Speranza e Rinascita

di Recchan8
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Da quando le sue memorie si erano ridestate, Kunibert aveva iniziato ad avvertire delle losche presenze nella sua città. Temendo che si potesse trattare di una nuova minaccia, aveva più volte tentato di mettersi in contatto con Sailor Saturn, l'unica persona che oltre a lui era a conoscenza della verità passata. Purtroppo, però, non era così facile evocare la Guerriera della Morte e della Rinascita, neppure per una “semplice” discussione telepatica; solo Sailor Saturn poteva decidere quando degnare Kunibert della propria presenza mentale. Il giovane dai capelli argentati si era rassegnato: se quella era la volontà della bella Guerriera, lui non vi si sarebbe opposto; in quanto comandante dei Quattro Generali Celesti avrebbe fatto affidamento sulle sue sole forze.
E su quelle dei propri compagni.
Se solo riuscissi a trovarli”, pensò disegnando con forza una X sul quaderno degli appunti.
Dacre, seduto alla sua destra, lanciò una rapida occhiata al compagno e, pensando che volesse fare una rapida partita a filetto, si apprestò a disegnare la griglia sul quaderno dell'amico. Kunibert lo guardò accigliato.
-”Comincio io”- disse il ragazzo moro sottovoce.
-”A fare cosa?”-.
-”Non vuoi giocare a filetto?”- domandò Dacre indicando la grande X con la punta della matita. Kunibert aggrottò la fronte e scosse lentamente la testa. -”Allora si può sapere cosa stai facendo? Non è da te essere così distratto a lezione”-.
Kunibert, un lieve ed enigmatico sorriso sulle labbra, posò la penna sul proprio quaderno e si strinse nelle spalle. Dacre non riuscì a dare un senso alla tacita risposta dell'amico. Odiava quando Kunibert faceva il misterioso; in quei casi il ragazzo dagli occhi grigi adottava una sorta di mal velata superbia che lo mandava in bestia. Dacre schioccò la lingua e tornò a seguire il professore. Guai a lui se si fosse azzardato a chiedergli gli appunti della lezione a fine giornata!
Kunibert, con la coda dell'occhio, vide Dacre borbottare qualcosa. Che se la fosse presa per il suo comportamento serafico? Impossibile. Dacre non era il tipo di ragazzo che si sarebbe offeso per una scempiaggine simile. Diede un'occhiata al display del cellulare e si lasciò sfuggire un sospiro di sollievo: mancavano finalmente solo quindici minuti al termine delle lezioni, e ciò significava che Kunibert avrebbe potuto iniziare la ricerca dei suoi compagni. Fece vagare lo sguardo per l'aula, soffermandosi sui volti annoiati dei suoi colleghi. Chissà, magari tra di loro si nascondeva una delle Guerriere Sailor... Iniziò a squadrare dalla testa ai piedi tutte le ragazze bionde, nella vana speranza di incrociare gli occhi blu della sua dea.
Due parole pronunciate al microfono dal professore lo riportarono alla realtà.
-”E' tutto”-.
Immediatamente gli studenti si alzarono dai loro posti e iniziarono a mettere le loro cose nello zaino, nella borsa o nella valigetta. Dacre e Kunibert imitarono i loro compagni, senza però l'uno degnare l'altro di uno sguardo.
Perché mi sento così a disagio?”, si domandò Kunibert chiudendo la cerniera del suo zaino nero.
Dacre si chiese esattamente la stessa cosa. Ultimamente si sentiva spesso infastidito dagli atteggiamenti dell'amico. Se qualcuno, in quel momento, gli avesse chiesto di descrivere Kunibert con tre aggettivi, Dacre avrebbe risposto: Superbo, altezzoso ed egocentrico”. Forse si era sbagliato, la loro non era una vera amicizia...
-”Sei... Sei a piedi?”- gli domandò Kunibert un poco titubante.
-”Sì, ma devo passare da mia nonna. Ci vediamo domani alla Cartella”- tagliò corto. Si mise lo zaino in spalla e lasciò l'aula, le spalle ricurve in avanti e le mani ficcate nelle tasche dei jeans.
Kunibert serrò la mascella. Cosa gli era preso? Che Dacre avesse avvertito il suo distacco a causa dei ricordi recuperati? Si guardò i palmi delle mani e si toccò i lobi delle orecchie. Possibile che dopo aver riacquistato le sue memorie il suo atteggiamento nei confronti del ragazzo moro fosse cambiato? E se fosse stata addirittura la sua intera personalità a cambiare?
Era corretto considerare Kunibert e Kunzite la stessa persona?
Chi sono io in questo momento?”.
La testa iniziò a girargli, mentre la sua vista venne annebbiata da una miriade di puntini luminosi danzanti. Afferrò immediatamente la spallina dello zaino e si precipitò fuori dall'aula prendendo a spallate un paio di persone. Doveva uscire da quel luogo chiuso e afoso; agognava l'aria aperta e il tiepido sole di ottobre. Fece di corsa i pochi scalini del portone della Facoltà di Scienze Politiche e si gettò in strada, in via Cherubini, allontanandosi subito dagli appena formatisi gruppetti di studenti. Si infilò nella prima traversa che trovò e iniziò a rallentare il passo, fino a fermarsi. Deglutì il groppo che gli si era formato in gola, ma il peggio, purtroppo, non era ancora arrivato. Con un braccio dal gomito tremante, Kunibert si resse al muro mentre continui e forti tremiti gli scuotevano il corpo. Con la mano libera si deterse la fronte dal sudore freddo. Strinse i denti e provò a muovere qualche passo in avanti. Qual era la causa di quel suo fortissimo e improvviso malessere? C'era un negozio a circa duecento metri da lui; di quale tipo di negozio si trattasse, Kunibert non fu in grado di capirlo: la vista gli si era annebbiata. Facendo appello a tutte le sue forze, alzò le gambe pesanti come colonne di marmo e, una mano sempre appoggiata al muro, si trascinò in avanti. Le sue ginocchia avevano assunto la stessa consistenza di un budino. Kunibert crollò e si accasciò a terra in maniera scomposta.
Ma porca puttana” fu l'ultimo pensiero del ragazzo prima di chiudere le palpebre pesanti.

