CAPITOLO
1
“Non
capisco” mormorò Joel guardando il risultato della tac. “La tac è negativa
eppure l’ho vista io stesso sanguinare dal naso, così di improvviso.”
“Può
essere stato un colpo di pressione o semplicemente un po’ di stress, ad alcuni
succede a volte” Maggie fece spallucce guardando insieme a lui l’immagine che
mostrava un risultato chiaro e pulito. “Dimettila, abbiamo bisogno del letto.”
Ma
Joel scosse il capo. “C’è qualcosa di strano in quella donna, qualcosa che per
un motivo ancora sconosciuto mi attira.”
Maggie
fece un grosso respiro. “Quel qualcosa, come lo chiami tu, è il fatto che è
molto bella. Ha due occhi luminosi, stupendi capelli e un corpo mozzafiato,
ecco perché ti attira. Dimettila Joel, sai bene quanto me che non c’è niente
che non vada in lei.”
Il
capo rise e si schiarì la voce; Maggie aveva ragione quando diceva che era
bella ma non ne aveva quando sosteneva che fosse quello il motivo per cui
voleva trattenerla ancora un po’. C’era davvero qualcosa che lo incuriosiva,
qualcosa a livello medico però. Forse era il fatto che quando il naso aveva
preso a sanguinarle in quel modo lei non si era assolutamente preoccupata,
neppure un po’, come se ci fosse abituata e non poteva essere normale.
Inutile
ripeterlo comunque, Maggie non gli avrebbe creduto e forse ne avrebbe avuto
tutte le ragioni visto la reputazione di cui godeva tra le infermiere e le
donne di quell’ospedale in generale. Con un cenno del capo la salutò e uscì
dalla stanza diretto al pronto soccorso dove avrebbe parlato con la sua
paziente e deciso solo in quel momento cosa fare. Allison Morgan rilesse
sulla cartella. Perché quel nome gli suonava tanto familiare?
****
Elijah
scese dall’aereo e aspettò di trovarsi fuori dall’aeroporto prima di afferrare
il suo cellulare e comporre il numero di Allison. La donna era rimasta molto
vaga nel messaggio che gli aveva lasciato il giorno prima. Quando lo aveva
sentito si era preoccupato perché non era da Allison chiedere aiuto; perché gli
aveva chiesto aiuto vero?
Non
ne era del tutto certo ma c’era qualcosa in quella voce che conosceva molto
bene che lo aveva messo in apprensione. Era nel modo in cui aveva vibrato
attraverso l’apparecchio, nel modo in cui era rimasta vaga, breve e concisa.
Non la donna che conosceva lui.
Toronto
spendeva di sole quel giorno. Era una città che gli era sempre piaciuta, anche
se dopo un certo momento della sua vita aveva smesso di visitarla ricordava tutto
con piacere di quel posto: Il Museo Reale, l’acquario, ogni cosa a Toronto era
bella. Perché Allison fosse lì non lo sapeva ancora, sperava di scoprirlo
presto e sperava che stesse bene.
Fece
partire la chiamata e attese qualche istante, il tempo di tre squilli e lei
rispose. “Allison, sono appena arrivato a Toronto, dove sei?”
“Sono
in ospedale ma sto bene, non venire qui, stanno per dimettermi in ogni caso. Ci
incontriamo in quel ristorante italiano che ti piace tanto fra due ore circa,
va bene?”
“Che
significa che sei in ospedale? Stai bene davvero?”
“Sì
El, sto bene davvero. È una storia lunga e anche imbarazzante, te la racconto a
pranzo. Tu aspettami al ristorante, va bene?”
“Va
bene” replicò lui alzando la mano per chiamare un taxi pensando che era tutto
troppo strano, non gli piaceva affatto e non sapeva perché.
****
“Bene,
Allison. Puoi andare.”
