Finta lesbica
Pareva
un pozzo,
uno di quelli in pietra il cui fondo doveva essere talmente scuro
da non riuscire a scrutare niente oltre il buio.
In
quel momento il mio borsone in pelle nera mi sembrò profondo
alla stessa e identica maniera. Non avevo davvero voglia di setacciare
quell’affare, impaurita dall’idea che avrei potuto
perderci dentro anche la mano.
Suonai
una seconda volta e aspettai.
Ma
niente da fare, nessunissima voce da quel citofono si degnò
a rispondere.
Sarà
uscita.
Temevo
che l’unica soluzione fosse rovistare nei meandri
più oscuri della borsa alla ricerca delle chiavi, anche se
questo implicava perdere un mucchio di tempo tra chiusure e piccole
tasche laterali.
Sbuffai.
-Che
gran rottura…-
Astuccio,
cellulare, cartacce appallottolate che non ho ancora avuto modo di
buttare e altra robaccia.
Eccole,
trovate!
Aprii
il portone e mi diressi all’interno
dell’appartamento.
Ero
veramente troppo stanca per salire le scale così mi fiondai
sul pulsate, che al contatto divenne subito rosso acceso.
Buon
segno, non è guasto come l’altra metà
delle volte.
L’ascensore
appena arrivato si aprì, mostrando la mia immagine riflessa
nello specchio collocato alla fine.
E
la notai subito.
Avevo
l’aria distrutta e due borse sotto gli occhi nere come la
pece.
Sbuffai
ancora una volta.
Maledetto
lavoro.
Disegnare
e pensare a nuove idee fino a tarda notte con la luce del computer che
batteva contro le mie povere retine era diventata la routine di tutti i
giorni. E i soldi non compensavano il duro lavoro.
Con
il dito premetti il primo tra tanti tasti e mi misi ad attendere.
Almeno
avevo qualcuno che mi aspettava a casa che mi avrebbe accolto
amorevolmente come aveva sempre fatto, anche se attualmente sembrava
non esserci.
Mi
passai una mano sopra la testa imbarazzata ma comunque felice.
Non
riuscivo a crederci.
Una
persona come lei con una come me.
Arrossii
lievemente.
Un
tonfo mi avvertì di essere arrivata a destinazione facendomi
rinvenire dai miei pensieri.
Uscita
svoltai a sinistra dove un portone identico a tutti gli altri mi si
parò davanti.
Lo
stomaco iniziò a brontolare cercando di ricordarmi che
questa mattina nella fretta non ero riuscita a fare colazione.
Che
fame.
Ancora
con il mazzo di chiavi in mano identificai quella giusta per
l’ingresso di casa, la infilai dentro lo spioncino ed
aprì lentamente.
Una
volta dentro mi avvicinai al tavolo per posare il borsone. Per via
della stanchezza non lo notai immediatamente ma sopra quel bancone era
posato uno strano ninnolo.
Legata
a una sottilissima corda nera c’era intrecciata con fili di
rame una piccola gabbia toracica. Aveva tutta l’aria di
essere una collana fatta a mano con materiali raccattati per casa, da
chi non ha un soldo per intenderci.
Sotto
di essa un bigliettino di carta ripiegato più volte che
presi in mano curiosa di leggerlo.
“Per te, che mi fai rivalutare ogni
volta il mio principio di non picchiare le donne.
Che mi fai rinascere a ogni litigata.
E che infondo ammettilo, mi hai sempre
amato.”
La
calligrafia non sembrava per niente, non curata e quasi illeggibile
com’era a
quella di Courtney.
In
più non avrebbe mai sprecato del tempo per farmi un regalo
tutto da sola, preferendo mille volte comprarlo.
Che
fosse impazzita?
Magari
si è davvero impegnata per cercare di rallegrarmi la
giornata, facendo qualcosa che non avrebbe mai fatto. Come quella volta
in cui si dilettò nella preparazione di alcune meringhe
ricoperte di cioccolato fuso, soltanto perché qualche giorno
prima le dissi che mi facevano impazzire.
