“Beh, Kojiro, sarebbe ora che oltre al calcio tu pensassi
anche a trovarti una brava ragazza!” Lo prese in giro la
signora.
...ecco
perché era così convinta che andasse da
Misugi...sua madre era certa che lui ci andasse...era logico dovesse
andarci, no?
“Mamma!” La tigre spalancò gli occhi,
sconcertato dalle parole della donna.
*Dannazione*
Ripeté Ken dentro di sé * Anche Genzo si era
dedicato all’amichetta quella mattina...e pure quei dannati
pennuti sembravano saperlo!*
Ken non li ascoltava più. Ora... cominciava a capire
perchè Jun se l’era presa in quel modo. Ecco
perchè gli aveva detto “Come sarebbe che stai con
Kojiro, sabato!”, ecco perchè c’era
delusione nella sua voce. Aveva anche cercato di farglielo capire,
quando gli aveva chiesto, con velata ironia, se qualcuno gli avesse regalato qualcosa.
Il portiere inevitabilmente perse la parola, assumendo uno
sguardo vuoto ed incosciente.
*Beh...* Pensò d’un tratto, nel tentativo di
scacciare il senso di colpa che cominciava a farsi largo nel suo
stomaco. *Poteva anche dirmelo, ricordarmelo, se ci teneva tanto!* Ma
subito si rese conto che quelle scuse non convincevano nemmeno lui e
che non poteva assolutamente incolpare Misugi.
Che razza di fidanzato era se si dimenticava del loro primo... San Valentino?
Sì, non c’erano dubbi: la data che vedeva sul
calendario era il 14 febbraio! Wakashimazu fu colto da un momento di
panico e confusione: aveva combinato un bel casino! Si sentiva
terribilmente in colpa, aveva cominciato a darsi più e
più volte dell’idiota, gli doleva lo stomaco nel
pensare al dispiacere che aveva dato a Jun.
E ora come fare? Alzò gli occhi verso l’orologio:
le nove e trenta.
No, non c’era un minuto da perdere! Inutile rimanere a
colpevolizzarsi in quel modo, non sarebbe servito a nulla,
l’unica cosa che poteva fare era rimediare al più
presto e se c’era anche solo una soluzione doveva trovarla
subito! Cercò di mettere in moto il cervello in pochi
secondi e all’improvviso un’idea sembrò
affacciarsi nella sua testa: era l’unico modo, forse un
po’ infantile, ma lo era! Si guardò prima di tutto
intorno: i bambini ridevano e giocavano, Kojiro, Takeshi e la signora
continuavano la discussione sull’atteggiamento di Kojiro con
le donne...era il momento giusto! Con movimento impercettibile e
mantenendo lo sguardo fisso e fintamente attento sui suoi amici,
afferrò il cellulare nella tasca dei pantaloni.
Cercò di fare mente locale: prima quel tasto, poi due volte
sull’altro, freccia a destra...ancora un’altro e,
via!
Drin drin drin drin drin!
Il suo cellulare cominciò a suonare.
“Oh, scusatemi!” Esclamò Ken, afferrando
il telefono “È mia madre, scusate un
attimo!” Sorrise nervosamente, sentendosi davvero uno
stupido, prima di allontanarsi nel corridoio.
“Pronto, mamma?” Finse Wakashimazu
“Ah, come? No...Ok, ho capito, va bene! A fra poco,
ciao!” Ken balzò in cucina sfoggiando
un’espressione dispiaciuta e un po’ imbarazzata.
“Ragazzi scusate, devo scappare!”
“Ma è successo qualcosa?” Gli chiese
preoccupato Kojiro, non riuscendo ad interpretare bene la sua faccia.
“Eh, no, cioè, mio padre non si sente bene, mia
madre è da sola in casa; quello scansafatiche di Yu non
è ancora rientrato e non riesce a reperirlo, quindi vado
io...scusatemi!”
“Oh, mi dispiace...” Disse Takeshi “...
se vuoi compagn...”
