-Mari...
perché... questo...-.
Tossì,
bagnandosi le labbra di rosso dolore.
Rotolò
di lato per poi ansimare al cielo.
Il
fiato le pesava, ogni respiro le si bloccava in gola in un grumo di
sangue che sembrava doverla uccidere, finché non lo sputava
lasciandosi sempre più esanime; e ogni suo sussulto
ravvivava la
profonda ferita allo stomaco, lancinante come una lama rovente.
Ma
non era niente rispetto al dolore sul suo cuore.
“Pensavo...
di valere qualcosa per te... ma come puoi pensare... che io stessi
tradendo il mio...”.
Uno
spasmo più forte spezzò i suoi pensieri e li
trasformò in urla;
tremò, girò gli occhi e si immobilizzò.
“Sono
morta?”.
Poi
una voce di donna.
-Eccoti!-.
“Un
angelo? No, questa sembra più una strega...”.
-Tu...
tu chi...-.
Era
faticoso anche solo guardarla, né sentiva quello che le
stava
dicendo, se non un nome.
-Natsu...-.
Natsu,
quel ragazzino che l'aveva salvata.
Quello
a cui aveva riattivato il tumore.
Quello
che ora lei voleva salvare.
Natsu.
-Natsu!!!-.
Era
divertente vederla agitarsi sulla sedia, mentre contemplava la vista
del suo amico che aveva fatto a pezzi.
Non
l'aveva ucciso, non ancora, aveva aspettato pazientemente che lei si
svegliasse per finirlo davanti ai suoi occhi impotenti.
Così
avrebbe espiato il suo peccato, lei aveva ucciso la sua amica, ora
avrebbe ucciso uno dei suoi.
-No!!!
Natsu!!! Ti prego, apri gli occhi!!! Natsu!!! Na-
ZAK
Gli
tagliò la gola.
La
ragazza ammutolì.
-Oh,
povero, povero Natsu...- Tenendogli ancora la testa alta stringendolo
per i capelli, si abbassò in modo da appoggiare la guancia
alla sua.
-Non
sei riuscita a fare niente per aiutarlo, vero? Povero Natsu, che
amica inutile che ti sei scelto, eh? Scommetto che ora la odi per la
sua totale incapacità, ho ragione?- Gli piegò
bruscamente la testa
di lato, facendogli scricchiolare il collo.
-Vero
che ho ragione???-.
Quella
era rimasta immobile, con la bocca spalancata e tra le labbra ancora
quel nome.
-Certo
che- Si rialzò si spolverò le mani: -se la cara
Randi non lo avesse
messo fuori gioco, forse la tua inutilità non gli avrebbe
nociuto
così tanto... mmm, non hai molta fortuna con le amicizie,
ragazzina!-.
Ahahah!
Com'era bello vederla così! Ma voleva che odiasse, che
odiasse
Randi, perché non poteva permettere che la amasse, non
poteva
permettere che qualcun altro amasse la sua Randi!!!
-Con
lui sono stata gentile, l'ho tenuto bloccato per quasi tutto il
tempo. D'altra parte, lui non aveva colpa, a parte essere mio
nemico.-.
Le
si avvicinò e le alzò il meno col dito,
scrutandola da più vicino.
Oh,
forse l'aveva scioccata troppo, non sembrava nemmeno notarla anche se
le stava a un palmo di distanza. Peccato, nemmeno piangeva, non
leggeva neanche un po' di disperazione nei suoi occhi, davvero
davvero un gran peccato.
-...ma
non pensare che per te sarà così. Sentirai ogni
cosa, ogni singola
parte della tua anima scivolare via dalle tue ferite a mano a mano
che ti tagliuzzerò, e urlerai pietà, poi mi
implorerai di ucciderti
subito.-.
-Non
sarai accontentata, non finché non lo deciderò
io. Questo perché
tu sei in mano mia, e quanto vivi e quando muori spetta a me
stabilirlo. E tu, mia cara, non vivrai ancora a lungo, ma quello che
basta a farti credere che sia troppo.-.
Era
abbastanza vicina da appoggiare la fronte alla sua, e premere gli
occhi sui suoi.
Ancora
niente.
-Tsch!-
Si rialzò, non l'aveva neanche sentita gridare che
fastidio!!!
Le
diede uno schiaffo, sperando di sentire almeno un gemito.
