“WAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAH!”.
Cazzocazzocazzocazzocazzocazzocazzocazzo!
Sono appena caduta per
terra, prendendo una sonora culata che mi lascerà il livido
per almeno il prossimo mese.
Quel che è
appena successo… no, non è successo…
me lo sono sognata, per forza… non è fisicamente
possibile…
“Veronica!
Che cacchio hai da urlare? Che c’è?”
irrompe in camera mia Marco, il mio coinquilino.
Col dito tremante
indico la causa.
“Il tuo
gatto? Cos’ha il tuo gatto che non va?”.
“Miaoooooo”.
“Shinji…
Shinji ha parlato!”.
“Lui? Ha
parlato?”.
“Sì,
te lo giuro… ha parlato…”.
Senza dire una sola
parola mi si avvicina e poggia una mano sulla mia fronte:
“No, non mi sembri calda”.
“Lasciami
andare!” strepito allontanandolo di un paio di passi
“Sto bene, non ho la febbre”.
“No? Allora
forse ti sono venute le allucinazioni. O il lupus. O la
gotta”.
“Adesso non
è che perché sei studente di medicina dal
‘73 devi buttare fuori tutti i nomi delle malattie che
conosci…”.
“O magari
è un vairus mortale e non ancora scoperto. Vieni con me, ti
porto a farti vivisezionare! Sarai il mio lasciapassare per il
Nobel!”.
“Ma crepa,
sacco di merda!” lo spintono via.
“Oh, non sei
per niente divertente. Lo sai?”.
“Ben
contenta, guarda un po’ te. Puoi pure andare stronzo, sto
bene”.
“Non mi
sembra proprio…”.
“Non ho
chiesto il tuo parere professionale. Inoltre tu sei quello che ancora
sviene durante una autopsia. Non hai le credenziali per farmi le
pulci”.
“Oh beh,
come ti pare. Quando la cassapanca comincerà a declamare
Shakespeare fammi un fischio, mi raccomando”.
“Ma
vaffanculo, davvero!”. Mi alzo di scatto e gli
tirò dietro un cuscino, purtroppo colpendo solo la porta che
si sta chiudendo alle sue spalle.
Santa polenta,
è stato uno shock.
Un vero shock.
“Sei un
bastardo gatto, lo sai?”.
Lui si limita ad
osservarmi leccandosi una zampa: “Vero, mi è
scappata”.
“Hai
bestemmiato. Sono venticinque anni che ci parliamo e tu hai
bestemmiato!”.
“Ti ho detto
che mi è scappata, non ho fatto apposta!”. |