Venite pure avanti, voi con il naso corto,
signori imbellettati, io più non vi
sopporto.
Infilerò la penna ben dentro al vostro
orgoglio,
perché con questa spada vi uccido quando
voglio.
Federico
passeggiava a testa bassa, con le cuffie nelle orecchie e le mani in
tasca. Stava raggiungendo la fermata dell'autobus dopo una pesante
giornata a scuola, che se avesse potuto, sarebbe tornato al giorno
della sua iscrizione al bando per andare a studiare all'estero. Solo
qualche mese a Londra gli avrebbe fornito una nota in più
sul suo curriculum scolastico e sua madre Tatiana non vedeva l'ora che
facesse quell'esperienza,almeno avrebbe imparato una volta per tutte
l'inglese, invece di borbottare le solite idiozie.
Tuttavia
Federico si trovava in netta difficoltà, non tanto per la
lingua o per le amicizie, per quello si era trovato subito bene. Il
problema era la mole di studio, decisamente maggiore a quella a cui era
abituato, però doveva ammettere anche che si divertiva molto
ad andare in giro per musei e biblioteche. Avrebbe sicuramente scritto
una tesi meravigliosa al suo rientro in Italia e aveva già
molte idee. Gli aveva fatto bene cambiare aria.
Comunque
quella rimaneva una giornata no, specialmente se dalle cuffie
filtravano le note pizzicate di Guccini, accompagnate dalle sue parole
sagaci e argute. Anche nella descrizione del Cirano, il cantautore era
stato molto fedele alla sceneggiatura di Edmond Rostand, che aveva
sfogliato proprio quella mattina, tentando di tradurre tutti quei
termini incomprensibili. Per fortuna conosceva quasi a memoria quella
commedia e perciò non era andato troppo alla cieca.
Quello
era stato un momento piacevole della giornata, perché se
pensava a quando era uscito in cortile per fumare una sigaretta di
nascosto si era imbattuto con quel suo compagno di corso per cui aveva
una cotta mostruosa, Federico avrebbe preferito sotterrarsi.
Michael
non gli aveva mai rivolto tante attenzioni. A volte si era seduto
accanto a lui perché entrambi prendevano posto nelle prime
file, ma mai uno sguardo, se non quella volta in cui Michael aveva
tentato di ficcare il naso tra i suoi quaderni.
Federico
era molto geloso di ciò che scriveva, per questo faceva
sparire tutto da sotto gli occhi di chiunque provasse a spiare i suoi
componimenti. Per lo più erano poesie, poi c'erano storie
incominciate e mai finite e anche qualche rima che nella sua testa si
trasformavano in un pezzo rap. Per un amante della metrica greca come
lui, non poteva proprio farne a meno di quei versi, un po' come Cirano
non si tirava indietro dallo scrivere o dal decantare, aggiungendo
chiaramente un pizzico di ironia e sarcasmo.
Però
nessuno comunque doveva sapere che cosa gli frullava nella testa. Si
teneva tutto per lui, anche perché la maggior parte delle
cose scritte nel blocchetto che adesso aveva con sé nello
zaino, le aveva scritte proprio per Michael, la sua musa.
Federico
non credeva di essere un bel ragazzo e, infatti, tutti lo guardavano
storto per quegli innumerevoli tatuaggi sulle braccia, sul collo e
sulle mani. Certe volte sogghignava pensando al fatto che non li
conoscessero tutti, altrimenti qualcuno sarebbe pure svenuto,
perbenisti com'erano. Per non dimenticare i capelli rasati ai lati, i
piercing in vista e gli abiti stravaganti – per lo
più tute, scarpe dai colori non troppo convenzionali e
maglie con disegni strani o dissacranti.