Non lo fece finire di parlare. In pochi secondi si infilò il
giubbotto, fece un inchino alla signora, ringraziandola della
gentilezza, diede una pacca sulla spalla ad entrambi i suoi due amici e
uscì in fretta dall’appartamento.
Cominciò subito a correre, sempre più
veloce, impaziente, in direzione della stazione e sotto un cielo
limpido e stellato, senza accorgersi nemmeno del brusco calo di
temperatura che quella notte stava gelando l’aria.
Aveva pochissimo tempo, ma poteva farcela: una ventina di minuti e
sarebbe arrivato in stazione, di lì avrebbe preso il primo
treno per Tokyo, un’ora e qualche minuto, poi
un’altra ventina di minuti di corsa...se tutto andava bene
sarebbe riuscito ad arrivare prima della mezzanotte. Anzi, doveva
assolutamente riuscirci!
Fortunatamente, raggiunta la stazione, non dovette aspettare molto
prima che il treno arrivasse. Vi si fiondò con la massima
velocità, temendo di perderlo, ma solo quando fu partito si
rese conto che dalla fretta non aveva neppure fatto il biglietto!
Passò quindi quell’ora sopra un sedile,
guardandosi nervosamente intorno, ispezionando le porte opposte del
vagone nel timore che il controllore arrivasse da un momento
all’altro; allo stesso tempo, la sua gamba non riusciva a
stare ferma, il piede martellava il pavimento un tap tap continuo e
compulsivo che andava di pari passo con l’agitazione del suo
cuore, rispecchiandone lo stato d’animo: doveva arrivare il
prima possibile e continuava a sperare che il treno non subisse
ritardi.
Quando finalmente arrivò alla stazione di Tokyo erano le 23
e 25.
“Accidenti!” Esclamò preoccupato
Wakashimazu, mentre scendeva dal vagone: cominciava a farsi tardi. Ma
il portiere non si perse d’animo, in quell’ora
aveva recuperato le forze perse durante il tragitto da casa di Kojiro
alla stazione, perciò ora doveva concentrarle tutte
nell’ultima corsa che l’avrebbe portato a casa di
Jun.
*Forza, Ken, ce la puoi fare!* Si diede coraggio, mentre usciva dalla
stazione e cominciava a correre, nuovamente, con l’intento di
non fermarsi neppure per un istante, gli fosse scoppiato il cuore.
Corse per le vie della città, incurante delle auto che gli
abbagliavano gli occhi, scansando abilmente chiunque intralciasse il
suo percorso, cercando di ricordarsi la via più breve, le
strade secondarie che, il prima possibile, lo avrebbero portato da lui.
***
Non ce la faceva più, era davvero sfinito, sudato e
affannato, quasi faticava a respirare da quanto gli facevano male i
polmoni e la milza. Le gambe gli tremavano, la testa pulsava, ma ce
l’aveva fatta.
Era mezzanotte meno un quarto e davanti a sé, poco distante
da uno dei parchi più grandi di Tokyo, sorgeva la maestosa
villa dei Misugi. E, solo in quel momento, notando che tutte le luci
della casa erano spente, Ken si rese conto di non aver fatto la cosa
più importante: non aveva avvisato Jun che stava andando da
lui.
*Cavolo...* pensò il portiere, temendo che il suo ragazzo
fosse già andato a dormire, spegnendo così il
telefono. Titubante prese il suo cellulare in mano, lentamente
cercò il nome sulla rubrica e, dopo un profondo respiro,
diede l’ok, portandosi il telefono all’orecchio.
Pochi secondi di insignificanti rumori per stabilire la connessione...Tuuuu, tuuu...
*Sta suonando!* Il cuore gli balzò in gola, rendendolo
impaziente di ricevere risposta.
Un altro squillo...
*Eddai, Jun!*
Altri tre...
L’attesa era pungente, Wakashimazu sapeva che
dall’altra parte il suo ragazzo stava sicuramente guardando
il telefono, tormentandosi se rispondere o meno, ma sperava che
riuscisse a mettere da parte il suo orgoglio cosicché lui...