Nulla,
nulla, nulla, per quanto la continuasse a colpire nulla!!!
-Va
bene!- Alzò il coltello: -Forse questo ti
scalderà la voce!-.
Come
ogni Spriggan, ed essendo anzi la Principessa della Guerra, conosceva
a menadito i punti vitali di una persona, e quelli più
dolorosi;
dunque evitò cautamente i primi e maciullò i
secondi con furiosi
colpi di taglio.
Lacerò
le clavicole, trapassò le articolazioni temporo-mandibolari,
tagliò
gli incavi di ginocchia e gomiti, trafisse il plesso solare,
lesionò
i fianchi, fracassò il coccige, ferì il prolabio,
lese le costole,
e ancora gli occhi e le orecchie e le cosce e le braccia e le
mammelle e poi ogni cosa, le andava bene qualsiasi cosa che la
facesse urlare, e lei urlava, gridava, supplicava, latrava come una
cagna in calore con una scopa in culo e Dimaria non poteva chiedere
niente di meglio che sentirla.
Una
cosa la infastidiva, che non chiedesse pietà per
sé, ma per il suo
amico.
-È
morto, troia! È morto morto morto, morto per colpa tua!!! Tu
l'hai
ucciso come hai fatto con Randi!!!-.
-NO!!!
NATSU!!! TI PREGO!!! TI PREGO!!! NATSU!!! ARGH!!!-.
ZAK
ZAK ZAK
Rapida
e precisa come un barbiere la sminuzzava spruzzandosi addosso sangue
e carne, che mai più di prima era fiera di averne i vestiti
sporchi.
-MUORIMUORIMUORI!!!-.
Un
colpo più forte, e smise di urlare.
Piegò
la testa davanti, e Dimaria sorrise.
“Randi,
ti ho vendicata.”.
BLICK
BLICK
Rimase
a contemplare il suo operato quasi ipnotizzata dal rumore delle gocce
di sangue che colavano dai suoi capelli e dal suo volto sfigurato
fino a terra.
Poi,
colta da un attacco di risate, le sferrò un calcio in pieno
viso che
la fece quasi capovolgere; osservò con divertimento il suo
capo
rimbalzare all'indietro e poi accasciarsi sulla spalla, e si
prelibò
della sua espressione dormiente che stonava così tanto in
quello
sfondo rosso da avere un che di artistico.
Ma
se ne pentì subito, quella donna non doveva suscitare niente
che non
fosse disprezzo, perciò doveva fare qualche piccolo ritocco
a quella
faccina... dunque le si avvicinò e alzò il
coltello, pronta a
calarglielo tra gli occhi; ma, quando provò a muovere la
mano, trovò
il braccio rigido come congelato, e così scoprì
tutto il corpo.
“C-Cosa?
È come se... come se qualcuno stesse usando la mia
magia!”.
No,
non era solo quello, perché la sua mano si aprì
in uno spasmo e
fece cadere la lama, e così tutto il suo corpo
iniziò a tremare, e
sudare, e lei a battere i denti.
“C-C-Cos'è
questa... questa sensazione? Non ho mai provato un gelo simile in
vita mia! Cos'è che mi impedisce anche solo di
muovermi???”.
Poi
capì.
“Paura?
Io provo paura? Io, la Principessa della Guerra? Io-Io ho
paura???”.
Sì,
paura, autentico terrore la stava attraversando, più freddo
del
ghiaccio di Invel e più letale della maledizione di Sua
Maestà.
C'era
un'aura gigantesca alle sue spalle, di quelle che non aveva mai visto
nemmeno tra gli Spriggan, superiore persino a quella di August, e
molto, molto più minacciosa, sentiva i suoi occhi sulla
pelle, il
suo alito sul collo, le sue unghie davanti agli occhi i suoi denti
pungerla si voltò e-
Niente.
Non
era cambiato niente rispetto a prima.
Dimaria
proprio non capiva.
“Possibile
che mi sia immaginata tutto? Sì, dev'essere l'emozione, ma
nessuno
ora mi può fermare! E anche se fosse posso ucciderlo quando
voglio!
Ahahah! Che stupida che sono stata! É stata solo sug-
Le
corde.
Le
corde.
Non
c'erano.
Il
ragazzo non era più legato.
Perché
non era più legato?