 

 

Fu la voce di una ragazza a svegliarlo. Accompagnata dalla musica di una radio, stava cantando una canzone che risultò familiare alle sue orecchie. Un forte profumo di fiori aleggiava attorno a lui. Aprì gli occhi e vide che dal soffitto, tutti attorno alla luce, pendevano dei vasi dai quali strabordavano delle piante variopinte. Si tirò su a sedere e il panno che aveva adagiato in fronte scivolò sul suo grembo.
-”Oh! Ti sei ripreso!”- esclamò una voce alle sue spalle. La radio venne immediatamente zittita e una ragazza con indosso un grembiule rosa confetto si avvicinò al divanetto sul quale Kunibert era stato messo a riposo. -”Come ti senti?”- gli domandò.
Kunibert sbatté un paio di volte le palpebre e tentò di mettere a fuoco il volto della ragazza; la penombra che avvolgeva l'ambiente non gli era per niente d'aiuto. La ragazza col grembiule rosa parve rendersene conto e andò a premere l'interruttore della luce.
-”Scusami, stavo chiudendo il negozio”- si giustificò sorridendo. -”Sono le otto di sera”-.
-”Il... negozio?”- ripeté Kunibert. Si guardò attorno e finalmente capì: si trovava in un negozio di fiori. Ecco spiegate le piante appese al soffitto e il profumo dolciastro che serpeggiava fino alle sue narici. Quando i suoi occhi grigi iniziarono a funzionare correttamente, Kunibert notò una quantità spaventosa di fiori, piante e bonsai disseminate per il negozio.
-”Io sono Mackenzie, piacere”-.
-”...Kunibert”-.
La ragazza, i lunghi capelli mossi e castani tirati indietro sul lato sinistro della testa, si sedette accanto a Kunibert, il quale fissò sbigottito i suoi occhi color smeraldo.
-”No, non sono rasati!”- disse toccandosi i capelli. -”Li ho solo tirati indietro e fermati con delle mollette. Guarda, sono a forma di perle!”-.
-”Non ti stavo guardando i capelli”- borbottò Kunibert.
Mackenzie spalancò gli occhi e scoppiò in una fragorosa risata.
-”Cosa ci faccio qui?”- le domandò.
-”Un mio cliente, dopo essere uscito dal mio negozio, ti ha trovato svenuto in fondo alla via. Lui e dei passanti sono accorsi in tuo aiuto e ti hanno portato da me. Stai bene adesso? Cosa ti è successo?”-.
Kunibert annuì più volte, sia per convincere la ragazza che per convincere se stesso. E così alla fine era svenuto... Menomale qualcuno lo aveva soccorso. Certo che svenire in mezzo alla strada non era nel suo stile.
-”Ti sei sentito male all'improvviso?”- insistette.
-”Non ho pranzato oggi”- mentì Kunibert alzandosi in piedi sotto lo sguardo verde della ragazza. -”Ho avuto un calo di zuccheri”-.
-”Sei molto bianco”- constatò Mackenzie sfiorandogli un polso con le dita.
A quel contatto il corpo di Kunibert reagì: una lieve scarica elettrica si propagò nel suo corpo. Risalì lungo il braccio, percorse la schiena e raggiunse la testa, dove si conficcò come un ago appuntito. Una serie di immagini passò velocemente davanti ai suoi occhi, e il giovane, dopo un battito di ciglia, apprese tutto.
-”Tu...”- iniziò con voce tremante. -”Tu sei...!”-.
