Demoni e Catene

di jess803
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Era solo una domenica di fine maggio, ma nella ampia tenuta del vecchio il caldo si era già fatto opprimente e l’aria afosa e irrespirabile. L’azzurro del cielo senza nuvole si perdeva nell’orizzonte e il sole, alto e splendente, emanava dei caldi raggi che si riflettevano sull’acqua della piscina e venivano poi rifratti in tutte le direzioni. Il corpulento uomo in abito grigio, seduto a cavalcioni su una sedia bianca, si asciugava freneticamente le gocce di sudore che scendevano dalla fronte. Avrebbe già da un pezzo riposto nell’armadio il costoso vestito grigio topo e la camicia bianca, cuciti su misura per lui da una vecchia sarta italiana, e indossato un ben più comodo e fresco costume a calzoncini, se non fosse stato per la presenza della giovane donna dagli ondulati capelli biondi che, in bikini, sorseggiava un mojito a bordo vasca. Non aveva più il fisico di un tempo; da quando aveva abbandonato la vita attiva per dedicarsi agli affari dietro alla scrivania la pancia era inesorabilmente lievitata e gli anni vissuti tra gli agi e le ricchezze, servito e riverito da stuoli di inservienti, non avevano migliorato di certo la situazione. Consapevole quindi del suo non proprio gradevole aspetto, l'unica cosa che gli restava da fare contro l'opprimente caldo marocchino era cercare riparo sotto all’ombrellone a strisce, sapientemente sistemato dal giovane domestico europeo in opposizione ai raggi solari. Mentre si faceva aria con un vecchio giornale trovato sul tavolo, il fido assistente, seduto accanto a lui, gli comunicava che l'ultimo affare era andato in porto e che il carico era arrivato in perfetto orario a destinazione, nella capitale dello stato indipendente nel nord Africa. 
<< Non hanno avuto problemi a superare la frontiera? >> chiese stupito l'uomo in grigio
<< Qualche piccola rogna con il nuovo ufficiale in comando, ma è bastato fare qualche telefonata al nostro contatto al ministero per avere il via libera. Nessuno ci disturberà più. E' stata una buona idea fare delle prove generali prima di dopodomani signore >> rispose battendo le dita sulla calcolatrice il braccio destro.
<< Io ho sempre della ottime idee Novak. Ad ogni modo, avvisa la squadra giù in cucina che oggi mi terrò sul leggero, fa troppo caldo in questo angolo del mondo per lo stufato di manzo. Ovviamente la mia gradita ospite può mangiare tutto ciò che desidera >> disse, sorridendo bonariamente alla donna in bikini. Quest'ultima si voltò brevemente verso il suo benefattore e, dopo aver ricambiato timidamente il sorriso, tornò a dedicarsi alla sua abbronzatura.
<< Come va sull'altro fronte? >> chiese poi con una certa discrezione il vecchio.
<< Signore, crede sia prudente parlarne qui? Ci sono molti occhi e orecchie indiscrete >> rispose il braccio destro, facendo un discreto cenno al domestico addetto al riposizionamento dell'ombrellone.
<< Bah, quel poveraccio a stento sa pronunciare il suo nome, non c'è alcun pericolo. Parla pure >>
<< Bene signore. Pare che il nostro contatto ci indicherà il luogo e l'ora dello scambio di dopodomani a tempo debito, su quella linea sicura del vostro ufficio >> aggiunse asetticamente l'assistente. Il grosso uomo in grigio sospirò rumorosamente e, con fare pensieroso, scrisse alcune parole negli spazi vuoti di un piccolo cruciverba nella pagina enigmistica del giornale.
<< A cosa sta pensando Capo? >> chiese incuriosito Novak. 
L'uomo scrollò le spalle, << a nulla vecchio mio, a nulla! Su, ora andiamo a mangiare, mi è venuto un certo languorino! E chiama anche la dolce Sherry, non vorrei che tutto quel sole le friggesse il cervello... più di quanto non abbia già fatto madre natura, si intende! >>. 
Novak sorrise e, come da ordini, diede al maggiordomo istruzioni per il pranzo. 
