Book
One: Earth
Chapter
one: I want to go back to the front line
La
città fortezza di Ba Sing-Se, durante le visite della
propria
Regina, era sempre piena di fermento: nonostante fuori dalle mura la
Nazione del Fuoco stesse tentando di conquistarla, là dentro
i
cittadini si sentivano al sicuro e festeggiavano l’arrivo
della
Sovrana con sempre rinnovata eccitazione e contentezza. Era una gioia
vedere i sorrisi delle persone, ignare della Guerra che imperversava
nel mondo o forse decise ad ignorarla per almeno un paio di giorni.
Fra le strade del primo, del secondo, e del terzo anello murario, le
risate e le feste riempivano il quotidiano. I bambini sorridevano, i
vecchi parlavano tranquilli ai tavoli delle taverne, i lavoratori
facevano piccoli sconti in onore della presenza di colei che, da
sola, aveva riportato la pace almeno in quel piccolo, piccolissimo
pezzo di mondo.
Quando
era a “casa”, gli stendardi verdi venivano issati
per tutta la
grande muraglia, e perfino dalle finestre delle case dei normali
contadini una piccola bandiera sventolava allegra al vento.
La
“Morte dell’Est”, Toph, era benvoluta ed
amata da tutti i suoi
sudditi, ma per quanto tale affetto fosse invidiato dai più,
lei
pareva non goderselo appieno. Era infatti sua opinione che fosse
inutile ostentare tutta quella devozione laddove lei, con la sua
cecità, non avrebbe potuto comunque apprezzarla. Essendo poi
una
persona dura e schietta, difficilmente trovava affascinanti oscuri
figuri propensi solo a farle da lacchè. Chiaramente non
tutti quelli
che le si avvicinavano avevano l’intenzione di guadagnare
qualcosa
facendo i gentili nei suoi confronti, però ormai la giovane
Regina
aveva assunto una sorta di propria visione distorta del popolo
mondiale: da una parte c’erano quelli disperati, pronti a
tutto per
riottenere quel tanto che bastava per farsi chiamare ancora
“esseri
umani”; dall’altra, invece, c’erano
quelli senza scrupoli,
spinti dal desiderio di arraffare più che si poteva,
approfittando
della situazione di svantaggio dei meno fortunati.
Quindi,
pur lavorando sodo per salvare gli uni e gli altri, Toph non si
sentiva mai in dovere di ricambiare le gentilezze altrui.
Si
ripeteva che non aveva combattuto, riprendendosi Ba Sing-Se, per
avere più amore – vero o falso che fosse
– nella sua vita. Se si
era cimentata in una simile imprudente quanto folle impresa, era
stato perché quella era la cosa giusta da fare, punto. Non
c’erano
motivi in più che avrebbero reso la sua condizione migliore
rispetto
a quella di prima. Comunque fosse andata, ovvero sia che fosse morta
nel tentativo di ridare un po’ di speranza non solo al Popolo
del
Regno della Terra, ma anche al mondo intero, sia che fosse riuscita
nell’intento, Toph aveva deciso di lottare per ciò
che credeva
essere la causa più valida.
La
libertà.
Lei
rivoleva la libertà per il suo Regno, per gli oppressi e
anche per
se stessa.
Era
un concetto semplice, alla fin fine.
-
Mi state dicendo che cominciano a scarseggiare le provviste? -
domandò la ragazzina, camminando con il proprio seguito per
i
corridoi del castello.
Ad
ogni svolta c’erano servitori dediti agli inchini, nobili che
la
salutavano, cameriere allegre e fin troppo accomodanti. Toph
alzò
gli occhi al cielo, aumentando la velocità per raggiungere
il prima
possibile la sala riunioni: non le piaceva quell’atmosfera
falsamente calma, né tanto meno apprezzava discutere di
importanti
novità così, davanti a tutti, con il rischio che
orecchie non
avvezze ai cattivi presagi potessero ascoltare.
-
Esattamente, mia Regina.
Il
Generale Cheng1
le si affiancò, le mani dietro alla schiena, unite, il
solito
sguardo sincero e sicuro ad accompagnare ogni sua mossa.
Personalmente Toph apprezzava quell’uomo, le dava
l’idea di
essere totalmente affidabile e, quindi, era forse per questo motivo
che lasciava sempre a lui il comando della città quando
doveva
assentarsi. A differenza di Long Feng, il Dai Li, quell’uomo
comprendeva la necessità di mantenere la popolazione in
costante
stato d’allerta, in modo da non darle false speranze circa la
pace. Con lui al proprio fianco, Toph sapeva di non doversi
preoccupare circa le sorti di Ba Sing-Se. Se un giorno lei non fosse
tornata, Cheng l’avrebbe sostituita senza rivoluzionare
ciò che
lei, nel corso del breve tempo che aveva passato come Sovrana, aveva
costruito.