Allison
sorrise a Mary, la gentile infermiera che si era presa cura di lei in quella
lunghissima notte in ospedale. Anche se non avrebbe voluto rimanere un minuto
di più dopo i risultati della tac – Joel Goran aveva insistito affinché
rimanesse per la notte – stare lì era servito a qualcosa; aveva potuto osservare
i medici di quell’ospedale al lavoro e aveva deciso che l’Hope Zion era il
posto giusto a cui donare i soldi della fondazione di suo padre quell’anno.
Non
avrebbe detto ancora nulla però, l’indomani sera ci sarebbe stata una cena di
beneficienza che lo staff della fondazione Morgan aveva organizzato e avrebbe
comunicato solo allora la sua decisione svelando anche la sua identità.
Sapeva
che Joel sarebbe rimasto di stucco e sapeva che la prossima volta che avrebbe
messo piede dentro quell’ospedale tutti l’avrebbero trattata in modo diverso da
come avevano fatto fino a quel momento, ma le piaceva l’idea di sorprenderli in
qualche modo. Trovava divertente il pensiero del viso del dottor Goran che si tingeva
di stupore vedendola a quella cena e capendo chi fosse. Era un divertimento
innocuo in fondo.
“Grazie
Mary” disse all’infermiera. “Passa una buona giornata” le augurò prima di
allontanarsi.
“Hey,
Allison!” si sentì chiamare quando era oramai in prossimità dell’uscita e Joel
Goran le corse incontro quando si voltò. “Mary mi ha detto che sei stata
dimessa.”
“Proprio
cinque minuti fa o forse anche meno di cinque. Grazie per l’ottimo lavoro e per
l’attenzione che mi avete riservato.”
“Dovere”
sorrise Joel e per Allison fu come vedere Elijah in uno dei suoi rarissimi
giorni di spensieratezza. “Mi raccomando, ricordati di tornare fra una
settimana per controllare i punti e cerca di tenere la fasciatura pulita.”
“Lo
farò e tornerò senza dubbio se sarò ancora qui fra una settimana.”
“Che
vuoi dire?”
“Sono
qui per lavoro e dovrei concludere i miei affari domani sera quindi…”
“Quindi
forse ti farai togliere i punti in un ospedale della tua città.”
Allison
ridacchiò. “Sì, forse.”
“E…”
Joel si guardò un attimo intorno. “Qual è la tua città? Vancouver magari?”
“Temo
sia un po’ più lontana” la donna bloccò una ciocca di capelli dietro l’orecchio.
“Vivo a Los Angeles.”
“Los
Angeles?” le fece eco lui. “Cavolo, molto più lontana direi. Ehm senti… so che
ti sembrerà incredibilmente strano e poco professionale ma, domani sera ci sarà
una serata di beneficenza, l’ospedale è candidato per un premio molto
importante e dovrò presenziare in quanto capo.”
“Lasciami
indovinare” lo interruppe Allison. “Trovi quelle serate terribilmente noiose e
ti stavi chiedendo se volessi venire con te così potremo annoiarci insieme.”
“Tu
mi leggi la mente” scherzò Joel con un sorriso. “Allora?”
Lei
fece un grosso respiro. “Mi piacerebbe Joel ma ho già un impegno domani sera. Lavoro,
come ti ho detto. Magari però potremmo cenare insieme prima che torni in
California, che ne dici? Potrai lamentarti per tutta la cena della noiosità
della serata se lo vorrai.”
“Molto
gentile” annuì Joel con un sorriso tirando fuori dalla tasca un bigliettino da
visita. “Qui ci sono tutti i miei contatti, telefonami prima di partire e
ceneremo insieme.”
“Lo
farò, ma ora perdonami, devo proprio andare. Ho un appuntamento a pranzo con un
amico e mi sta aspettando al ristorante.”
“Certo.
Buon pranzo allora.”
“Anche
a te” replicò Allison prima di uscire dall’ospedale. Joel la guardò attraverso
le vetrate fin quando non salì su un taxi. Era assurdo ma l’idea di lei a
pranzo con un amico lo metteva di cattivo umore. Scosse poco il capo quasi
ridendo di se stesso e tornò al lavoro. Dubitava che l’avrebbe mai rivista
anche se ci sperava.