Michael,
invece, era praticamente perfetto. Sempre elegante con la cravatta bene
annodata, i ricci castani ordinati e puliti, dei pantaloni che
sembravano cuciti sul suo fisico magrolino e slanciato. A differenza di
un Federico alto nella media per un italiano e robusto, Michael era
allampanato e svettava fino ad un metro e novanta. Per Federico era
decisamente una meta irraggiungibile, perciò osservava
sempre in silenzio il ragazzo dall'aspetto curato e dai modi gentili.
Aveva anche una voce melodiosa, peculiare, e Federico diventava pazzo
al solo pensiero.
Quella
voce, adesso, la detestava in un certo senso.
Tra
tutte le cose che potesse dirgli, Federico non si aspettava di certo di
sentire pronunciare proprio quelle.
"Quanto
è carino" aveva esclamato Michael in un perfetto accento
inglese. Federico aveva alzato gli occhi e aveva visto arrivare
Andreas, un ragazzo alto come Michael e con i capelli biondi tagliati
corti.
Oggettivamente,
pensava Federico, Michael aveva ragione, ma quando il collega di corso
disse quella frase, l'italiano sentì come se un mostro
dentro al suo stomaco lo stesse divorando lentamente. Avrebbe voluto
deformare il viso perfetto di Andreas, mettergli qualcosa tra i piedi
mentre camminava in quella maniera odiosa per quanto elegante, a
differenza sua che inciampava nei suoi stessi piedi nonostante
annodasse sempre perfettamente i lacci delle scarpe. E poi Andreas
vestiva anche con capi firmati: glieli avrebbe tagliuzzati tutti.
Federico
non riusciva a capire se la cosa più sconvolgente era quella
di avere scoperto se Michael fosse gay o che a lui piacesse Andreas.
Una cosa comunque era certa: Andreas, ogni volta che Federico si
voltava per caso verso di lui, lo trovava intento a fissare Michael
mentre, praticamente, se lo mangiava con gli occhi.
Ovviamente
la giornataccia non poteva finire lì, e quando Federico
raggiunse la fermata dell'autobus vi trovò proprio il
ragazzo biondo, intento a mandare un messaggio con il suo telefono.
Federico, distrattamente, si sedette al suo fianco e fece cadere
l'occhio sullo schermo del cellulare di Andreas.
Stava
scrivendo un messaggio a Michael, ma ogni volta cancellava l'intero
testo, completamente insoddisfatto di ciò che buttava
giù di getto.
"Ma
perché non ci riesco?" esclamò Andreas, sbuffando
mentre eliminava un nuovo messaggio.
Federico,
seduto sgraziatamente nell asua porzione di panchina, trattenne una
risata e si dovette girare dalla parte opposta per non fargli vedere il
suo ghigno soddisfatto.
"Ehi,
ho visto che stai ridendo" fece presente Andreas a un Federico che
divenne completamente rosso e gli si seccò la gola
all'improvviso.
"Ehm,
scusa?" provò a domandare Federico, togliendosi una cuffia
dall'orecchio.
"Lo
so che mi vuoi prendere in giro" rispose Andreas. "Sono una frana con
le parole, non so che scrivere quando si parla di cose romantiche...
Non è da me".
Federico
gongolò, ma stavolta non lo diede a vedere, nonostante un
sorrisino stava per spuntargli a fiordi labbra. Fu davvero difficile
trattenerlo, eppure riuscì nell'ardua impresa.
"Tu
che cosa scriveresti al mio posto?" domandò Andreas.
Quella
domanda non se l'aspettava affatto, però Federico ci
pensò lo stesso su, aggrottando la fronte e riducendo lo
spazio tra le sopracciglia drasticamente. Curvò le labbra
verso il basso e picchiettò l'indice della mano sinistra
sulla bocca per cercare di trovare le giuste parole, prima in italiano
e poi in inglese. Ma forse potevano cascare a pennello quelle frasi che
aveva abbozzato sul suo taccuino quella mattina, mentre aspettava
l'inizio della lezione, perciò le rivelò ad
Andreas.
