Fu
il movimento ritmico del cavallo a strapparla al suo stato
d'incoscienza. All'inizio non realizzò dove si trovasse o
cosa fosse
successo dal momento in cui tutto era divenuto nero e per poco non
era crollata a terra come uno straccio bagnato, come se non avesse
avuto più ossa nel corpo. Ma la brezza che le sfiorava il
viso, il
corpo dell'animale che la trasportava, la velocità a cui
viaggiava
ebbero sui suoi sensi l'effetto di una secchiata d'acqua gelata. Un
paio di braccia forti la sorreggevano perché non cadesse da
cavallo,
e la sua testa era poggiata contro la spalla del cavaliere che sedeva
dietro di lei, tenendola, e contemporaneamente guidando il bel sauro
nocciola che li portava entrambi.
Il
corpo di Ainslee reagì talmente d'istinto che fece un
poderoso
scatto in avanti, rischiando seriamente di farla cadere da cavallo.
“Chi…
chi siete voi?”, domandò concitatamente, cercando
di voltarsi per
guardare bene in faccia quell'uomo.
“Vi
ho salvato la vita poco fa” rispose lui. “Non mi
riconoscete?”
Ainslee
dovette ammettere che era proprio la stessa persona, lo riconosceva
senza possibilità di fraintendimento. Peccato,
perché avrebbe tanto
voluto trovarsi davanti qualcuno con cui sfogare la propria rabbia,
magari uno dei tre assassini che aveva ucciso i suoi genitori e
Ciaran. Poi un'ondata di consapevolezza si abbatté su di lei
quando
il ricordo le tornò vivido alla mente. Aveva ucciso quei tre
mercenari. Uno dopo l'altro. Per la prima volta nella sua giovane
vita, aveva ucciso. Non sapeva se il pensiero fosse spaventoso o
piuttosto liberatorio. In un certo senso aveva fatto giustizia. Aveva
vendicato la sua famiglia... e allora perché non sentiva
altro che
rabbia? Una rabbia tale che soffocava persino il dolore pulsante che
sentiva al centro del petto?
“Potrete
anche avermi salvato... e vi ringrazio” concesse non senza
una
certa affettazione. “Ma io non vi conosco, non so chi siete e
non
so cosa vogliate da me. Ma io voglio una cosa da voi: che fermiate
questo cavallo e mi riportiate immediatamente indietro.”
“Non
posso” rispose l'uomo, senza aggiungere spiegazioni. Questo
fece
infuriare Ainslee ancora di più.
“Come
non potete? Fermatevi subito! Se necessario farò la strada a
piedi
senza esservi di peso. Devo tornare a casa mia, al
villaggio...”
“Non
potete tornare, mia signora. È pericoloso per voi, chi vuole
uccidervi è ancora là fuori.”
“Perché
mi chiamate così? Voi avete tutta l'aria di essere un
cavaliere,
mentre io sono solo la figlia di un fabbro.”
L'uomo
non rispose, così Ainslee tornò all'attacco.
“Devo
tornare per vedere se la mia amica Enid sta bene, devo avvertire il
conestabile del villaggio di quello che è successo! E devo
seppellire la mia famiglia...”
“Vi
ripeto che non potete” continuò calmo l'uomo.
“Ah,
non posso eh? Bé, vi giuro che se non fermate subito questo
dannato
cavallo mi butterò di sotto io stessa!”
gridò Ainslee, ormai
completamente fuori di sé. Cominciò ad agitarsi
cercando di
sfuggire alla presa del cavaliere, tanto che lui, imprecando, fu
costretto a rallentare al trotto per evitare che lei cadesse. A quel
punto anche lui aveva perso un po' della sua impassibilità.
“Ma
si può sapere cosa diavolo vuoi fare?” le
gridò di rimando,
completamente dimentico delle formalità. In quel momento lei
gli
sembrava solo una ragazzina isterica e testarda. “Ti
ammazzerai!”
“Allora
lasciami andare subito!” urlò di nuovo Ainslee.
Il
cavaliere tirò le briglie per frenare il cavallo, portandolo
al
passo. Quando furono pressoché fermi Ainslee ne
approfittò per
scivolare giù dalla sella, cadendo rovinosamente nel
tentativo.
