“Eve,
no! Dai, Evelyn, ridammelo!”
In
una via qualunque
della periferia di Londra, in una villetta a schiera identica a tutte
le altre, una bambina stava rincorrendo sua cugina, cercando di
afferrare ciò che le era stato rubato.
“Eve,
ridammelo!”
le urla si acutizzarono, la voce si spezzò lievemente, ma
l'altra
non accennava a cedere: continuò a correre, tenendo alto il
pesante
volume di Storia
di Hogwarts.
“A
che ti serve?
Tanto tu mica ci vai a Hogwarts”. Queste parole furono
sufficienti
per far bloccare la bambina in mezzo alla stanza; l'anno prima sua
cugina, orfana di padre nata e cresciuta in una famiglia interamente
babbana, aveva ricevuto la sua lettera per la scuola di magia e per
un anno intero Lucille non aveva fatto altro che sperare di essere
anche lei una strega. Avrebbe compiuto undici anni il primo
settembre, quindi quell'anno avrebbe dovuto giungere anche la sua
lettera, ma Evelyn la prendeva in giro ad ogni occasione, convinta
del fatto che per lei non sarebbe giunto alcun gufo, così
come era
accaduto per sua sorella maggiore e per i due fratelli di Lucille.
“È
statisticamente
provato che in una famiglia babbana nasce solo un mago”
commentò,
senza rivelarle che aveva da poco scoperto che suo padre, uomo che
lei non aveva mai conosciuto, era un mago. Non voleva rigirare il
coltello nella piaga.
“Non
è vero: Storia
di Hogwarts non lo dice”.
“Storia
di Hogwarts non è il Vangelo,
sai?” borbottò l'altra
alzando un sopracciglio mentre un sorriso divertito si faceva strada
sul suo volto. Lucille a quel punto si scagliò contro la
cugina e le
strappò il suo amato libro dalle mani color cioccolata.
Infine,
imbronciata, si sedette a gambe incrociate sul tappeto del soggiorno
e riprese la lettura.
“Tu
sei strana”.
Lucille
a quelle
parole non alzò neppure la testa, ma si limitò a
fare spallucce e a
pensare che Evelyn non era l'unica a fare tale considerazione: in
classe trascorreva le sue ore libere da sola, a leggere oppure a
costruire origami. I compagni la guardavano sempre male e non aveva
amici, ma a lei andava bene così; soprattutto quando
lasciava uno
dei suoi origami corredati di scritta benaugurante accanto alle
persone tristi e le vedeva sorridere.
Ne
aveva regalato uno
anche alla strega che la sera prima aveva bussato alla loro porta:
all'interno di un gatto troneggiava la scritta
“Grazie”.
“Comunque
a me la
lettera è arrivata: è venuta ieri sera la
professoressa
McGrannitt”.
Evelyn,
che stava
uscendo dalla stanza, si voltò di nuovo verso la cugina con
un'espressione shokkata dipinta sul viso, ma sorrise non appena
notò
Lucille canticchiare tra sé una canzone di Celestina
Warbeck: in
fondo, sperava che fosse ammessa anche lei ad Hogwarts; l'anno prima
sua cugina era stata la persona che più le era mancata.
Ovviamente
non lo avrebbe ammesso neppure sotto l'effetto della maledizione
Cruciatus.
L'Espresso
di Hogwarts sfrecciava veloce in mezzo alla campagna, mentre
un'undicenne dai lunghi e crespi capelli mori osservava il paesaggio
scorrere veloce davanti ai suoi occhi azzurri, seduta a gambe
incrociate su un sedile.
“Lucille!”
la richiamò una voce femminile, ma lei non la
udì. L'altra rise
brevemente e commentò, rivolta alle sue due compagna di
viaggio:
“È
sempre così: è sempre distratta”.
“Alla
McGrannitt non piacerà” osservò una
delle due.
“Neppure
a Piton, se è per questo. E dubito che sia Serpeverde,
quindi niente
trattamento di favore” commentò un ragazzo, seduto
di fronte alle
tre.
“A
me piacerebbe se mia cugina fosse nella mia stessa Casa”
ribatté
Evelyn.
“Non
ne dubito, ma sembra troppo buona. E poco ambiziosa”.