Perché
non era più legato?
DOVE
CAZZO ERANO FINITE LE CORDE???
-AAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAH!!!-
Si lanciò ciecamente in avanti spaccando la testa a quel
moccioso.
O
almeno così quella era l'intenzione.
“Nonononononononono!!!
NOOOOOOOOOOOOOOOOOOO!!!”.
I
frammenti della lama luccicavano in aria come fiocchi di neve al
sole, mentre il manico scottò tanto da costringerla a
mollarlo e,
caduto a terra, fuse anche il pavimento.
“Impossibile!!!
Ho fermato il tempo!!! Come può la sua magia essere ancora
attiva???”.
Indietreggiò,
spinta da un irrefrenabile impulso di fuggire via, e fece bene,
perché l'aria attorno al ragazzo prese fuoco.
-Ah!-
Cadde per lo spavento finendo seduta, e vide con orrore le vampate
avvicinarlesi. Cercò di strisciare via, ma quello che vide
la
raggelò.
Il
ragazzo si era alzato, o meglio, l'istante prima era seduto e quello
dopo era in piedi, solo che alle sue spalle c'era ancora l'immagine
di lui seduto, avvolto dal fuoco, era come se ci fossero due foto
sovrapposte nella dimensione immobile del tempo.
E
ancora, si mosse verso di lei e contemporaneamente rimase immobile,
portandosi dietro quelle fiamme che bruciavano l'aria, no, bruciavano
la dimensione, la sua dimensione!
E
d'un tratto le presero i piedi, le gambe, il corpo e tutto quanto, ma
senza ferirla e poi si dissolsero, lasciandosi dietro il fumo del
tempo.
Ora
ce n'era uno, uno solo, ma più spaventoso di tutti gli altri
messi
insieme, le sue braccia erano nere, le sue guance macchiate di scuro,
gli occhi chiusi come se stesse dormendo, la bocca schiusa che
mostrava due file di denti aguzzi come quelli di una bestia, i folti
capelli tra il vermiglio e lo scarlatto e il viso piegato in basso,
così che quando avrebbe aperto gli occhi avrebbe visto lei
per
prima.
Il
suo aspetto era forse più strano che inquietante, ma
osservare come
sembrava rilassato in mezzo al fuoco che lo avvolgeva avrebbe
terrorizzato il guerriero più coraggioso.
E
fino a quel momento Dimaria era stata convinta di esserlo.
Poi,
infine, sollevò le palpebre; e capì di essere
condannata.
Erano
rosse, di un rosso più acceso del fuoco, eppure la
guardavano con
scarso interesse, quasi con noia, e allo stesso modo si spostavano,
lentamente, da una parte all'altra della stanza; ma non celavano una
certa asprezza che sfumava in potenziale crudeltà, come se
reputasse
lei, il pavimento e la troia dietro allo stesso infimo livello.
Erano
gli stessi occhi che aveva visto a Sua Maestà la prima volta
che
l'aveva incontrato, quando aveva sterminato il suo popolo. E ora
erano volti su di lei.
Cercò
di articolare una frase, invece uscirono solo dei rumori sconnessi di
rigurgito; infine balbettò: -C-Chi...-.
-Pew.-.
La
parete la investì come un treno in corsa, e
crollò seduta urlando
di dolore, lasciando sul muro una macchia tirata di sangue.
Si
sentiva come un burattino senza fili, incapace di muovere altro che
non fosse la testa; e anche solo fare quello era straziante.
Ed
era bastato uno sputo per ridurla così.
-As...petta...-.
Il
ragazzo le si avvicinò camminando con calma, la stessa con
cui
l'aveva spazzata via appena l'attimo prima.
-Fer...
ugh... mati...-.
Si
fermò di fianco alla ragazza, guardandola con gli stessi
occhi
stanchi; poi tornò a lei e la puntò con l'indice.
-No...-
Voleva gridare, voleva scappare, voleva fare qualsiasi cosa, invece
riusciva a malapena a mantenere i sensi e a sopportare il dilanio che
ora era il suo corpo.
Il
ragazzo alzò le dita e lei si sollevò da terra,
stretta da una
morsa invisibile al collo che iniziò a soffocarla.
-Blugh!