Tuttavia non si lasciò abbattere dal dolore al fondoschiena
e dai
lividi che sicuramente si era procurata. Si rimise in fretta in piedi
e cominciò a correre via, lontano da quell'uomo.
Un
tonfo alle sue spalle le confermò che anche l'uomo era sceso
di
sella in tutta fretta e che si era lanciato al suo inseguimento.
Dannazione!
In poche
falcate
l'uomo l'aveva quasi raggiunta. Ma doveva aspettarselo: anche
se
lei non era affatto bassa, l'uomo la superava di parecchio. Non c'era
da stupirsi che per coprire la stessa distanza che lei percorreva in
tre passi, a lui bastasse un'unica falcata.
L'afferrò
per le spalle, inducendola a voltarsi, e i due stettero a guardarsi
per qualche momento, sulla difensiva come due animali selvatici, il
respiro leggermente ansante.
“Ascoltatemi”
disse l'uomo con il rammarico nella voce. Provava compassione per
Ainslee; per tutto ciò che le era accaduto, e per tutto
ciò che
avrebbe dovuto affrontare in futuro. Ma sentiva che se non fosse
stato lui a rompere quel silenzio, lei non lo avrebbe fatto. Sarebbe
rimasta in quello stato di allerta, aspettando il momento buono per
scattare e attaccarlo. Non bisognava sottovalutare quella ragazza
apparentemente fragile; lui ne era stato testimone.
“So
che avete tutte le ragioni per essere spaventata da me, ma vi giuro
che non ho intenzione di farvi del male. Vi ho salvato la vita.
Potete fidarvi di me.”
Ainslee
appariva tutt'altro che convinta. “Ditemi chi
siete.”
“Il
mio nome è Gareth... ma per ora non posso svelarvi altro.
Saprete di
più a tempo debito, ma non da me.”
“Ma
io voglio sapere...”
“Vi
prego, non chiedete. Non posso dirvi altro di me... o di voi.”
Ainslee
non ebbe apparente reazione a quella dichiarazione sibillina.
Cominciava però a calmarsi, e qualcosa negli occhi del
cavaliere la
spingeva a fidarsi di lui.
Con
il respiro finalmente regolare, si allontanò di un passo,
passandosi
le mani sul viso.
“D'accordo,
diciamo che per il momento sono disposta a fidarmi di voi”
disse
fissandolo con sguardo tagliente. “Dopotutto mi avete salvato
la
vita, e vi prego di credere che ve ne sono davvero grata.”
“Mi
fa piacere...”
“Questo
però non toglie che io debba tornare immediatamente
indietro. Perché
volete impedirmelo?”
“Per
la vostra sicurezza.”
“Tuttavia
non volete rivelarmi perché sarei ancora in
pericolo...” Ainslee
stava cominciando davvero a sentirsi esasperata. Le sembrava tutto
così assurdo e surreale che non era del tutto convinta di
non
trovarsi in un incubo frutto della sua mente, e che non si sarebbe
svegliata da un momento all'altro.
Gareth
si passò la mano tra i capelli con un sospiro. Quella
ragazza era
decisamente testarda. “Mi sembra di capire che non mi
ascolterete a
meno che io non vi dia un buon motivo, giusto?”
Ainslee
annuì lentamente.
“Bene,
allora... posso dirvi questo. Quel posto non è sicuro per
voi,
perché quegli assassini non vi hanno trovato per caso.
Qualcuno gli
ha passato informazioni su di voi, qualcuno che sapeva dove
trovarvi.”
“State
dicendo che qualcuno mi avrebbe tradito? Ma è assurdo! E poi
cosa
importava a quegli assassini di me o della mia famiglia?
Perché
diavolo qualcuno avrebbe dovuto essere interessato a noi?”
“Ricordate?
Niente domande.”
Ainslee
sbuffò di rabbia. “Siete impossibile!”
“Sarà
anche vero, ma nessuno avrebbe potuto arrivare a voi se non fosse
stato guidato” replicò Gareth.
“E'
impossibile! Escludo nel modo più assoluto che qualcuno al
villaggio
abbia potuto tradire me o la mia famiglia.”