Ed
è una Sanguesporco
si limitò a pensare.
“Si
vede che l'hai appena conosciuta!” commentò
l'altra, stringendo
gli occhi a fessure, poi ritornò a rivolgersi alla cugina:
“Lucille!”
esclamò, quella volta più forte. La ragazzina si
riscosse e le
rivolse un grande sorriso.
“Che
c'è?” le chiese, tranquilla.
“Tra
poco arriveremo: prendi la tua divisa, andiamo a cambiarci”.
A
quelle parole la piccola scattò in piedi, eccitata:
“Subito!”
esclamò, per poi arrampicarsi sui sedili per raggiungere il
suo
baule, appoggiato sul portapacchi.
“Ciao,
Mortimer!” disse, rivolta al gufo che si trovava
lì accanto. “Tra
poco arriveremo, sai? Non vedo l'ora!”
“Parla
davvero con i gufi?” chiese il giovane.
“Davvero”
rispose Evelyn.
“Questa
è svalvolata!” sussurrò l'altro,
girando il dito indice accanto
alla tempia.
Storia
di Hogwarts giaceva dimenticata sulla scrivania
della
stanza di Lucille, ricoperta da alcune decine di ranocchie e
barchette di carta, mentre lei si trovava affacciata alla stanza di
suo fratello e lo osservava, curvo a studiare su uno dei suoi
interminabili libri. Attese in silenzio il momento in cui la sua mano
urtò un piccolo fiore di loto: Domenico sorrise non appena
si rese
conto di che cosa aveva trovato e aprì lentamente l'origami.
Al suo
interno, scritto in un corsivo traballante e disarmonico, c'era un
“Buona fortuna. Tanto lo so che sei bravissimo. Ti voglio
bene.”.
Quando
lui voltò la
testa in direzione della porta, Lucille si era già nascosta,
ma suo
fratello, che la conosceva molto bene, si alzò e in punta di
piedi
la raggiunse, così, quando la bambina si affacciò
nuovamente, venne
travolta da un abbraccio. Mentre rideva si sentì sollevare
da terra
e rise ancora più forte.
“Sai,
Domenico,
imparerò a volare per davvero quest'anno” gli
disse con il sorriso
sulle labbra quando lui la issò sulle sue spalle.
“Già,
mi è stato
detto da un uccellino”.
“La
mamma non è un
uccellino!”.
“Vero”.
“Secondo
te la mamma
me lo compera un gufo? Evelyn ha detto che a Hogwarts non ci sono i
telefoni e che per contattarvi posso usare solo le lettere”.
“E
se te lo
comprassimo io e Simon il gufo?”.
Gli
occhi blu della
bambina luccicarono.
“Davvero?”
chiese
tra il felice e l'incredulo.
“Davvero”
le
assicurò l'altro. “Quando andate in quella via
magica tu e
Evelyn?”.
“Si
chiama Diagon
Alley, Dom!”
“Dragon
Alley,
giusto”.
“Diagon!”.
“E
io che ho
detto?”.
“Lascia
perdere.
Comunque andiamo domani: ci accompagna la zia. Vieni anche
tu?”.
Domenico
stava per
risponderle che avrebbe dovuto finire di preparare un esame per
l'università, ma alla fine decise che i libri lo avrebbero
aspettato, mentre sua sorella tra qualche settimana sarebbe stata a
Hogwarts e non l'avrebbe rivista per un sacco di tempo.
“Ovvio
che vengo”.
A quelle parole, lei cominciò a saltellare sulle sue spalle.
Sì,
le sarebbe
mancata, pensò mentre tra le risate le intimava di fermarsi.
Un
enorme castello si ergeva maestoso in cima alla collina: scendendo
dal treno Lucille lo osservò incantata, mentre pensava che
Hogwarts
era cento volte migliore delle foto che la illustravano in Storia
di Hogwarts.
“Piccoletta,
scendi, dai!” esclamò un ragazzo dietro di lei, e
Evelyn si
affrettò ad afferrarla e a farla scendere dalle scale
dell'Espresso.
“Scusa,
Logan!” borbottò, arrossendo lievemente: sua
cugina cominciava ad
esagerare con il metterla in imbarazzo. Logan era un Prefetto,
dannazione!