Argh! Non farl- Annaspò in cerca di aria, invece si
sentì strozzare
di più; riuscendo appena a socchiudere le palpebre, vide con
orrore
che il ragazzo stringeva tra le mani una sfera di fuoco.
“Ah...ah!!!
No!!! No!!! Ti prego, no!!!”.
-Aspetta!
Aspetta!!!-.
Piegò
la mano per lanciare e tutto quello che Dimaria riuscì a
fare fu
ripetere morbosamente quella parola, mentre una vaga idea di salvezza
si faceva strada sulla sua mente.
-AspettaASPETTAaspettaaspettaaspettaASPETTAaspettaaspettaaspettaaspettaASPETTA
aspettaASPETTAaspettaASPETTAaspettaaspettaaspettaaspettaaspettaASPETTA!!!-.
Lui
aspettò, allentò la morsa, e lei poté
gridare euforica: -La tua
amica è ancora viva!!! E io sono l'unica che può
salvarla!!!-.
-Prego?-.
Dimaria
fece una risata isterica, stava funzionando, incredibile ma vero
quella mocciosa ora era la sua chance!
-Esattamente
come ho detto! Le sue ferite sono gravi, ma se blocco il suo tempo
potrai guarirla con tutta calma!!! Proprio così, non puoi
uccidermi,
o morirà anche lei!!! Ahahah!!!-.
“Già,
non può uccidermi!!! Non può farmi niente!!! Sono
salva!!! Quella
dannata è la mia ancora di salvezza!!! Il mio scudo
indistruttibile!!! Sono-
PUM
Co
sa
?
Ecco,
ora è morta.
disse
lui
abbassando
il piede
la
sua ancora il suo scudo si era spiaccicato
alla
parete con un disinvolto calcio laterale
e
ora giaceva completamente scomposta a terra
Cosa COSA cosa cosa cosa COSA cosa cosa cosa
cosa COSA cosa COSA cosa COSA
cosa
cosa cosa cosa cosa
COSA???
-Che
faccia buffa che fai. Vabbeh, se non c'è altro...-.
Come
vide il fuoco riaccendersi tra le sue dita i suoi pensieri
ripartirono di colpo e si sentì urlare a squarciagola: -Era
tua
amica no???-.
-Eh?-
Fece quello piegando la testa: -Sul
serio?-.
Non
fingeva, era davvero stupito,
e poi si grattò la ferita al collo come
se gli prudesse. Come se gli prudesse e basta.
-Che
fastidio però... quel coltello era un po' smussato per i
miei
gusti...-.
“Sm...smussato?
Il... coltello?”.
Ma
allora... perché?
Perché
la strangolava in quel modo???
Lo
disse ad alta voce senza rendersene conto, se ne accorse solo quando
lui le rispose indicandola con indice e medio uniti: -Manchi
di stile.-.
-
Come?
-Totalmente.
Sei una vergogna per gli occhi, mi sembra di vedere un bambino con in
mano delle forbici.-.
Dimaria
boccheggiò, stavolta non per l'aria che le mancava, non per
il
dolore, nemmeno per l'incredulità, ma per la rassegnazione.
Non
c'era verso che quel pazzo potesse risparmiarla ormai.
-Ci
vuole stile in tutto, specialmente in quello che ti piace fare.
Infliggere dolore è il mio passatempo quotidiano, e sentire
come lo
rovini è in sé una gran tortura, non posso
proprio sopportarlo.-.
-Ti
faccio un esempio.-.
Agitò
le due dita e Dimaria guardò con scarso interesse la sua
mano
alzarsi verso di lui.
-Ci
sono due modi di spezzare un dito. Quello buono e il tuo. Questo
è
il tuo.-.
Il
mignolo le si piegò pericolosamente
all'indietro.
“No
non-
CRACK
-AH!!!-.
-Questo
invece è il mio.-.
Stavolta
fu il polpastrello dell'anulare a torcersi, poi una volta rotto
toccò
alla falange intermedia, e infine alla prima falange.
SCROK
SCROK SCROK
-ARGH!!!-.
-Ecco,
hai capito la differenza? Devi dare il climax, donna! Oh,
il tuo dito sembra una chiocciola, non trovi! Uhm,
mi sembri un po' scettica, meglio che te lo rispiego. Ah, che
pazienza!-.
CRACK
CRACK CRACK CRACK CRACK CRACK...