"Vedo
i boschi nei tuoi occhi. Fremo se mi sfiori o tocchi. Se mi guardi, il
mio cuore blocchi e nella mia testa trovano forma pensieri sciocchi"
recitò Federico.
"Come
diamine hai fatto?" chiese Andreas, stupito. "Comunque grazie, adesso
glielo mando".
Piombarono
in un imbarazzante silenzio e Federico pregò che l'autobus
arrivasse al più presto, o almeno prima della risposta
troppo celere di Michael, che a quanto pareva sembrava essere stato
rapito da quelle parole sdolcinate, tanto da aver scritto ad Andreas di
poter uscire quella sera stessa, senza troppi fronzoli.
Federico
e Andreas salirono sullo stesso autobus, come ogni giorno,
poiché abitavano nella stessa zona di Londra. Mentre il
biondo continuava a digitare, Federico si perdeva tra le note di
Guccini e aveva messo di nuovo in riproduzione proprio Cirano.
Osservare
in cagnesco Andreas, poi, era diventato il suo nuovo sport e godette
parecchio internamente quando lo vide perso, sicuramente per il
messaggio appena ricevuto, perché i suoi occhi si erano
ridotti a fessure per leggere sullo schermo e poi si erano sgranati
improvvisamente, e spaventato ricercò Federico con lo
sguardo tra tutti i sedili e i passeggeri.
In
quel momento, Federico avrebbe voluto fiondarsi al piano superiore
dell'autobus o gettarsi fuori dal finestrino mentre il veicolo
procedeva nella sua corsa, ma quando si fece coraggio era troppo tardi.
Andreas si era avvicinato nuovamente a lui e aveva preso posto al suo
fianco.
"La
bella del castello desidera altre rime?" scherzò Federico,
togliendosi una cuffia.
Andreas
scosse la testa. "No, peggio. Si chiede se anche dal vero io sappia
creare simili parole su due piedi".
Sarebbe
stato il momento perfetto per ridergli in faccia, ma Federico si
trattenne ancora una volta e si sforzò per non coprirlo di
ridicolo, cercando di aiutarlo a conquistare Michael.
Si
chiese perché lo stesse facendo, ovviamente, e la risposta
era anche piuttosto banale. Sapeva quanto a Michael piacesse Andreas e
preferiva saperlo felice con la persona che aveva adocchiato, piuttosto
che tentare, invano, di fargli cambiare idea nei suoi confronti. A
Michael non sarebbe mai piaciuto uno come lui, si era rassegnato a
questo fatto.
"Ho
un'idea" disse ad un tratto Federico. "Ti scriverò quello
che dovrai dire".
"E
se mi farà una domanda che non avevamo previsto?"
Federico
si diede dello sciocco per non averci pensato e si picchiò
la fronte con il palmo aperto della mano. "Ci sono: verrò
con te e ti suggerirò".
"Ma
ci scoprirà!" puntualizzò Andreas.
"Tu
non preoccuparti, ho un piano anche per questo" lo
tranquillizzò Federico. "Ti mando un messaggio, ora devo
scendere".
In
realtà, quella non era la fermata di Federico, ma non aveva
mentito più di tanto perché quella dove scendeva
solitamente era la successiva. Approfittò di quel fatto per
fare un po' di spesa e per scaricare la tensione, comprando
più cose del necessario e facendo addirittura le scale fino
al quarto piano quando tornò a casa. La sua ira era
percepibile dal suo volto livido, la sua pelle olivastra, se possibile,
era diventata ancora più scura.
Dopo
aver sistemato la spesa, Federico decise di dare qualche pugno al suo
cuscino, destando l'attenzione dei suoi due coinquilini, allibiti e
anche leggermente preoccupati.