Nonostante si fosse mostrato sereno al collaboratore, il vecchio Aguilar era seriamente preoccupato. Il destino della sua attività e della sua stessa vita dipendevano dall'operazione di Tripoli: se qualcosa fosse andato storto non si sarebbe mai più liberato della stretta dei servizi segreti del vecchio continente e avrebbe dovuto continuare a vivere in clandestinità in quel luogo dimenticato da Dio. Per quanto amasse le calde spiagge di Casablanca, voleva disperatamente ritornare a casa. Dopo essersi messo a tavola in compagnia della nuova giovane conquista, Aguilar prese a fare conversazione con la bella biondina, intenta a sistemarsi i capelli dopo la mattinata trascorsa in piscina.
<< Allora Sherry, ti sei divertita oggi in piscina? >> chiese con un grosso sorriso l'uomo. 
<< Sì, molto. Stare qui è davvero bello! >> fece entusiasta la ragazza, con un portoghese risicato. 
<< Hai bisogno di qualcosa? I camerieri ti trattano bene? >> 
<< Mi trovo benissimo qui con te, tesoro. Vorrei solo che stessi più tempo con me, mi sento sola in questa grande casa. Sei sempre al lavoro! >> disse la ragazza, avvicinandosi con fare seducente al vecchio.
<< Anche a me piacerebbe trascorrere più tempo con te Sherry! Vedrai, dopo che avrò chiuso l'affare di dopodomani avremo i documenti necessari per tornare a Rio de Janeiro e staremo insieme tutto il giorno, tutti i giorni! >> aggiunse il vecchio, che le fece cenno di sedersi sulle sue gambe. 
La ragazza soddisfò la richiesta del suo interlocutore e gli diede un caloroso bacio sulle labbra. Dopodiché si alzò, tornò velocemente al suo posto e riprese a mangiare la sua dietetica insalata. Ogni volta che guardava gli occhioni verdi della ragazza, il vecchio Aguilar diventava sempre più tristemente consapevole di quanto si fosse rammollito nel corso degli anni: aveva trovato la piccola Sherry, sempre se quello era il suo vero nome, qualche mese prima in un vecchio bordello di Béjaia e da allora non se ne era più separato. La ragazza era rimasta orfana dopo la grande guerra e, come tante altre giovani di bell'aspetto prima di lei, aveva trovato vitto e alloggio in uno dei tanti bordelli dello stato indipendente. Sapeva che la bella lucciola non aveva accettato di coricarsi con lui per il suo bell'aspetto o il suo charme, ma ormai era diventato vecchio e tanti anni nel giro del traffico di armi lo avevano convinto che non c'è affetto più profondo di quello comprato col vile denaro.
Conclusi il lauto pasto, il vecchio fu raggiunto da un accigliato Novak, che gli sussurrò qualcosa all'orecchio. Aguilar si alzò con fare concitato dalla sedia e si diresse nel suo ufficio, piazzandosi davanti al grosso schermo del PC. Dopo aver letto più di una volta le poche righe della mail, il vecchio guardò il suo secondo con aria preoccupata: in tanti anni di attività non gli era mai arrivata una richiesta di armi di quella portata e cominciava seriamente a chiedersi se fosse possibile superare i controlli della frontiera con tutti quei camion al seguito. 
<< Hanno aggiunto all'ordine iniziale ben venti casse >> disse basito Novak << anche noi potremmo avere dei problemi con una tale quantità di roba, signore. Il carico che abbiamo inviato stamattina contava appena quindici casse divise in due rimorchi >>. 
Il vecchio capo rimase a riflettere qualche minuto sulla situazione, con il mento poggiato sul palmo della mano destra. Dopo aver dato una rapida occhiata all'imponente dipinto del monte Corcovado col Cristo Redentore, appeso proprio dietro alla scrivania, disse al giovane braccio destro: << mi chiedo cosa abbia spinto questi signori a cambiare di punto in bianco le loro richieste. Trentacinque casse di fucili semi-automatici non sono uno scherzo >>. 
<< Cosa facciamo quindi? Rinunciamo? Non credo che in magazzino abbiamo scorte sufficienti >>
<< Non dirlo neanche per scherzo Novak! Troveremo il modo di procurarci il resto dell'ordine entro dopodomani o giuro che non mi chiamo Ignacio Aguilar Ternera. E poi, se il nostro acquirente ha rialzato fino a questo punto le sue richieste, significa che ha abbastanza denaro e potere da soddisfare pienamente le nostre. Potrebbe essere davvero la volta buona che ce ne andiamo da questo buco! >>
<< Sta seriamente pensando di tornare in Brasile, vero? >>
<< Certo, è quello che sto tentando di fare da quando è finita quella maledetta guerra >> rispose con un'espressione triste il vecchio Aguilar, ripensando alla sua infanzia in sud America; poi riprese, facendo per uscire dall'ufficio: << bando alle ciance, adesso sappiamo l'ora e il luogo preciso della consegna. Prepara subito il mio jet, dobbiamo partire immediatamente per Béjaia! Quelli della fabbrica dovranno lavorare senza sosta per le prossime 48h o non vedranno un tozzo di pane per due settimane >>. 