Un
taglio una pugnalata uno squarcio uno smembramento, ogni osso rotto
era un aumento di livello e un incentivo a urlare più forte.
Si
era sempre considerata la più abile combattente con le mani
degli
Spriggan, adesso avrebbe pagato oro per non averle mai avute;
comunque non le sarebbe servito a molto, perché
passò presto alle
dita dei piedi, poi alle piante, poi alle gambe e via così a
risalire.
-AAAAAAAAAAAAAAAAAAH!!!
BASTA!!! BASTA TI PREGO!!!-.
-“Basta,
basta ti prego”? Sei una delusione, si lamentava meno l'altra
donna. Beh, la stava torturando una dilettante...-.
L'altra
donna, intendeva quella ragazza, e aveva ragione, in neanche due
minuti l'aveva raggiunta e superata quella macchia informe sul
pavimento, lei, la grande Dimaria Chronos Yesta, la Principessa della
Guerra, la Valchiria, e un sacco di altri appellativi di cui solo uno
si meritava.
Verme.
La
verità che non aveva avuto il coraggio di ammettere a
sé stessa ora
le appariva lampante come la sua morte ormai vicina.
La
verità era che si era resa conto della sua rabbia troppo
tardi; la
verità era che non aveva potuto credere a ciò che
aveva fatto, e
dunque si era sfogata con quella ragazza, la cui unica colpa era
essere stata, pur nemica, un'amica migliore per Randi di quanto non
lo fosse mai stata lei; la verità era che quell'
“Era tua amica
no???” non si riferiva al ragazzo, ma a lei.
Ah,
forse una fine del genere non era così male. Non sarebbe
mancata a
nessuno, comunque.
-Mmm...
vediamo la mia mira com'è...-.
Il
ragazzo alzò il braccio, creando un'altra sfera che
lanciò contro
di lei.
Dimaria
chiuse gli occhi.
“Randi...”.
-Pa...pà?
M-Mamma?-.
-Cosa
fate? P-Perché non vi rialzate?-.
Dimaria
indietreggiò, allontanandosi dai corpi esamini dei genitori.
Ma
attorno a lei ce n'erano così tanti che se con un passo si
allontanava da uno era di due passi più vicina a un altro.
-Zia...
zio... fratellino... perché siete tutti a terra?-.
-Ora
capisco.-.
Dimaria
fu scossa da un brivido gelido che le fece accaponare la pelle; d'un
tratto tutto era come sparito, era rimasta solo lei e quel ragazzo
dagli occhi rossi che la fissava intensamente.
-Tu
sei la reincarnazione della dea. Se sei riuscita a sopravvivere,
allora le voci su di lei sono vere...-.
La...reincarnazione?
Ma cosa stava dicendo? P-Perché la guardava in quel modo?
“Mamma!
Ho paura, mamma! Dove sei???”.
Il
ragazzo unì i pugni in maniera strana, tenendo alzate alcune
dita.
-Devi
capire che non c'è nulla di personale. È solo
sopravvivenza,
bambina.-.
Dimaria
si mise in ginocchio, tenendosi la testa tra le mani e piangendo.
Perché
non succedeva nulla? Di solito quando piangeva la mamma
l'abbracciava, perché adesso non lo faceva? Dov'era sua
mamma???
-Maestà.-.
“Mamma!”
Dimaria rialzò il viso, ma non era lei. Era una bambina
più o meno
della sua età, dai capelli verde acqua e lo sguardo stizzito.
Eppure
ai suoi occhi splendeva come un sole.
-Se
la scena ti impressiona ti consiglio di allontanarsi.- Disse calmo il
ragazzo.
-Non
è questo, Maestà. È solo che non
capisco bene... se adesso la
uccide la dea si reincarnerà da qualche parte no?-.
-Non
c'è più nessuno in cui possa farlo.-.
-Sì,
ma se si sbagliasse sarebbe davvero una scocciatura, non le pare? Non
sarebbe più saggio tenere questa mocciosa con noi e usarla
come
arma?-.
Il
ragazzo aggrottò la fronte, le puntava ancora i pugni e i
suoi occhi
continuavano a terrorizzarla ma sembrava vacillante.
-È
un pericolo per la mia vita.-.
-Ma
non diceva ieri che gli Spriggan lo sono tutti?-.