Non fece in tempo a terminare la frase che la vetrina laterale del negozio si infranse con un suono assordante, e una miriade di schegge impazzite si disperse nell'aria. Istintivamente Kunibert si gettò su Mackenzie e i due rotolarono a terra. Kunibert alzò la testa e si guardò attorno. Mackenzie, con una forza insolita per una ragazza della sua fisionomia, si liberò della protezione di Kunibert e scattò in piedi.
-”Chi mi ha spaccato la vetrina?!”- tuonò. -”Non avete idea di quanto mi sia costato far partire questa attività!”-.
Mackenzie non ricevette risposta. Dopo il rumore del vetro infranto era calato un inquietante silenzio. La luce saltò di colpo e i due ragazzi si ritrovarono al buio. Sfortunatamente, la via nella quale era situato il negozio di fiori era priva di illuminazione artificiale.
-”C'è qualcuno?!”- domandò Mackenzie.
C'era qualcosa che non andava. Kunibert le posò una mano sulla spalla e la sua presa ferrea fece voltare la ragazza.
-”Stammi vicina”- mormorò. -”Avverto una strana presenza”-.
Qualcosa si mosse ai loro piedi. Un'ombra nera, più nera dell'oscurità, serpeggiò tra le schegge di vetro e i cocci dei vasi. Risalì lungo la parete e si arricciò attorno al cavo della luce da soffitto. Kunibert afferrò Mackenzie per un polso e la tirò indietro; la ragazza, in tutta risposta, si divincolò e gli si piazzò davanti.
-”Mackenzie, cosa stai facendo?!”-.
L'ombra nera cambiò consistenza e prese a cadere al suolo sotto forma di pesanti gocce vischiose che, una volta venute a contatto col pavimento, si amalgamarono insieme fino a comporre un'alta, snella e affilata figura umanoide, dalle braccia decisamente troppo lunghe e brillanti occhi scarlatti puntiformi. Sul petto dell'inquietante essere, come tracciato col sangue fresco e colante, spiccava un cerchio diviso in quattro spicchi da una croce greca. I due ragazzi rimasero per un attimo paralizzati alla vista del mostro. Kunibert strinse i pugni e serrò la mascella. Sapeva benissimo che avrebbe dovuto fermarsi a combattere la sconosciuta minaccia, ma non era sicuro delle sue capacità; non sapeva se sarebbe stato in grado di proteggere Mackenzie. Ferendo il suo orgoglio da Generale, prese con decisione la mano della ragazza e si precipitò verso l'uscita del negozio.
-”Non ci penso nemmeno!”-. Mackenzie piantò i piedi per terra e si oppose a Kunibert. -”Dobbiamo affrontare quel mostro! Cosa succederebbe se facesse del male a qualcuno?”-.
-”Mackenzie, non sei nelle condizioni adatte a...!”- provò a fermarla.
La ragazza scosse la testa e sorrise.
-”Sei proprio una femminuccia”- lo beffeggiò. Gli diede le spalle e spalancò le braccia. Un potente fulmine, grazie alla vetrina sfondata, colpì il mostro in pieno. La luce del lampo, per un momento, rischiarò il negozio a giorno. Mackenzie si voltò; i suoi occhi verdi erano pieni di coraggio e sulla sua fronte brillava il simbolo astrologico del pianeta Giove.
-”Non è da te lasciar fare il lavoro sporco a una fanciulla... Kunzite”-.











NOTE DELL'AUTRICE
Ed ecco che la prima Guerriera Sailor fa la sua comparsa: Mackenzie, Makoto nella sua vita precedente, alias Sailor Jupiter :D Pensavate che non ci sarebbe stato nemmeno mezzo nemico, vero? E INVECE >:) 
Continuate a farmi sapere cosa ne pensate! Tranquilli, siate sinceri che non mordo :>
Alla prossima! ^^

 





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