“Io
vi dico la verità, anche se so che è molto
amara.”
La
ragazza rimase in silenzio qualche secondo. Non sapeva più
cosa dire
per scalfire la sicurezza del cavaliere.
“Non
mi permetterete nemmeno di andare a dare alla mia famiglia una degna
sepoltura? Dopotutto quei mercenari sono morti ormai.”
“Quelli
non erano che l'inizio. A quest'ora sapranno che hanno fallito e ne
arriveranno altri. Non possono essere lontani.”
“Volete
dire che... vogliono uccidere me?” bisbigliò
Ainslee portandosi le
mani al petto. Il suo volto era il ritratto
dell'incredulità, ma lo
scetticismo che aveva provato fino a quel momento aveva lasciato il
posto a una paura nuova. Non era finita. Non era finita affatto.
Gareth
le tese la mano. “Vi prego, fidatevi di me.”
Ainslee
ancora esitava, ma il viso di Gareth era così dolce,
rassicurante...
quei suoi profondi occhi grigi le comunicavano sicurezza. Una cosa
che ultimamente aveva scarseggiato nella sua vita.
“D'accordo,
allora” disse asciutta. “Dove andiamo?”
“Lontano
da qui.”
Quando
furono abbastanza lontani dal villaggio Gareth fece fermare il
cavallo in una radura riparata in mezzo al bosco. La povera bestia
era ormai allo stremo delle forze, e il cavaliere la condusse per le
briglie presso un piccolo corso d’acqua dove poté
dissetarsi e
brucare la tenera erbetta.
Anche
Ainslee scese volentieri da cavallo. Si sentiva male alla vista della
sua veste sporca di sangue e dei capelli impolverati.
Come
leggendole nel pensiero, Gareth tirò fuori un involto dalle
borse
della sella e glielo porse.
“Tenete.
Se andate in quella parte riparata del ruscello potrete lavarvi e
cambiarvi d’abito”, le disse mentre Ainslee
spiegava una veste a
lei molto familiare. Era una delle sue, quella di tela marrone con il
collo e le maniche giallo ricamate con una fantasia geometrica; era
un abito semplice ma di buon taglio. Forse il migliore che aveva
posseduto.
“Ho
preso alcuno cose che pensavo vi sarebbero state utili, prima di
lasciare la fattoria”, aggiunse il cavaliere a mo’
di
spiegazione.
Ainslee
non aprì bocca, mentre percorreva lo stretto sentiero
sabbioso
circondato su ogni lato da cespugli di rovo.
Il
sentiero terminava sulla riva del ruscello, su una spiaggetta
talmente piccola da essere sufficiente appena per due persone sedute
l'una accanto all'altra. Dall'altro lato il corso d'acqua era
riparato da un'alta parete rocciosa, sul cui ciglio crescevano
rigogliosi i verdi alberi del bosco. Quel posto doveva essere
conosciuto a pochi.
Al
riparo da tutto Ainslee si tolse la veste sporca e immerse
tentativamente i piedi nell’acqua. Trovò che era
gelida,
limpidissima e molto bassa, tranne che per una piccola pozza
riparata, che si trovava ai piedi della parete di roccia. Sembrava
che la corrente vivace che percorreva il basso fondo sassoso neppure
sfiorasse quel piccolo angolo fatato. Ainslee vi si diresse, scossa
dai brividi di freddo sempre più intensi. S'immerse fino al
mento e
rimase così, lasciando che il liquido trasparente lavasse
via tutto
l’orrore e il sangue che le marchiavano il corpo e la mente.
Dopo
un tempo infinito si decise a uscire e si avvolse nella veste pulita.
Raccolse i lunghi capelli ancora umidi in una pesante treccia che
avvolse sul capo, e tornò da Gareth.
Il
giovane cavaliere aveva già allestito un piccolo campo:
aveva acceso
il fuoco e cacciato un coniglio, che già si stava rosolando
su uno
spiedo. Il sole era quasi del tutto tramontato dietro gli alberi.
“Stavo
quasi per preoccuparmi. Ce ne avete messo di tempo!”,
commentò il
giovane quando la vide arrivare. “Avete fame?”
“A
dir la verità non molta” rispose laconica Ainslee.