Fino
ad allora Dimaria era rimasta immobile con il batticuore, si era
persino dimenticata della madre, l'unica cosa che capiva era che
quella bambina le stava salvando la vita.
E
quando il ragazzo smise di minacciarla ma si spostò proprio
su di
lei ebbe un sobbalzo.
-Hai
ragione, e forse dovrei eliminare anche te...-.
La
bambina trasalì e sbiancò in viso, poi qualcuno
gridò: -NON LO
FARE!!!-.
I
due si voltarono di nuovo verso di lei, perché era stata
proprio lei
a urlare; ora era schizzata davanti alla bambina e aveva alzato le
braccia a croce per difenderla.
-Ehi,
ma che...-.
Dimaria
singhiozzava e non la sentiva, non sentiva la sua mente domandarle
perché lo stesse facendo, non sentiva il suo corpo che la
supplicava
di correre via. Semplicemente, sentiva solo l'impulso di proteggere
quella bambina.
-TI
PREGO, FARÒ CIÒ CHE VUOI!!! PERÒ NON
FARLE DEL MALE!!!-.
Si
fermò ad ansimare, e vide con sgomento il ragazzo abbassare
le mani
e sorridere.
-Se
non altro per interesse vi lascerò vivere entrambe. Dunque
devo
considerare le tue azioni come un'asenso a unirti agli Spriggan,
bambina?-.
Dimaria
annuì, anche se non sapeva a cosa, l'importante era che
erano
entrambe salve.
Il
ragazzo alzò i tacchi e le lasciò sole; Dimaria
si voltò verso
l'altra e vide che la guardava arrabbiata.
-Cosa
credevi di fare? Le persone come te le odio! Credi che non sarei
riuscita a cavarmela da sola???-.
-Ma...-.
-Tsch!-
Deviò lo sguardo di lato, borbottando qualcosa che a Dimaria
sembrò
un ringraziamento, e se ne andò anche lei.
-Aspetta!
Dimmi il tuo nome!-.
La
bambina si fermò, facendo ondeggiare i capelli a caschetto,
e si
voltò di profilo, in modo che vedesse brillare controluce un
occhio
smeraldino e una smorfia appena accennante a un sorriso.
-Mi
chiamo Brandish.- E uscì dalla casa.
-Brandish...-
Ripeté incantata: -...Randi... ah! Aspettami!-
Così, sorriso in
volto, si precipitò a seguirla, lasciando lì i
cadaveri della sua
famiglia che ancora urlavano di
terrore con
loro labbra orribilmente
digrignate.
“So
che non puoi perdonarmi... ma almeno... spero di riuscire a scorgerti
almeno una volta da dove sto per finire...”.
Sorrise,
aspettò il dolore, e venne, ma diverso da come si aspettava.
Pensava
che avrebbe sentito una cannonata, e invece era come un proiettile
che la colpiva alla pancia.
Un
piccolo proiettile.
-Ah!-
Riaprì gli occhi di scatto senza capire, poi la vide.
Ferita,
ansimante, il braccio alzato verso di lei, ma ancora viva.
Viva.
-Uhm,
e tu chi sare-.
Il
ragazzo si
bloccò e ruotò un poco il capo, socchiudendo
occhi e bocca in un
sorriso serpentino: -Beh,
nessuno che
valga la pena ricordare.-.
-Sei...
proprio tu... Natsu?- Chiese tra pesanti sospiri.
-E
chi
altri-
SWISH
-dovrei
essere?-.
Dimaria
spalancò la bocca in
un grido d'orrore.
-RANDI!!!-.
Più
veloce del tempo, il ragazzo si era spostato alle spalle di Brandish
e le aveva messo una mano sulla spalla.
-Co-
SLAM
In
un attimo era volata al suo fianco e
il ragazzo le si era avventato addosso.
-As-
Non finì neppure la parola che ricevette un pugno tra i
denti, poi
una ginocchiata sullo stomaco che la fece piegare in avanti, allora
lui la colpì alla nuca con una gomitata e
continuò così,
lasciandosi dietro rumore di carne pestata e schizzi di sangue.
-No!!!
Randi!!! RANDI!!!-.
-Ho
come l'impressione che non devo lasciarti il tempo di reagire,
qualcosa
riguardo ai miei organi che esplodono.-
Alzò un pugno che si infiammò: -Dunque
con te la farò finita subito.-.