Per
fortuna non durò molto, perché quando ebbe deciso
in quale pub potessero compiere il piano malefico, mandò un
messaggio ad Andreas e poi andò a fare una doccia, cercando
di vestirsi anche in maniera più elegante rispetto al
solito, con una t-shirt completamente nera e dei jeans scuri che gli
fasciavano le gambe tornite. Anche le scarpe, per quella sera, potevano
evitare di essere troppo vistose e perciò ne
indossò un paio grige.
Ma quando sono solo con questo naso al piede,
che almeno di mezz'ora da sempre mi precede,
si spegne la mia rabbia e ricordo con dolore
che a me è quasi proibito il sogno di un
amore.
Attese
l'ora prestabilita e poi uscì, raggiungendo Andreas davanti
al pub per spiegargli come si sarebbe dovuto comportare.
"Tu
ti siederai ad un tavolo, Michael a quello accanto" disse. "Io e te
rimarremo in chiamata per tutto il tempo e mi auguro ti sia portato
dietro gli auricolari, altrimenti ce li ho io".
Andreas,
incerto, spiò all'interno del locale, forse cercando di
capire la parte riguardante i tavoli, magari domandandosi se potesse
essere la falla che avrebbe fatto perdere acqua in abbondanza al loro
piano. Ma Federico conosceva bene quel pub e sapeva che i tavoli erano
divisi da dei separé per
avere una maggiore intimità, perciò quando
entrarono dovette soffocare una risata alla vista di un Andreas
stupito. Chissà quanti pochi ingranaggi aveva nella testa e
quanti funzionavano correttamente, pensava Federico.
"Sai,
non capisco perché mi aiuti" disse Andreas ad un tratto.
"Vorrei
capirlo pure io" esclamò Federico.
"Comunque
devo ringraziarti per quello che stai facendo" continuò il
biondo.
"Sì,
sì, va bene" disse Federico, come se stesse canticchiando
una cantilena. Infine sbadigliò pure. "Vedi di non farti
sfuggire il pollo, piuttosto".
"Perché
lo hai chiamato pollo?" chiese Andreas.
"Fatti
meno domande" rispose Federico. "Concentra tutte le tue forze su
ciò che dovrai fare stasera, non fare mosse avventate. Io mi
siedo là".
Indicò
il posto scelto e senza dire altro, prese posto ad un tavolo in gran
parte coperto da una pianta. Fece finta di sfogliare il
menù, poi lo abbassò di scatto quando vide
Michael entrare e dirigersi proprio verso Andreas.
Era
bellissimo. Aveva un paio di pantaloni blu elettrico e una camicia
bianca. Entrambi gli indumenti gli segnavano il fisico magro e tonico,
i pantaloni gli evidenziavano i glutei e i suoi ricci castani erano
stati pettinati con cura. Federico nemmeno riusciva ad immaginare
quanto potesse essere buono il suo profumo, cercando di ricordare
quello che sentiva ogni volta che Michael si metteva al suo fianco a
lezione.
Osservò
la scena da lontano, ammirando il disappunto e la curiosità
nella stessa espressione di Michael, che sembrava intrigato dalla
proposta di prendere due tavoli differenti e parlare, senza guardarsi,
sapere di essere vicini, percepire l'odore l'uno dell'altro e cercare
di immaginarsi attraverso le parole che si sarebbero detti.
Andreas
si sedette dopo Michael, erano divisi da un paramento di legno che si
apriva in alcuni punti, creando dei motivi floreali. Potevano vedersi
appena, ma si riuscivano a sentire con facilità. L'uno dava
le spalle all'altro e Federico riuscì ad intravedere
l'eccitazione negli occhi di Michael, tanto da distrarsi dalla chiamata
in arrivo di Andreas, alla quale rispose con leggero ritardo. Il biondo
lo stava trafiggendo con lo sguardo.
"Mi
ami, quindi?" domandò Michael.
"Non
parlerò d'amore, non so che forma abbia" disse Andreas dopo
che Federico glielo ebbe suggerito. "Però se proprio deve
averne una, credo sia nel modo in cui ti guardo".
"E
che cosa vedi?"