“Preferirei
dormire, se non vi dispiace.”
“Certamente”
rispose Gareth occhieggiandola perplesso. “Monterò io di guardia stanotte.” E pensò: Non mi ha nemmeno
chiesto dove la stia
portando. È strano.
La
mezzanotte era passata da un pezzo quando Gareth, seduto di fronte al
fuoco, sentì un tocco leggero sulla spalla. Con un sobbalzo
si
voltò, vigile, pronto ad affrontare qualsiasi minaccia gli
si fosse
parata davanti. Ma tolse la mano dall'elsa della spada, già
pronta
ad essere estratta dal fodero, quando si accorse che il suo nemico
aveva capelli d'oro argentato, occhi di ghiaccio, e un sorriso che
non lo rassicurava affatto.
“Siete
voi...” constatò con un'alzata di spalle.
“Credevo steste
dormendo.”
Ainslee
assunse un'aria contrita. “Ho dormito abbastanza, non ho
più
sonno. Perciò pensavo che avrei potuto fare il secondo turno
di
guardia, per permettervi di riposare un po'.”
“Non
mi sembra una buona idea.”
“Vi
ho già dimostrato di sapermi difendere, credo. Come potrete
affrontare il viaggio di domani senza nemmeno un'ora di sonno alle
spalle? Ci avete pensato?”
Gareth
aprì bocca per dire qualcosa, poi la richiuse. Ainslee ne
approfittò
per rincarare la dose.
“Vi
sveglierò al minimo rumore, promesso.”
“D'accordo”
acconsentì infine Gareth. “Ma fate molta
attenzione e non
allontanatevi dal fuoco. Sarò proprio qui, accanto a
voi.”
Ainslee
non dovette attendere molto. Gareth aveva il sonno facile, ma
– lei
sospettava – anche leggero. Doveva essere più
silenziosa di una
piuma trasportata dal vento.
In
punta di piedi raggiunse il sauro, che brucava erba poco più
in là.
Quando la vide avvicinarsi con la coda dell'occhio, l'animale
cominciò a innervosirsi, sbuffando dal naso e agitando la
coda.
Ainslee allungò la mano e gli mise sotto il naso una mela
che aveva
rubato poco prima dalle sacche da viaggio di Gareth. Il cavallo
cominciò a masticare soddisfatto, facendosi carezzare sul
muso dalla
ragazza. Una volta che ebbe conquistato la sua fiducia, Ainslee
sciolse la briglia dal nodo che la legava al tronco dell'albero.
Gettò un ultimo sguardo a Gareth, ancora immerso nel sonno.
Per
qualche strana ragione ad Ainslee si strinse il cuore a doverlo
ingannare a quel modo. Ma semplicemente non aveva scelta. Con il
cuore in tumulto condusse il cavallo fuori della radura e dentro il
bosco, dove montò in sella senza paura di svegliare Gareth:
non
poteva sentirla a quella distanza, anche se avesse avuto il sonno
davvero leggero. Poi spronò il cavallo in direzione di casa
sua e
del villaggio.
Nota
dell'Autrice: Ed
eccomi tornata con il nuovo capitolo... scusate se vi ho fatto
aspettare, voglio sempre cercare di essere regolare negli
aggiornamenti, ma quando si mettono in mezzo le vacanze è
difficile
^-^ Che dire... spero che questo capitolo vi piaccia, si inizia a
delineare la figura di Gareth, ma per ora è tutto ancora
misterioso.
Ma non temete, più avanti le cose si faranno più
chiare. La
rivelazione per Ainslee/Arianrhod non è lontana. Ringrazio
tutti
coloro che seguono/recensiscono/ leggono... siete fantastici! Volevo
darvi un'idea di come ho immaginato Gareth, ispirandomi a un attore
che mi piace molto: Michael Vartan (che magari qualcuno
ricorderà in
Alias). Lo trovo assolutamente adatto al mio personaggio, anche
perché ha interpretato Lancillotto in un film basato su un
romanzo
di MZ Bradley, quindi in epoca e contesto attinenti alla storia dato che più avanti ci sarà proprio un crossover con alcuni personaggi delle leggende arturiane.
Ciao
a tutti e alla prossima
Eilan
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