“E
ora dove andiamo?” le chiese Lucille, che apparentemente non
si era
resa conto di nulla.
“Vedi
quel mezzogigante laggiù? Quelli del primo anno vanno con
lui”.
Evelyn le indicò un uomo davvero grande e davvero grosso,
con la
barba lunga e i capelli aggrovigliati e istintivamente lei fece un
passo indietro, urtando alcuni giovani maghi.
“Stai
attenta!”.
“Su,
vai” commento invece la cugina, esasperata. “Non
mangia nessuno:
è solo un po' strambo”.
Lucille
esitava.
“Dai,
ci ritroveremo in Sala Grande!”.
“E
se non sarò nella tua stessa Casa?” tutte le paure
che
l'entusiasmo aveva nascosto fino a quel momento stavano comparendo
all'improvviso, nel momento in cui tutto quello che fino a quel
momento aveva solo sognato si tramutava in realtà.
“Vedrai
che ti troverai bene in ogni caso” Evelyn le sorrise
dolcemente. “E
se non saremo assieme avremo ogni occasione per vederci”.
“Ok”
gli occhi di Lucille ricominciarono piano piano a sorridere, mentre
la sua mano salutava Evelyn da lontano. Andò a sbattere
contro al
mezzogigante.
“Eccone
qua un'altra del primo anno: ancora tre e andiamo, ragazzi!”
esclamò lui con il suo vocione profondo, per poi
allontanarsi.
Una
ragazza dai lunghi capelli rossi stava saltellando a pochi metri di
distanza da Lucille, ripetendo la parola Hogwarts ogni volta che i
suoi piedi toccavano terra.
“Quella
è strana” borbottò un ragazzino biondo
accanto a Lucille.
“A
me sta simpatica”.
“Allora
sei strana anche tu” commentò lui.
“Io
sono Lucille” cambiò argomento l'altra, allungando
un braccio:
quando parlava con qualcuno riteneva indispensabile conoscerne il
nome. Lui strinse la sua mano.
“Io
sono Haymitch”.
“Tu
non sei contento di essere qui?”.
L'altro
fece spallucce.
“Sei
strano”.
“Non
eri tu quella strana fino ad un attimo fa?”
osservò l'altro,
alzando un sopracciglio, ma non udì la risposta, che fu
sovrastata
dalla voce di Hagrid.
Maghi,
maghi ovunque: maghi vestiti con abiti colorati oppure babbani, maghi
con grandi cappelli a punta, maghi con bacchette, calderoni o scope
sottobraccio, maghi che volavano nel cielo. La ragazzina li osservava
tutti a bocca aperta: non ne aveva mai visti così tanti
neppure
quando era andata a prendere Evelyn al binario 9¾
all'inizio
dell'estate.
“Lucille,
attenta!”.
Un
pesante oggetto in
ferro la colpì inaspettatamente e sarebbe caduta se suo
fratello non
l'avesse afferrata al volo ridendo.
“Dom,
quello è un
calderone!” esclamò Lucille indicando l'oggetto
che l'aveva
colpita.
“A
quanto pare sì”.
“Ragazzi,
su,
svelti!” la zia, una donna dai lunghi capelli color della
pece, li
richiamò a qualche metro di distanza e subito la bambina
trotterellò
al suo fianco. Un attimo dopo, però, era nuovamente ferma ad
osservare i negozi che la circondavano: erano tutti così
insoliti;
persino la libreria non aveva nulla di normale: in vetrina esponeva
un libro che sembrava un cannibale. Evelyn lo guardò
preoccupata:
“Quello
è nella mia
lista” borbottò. “Vedrai che mi mangia
tutti gli altri libri.
L'anno scorso a uno della mia Casa ha sminuzzato il vestito da
festa”.
“Non
è un po'
pericoloso avere dei libri del genere?” osservò
Domenico
perplesso.
“C'è
di peggio”
commentò la cugina alzando un sopracciglio.
L'altro
sospirò,
sperando che sua sorella sarebbe ritornata a casa tutta intera.
“È
tutto
fantastico, vero Dom?” gli chiese intanto Lucille, sprizzando
stupore ed entusiasmo da tutti i pori.
