Prefazione.
Echi
della Grande Guerra.
La
guerra andava avanti da cento anni ormai, e nonostante in molti
fossero già morti o scomparsi, erano ancora tanti quelli che
vi
partecipavano attivamente. Alcuni lo facevano per vendetta, altri per
riuscire a dare il proprio contributo, nella speranza di mettere la
parola fine a quella strana disputa, e, fra gli sciocchi,
c’era
anche chi combatteva per la gloria.
La
Nazione del Fuoco, in questo, si riconosceva bene. Era stato infatti
il vecchio Signore del Fuoco Sozin a dare inizio al tutto, compiendo
il genocidio dei Nomadi dell’Aria e guadagnandosi
così il titolo
del più grande fra coloro che lo avevano preceduto a capo
della
propria nazione.
Lo
aveva fatto con il preciso intento di impedire all’Avatar di
cominciare il suo addestramento, imponendo così al mondo non
solo di
non avere una guida, ma anche un difensore. Egli sarebbe stato
l’unico in grado di fermarlo, una volta acquisiti tutti i
Domini,
quindi gli parve ovvia la decisione di fare tutto ciò che
era in suo
potere per ucciderlo.
Ucciderlo
o, per lo meno, catturarlo.
Tutti
si considerarono fortunati quando si venne a sapere che, a dire il
vero, Sozin non fu mai in grado di vedere, anche solo per un istante,
il predestinato.
L’Avatar era fuggito, scampato di un soffio alla tragedia che
ancora oggi è ricordata negli annali come la più
orribile
dimostrazione della crudeltà dei Dominatori del Fuoco.
Purtroppo
però, assieme alla gioia di sapere che, da qualche parte, il
grande
salvatore era ancora vivo, si affiancò anche
l’angoscia nel non
vederlo comparire nei momenti più bui che seguirono lo
sterminio dei
Nomadi dell’Aria. La Nazione del Fuoco si espandeva,
aumentava il
numero delle vittime, ma pur con un simile clima di disperazione egli
non arrivò mai in soccorso dei più deboli.
Così,
convinti che in fondo fosse morto per davvero, il mondo
cominciò a
non credere più in lui, dimenticando non solo la sua storia,
la sua
grandezza, ma anche la speranza.
Dopo
la morte di Sozin, la Nazione del Fuoco conobbe altri dittatori,
quali suo figlio e suo nipote, il Signore del Fuoco Ozai, pari a lui
in egoismo e malvagità.
Quest’ultimo
si ritagliò nella storia uno spazio tutto suo, facendo
raggiungere
al proprio popolo l’apice della prosperità a
discapito della
felicità altrui: conquistato il trono con
l’inganno – ovvero
approfittando di un momento di debolezza del fratello maggiore, Iroh
-, Ozai compì molte rivoluzioni, macchiandosi al contempo
anche di
svariati peccati. Il suo stesso primogenito, sangue del suo sangue,
venne esiliato dalla propria terra dopo essersi guadagnato sul viso
una cicatrice spaventosa, a ricordo dell’insolenza con cui si
era
posto nei riguardi del padre.
Il
Signore del fuoco costrinse il figlio a cercare l’Avatar, ben
sapendo che tale richiesta rasentava il ridicolo: ormai tutti davano
per scontato che questo non esistesse più, e perfino il
migliore dei
Cacciatori non lo avrebbe mai potuto trovare.
Un
giorno, però, Zuko tornò a corte. Accompagnato
dalla sorella Azula
prese possesso della dimora del Signore del Fuoco e, in breve, anche
del suo regno. Ozai morì, lasciando al figlio il suo posto.
Nessuno
seppe mai come ciò era stato possibile, come, un principe
esiliato,
avesse convinto la sorella a collaborare per la conquista del potere.
Tuttavia, all’età di diciassette anni, egli prese
coscienza della
situazione e diresse la guerra verso nuovi lidi. Sotto al suo
comando, la Nazione del Fuoco ricominciò a vincere le
battaglie, una
dopo l’altra, mettendo in ginocchio anche gli ultimi che
ancora
cercavano di tenergli testa.
Quando
il Re di Ba Sing-Se morì, seguito a ruota dal Dai Li ed il
suo
entourage, tutto sembrò finito.
I
Dominatori del Fuoco avevano vinto ed erano riusciti a conquistare
ogni cosa.
Fu
però “La morte dell’Est” a
riportare l’ordine nella città
fortezza, scacciando da sola le truppe di Zuko. La nuova Regina di Ba
Sing-Se, una ragazzina di soli quattordici anni, seppe contrastare
un’intera legione, riportando la luce laddove si era espansa
la
tenebra.
Accompagnata
da nuovi soldati e stringendo alleanze con gli ultimi gruppi di
ribelli, ella ricominciò la guerra, pronta a lottare fino
alla morte
se fosse servito a ripristinare l’equilibrio che Sozin, cento
anni
addietro, aveva spezzato.
Fino
a che la Nazione del Fuoco non fosse stata sconfitta, non
c’era
speranza per nessuno di vivere la propria esistenza normalmente,
riabbracciando i propri cari o ricostruendosi una famiglia. Bisognava
continuare, combattere fino all’ultimo respiro per
ricominciare a
vivere sul serio.
L’Avatar
era dunque scomparso, ma, almeno la speranza,
era tornata.
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