“Pronto?” Eccola la voce di Jun, infastidita ed
annoiata, del tipo ‘che
cosa vuoi a quest’ora’, ma pur sempre
bellissima.
“Scusami, scusami, scusami...” La voce bassa e
umile del portiere, ancora affannata. “Scusami davvero,
Jun...”
Il silenzio dall’altra parte, lungo infiniti secondi.
“Mi dispiace...” Continuava Wakashimazu, anche se
Misugi non parlava, però sapeva che lui era lì e
lo ascoltava e questo gli bastava a rincuorarlo. “Io...non
sapevo che oggi fosse il quattordici febbraio, davvero, avevo perso la
cognizione del tempo...”
Un respiro dall’altra parte del telefono, profondo ed
amplificato. “L’avevo capito...”
“Sono un vero idiota, Jun, scusami!”
“Dai, non fa niente...”Un altro sospiro da parte
del principe. “Peccato, era il nostro primo San
Valentino...”
“No! Lo è ancora...non è
mezzanotte...” Il sorriso sulle labbra di Ken.
“affacciati alla finestra...”
I suoi occhi che cercano la giusta vetrata, lassù in alto,
dove le persiane erano ancora aperte.
“Eh? Perchè dovrei affacciar...” Jun
smise di parlare.
“Fallo e basta...” Gli disse Ken, continuando a
tenere alto il suo sguardo, fremente di vedere il ragazzo affacciarsi.
“Scemo...” Il sussurro dolce di Jun.
“Eh?”
“...non sono in casa...”
Tu tu tu tu tu tu tu tu
tu
La linea era caduta ancora prima che Wakashimazu potesse dire qualcosa.
Non capiva cosa stava succedendo, guardò lo schermo del
telefono ed ebbe il timore che Jun gli avesse chiuso la chiamata.
*Cosa significa non sono in cas...*
Non poté finire di formulare il pensiero che, da dietro, si
sentì cingere in un abbraccio, mentre un pallone da calcio,
evidentemente lasciato andare all’improvviso, rimbalzava a
lungo sulla strada. Le riconosceva le braccia forti del principe, il
petto appoggiato sulla sua schiena, il viso che respirava appoggiato
alla sua spalla.
“Jun...” Lo chiamò Ken, voltandosi
lentamente per poterlo guardare finalmente negli occhi ed infine
baciare, a lungo, con passione, stringendogli forte le spalle con le
sue mani grandi.
“Ciao...” Gli sorrise Misugi, con dolcezza, appena
si staccò da lui per respirare. “Sei completamente
matto... venire qui a quest’ora...” Aveva notato
quel volto affannato e aveva sentito la sua schiena bagnata dal sudore.
“Beh, ecco...” Ken si grattò la testa,
imbarazzato. “Dopo aver capito il danno non ci ho visto
più, dovevo raggiungerti subito... accidenti a me!”
“Dai, meglio tardi che mai...” Ridacchiò
Misugi, prendendolo in giro. In cuor suo, però, si sentiva
davvero felice, con quel gesto Wakashimazu era stato capace
di cancellare tutta la rabbia che aveva accumulato. In fin dei conti,
si disse il principe, era davvero un ragazzo fortunato.
“Ehi, ma tu che ci facevi in giro ?”
Domandò Ken, notando che non era proprio un’ora
adatta a fare le passeggiate nel parco.
“Mah, volevo distrarmi!” Scherzò Misugi
e subito Wakashimazu si sentì in colpa poiché
sapeva di essere lui la causa del suo malessere.
“Mh, però dalla fretta non ti ho portato neppure
un regalo...scusami...” Sbuffò il portiere,
ulteriormente dispiaciuto da quella presa di coscienza.
“Dai, non importa...” Gli disse Jun, assumendo uno
sguardo un poco colpevole. “Io, invece, avevo ordinato i
wafer al cioccolato che tanto desideravi...”
“Come?” Si stupì Ken.
“Ma dalla rabbia me li sono mangiati io!” Ammise
Jun, facendogli una linguaccia.