Se
fosse stato così la lettera mal scritturata si potrebbe
giustificare in un eventuale fretta di consegnarmi il tutto prima
possibile.
Strano
per un perfettina come lei, ma così dolce che sorrisi
spontaneamente al solo pensiero che avesse fatto tutto questo solo per
me.
All’improvviso
sentii una risata provenire dal bagno.
Lasciai
tutto sul tavolo per avvicinarmi sempre di più a quelle risa
famigliari precipitando nella stanza senza farmi scrupoli.
Era
nella vasca da bagno ricoperta di uno spesso strato di schiuma. Sembrava piuttosto
stupita.
-G-Gwen!-
-Come
mai quell’espressione sorpresa? Pensavo ti fosse chiaro che
non ci abiti solo tu qui dentro.-
Mi
aspettavo una risposta acida di rimando ma stranamente si
limitò soltanto a sfoderare il più falso dei
sorrisi che le avessi mai visto fare.
-Ti
ho sentito ridere di gusto poco fa, mi chiedevo cosa stessi combinando.-
-Parlavo
al telefono con una vecchia amica e… lei em…
è così spiritosa!- balbettò prendendo
con le mani ancora insaponate il telefono ai bordi della vasca
appoggiata al muro, lasciandolo però cadere
nell’acqua.
-Maledizione!-
imprecò cercando di recuperare l’oggetto
elettronico.
-C’è
qualcosa che non va Courtney?-
-Cosa
te lo fa pensare?-
-Trovo
soltanto il modo di parlare un po’ bizzarro da parte tua, poi
il regalo… beh, non è da te!-
-Oh
giusto, il regalo!-
-Mi
è piaciuto moltissimo, lo hai fatto tu?-
-Sì!
Cioè no! Ho conosciuto un ragazzo che produce artigianato di
questo genere e allora ho pensato di farti una sorpresa!-
-Questo
spiega molte cose, ma il biglietto?-
Mi
avvicinai alla vasca mettendomi in ginocchio a braccia conserte ai lati
di quest’ultima, osservandola sorridente.
Tutt’un
tratto si irrigidì.
-Quello?
Una sciocchezza! Stavo cercando di scriverti qualcosa di romantico non
riuscendoci, lo stavo per buttare via e poi…-
Prendendole
delicatamente la testa con entrambe le mani la baciai mentre era ancora
intenta a spiegarmi le sue ragioni.
Allontanai
le mie labbra dalle sue mormorandole -non devi, ho trovato tenerissimo
anche quello.-
Mentre
mi alzavo da terra le accarezzai dolcemente il viso un po’
scosso, cercando di rasserenarla.
-Scusami
adesso ma sto morendo veramente di fame.- dissi uscendo per andare in
cucina.
-Non
credevo che ti eccitassi così tanto quando litighiamo! Se
l’avessi saputo prima avrei potuto trasformare tutte quelle
grida furiose in urla di piacere! -
***
-Ah
ah a aha…-
Dall’altra
parte della vasca una figura emerge dalla schiuma per riprendere fiato.
-Se
n’è andata?- parlottò a bassa voce.
-Non
lo vedi? Riprendi immediatamente i vestiti e vattene!-
Una
voce dall’altra parte della stanza ci interruppe.
-Courtney,
stai parlando da sola oppure è solo una mia impressione?! Mi
devo preoccupare?-
-Preoccupati
per te piuttosto visto che non ho proferito una singola parola!-
Subito
tornai a concentrarmi sul ragazzo che mi stava davanti.
-Che
fai ancora lì impalato? Muoviti.- questa volta cercai di
rendere il suono della voce quasi impercettibile, ma lasciando comunque
trasparire un certo nervosismo.
-Vado
vado.- Pronunciò prima di uscire con goffaggine fuori dalla
vasca.
