Memorie di Fersen

di letizialorenzo
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Fersen, distrutto, le sue sicurezze rese vacillanti, con i suoi sogni infranti ed il suo ego annientato, vagava lungo una radura dalle sembianze incantate, ma lui, troppo perso nel suo sconforto, non riusciva a cogliere la magia del sole sole danzante sui fiori, del riflesso azzurro del cielo sulla pianura e la melodia dell'acqua che nel suo lento scrosciare, vagava senza sosta accanto a lui. I suoi pensieri presero il posto della razionalità e spronò il cavallo al galoppo e corse, corse, sempre più veloce, fino a che il vento non gli penetrò nelle ossa e gli sciolse i vestiti e i capelli cominciarono a graffiargli le guance e le tempie.
Le sponde del fiume si facevano sempre più vicine, più chiare e le sue acque più dense. Fersen gridò, e spinse il cavallo fino all'estremo, ultimo respiro...le ginocchia del destriero si fecero pesanti, sempre più, si piegarono in avanti e con esse tutto il resto del corpo, e Fersen fu sbalzato via, via, lontano. Il corpo del conte si contorse su se stesso, aggrovigliandosi, e lente e leggere, le lacrime incominciarono a sgorgargli dagli occhi umidi e vitrei. La mano rotta, le costole scomposte, la spalla lussata...i suoi orecchi udirono il rumore dell'acqua evolle avvicinarsi a quella fonte, la sua volontà soppresse il dolore sordo delle sue stanche membra e l'acqua si fece più vicina, ancora, ancora, sempre più, fino a quando non riuscì a specchiarsi ed a leggerne le parole increspate.
Svenne, e quando si riebbe, si meravigliò di essere ancora vivo, poi voltando la testa, la vide, la vide impressa nell'acqua, sorridente come non mai, sembrava felice ora la sua regina, felice come non lo era mai stata. Il conte ammirò quella sua pelle candida, di porcellana, quei suoi occhi blu mare e quella bocca rossa e soffice, della quale poteva ancora ricordarne il sapore. Voleva toccarla, sfiorarle quelle sue guance rosa. Ora tutta la mano giaceva in quel riflesso illuminato dal sole caldo, si sporse ancora e ancora, abbracciandola e poi cadde...cadde in acqua, fin nel profondo, le andò incontro. Il sangue rosso acceso dei suoi graffi bruciò, disperdendosi nella Senna, gli occhi gli si chiusero dopo aver visto che il sole, lento, sfuggiva via, aprì la bocca per emettere un suono, ma tutto ciò che successe, fu solamente che l'acqua, mentre il suo corpo sfumava nell'ombra, gli invase i polmoni.




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