-NO!!!
FERMATI!!! FERMATI!!!- Dimaria scalciò, batté i
pugni, si dimenò
in ogni modo per liberarsi, ma era inutile, totalmente inutile, e
anzi ricominciava a non respirare.
“Maledizione!!!
E io
sarei
una
dea???
Non
riesco nemmeno a proteggere la mia unica amica!!!”.
“No!!! Mi
rifiuto di crederlo!!!”.
Puntò
i piedi sul muro e flesse le gambe, pronta a lanciarsi.
“Che
importa se morirò??? Farò di tutto per salvarti
Randi!!!”.
E
saltò.
Sentì
qualcosa spezzarsi in gola, anzi, la gola stessa spezzarsi, poi
l'impatto con qualcosa di solido e infine col pavimento.
Rimase
lì, immobilizzata, incapace di guardare altro che non fosse
il
soffitto e di respirare, sentendo il fiato mancarle sempre di
più a
ogni attimo, e una paura montarle da dentro di non essere riuscita a
farcela in tempo.
Tempo.
Lei
che perdeva col tempo, che paradosso.
Spalancò
la bocca cercando aria, ma non riuscì a tenerla in gola, si
sentì i
polmoni bruciare e lottò con tutta sé stessa per
non svenire.
Finché
il tocco soffice di un dito al collo non la fece sussultare e
prendere tutto l'ossigeno che si trovò attorno, riuscendo
finalmente
a mandarlo giù.
-Anf,
anf, anf...- Così era ridotta, imperlata di sudore e appena
consapevole di stare respirando, ma ancora quel polpastrello le
solleticava la gola provocandole
un'ondata di piacere in tutto il corpo, e forse fu quella a
mantenerla cosciente.
Perché
sapeva di chi era quel dito, e sapeva chi l'aveva salvata.
Ma
il sollievo si tramutò nuovamente in orrore quando vide la
sagoma
del ragazzo campeggiare su di lei con due occhi di fuoco.
-Stronzastronzastronza!!!
Mi hai fatto male lo sai??? Ma non è niente... non
è niente
rispetto a quello che hai fatto a lei!!!
Brucia all'inferno, puttana!!!-.
Heh,
tu guarda l'ironia della sorte. Era tornato tutto come all'inizio,
con l'unica differenza che ora era lui ad avere il pugnale e lei il
filo della lama sul collo.
Ma
quella lama di fiamme avrebbe colpito anche Randi, e questo non
poteva permetterlo.
Rotolò
sul fianco in modo da vederla, bella anche nel sangue che la
ricopriva, e si distese sopra di lei.
-Non
potrai mai accettare le mie scuse- Sussurrò: -ma almeno
permettimi
di porgertele in questo modo...-.
Si
serrò su di lei, pronta a proteggere ogni centimetro del suo
corpo,
e chiuse gli occhi aspettando il bruciore fatale.
Invece
passarono i secondi e niente, se non un gemito dall'alto che alla
fine la fece sbirciare.
Il
ragazzo teneva ancora il pugno alto e un'espressione infuriata nel
viso, ma con la coda dell'occhio spiava dietro di sé;
attorno al suo
petto si avviluppavano due braccia sottili, le scorgeva candide sotto
gli strati di ferite incrostate, le cui mani stringevano i suoi
pettorali.
E
un ciuffo di capelli biondi gli spuntava da dietro il collo, dove la
ragazza aveva appoggiato la fronte.
-Ti
prego, fermati Natsu.-.
-Lu...cy...-.
-Ti
prego- Ripeté, la voce interrotta dai singhiozzi: -non
c'è bisogno
che faccia questo. Per favore, Natsu, tu non sei così! Tu
non sei...
tu non sei...-.
-Ti
prego, smettila, Natsu!!!-.
Dopo
quell'urlo, calò il silenzio; interminabili istanti si
succedettero
davanti agli occhi immobili di Dimaria, finché non vide
Natsu
abbassare il pugno e scoppiare in lacrime.
-Sei
ancora... credevo di... Lucy!!!-.
Si
inginocchiò, e lei con lui.
-Scusami!
Scusami, scusami, scusami Lucy!!! Ho fatto una cosa imperdonabile!!!
Pensavo di averti uccisa!!!-.