Dopo
aver attraversato il lago con delle barche che a detta di Haymitch
erano in stato precario e si sarebbero sbriciolate presto, gli alunni
del primo anno stavano facendo il loro ingresso nella scuola
accompagnati da Hagrid. La ragazza rossa stava ancora saltellando,
mentre Lucille osservava tutto ad occhi spalancati: era enorme anche
all'interno. Il dipinto di una donna con un grande cappello a punta
starnutì, portando alcuni studenti a sussultare; Lucille,
invece,
rise entusiasta.
“Continuo
a pensare che tu sia pazza” borbottò Haymitch.
“Tu
invece dovresti mostrarti un po' più felice”
commentò la ragazza
che si trovava dietro di lui, mentre i suoi capelli cambiavano colore
dal verde al viola. Lucille spalancò gli occhi, mentre
Haymitch
sbadigliò.
“Un
Metamorfomago! Non ne
avevo mai visto uno prima” intervenne la rossa saltellante.
L'interessata la ignorò, ma la nata babbana decise che
più tardi
avrebbe chiesto alla rossa o a Haymitch che cosa significassero
quelle parole.
“Davvero,
sprizzi negatività da tutti i pori”.
“Preferivo
starmene a casa mia, ok?” commentò l'altro alzando
la voce,
portando Lucille ad indietreggiare di qualche centimetro. Mentre si
affiancava nuovamente a lui, però, frugò in una
delle tasche della
divisa in cui aveva nascosto qualche origami e fece scivolare un
fiore di loto nella tasca del ragazzo.
“Ok,
calmino” commentò la ragazzina dai capelli viola
con tono aspro,
per poi allontanarsi.
“Quella
sarà Serpeverde” commentò la rossa.
“Anche se neppure tu
scherzi, eh!” continuò rivolta al biondo, che la
fulminò con
un'occhiata. “Per l'appunto” osservò
l'altra in risposta.
“Comunque io sono Annie”.
“Io
sono Lucille” si presentò la ragazzina, poi
indicò l'altro. “Lui
invece è Haymitch”.
“Hai
un nome strano” commentò la rossa ridendo,
beccandosi una nuova
occhiataccia. “Voi in che Casa sperate di essere?”
continuò: era
un fiume in piena!
Haymitch
alzò le spalle: pensò che i suoi genitori erano
stati una in
Corvonero e l'altro in Grifondoro, ma non sapeva se gli sarebbe
piaciuto essere in una di quelle Case.
“Non
lo so. Mia cugina è in Serpeverde” rispose intanto
Lucille.
“Secondo
me tu non sei lì”.
“La
conforti molto, immagino” borbottò a quel punto
Haymitch, notando
che la ragazzina dalla pelle color cioccolato aveva spalancato gli
occhi.
Annie
fece spallucce. “Io spero di essere in Tassorosso: tutta la
mia
famiglia è stata in Tassorosso. Tutti a parte mio fratello:
lui è
in Serpeverde”.
“I
tuoi genitori sono maghi?” chiese a quel punto Lucille, gli
occhi
che tornavano a luccicare.
“Sì”
commentò l'altra, come se fosse ovvio.
“Nata
babbana?” le chiese Haymitch poco dopo, quando Annie si era
ormai
allontanata saltellando per conoscere altre persone.
“Sì”
rispose l'altra. “Tu no, immagino”.
“Mia
nonna era babbana, ma io sono sempre vissuto tra i maghi”.
“Sei
nata babbana? Anche Jack è nato babbano!”
intervenne una nuova
ragazzina, indicando il giovane al suo fianco, che aveva l'aria molto
spaesata; Lucille si ritrovò a pensare che almento lei
durante
l'anno si era in parte preparata a tutto quello che avrebbe visto
leggendo Storia di Hogwarts. “Io invece
sono Mezzosangue:
mio padre è babbano” continuò intanto
la nuova arrivata. Lucille
scambiò alcune parole con loro e si accorse del fatto che
Haymitch
si era allontanato soltanto quando la professoressa McGrannitt li
fece entrare tutti in fila in Sala Grande. Spaesata, lo
cercò a
lungo con lo sguardo e solo quando riuscì ad incrociare i
suoi occhi
grigi si tranquillizzò. Poi si rese conto di essere in Sala
Grande,
la grande stanza che non vedeva l'ora di vedere, quella che aveva
sognato per mesi leggendo le descrizioni di Evelyn. Come era accaduto
per tutto, l'immagine che Lucille si era fatta della Sala non rendeva
giustizia al suo aspetto reale: le prime tre parole che
trovò per
descriverla furono grande, scintillante e piena di vita. Gli
stendardi delle quattro case di Hogwarts pendevano dal soffitto sopra
ai quattro lunghi tavoli colmi di ragazzi e ragazze. Quando
alzò gli
occhi per comprendere quanto fosse alta la stanza, con suo stupore vi
trovò il cielo pieno di stelle. Infine, si
ricordò di sua cugina e
la cercò con lo sguardo: incrociò il suo sorriso
a metà del tavolo
di Serpeverde. Intanto, il Cappello Parlante aveva iniziato a
cantare: era così strano vedere un copricapo animarsi!