“Cosa?!” Wakashimazu non poteva crederci
“Oh, mio Dio!” Esclamò, portandosi una
mano alla testa.
“Beh, se vuoi c’è quello delle mie
ammiratrici...ho fatto scorta per tutto l’anno...”
Fece spallucce il principe, come se la cosa non lo toccasse minimamente.
“Argh, quello no! Porta male!”
S’imbronciò il portiere.
“Allora niente cioccolato...” Constatò
Jun.
“Niente cioccolato!” Ribadì Ken.
“Uhm, allora...” Lo sguardo ammiccante del
principe, all’improvviso, la sua mano che si intrecciava con
quella del portiere. “...credo dovremo fare pace in altro
modo...”
“Ma... i tuoi...” L’esitazione di Ken e
il suo timore.
“Tornano domani... hanno deciso di fare i fidanzatini questo
week end...”
Gli occhi di Misugi che cercavano conferma, desiderando attenzione; la
mano di Wakashimazu che si stringeva sempre di più,
intrecciandosi alle sue dita.
Correre verso la villa, aprire impazienti la porta, rischiando di
sbagliare la chiave e tardare ancora qualche minuto. Varcare
l’ingresso, salire su per le scale, rincorrere
l’ombra dell’altro che s’ingrandiva lungo
i muri, all’interno di quelle enormi stanze buie, dove
l’unico bagliore era dato dal cielo limpido al di
là di quelle finestre e dalle luci artificiali provenienti
dai lampioni sulla strada. Sentire il desiderio consumare il proprio
sangue, udire proposte sussurrate riecheggiare negli anditi. Entrare
all’improvviso nella stanza di Jun, sentirsi trascinare con
forza sul letto, con le labbra del principe che gli divoravano il collo
già da diversi secondi. Venire assaliti da fugaci brividi di
freddo, mentre i vestiti si sparpagliavano sul pavimento. Essere poi
travolti dal calore dei propri corpi, quello di Jun sopra quello di
Ken. Non dare spazio ai preliminari, seguire per una volta solo il
proprio istinto, lasciandosi travolgere dalla passione. Aprire le gambe
con impazienza, entrare con forza nel corpo del portiere, spingersi
più a fondo, ancora e ancora, pregare che quel momento non
abbia mai fine. Respiri, ansimi, gemiti liberati, vedere gli occhi del
principe stringersi con forza, sentire le unghie dell’altro
graffiare il suo petto, mentre il letto continuava ad oscillare. Venire
dentro il corpo di Ken, liberandosi con un grido strozzato, vedere
quello svuotarsi a sua volta, sopra il suo corpo.
Sentirlo alzare il bacino di scatto e baciarlo sul petto,
lì, all’altezza del cuore di vetro.
I minuti passavano lenti, mentre i due ragazzi riprendevano a respirare
normalmente, rimanendo abbracciati. Ken si voltò
distrattamente verso il lato destro e il suo sguardo cadde sul comodino
e su uno strano lampeggiare.
“La... sveglia...” Disse ad un tratto.
“Mh?” Misugi non lo ascoltava, preferendo
stringersi ancora di più a lui, ma il portiere
continuò.
“La tua sveglia è ferma alle ore
23.35....”
Solo allora Jun alzò lo sguardo, incuriosito. “Ah,
è vero...”
Un sorrise si tinse sulle labbra del portiere. “Si vede che
sono stato perdonato, sono ancora in tempo... buon San Valentino,
Jun...” Gli sussurrò, accarezzandogli il viso.
“Buon San
Valentino, Ken...” Gli rispose il principe,
accennando un sorriso.
FINE
;p Lo so. è una bakata e pure sdolcinata...ma che ci posso
fare, questi due sprizzano amore da tutti i pori^O^
(1) Questo è ciò che succede a fare incontrare
due Kenniste face to faceXDDD La storia di Genzo è nato da
un costruttivo scambio di battute fra me e la cara Berlinene...che
dilemma, come chiamare il cane di Ken? XDDDDD
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