Pluviophilia
Pioveva.
Nuvole
nere come la notte velavano il cielo notturno, celando il firmamento e
nascondendo la luna dietro alle loro volute scure. Un tuono sferzò l’aria in
lontananza e il lampo che ne conseguì illuminò il velo di nubi, tracciando un elegante ricamo di luce
che si diramava fin quasi a sfiorare il terreno. Tutt’attorno, le stille
d’acqua si infrangevano sul terreno umido dei giardini e sull’asfalto delle
strade e la melodia che eseguivano era ipnotica e rilassante.
Pioveva.
L’odore
della pioggia inondava le narici di Arthur, quasi inebriandolo. Le gocce si perdevano sul legno della panchina dove
era seduto, scorrevano lungo le striature lignee, rotolavano sul marciapiede e,
infine, scivolavano in piccoli rivoli nelle scanalature delle mattonelle
grigie. Alcune perle d’acqua, più curiose, preferivano posarsi sul suo capo e
destreggiarsi in acrobazie lungo i capelli dorati dell’inglese, per poi
lambirgli il collo e tuffarsi oltre il colletto della felpa, lungo la spina
dorsale; altre invece seguivano un percorso diverso e preferivano correre lungo
le guance e il naso arrossato, per poi cadergli sul ventre e sprofondare nella
stoffa già fradicia. Lì, su quella panchina, aveva perso la cognizione del
tempo: la cortina di acqua che danzava dinanzi ai suoi occhi lo aveva ormai
ammaliato e, nonostante sentisse la fronte scottare, non avrebbe lasciato il
suo posto in prima fila per nulla al mondo.
Pioveva.
Ma
l’acqua con scorreva più su di lui, non gli impregnava più gli abiti. Si umettò
le labbra screpolate, sospirando quando si accorse di stare sotto a un grande
ombrello rosso. Rosso come il sole al
tramonto, si ritrovò a pensare scioccamente. Volse gli occhi verdissimi
accanto a lui e fu sorpreso di trovarne degli altri altrettanto verdi –
smeraldi che parevano rilucere di luce propria, quasi un raggio di sole fosse
rimasto intrappolato in loro – persi nel vuoto davanti a sé, incantati
nell’osservare la pioggia danzare col vento. Aveva un profilo regolare e i
tratti del viso dolci e una pelle color caffellatte che, ne era certo, doveva
essere morbida e vellutata al tatto. Indossava un impermeabile di un giallo
accecante, lungo e ingombrante, e Arthur si stupì di come non si fosse neanche
accorto del suo arrivo.
Lo
sconosciuto, poi, non lo aveva riparato casualmente. Teneva l’ombrello sporto
dalla parte di Arthur e una manica del suo impermeabile, rimasta scoperta, si
era subito imperlata d’acqua per metà.
Continuò
ad osservare quel buffo individuo ancora per un po’, sospettoso della sua
presenza: a quell’ora, con quella pioggia, nessun pazzo si sarebbe avventurato per
strada. In quanto ad Arthur, lui aveva semplicemente perso l’ultima corriera
che lo avrebbe riportato al college. Perché allora non andarsi a trovare un
riparo? Semplice: non lo voleva. Osservare la pioggia in silenzio per lui era
una cosa meravigliosa e, sinceramente, sarebbe stato capace di passare tutta la
notte seduto su quella panchina, col rischio di andare in ipotermia sempre più
vicino. Ma ora c’era quel giovane accanto a lui con quell’improponibile
impermeabile che attirava la sua attenzione. Restò così, a fissare quel volto
rilassato, con gli occhi persi nel vuoto, e lo trovò – nella sua strana
immobilità – di una bellezza disarmante.
Aggrottò
poi la fronte, un po’ piccato: da quando si era seduto accanto a lui non aveva
detto una parola, non aveva dato alcuna sua spiegazione di quel gesto gentile.
Si ostinò a fissarlo, cercando inutilmente di attirare la sua attenzione in un
modo sì infantile. Passarono interminabili minuti così, con Arthur a studiare
ogni minimo particolare del suo viso e lo sconosciuto a ignorarlo con
caparbietà, quasi non esistesse. Alla fine, rassegnato ma non meno irritato,
ritornò a guardare i disegni della pioggia. Fu allora che, nel silenzio
ovattato che si era creato tra loro, il giovane parlò:
«
Hai perso la corriera, non è vero? » Mormorò piano, forse per paura di
interrompere il suono monotono della pioggia. Arthur fu colto in fallo da
quella domanda: si voltò di scatto verso il giovane e gli mancò il respiro
dinanzi a quegli occhi così espressivi e a quel sorriso giocoso che – diamine –
nonostante avesse dello strafottente non poteva non essere considerato
ammaliante. Deglutì a vuoto, socchiudendo gli occhi e aggrottando le folte
sopracciglia in una sottospecie di sguardo torvo. Il picchiettare della pioggia
sulla stoffa tesa dell’ombrello accompagnava il silenzio che si era creato
istantaneamente. Lo sconosciuto allargò di più il proprio sorriso caldo e
rassicurante:
«
Senti, casa mia è qua accanto… » Cominciò a parlare con una voce tentatrice,
con un lieve accento ispanico che fece rabbrividire Arthur « …So che non ti
fidi di me, ma, insomma! » e qui si grattò la nuca in un modo schifosamente
adorabile; Arthur era rapito dai suoi movimenti, così incredibilmente sensuali
nella loro innocenza – No, cosa vai a
pensare! È il sonno che ti trae in inganno! È uno sconosciuto! – e non
riusciva a schiodare i suoi penetranti occhi verdi da quelli altrettanto
lucenti del mediterraneo. « È che stai tremando dal freddo, e… e che ti
converrebbe almeno asciugarti! » Concluse quel discorso in modo impacciato,
arrossendo appena e spalancando i grandi occhi da cerbiatto – aveva delle
ciglia folte e scure che ornavano deliziosamente quelle due gemme. Arthur inarcò
un sopracciglio:
«
Ce l’hai il tea? » Grugnì, sospettoso. L’altro sorrise di rimando, annuendo con
vigore. A quel gesto, l’inglese si alzò dalla panchina, guardò in alto,
lasciandosi bagnare il viso dalle ultime gocce di pioggia – fresche e splendide
– per poi ritornare a guardare lo straniero: « Allora vengo » Sancì, e quel
tono burbero scaturì l’ilarità dell’altro che, ridacchiando, si alzò a sua
volta dalla panchina:
«
A proposito, io sono Antonio! » esclamò gioviale, affiancandolo. Arthur se lo
squadrò dall’alto in basso, sbuffando per nascondere un sorriso divertito. Era
proprio strano.
«
Kirkland, Arthur Kirkland »
La
pioggia cessò di cadere.
Note
yay: stupida cosa scritta solo per soddisfare i miei appetiti da fangirl(?). Ho
solo ripescato i prompt della SpUk week ed è uscito sto sgorbio <3 se
dovete incolpare qualcuno, incolpate il temporale che non mi ha fatto dormire
due notti fa! Ci si sente in giro, che ho storie da recensire e su cui
fangirlare uvu
Bye,
La Tigre Blanche
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