<< Vado a parlare col pilota e ci mettiamo subito in marcia signore >> disse Novak, rinfrancato dalla sicurezza del capo.
<< No, andrò solo io. Tu resterai qui ad organizzare turni di sicurezza extra intorno all'ufficio. Domani a causa di quel party avremo troppi estrani in giro. Non possiamo permetterci di far trapelare informazioni sul nostro affare >> disse Aguilar con tono imperioso. Il sottoposto fece umilmente cenno di sì col capo, dopodiché si avviò con fare concitato verso l'hangar, dove il lussuoso jet del vecchio attendeva di essere rimesso in moto.
Ad attenderlo fuori all’ufficio, Aguilar trovò la bella Sherry a sistemarsi i capelli; poi, con aria preoccupata, gli chiese cosa stesse succedendo. 
<< Niente di cui ti debba preoccupare tesoro >> le rispose il vecchio dandole una poderosa stretta sul fondoschiena << dovrò rimanere fuori fino a domani sera per certi affari, ma non ti preoccupare, sarò sicuramente di ritorno per il party >>.
<< Dove vai Ignacio? Posso venire con te? Mi annoio tremendamente quando non ci sei! >> fece con tono lamentoso la ragazza.
<< Devo recarmi urgentemente a Béjaia per certi affari. Mi dispiace, ma non puoi venire con me stavolta; però ti prometto che ti porterò un bel vestito per domani sera, ok? Voglio che la mia principessa sia la più bella di tutte >> rispose con tono affettuoso il vecchio. Il viso della giovane si illuminò davanti alle parole del protettore e, dopo averlo salutato calorosamente, si diresse nuovamente verso la piscina. Aguilar diede un ultimo sguardo alla sua protetta e, preso lo stretto necessario per la notte, partì alla volta di Béjaia. 
La ragazza si allontanò immediatamente dalla piscina dopo aver udito il jet levarsi in cielo e, guardando preoccupata l'orologio da polso, si precipitò nella sua camera. Dopo essersi assicurata di aver chiuso la porta a chiave in doppia mandata e aver aperto tutti i rubinetti del bagno, tirò fuori da una scatola di scarpe un piccolo dispositivo rotondo della forma di un portacipria, lo avviò premendo un piccolo tasto sulla sommità e lo posizionò sul pavimento. Si tolse rapidamente la pruriginosa parrucca bionda, mostrando la testa rasata su un lato e il ciuffo di capelli castani sull'altro che, coprendole la fronte, cadeva sull'occhio destro. Dopo qualche minuto di attesa, dal dispositivo, che riempiva a stento il palmo della sua mano, spuntò un display, su cui comparve l'immagine di due uomini in divisa: uno più anziano con i capelli brizzolati e gli occhi azzurri e l'altro con i capelli ricci e neri.  << Ci ricevi bene Pifferaio? >> disse parlando ad un microfono il giovane. 
<< Forte e chiaro Ben >> rispose con aria sicura la donna. 
Il più anziano dei due prese il posto dell'altro davanti alla cam e disse: << Pifferaio che novità ci sono da Casablanca? >>. 
<< Ho una notizia buona e una cattiva, Capitano. La buona notizia è che finalmente il nostro uomo ha fornito al vecchio Aguilar le specifiche dell'ora e del luogo dello compravendita. La brutta notizia è che le ha mandate direttamente al PC del suo ufficio, su una linea sicura. Purtroppo da dietro alla blindata non sono riuscita a sentire una sola parola di quello che si sono detti il vecchio e Novak. L'unico modo che ho per scoprire ore e luogo dello scambio è entrare nello studio e leggere direttamente quell'e-mail >> disse con fermezza la donna.
<< Non è un grosso problema Pifferaio. Dovrai solo collegare il trasmettitore a lunga distanza al PC dello studio e, una volta che avrò fatto breccia nell'account del vecchio, scaricare le informazione contenute nella mail su una penna USB >> disse con disinvoltura il ragazzo dai capelli ricci.