-Va
tutto bene.- Pianse lei: -Va tutto bene, Natsu. Va tutto bene.-.
Già,
andava tutto bene. Non se lo sarebbe mai immaginato nemmeno nei suoi
sogni più remoti, ma di loro quattro nessuno era morto.
“Va
tutto bene, Randi.” Pensò anche lei prima di
chiudere gli occhi.
“Va
tutto bene...”.
Aveva
caldo, tanto caldo, così caldo che le bruciava la pelle.
Dimaria
rinvenne di colpo, tutto era annebbiato e confuso, eccetto per la
persona davanti a lei.
Quella
non l'avrebbe mai scambiata per nessun altro.
-R-Randi?-.
I
vestiti quasi assenti ma eleganti, la posa dritta, il cipiglio in
volto: era proprio la ragazza che conosceva.
-Dove
siamo?-.
-Lontano.
Molto lontano.-.
Ah,
ecco. Quel tono arido era proprio quello che si aspettava da lei,
anche se in cuor suo aveva sperato... no, non era riuscita nemmeno
per un istante a farsi qualche illusione.
-Con
te hai provviste per una settimana; a sei giorni di cammino da qui
troverai una città.-.
-Una
città? Ma che... che dici...-.
-Non
so dirti in che direzione è, non l'ho chiesto. Ti auguro
buona
fortuna, davvero, Mari.-.
Dimaria
fece per raggiungerla, ma inciampò e finì faccia
sulla sabbia.
-Urgh!
Randi! Aspetta! Cos'è successo???-.
Brandish
chiuse gli occhi qualche secondo prima di risponderle: -Abbiamo perso
purtroppo. Gli altri di noi, quelli che sono sopravvissuti, sono in
carcere a vita. Tu invece potrai rifartene una, Dimaria. Consideralo
un mio ringraziamento. Addio.-.
Si
voltò e si incamminò, lasciando dei piccoli buchi
sulla rena.
-Brandish!-
La chiamò disperata: -Aspetta! Brandish! Brandish!!!-.
Si
mise in ginocchio per gattonarle dietro, ma si allontanava molto,
troppo velocemente.
-Ti
prego!!! Brandish, ti prego!!! Tu sei la mia unica amica!!!-.
-Ti
prego!!!-.
Brandish
non si fermò, non la guardò, non diede cenno
nemmeno di averla
sentita.
-Ti
prego...-.
Infine
scomparve dalla sua vista.
Dimaria
si accovacciò su sé stessa e si fece travolgere
da un'amarezza che
solo allora si rese conto di possedere, e pianse, forse per la prima
volta dopo la morte della sua famiglia pianse di autentico dolore.
“Io...
cosa sono... ora? Cosa è... rimasto... di me... se tu non ci
sei
più?”.
“Però...
io lo capisco... io lo capisco... e lo accetto... perciò...
perciò
addio... Brandish...”.
“Grazie.”.
Si
appoggiò sullo sportello dell'aereo, tirando un profondo
respiro.
“Addio,
Mari.”.
-Le
hai mentito.- Le fece notare Lucy, sopraggiungendole alle spalle.
Brandish
la guardò, con suo sollievo sembrava guarire di una benda
ogni volta
che la vedeva.
-Sai
dov'è la città.-.
Lei
annuì gravemente.
-È
dalla parte opposta da dove mi sono allontanata. Se cercherà
di
seguirmi, morirà. Se accetterà di lasciarmi
andare, sarà libera.-.
Lucy
le sorrise con fare quasi consolatorio.
-Le
volevi bene, eh?-.
Scosse
la testa.
-No,
affatto. Forse non se lo poteva ammettere, ma lo sapeva anche lei.-.
Guardò
fuori dal finestrino, osservando le nuvole sfrecciare via verso dove
c'era quella che era stata la sua prima amica.
-Noi
due, alla fine, non ci siamo mai sopportate.-.
Angolo
dell'autore
Uhm...
cosa avrò voluto dire con questa storia? Forse che sono un
poco sadico?
Forse che mi annoio? Forse che dovevo farla uscire la settimana scorsa
e sicuramente non a quest'ora?
Sì,
probabilmente è l'ultima.
Vabbeh,
ci sto prendendo la mano a fare questo tipo di storie (almeno spero),
perciò chissà che in futuro...
Alla
prossima XP!
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