Andreas
sistemò meglio l'auricolare. "Vuoi che perda giorni a
descriverti? A decantare quante sfumature tra il verde, il marrone e
l'oro ci siano nelle tue iridi? Vuoi sentire come ogni vestito che
indossi fasci perfettamente il tuo fisico slanciato o con quale
eleganza cammini, mentre io ti fisso da lontano, sperando tu possa
notare qualcuno di così ordinario come me?"
"Io
ti trovo carino, e molto" disse Michael.
"Non
c'è paragone" disse Federico, incantato. Andreas
recitò quella frase.
"Tra
tutte le domande banali che si possano fare ad un appuntamento, quale
sceglieresti come prima?"
"Ti
chiederei un bacio" disse Andreas, ma quello Federico non glielo aveva
suggerito.
"Idiota"
disse Federico al telefono. Andreas lo incendiò con lo
sguardo.
"Mi
sembra prematuro" disse Michael, accigliandosi e ignorando quello che
stesse succedendo. "A me piacciono gli uomini che parlano sapendo che
cosa vogliono, non quelli che agiscono senza pensare".
"Adesso
come lo risolvo questo guaio?" esclamò Federico. "Vedi di
non andare fuori dagli schemi o dovrai cavartela da solo".
Fortunatamente
riuscì a salvare la situazione con ingegno e Michael
sembrava sempre più rapito dai discorsi di quello che
credeva fosse Andreas, dalla sua mente istruita e colta, tanto che poi,
alla fine, quel bacio glielo concesse. Perciò Andreas
riagganciò la chiamata e Federico cominciò a
sentirsi di troppo quando lo vide raggiungere Michael al tavolo. Rimase
solo per un secondo a spiarli, guardando come il biondo avvolgeva
Michael tra le sue braccia e come le loro lingue, in breve, si
intrecciarono tra loro.
Disgustato,
fece per alzarsi, quando un'idea lo assalì e fu colto
dall'improvviso desiderio di scrivere quelle parole che gli scorrevano
veloci tra i pensieri. Per non perderle, le doveva imprimere al
più presto su carta, così si fece passare un
foglio e una penna dalla stessa cameriera che gli aveva servito la
birra mai finita mezz'ora prima.
Scrisse
una lettera a Michael, raccontandogli tutta la verità, di
cosa era disposto a fare per lui e quanto ci tenesse al fatto che fosse
felice. Descrisse come il suo cuore palpitava ogni volta che incrociava
il suo sguardo, quale effetto aveva su di lui quando era sera e stava
per addormentarsi, gli narrò i suoi sogni, per quanto
sciocchi e fanciulleschi. Non tralasciò nulla, nemmeno quel
bacio che guardava con tanto odio, di come Andreas non perdeva
occasione di allungare le mani su di lui, famelico.
Federico
si sarebbe comportato diversamente con Michael, lo avrebbe sedotto con
le sue parole e le sue poesie e avrebbe atteso il suo primo passo, non
sarebbe passato direttamente al sodo per un puro istinto carnale.
Michael si meritava molto di più, però Federico
non poteva fargli cambiare idea.
Si
alzò, strisciando la sedia sul pavimento, abbassando la
testa per la vergogna. Solo in quel momento gli cadde l'occhio sul suo
telefono: Andreas non aveva spento la chiamata, ma quella era
continuata ad oltranza e l'auricolare nella sua tasca dei calzoni aveva
riprodotto il rumore della sedia, destando curiosità in
Michael.
Quello
era il momento di scappare per Federico, che di tutta fretta
lasciò la giusta quantità in moneta sul tavolo
per pagare la birra e fuggì via, dimenticando la lettera per
Michael proprio al suo posto.
Quando
passò loro accanto senza farsi vedere, Michael stava
chiedendo ad Andreas perché in quel momento stesse chiamando
un loro compagno di corso, proprio durante il loro appuntamento.