<< Il problema non è hackerare l'account di Aguilar, ma è entrare nel suo ufficio. A causa del party che darà domani sera il vecchio ha deciso di triplicare la sicurezza; deve esserci qualcosa di grosso sotto. Tutte le informazioni che ho raccolto sugli orari dei turni delle guardie, i punti ciechi delle telecamere e il codice per aprire la blindata potrebbero essere totalmente inutili. Per farla breve: abbiamo bisogno di un nuovo piano >> rispose con cinica lucidità la donna. 
Il capitano Huber batté forte il pugno sul tavolo di metallo, facendo traballare la cam e l’immagine che la ragazza vedeva sullo schermo. La situazione si stava facendo davvero complicata: la missione da cui dipendeva l'esito del loro duro lavoro, durato ben due anni, poteva fallire miseramente a causa di una festa. Dopo qualche minuto di silenzio, il capitano si posizionò nuovamente davanti alla microcamera, si aggiustò la cravatta dell'elegante divisa blu e disse alla sottoposta: << Ora ascoltami bene Hadiya >>. 

Il capitano Huber era un uomo sulla cinquantina dai capelli brizzolati e il profilo importante, originario della Sassonia. Era ormai da anni a capo della sezione Affari esteri dei servizi segreti delle Confederazione ed era un profondo estimatore del rispetto delle regole e del protocollo. La posizione che occupava nel dipartimento del ministero della difesa richiedeva una ferrea disciplina e nervi saldi e Hadiya lo sapeva bene. Il loro rapporto, infatti, andava ben oltre una semplice relazione lavorativa. Da quando i suoi genitori erano rimasti uccisi in una missione durante la grande guerra aveva potuto contare solo sul suo mentore, che le aveva fatto sia da madre che da padre. Per questo motivo, un brivido le corse lungo la schiena quando sentì l'uomo pronunciare il suo vero nome durante una missione; significava che le stava per chiedere di fare qualcosa di davvero pericoloso, più dell'infiltrarsi nella casa di uno dei più grossi trafficanti d'armi del nord-Africa.

Quella notte, infatti, Hadiya fu chiamata a concludere una delle missioni più pericolose della sua carriera: senza alcuna informazione precisa sui turni delle guardie, le disposizioni delle telecamere a circuito chiuso e il codice d'accesso della blindata, avrebbe dovuto irrompere nell'ufficio di Aguilar e scoprire il contenuto dell’e-mail arrivata nel pomeriggio. L'operazione doveva necessariamente avere luogo quella notte. Non c'era tempo per studiare le nuove disposizioni di Novak; il giorno successivo, infatti, la casa sarebbe stata invasa da ministri ed esponenti di spicco del governo nord africano, una circostanza in cui sarebbe stato ancora più difficile avere successo. Ma alla donna non piaceva improvvisare: se c'era qualcosa che aveva imparato durante tutti gli anni di lavoro al fianco del capitano Huber, era che una missione poteva avere successo solo se preceduta da una adeguata raccolta di informazioni e da una maniacale cura dei dettagli; ma l'unica informazione su cui poteva contare quella afosa notte di maggio, era che aveva sette minuti. Esattamente sette minuti per percorrere il corridoio centrale, scoprire il nuovo codice della blindata, entrare nell'ufficio di Ignacio Aguilar, permettere al capo della squadra informatica Ben McIntyre di entrare nell'account protetto dell'uomo e trasferire le informazioni su una penna USB. Sette minuti, il tempo che il grassone della sicurezza avrebbe probabilmente impiegato per fumare la sua Chesterfield rossa di contrabbando, lasciando vuota la postazione di controllo degli schermi delle TVCC . Sette minuti, un lasso di tempo in cui molti non riescono nemmeno a vestirsi al mattino.