-Avresti
dovuto chiudere la porta del bagno a chiave non appena sei entrato.-
Accaparrò
un mucchio di vestiti buttati poco prima nel cesto dei panni,
disturbandosi ad infilare solo i pantaloni.
-Se
esci dalla finestra finirai nel terrazzo da cui puoi facilmente
scendere aggrappandoti al tubo di scarico e se per sbaglio dovessi
cadere non ti faresti così male, siamo comunque al primo
piano alla fin fine.-
-Se
mi rompo qualcosa?-
-Correrai
il rischio.-
-Grazie
tante.-
Lo
guardai andarsene dalla finestra con i panni sotto braccio.
-Duncan.-
-Cosa?-
-Non
farti mai più vedere da queste parti.-
-Giuro
sulla cassa di bottiglie di birra che custodisco gelosamente a casa mia
che non rivedrai neanche un mio singolo capello.- mi
assicurò portandosi la mano al petto.
-Non
ci casco mica sai? So perfettamente che ti raserai completamente, per
poi giustificarti la prossima volta che ti presenterai a casa mia
dicendo che ti riferivi soltanto alla tua stupida cresta.-
-Da
quando mi conosci così bene?-
-Da
quando ti ho detto di non tornare e mi giurasti che non avrei rivisto
mai più la tua faccia , così pochi giorni dopo ti
ripresentasti con una maschera di pessimo gusto.-
-Ahaha
che ricordi! Eri così spaventata quel giorno.-
-Soltanto
per vi… ma perché diavolo me ne stai facendo
parlare. Vattene.-
-Non
c’è bisogno di arrabbiarsi, me ne sto andando.-
-Fa
veloce.-
Uscii
inciampicando un pochettino ed imprecando sotto voce.
Così
rozzo anche nei movimenti.
Dal
balcone mi guardò con una smorfia impressa sul viso e nel
tentativo di incoraggiarlo gli feci cenno di proseguire con entrambe le
mani.
***
Valeva
la pena rischiare di rompersi tutte le ossa del corpo per una scopata?
Era
più o meno la stessa domanda che mi ero fatto prima di
spedirle quella collana insieme alla letterina la settimana seguente.
Per poi spedire direttamente anche me stesso non appena arrivategli.
Non
abitavamo nella stessa città, ma fortunatamente avevo un
buon amico di questa zona che mi avrebbe accolto volentieri.
Credo,
non che mi importasse se l’avesse fatto più per
amicizia che per il piacere di ospitarmi.
L’importante
era trovare un posto in cui dormire e io l’avevo trovato.
Lanciai
i vestiti di sotto e salii sulla ringhiera cercando di aggrapparmi al
tubo che mi era sembrato tutt’altro che resistente.
Sentivo
i miei piedi scalfirsi contro le mattonelle mano a mano che scendevo.
Verso
la fine decisi di saltare e all’atterraggio notai di non
essermi fatto così male come immaginavo. Dovetti ricredermi
non appena un paio di anfibi andarono a colpire dall’alto la
mia testa ancora bagnata.
Erano
i miei, con insaccate all’interno anche le calzette.
-Spero
di non aver danneggiato più del dovuto Il tuo piccolo ed
inutile cervello.-
-Sei
un vero amore Courtney.- le risposi ironico.
-So
di esserlo veramente.-
-Sapevi
anche di essere un finta
lesbica?-
Di
tutta risposta mi fece la linguaccia come se fosse ancora una bambina
indispettita.
-Non
si addice molto a una principessina come te, dov’è
che hai lasciato le buone maniere?-
-Sparisci,
prima di farmi finire nei guai.-
Nemmeno
il tempo ribattere o di salutarla che si era già rintanata
in casa.
Prima
o poi avrebbe ammesso che il fidanzamento con Gwen fosse soltanto una
scusa per farmela pagare.
Come
si è potuta spingere così oltre?
|