Andreas provò a trovare qualche giustificazione, ma Michael
sembrava piuttosto adirato e spostò proprio lo sguardo sul
tatuato che se ne stava andando e poi vide anche una cameriera che si
era fermata ad un tavolo a leggere qualcosa scritto in blu su un foglio
bianco poco più avanti.
Federico
fece per andare alla fermata dell'autobus, tuttavia mentre camminava
per la strada si sentì prendere per un polso e qualcuno lo
fece rigirare su se stesso. Per un attimo perse l'equilibrio, ma
Michael lo aiutò a rimettersi in una posa decente.
"Eri
tu?" domandò Michael.
Il
tatuato divenne completamente rosso e abbassò la testa per
la vergogna.
"Tu
scrivi rime e il primo messaggio che mi ha mandato Andreas era in rime"
constatò Michael. "E poi Andreas non direbbe mai di essere
brutto, nemmeno per adulare un altro uomo... Tu invece ti nascondi
dietro il tuo stile stravagante, pensando di mascherare dei difetti.
È così?"
Federico
era appena stato messo spalle al muro e nonostante questo,
preferì scappare, andarsene il più lontano
possibile, lasciando Michael in attesa di una risposta. Lo aveva
abbandonato come un cane sul ciglio della strada e per quanto si
sentisse in colpa, non sarebbe tornato indietro sui suoi passi. Avrebbe
preferito negare, piuttosto che confessare i suoi sentimenti.
Dev'esserci, lo sento, in Terra o in Cielo un posto
dove non soffriremo e tutto sarà giusto.
Non ridere, ti prego, di queste mie parole:
io sono solo un'ombra e tu, Rossana, il Sole.
Quando
il mattino dopo Federico si presentò a lezione, appena mise
piede dentro l'aula, volle uscire immediatamente. Se non avesse
incrociato il professore per i corridoi, lo avrebbe sicuramente fatto,
però spinto dal suo essere sempre troppo ligio negli impegni
che prendeva con sé stesso, Federico scelse il solito posto
nella seconda fila.
Michael
non si presentò a lezione, a differenza di Andreas che
sembrava piuttosto infuriato, però più con
sé stesso che con Federico. Il tatuato si sentiva
leggermente fortunato e quando dovette cambiare aula e prendere
nuovamente posto, si stupì di trovare qualcosa sul suo
banco. Pensò che qualcuno durante la lezione precedente
avesse dimenticato gli appunti, invece sul piano in legno c'era la
lettera che lui stesso aveva scritto a Michael e aveva dimenticato nel
pub.
Il
cuore gli prese a battere velocemente. Michael aveva letto quella
lettera e lui si voleva sotterrare, lì, in quell'aula. La
sera stessa, lo decise così su due piedi, avrebbe fatto i
bagagli e sarebbe tornato a casa, in Italia. Non voleva stare un giorno
di più a Londra, aveva bisogno di salvarsi da quella
catastrofica figura da idiota.
Girò
la lettera per piegarla e allora notò qualcosa scritto con
una calligrafia differente dalla sua e se possibile più
incomprensibile ancora. Michael aveva aggiunto con un inchiostro nero
una data e un indirizzo, con tanto di orario. Corrispondeva a quello
stesso giorno, a quella sera, in un posto poco distante dalla sede
dell'università.
Federico
non sapeva se accettare o no l'appuntamento, però allo
stesso tempo era entusiasta di sapere che Michael non lo aveva deriso
e, anzi, gli aveva chiesto di uscire, probabilmente per parlare e
chiarirsi. Forse Federico aveva una possibilità ed era certo
di una cosa: non se la sarebbe lasciata sfuggire.
Ma tu, lo so, non ridi, dolcissima signora
ed io non mi nascondo sotto la tua dimora,
perché oramai lo sento, non ho sofferto
invano,
se mi ami come sono, per sempre tuo, per sempre
tuo, per sempre tuo...
Cirano
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