Sistemata la parrucca bionda e il sexy completino da notte che le aveva regalato qualche settimana prima il vecchio Aguilar, la ragazza si recò in cucina per prendere un bicchiere d'acqua, portandosi dietro una piccola borsa da trucco. Dalla grossa vetrata della parete est della stanza, che immetteva direttamente nel cortile della piscina, Hadiya scorse l'uomo della sicurezza avviarsi verso il gazebo di legno a sud, con la sua Chesterfield tra le mani. Data una fugace occhiata all'orologio da polso che segnava 1:34 e fatto partire il conto alla rovescia, la donna si precipitò nel corridoio centrale della casa, raggiungendo in appena 24 secondi e 3 decimi la porta blindata dell'ufficio. Estrasse dalla pochette un pennellino da trucco nero, lo immerse all'interno di in un contenitore con una strana polverina bianca e la cosparse sui tasti della blindata. "I tasti più pigiati sono quello del 7, del 4, del 1 e del 3. In particolare quello del 3. Forse lo ripete due volte" pensò la donna, che nel frattempo aveva già attaccato uno dei marchingegni forniti da Ben sopra alla pulsantiera della serratura. "Ora prova tutte le combinazioni possibili di cinque numeri che contengono queste quattro cifre" pensò fra sé e sé, mentre settava il dispositivo. Dopo 2 minuti e 17 secondi, il dispositivo aveva trovato la combinazione esatta tra le migliaia possibili: 17343. La ragazza trattenne il fiato e, dopo aver esitato un istante, provò ad abbassare la maniglia della porta. "Luce verde, è fatta". Superata la soglia dell'ufficio di Aguilar, diede un ulteriore sguardo al cronometro: 4 minuti e 13 secondi rimanenti. Hadiya fece scivolare i pannelli dell’unità centrale del computer lungo i binari sottostanti, individuò la scheda madre e la collegò al trasmettitore a distanza. La donna sentì la voce di Ben attraverso la ricetrasmittente: << sono connesso al PC, ora cerco di entrare nell'account protetto del vecchio. Tu nel frattempo inserisci la penna USB >>. 
Appena Hadiya inserì la penna nella porta USB, sentì dei passi provenire dal fondo del corridoio. Quello era uno di quei momenti in cui le mani dovevano lavorare più velocemente del cervello: senza neanche pensarci un attimo, la ragazza rimise al proprio posto il pannello del computer, infilò la ricetrasmittente nel borsello e si fermò a guardare il dipinto del Cristo Redentore alle spalle della scrivania. Il respiro profondo e affannoso della donna veniva a malapena coperto dai sonori bip dei tasti pigiati sulla mascherina della blindata, quando la porta si aprì e la testa di Novak si fece spazio nella stanza. 
<< Che diavolo ci fai tu qui? E come hai fatto ad entrare? >> le chiese l'uomo, pallido come un cencio. 
<< Ho trovato la porta aperta e sono entrata per ammirare il dipinto del mio caro >> disse sorridendo Sherry. 
<< Com'è possibile che la porta fosse aperta? Nessuno conosce la combinazione eccetto me! >>.
Novak le si avvicinò con delle ampie falcate e la prese per il polso, stringendola talmente forte da metterla in ginocchio e farla cadere a terra. 
<< Mi stai facendo male! Lasciami! >> urlò la giovane con le lacrime agli occhi, << c'era qualcosa incastrato tra lo stipite e la porta che la teneva aperta, credo fosse una mentina >>. 
La ragazza indicò il contenitore di vetro pieno fino all'orlo di mentine che si trovava sulla scrivania del vecchio. Novak, non convinto dalla assurda storia che la donna gli aveva raccontato, la osservò con aria truce per un tempo che le sembrò infinito. I lunghi capelli ondulati, lo sguardo innocente e gli occhi arrossati dal pianto, insieme alla figura esile e indifesa, lo convinsero della bontà delle sue intenzioni; del resto, quella donna aveva dato più volta prova della sua incorreggibile stupidità nel corso del tempo, non poteva essere una vera minaccia. Allentò la presa e la aiutò a rimettersi in piedi, non prima di aver pensato in quante lingue avrebbe minacciato il grassone della sicurezza di tagliargli lo stipendio se non avesse fatto più attenzione in futuro.
<< Che ci fai sveglia a quest'ora? >> chiese poi con tono imperioso. 
<< Ero in cucina a prendere un bicchiere d'acqua. Ho ritrovato la mia pochette del trucco in salone, deve averla spostata una delle domestiche >> rispose prontamente Hadiya, mostrando sorridente il contenitore scuro. Novak roteò gli occhi verso l’alto, stanco di tutte le assurdità cui era stato testimone quella giornata, e la mandò via, ordinandole di non mettere mai più piede nell'ufficio di Aguilar in sua assenza. La donna si asciugò le lacrime e, messo a posto il suo completino, tornò velocemente nella sua stanza. 
<< Ci è mancato davvero poco stavolta >> disse tirando un grosso sospiro di sollievo ai colleghi dall'altra parte della trasmittente, << cosa facciamo ora? >>.




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