Lucille
ricordò che da quel buffo cappello sarebbe dipesa buona
parte dei
suoi prossimi sette anni: i suoi compagni, le sue amicizie, forse il
suo primo amore, sicuramente la sua nuova famiglia. E se non si fosse
trovata bene? E se il cappello avesse sbagliato?
“Aberntiny!”
esclamò la McGrannitt, distogliendola dai suoi pensieri.
Lucille
osservò Haymitch avvicinarsi al cappello e lasciare che la
professoressa glielo posizionasse in testa. L'oggetto strinse gli
occhi e stette in silenzio a lungo prima di pronunciare a gran voce:
“Tassorosso!”.
Lucille
osservò il biondo alzarsi e dirigersi lentamente verso il
suo
tavolo, dove vene accolto con entusiasmo. Tassorosso: persone
leali, su cui si può sempre contare. L'appunto
che aveva preso
durante la lettura di Storia di Hogwarts le
rimbalzò nella
mente mentre altri ragazzi venivano smistati nelle loro case.
Grifondoro:
persone
coraggiose.
Pensò invece,
quando Annie venne assegnata a quella Casa; la notò
spalancare gli
occhi un po' per la sorpresa, un po' per la delusione, ma subito
ricominciare a saltellare verso il suo tavolo. La McGrannitt
alzò
gli occhi al cielo.
Serpeverde:
persone
ambiziose. Questo
appunto si
fece strada nella mente di Lucille quando la ragazza dai capelli
viola venne assegnata alla stessa Casa di Evelyn.
Corvonero:
persone
sagge. Ricordò
infine, quando
il cappello parlante annunciò che quella sarebbe stata la
casa di
Jack.
“Spero
di essere con lui: è simpatico”
commentò la nuova amica del
ragazzo, accanto a Lucille.
“Potete
essere amici lo stesso” osservò lei sottovoce.
“Sì,
ma è più facile trascorrere il tempo insieme se
si appartiene alla
stessa Casa”.
Quando
il cognome di Lucille, Quelley, venne pronunciato a gran voce, la
ragazzina si rese conto di avere le gambe che tremavano; il cappello
le rimbalzò sul capo, per poi arrivare a coprirle
interamente
l'occhio destro.
Tassorosso,
ti prego!
Si
ritrovò a pensare. C'è
Haymitch.
Non
valutò il fatto che il cappello potesse leggerle nel
pensiero,
quindi sussultò quando le rispose.
Sicura?
Saresti un
buon partito anche per Corvonero, sai? In fondo hai letto tutta
Storia di
Hogwarts già
tre volte. Hai anche un buon coraggio. E hai una bella lingua quando
Evelyn ti provoca, eh!
Lucille
non gli rispose: era ancora troppo sorpresa.
Beh,
però ci sono
anche gli origami: quelli non li avevo valutati. E che dire di quando
hai mantenuto un segreto di tuo fratello venendo per questo punita da
tua madre?
Ma
bando alle ciance:
alla fine decido io e sono giunto ad una conclusione!
La
voce del cappello risuonò nella Sala Grande, lasciando
Lucille
paralizzata.
Angoletto
di Hope-barra-Gio:
In
che casa finirà la piccola Lucille?
Beh,
questo lo deciderà la giudiciA... mi spiace avervi lasciato
in
sospeso...
Ci
sentiamo alla prossima prova!
(intanto
se lasciate una piccola recensione non vi mangio...)
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