Il Lupo.

di Neera Everdeen
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La donna quasi non respirava. Aveva paura e non tentava nemmeno di nasconderlo.
Se ne stava lì, in piedi, con le scarpe affondate nella neve morbida e talmente candida da far sembrare il bosco illuminato a giorno.
Aspettava. Tremava. Controllava la luna piena. Aspettava.
Quella tortura durava da almeno un’ora buona.
E lei aveva lasciato a casa la sua bambina.
Si sentiva una stupida. Poteva trovarla ed ucciderla mentre lei se ne stava lì come una poveraccia in mezzo alla neve ad aspettare l’assassino del proprio uomo.
Non era stupida. Era disperata. E quando si è disperati si gioca il tutto e per tutto.
Si sentiva male, oltre che stupida. Stava anche perdendo la pazienza.
Poi, come apparso da nulla, se lo trovò davanti. Gli occhi scuri, scintillanti e mostruosi, erano l’unica cosa che si notava oltre al mento ed alle labbra. Era infatti nascosto non solo dal largo cappuccio della mantella nera, ma anche da una maschera quasi grottesca. Deglutì.
- Allora?- chiese l’uomo con una voce gutturale e ringhiante, simile ad un branco di lupi affamati.
- Ti ha visto. Sa che volto hai.- rispose lei con un sospiro. Prima che l’interlocutore potesse replicare lei alzò la mano per zittirlo.
- Propongo un accordo.- disse con un tono che non ammetteva repliche.
L’uomo annuì con una smorfia.
- Io cancello la memoria alla bambina se tu la lasci in pace. Niente ritorsioni, incidenti o altro. Se vuoi uno scontro dovrai aspettare la sua maturazione in ambito fisico e a livello di Cacciatrice. Credo sia abbastanza equo, visto quanto tieni al tuo anonimato.-
- Potrei ucciderla. Lo sai, vero?-
- Certo che lo so. Ma so anche non potresti comunque.-
- Centinaia di uomini, anche tra i più valorosi, si sono fatti avanti e io li ho abbattuti uno per uno. Credi che una ragazzina possa fermarmi?- chiese con una risata fiacca e nervosa.
- Lei è diversa.- rispose lei con uno sguardo fermo e determinato- E lo hai visto anche tu.-
L’uomo si fermò ma non ribatté. Certo che lo aveva visto. Lo aveva visto nell’attimo stesso in cui se l’era trovata davanti.
Rimasero a fissarsi come si osservano due cavalieri durante uno scontro. Soppesavano ognuno i punti deboli dell’altro, pensando dove colpire. E la donna, rispetto al suo avversario, era in vantaggio. Conosceva le leggende e le storie che il marito le tramandava fin da quando erano dei bambini. Lui non sapeva nulla di lei.
L’uomo stava pensando. Se ne stava lì a scrutare l’avversaria con aria pensosa e lievemente spaventata. Si sentiva minacciato e non era mai capitato prima. Lui che aveva paura di una bambina? Ma per favore. Eppure anche il peggior assassino sa che i bambini non tacciono mai, che sono la bocca della verità. A malincuore le tese la mano. Nonostante tutto gli era andata bene e la situazione sarebbe stata divertente. Avrebbe atteso, paziente come ogni placido ed anziano assassino, e avrebbe teso la sua sottile trappola.
La donna gli strinse la mano, agguantando un guanto di pelle nera che nascondeva una mano grande almeno il triplo della sua.
- Ha sofferto?- chiese deglutendo e cacciando indietro le lacrime.
- No, ho fatto in modo che non sentisse niente. Ti amava molto. Mi ha detto di dirti, nel caso in cui ci saremmo incontrati, di dirtelo. Che ti avrebbe amata sempre.- rispose l'uomo socchiudendo gli occhi. Rispettava quel Cacciatore, aveva un gran fegato.
La donna si girò di scatto verso la Luna e dando le spalle all’uomo che aveva tolto la vita al proprio marito. Tutti quegli anni, i bisticci da bambini, da adolescenti e da adulti. Il primo figlio, poi il secondo ed infine il terzo; tutti con gli occhi del padre.
“Ti amo anche io, Hans.” pensò mentre una lacrima le rigava una guancia.
L’assassino, impunito, tornò da dove era venuto.




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