-
Sono settimane che dite questo, Generale Cheng, eppure non vedo altro
che banchetti sontuosi alle mie tavole, nonché continue
festicciole
nelle piazze della città. – disse ad un certo
punto Toph,
spalancando i portoni della sala conferenze ed andando di filato al
suo posto, a capo della grande tavolata - …o state cercando
di
mettermi sotto pressione, o volete ridurci alla miseria prima del
dovuto. Per quale delle due devo propendere?
Cheng
abbozzò un sorriso, sedendosi alla sua destra.
-
Né per l’una, né per l’altra.
– rispose – I cittadini
conoscono le nostre condizioni ma, nonostante tutto, hanno deciso di
continuare con i festeggiamenti per il suo arrivo.
-
Un atto di grande devozione, mia Signora.
Lei
accavallò le gambe malamente, appoggiando il mento al palmo
della
mano. Girandosi verso il Generale Hui esibì una profonda
nota di
disapprovazione.
-
Un atto di devozione, dite? Mi aspettavo più acume da lei.
Il suo
nome non significa forse “intelligenza”?
– sibilò – Io la trovo pura
stupidità. Se siamo a corto di
viveri non voglio che la mia gente si privi di ciò che ha
per
ostinazione. Posso vivere anche senza tutte queste celebrazioni.
-
Il popolo le vuole bene.
-
Lo so. Lo so e ne sono felice, ma non possiamo permetterci
passatempi, adesso. Festeggeremo quando sarà il caso, ovvero
quando
e se avremo vinto questa Guerra.
Alcuni
fra i Generali più giovani annuirono, convinti che la loro
Regina
avesse pienamente ragione, ma chi, fra quelli più anziani,
aveva
avuto modo di vedere gran parte di quell’eterna disputa
pensò, fra
sé e sé, che forse quelle potevano essere le
ultime ore felici
passate nella propria dimora. Era passato così tanto tempo,
da
quando anche uno solo di loro aveva vissuto in pace, che adesso ogni
occasione era buona per cercare almeno di dimenticare il dolore, il
senso d’oppressione, il dispiacere.
-
Fate affiggere ai muri della città volantini, assicuratevi
che tutti
conoscano il mio volere. – continuò Toph,
osservando con occhi
ciechi ogni persona all’interno di quella stanza –
Basta con le
feste in mio onore. Mi rendono orgogliosa di essere la Regina, certo,
però mi fanno anche sentire in colpa. Tutto quel cibo ora
viene
sprecato, e prima o poi qualcuno potrebbe pentirsi di aver fatto
tanto.
-
Come desiderate.
-
Al fronte, comunque, le cose non vanno molto bene.
-
Perché, qui vanno forse bene, Generale Hui?
L’uomo
alzò lo sguardo su di lei e, notando un sorriso schietto,
ricco di
ironia, si costrinse in qualche modo a non risentirsene. Tutti
conoscevano il carattere di Toph e per quanto ciò non si
addicesse
per niente al suo status di Regina del Regno della Terra, oramai
perfino loro ci avevano fatto il callo. Era stata la sua forza a
salvarli tutti, bisognava darle almeno il beneficio del dubbio.
-
Intendevo dire che, proprio come qui, gli approvvigionamenti
cominciano a scarseggiare. Stiamo facendo come ci ha detto, mia
Signora, in città accogliamo tutti i rifugiati possibili e
tra le
nostre fila aggiungiamo volenterosi incontrati lungo la strada,
assicurandoci che ci possano essere di qualche aiuto in battaglia, ma
continuando su questa strada non abbiamo fatto altro che aumentare la
popolazione in modo esagerato, assottigliando la quantità di
cibo.
-
Credo che potrebbe andare peggio.
I
più si accigliarono, il Generale Hui in primis.
-
E come…?
Toph
rise sommessamente, la sua risata roca, piena di scherno.
-
Potrebbe cominciare a non esserci più l’acqua. Ah,
come vorrei che
ci fossero ruscelli di carne…
-
Non credo che vostra Signoria stia prendendo seriamente la
situazione…
-
La sto prendendo come deve essere presa, Hui. –
mormorò Toph,
battendo le mani sul tavolo – Le persone che arrivano qui
ogni
giorno necessitano di un luogo sicuro in cui vivere, e quelle che
invece si fanno avanti, decise a combattere al nostro fianco, fanno
un grosso favore a tutti noi. Mi rendo conto che siamo in un momento
di crisi, nessuno meglio di me può capirlo, ma sappiate che
non ho
nessuna intenzione di lasciare al proprio destino intere famiglie o
piccoli gruppi che, da soli contro le truppe della Nazione del Fuoco,
rischierebbero la morte. Se non vi piace come la penso, potete sempre
ingegnarvi per trovare un’idea migliore, intelligentone.
Calò
il silenzio, dopo quel discorso. Nessuno osò proferire
parola e, chi
aveva la capacità di farlo, si godette la scena carica di
tensione,
passando lo sguardo da Toph a colui che aveva osato contraddirla.
Quest’ultimo ignorò volutamente l’ultimo
commento della Regina,
e dopo essersi alzato dalla propria sedia si prodigò in un
profondo
inchino.
-
Chiedo perdono per avervi offesa, mia Signora. – disse.
La
giovane non rispose e piuttosto si ravvivò i capelli,
scuotendo un
poco il capo.
-
Non mi dovete scuse, Hui. Siamo nativi del Regno della Terra,
testardi e ottusi come pochi altri. Mi sorprende che non prendiamo le
nostre decisioni a suon di pugni giù, nel cortile…
Tutti
risero, dimenticando il pessimo attimo appena vissuto e continuando
con la riunione.
La
decisione di smettere con le festività venne proclamata
idonea,
nuove precauzione furono prese per evitare che il cibo prodotto fosse
minore rispetto a quello consumato, e quando il gruppo si sciolse
Toph corse verso le proprie stanze, seguita a ruota dal Generale
Cheng.
-
Come al solito, lascio tutto nelle vostre mani.
-
E come al solito io mi considero onorato per la fiducia che
continuate a riporre in me.
-
Torno al fronte, sperando di essere lì il più
velocemente
possibile. Ultimamente le mosse del Signore del Fuoco si sono fatte
furbe, poche ma efficaci. Devo tornare e cercare di capire quale sia
il suo piano.
Cheng
non disse niente, preoccupandosi silenziosamente per la sua Regina.
Come ovvio non trovava giusto che fosse una ragazzina di appena
tredici anni a sobbarcarsi delle sorti di un’intera nazione
– o
del mondo stesso, molto più probabilmente – e per
quanto
conoscesse la sua grandezza sul campo di battaglia, ancora gli veniva
difficile reprimere il proprio istinto paterno.
D’altro
canto, se non si occupava lui di farle sapere certe cose, chi altri
avrebbe potuto? La famiglia Bei Fong era stata distrutta e Toph era
rimasta sola. Non c’erano genitori, per lei, pronti a
sacrificarsi
o a farle notare i suoi errori.
-
…non dovreste fare tutto da sola. –
proferì infine, osservandola
mentre rallentava il passo.
Si
fermarono poco distanti dalla terrazza che dava sul giardino interno,
quello pieno di alberi verdi e sanissimi. Se ci fosse stato tempo
nella sua frenetica vita, Toph avrebbe apprezzato molto godersi una
giornata dedita solo alla svagatezza sotto a quelle fronde, ma si
dava il caso che per un motivo o per l’altro tale privilegio
non le
veniva mai concesso.
-
Se non mi occupo io di certe cose, chi altri lo farà?
– gli
chiese, voltandosi verso il calore del Sole, il quale le colpiva il
braccio sinistro, filtrando dalle porte aperte – Sono la
Regina, è
mio dovere
fare tutto da sola.
-
È vostro dovere occuparvi del Regno, questo non lo nego, ma
trovo
sia ingiusto da parte di tutti il dare così per scontato che
sia una
cosa naturale, per una giovane come voi, il rinunciare ad una vita
diversa.
Toph
venne scossa da un fremito, ma non di rabbia, di divertimento. Si
mise una mano sul fianco, dondolando appena appena il capo.
-
A che genere di vita potrei aspirare se non a questa, Cheng? Il mondo
è in rovina, e a meno che io non fossi nata nella nazione
nemica,
non avrei alcun modo per godermi un’esistenza tranquilla.
– disse
– Questa vita mi va bene. Me la sono scelta e a testa alta
continuerò a viverla, dovesse costarmi un braccio, una gamba
o
chissà che altro.
-
Sì, ma…
-
Niente ma,
Cheng. – gli sorrise, e stavolta cercò di
imprimere dolcezza in
quell’espressione, non sarcasmo – So cosa stai
cercando di fare,
e ti ringrazio. La Guerra però non si fermerà
solo perché non è
giusto che una ragazzina combatta.
Detto
questo, dopo essersi salutati, Toph mise piede nei propri
appartamenti, dando ordini ai servitori di preparare la sua sacca:
presto sarebbe tornata al centro della mischia, cosa che un
po’ la
inebriava di adrenalina e che un po’, anche se mai lo avrebbe
ammesso, la impauriva.
Il
solo pensiero che quell’incubo sarebbe potuto non finire mai
la
schiacciava giorno dopo giorno, continuamente, obbligandola
sì a
stringere i denti, ma anche a chiedersi per cosa stesse ancora
lottando.
“La
libertà,
Toph.” si disse, scacciando i brutti pensieri dalla mente
“Ricordalo sempre: vale la pena di morire per la
libertà.”
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