Cullen
Team Blondies 2.0
Per la mia patatina, a cui
voglio un bene dell’anima.
Cullen
“E
poi ho sentito un’emozione accendersi veloce
E farsi strada nel mio petto senza spegnere la voce.”
Francesca Michielin, Nessun grado di separazione.
“Il Creatore ha uno
strano senso dell’umorismo.”
Aveva udito quelle parole
per la prima volta quando aveva battuto sua
sorella Mia – che voleva fare l’adulta anche
imitando il modo di parlare dei “grandi”
– a scacchi; crescendo non erano mancate le occasioni in cui
lo aveva sostenuto lui stesso, ma non aveva mai immaginato che il
Creatore potesse divertirsi nel vederlo umiliato a quella maniera,
mentre era nudo come un verme, in taverna, davanti ai suoi amici.
Aveva
parlato del suo vecchio collega ritrovatosi senza vestiti al
Circolo per una scommessa proprio alcune ore prima, e adesso era toccata la stessa sorte a lui:
forse il Creatore aveva pensato potesse essere una cosa buffa. Per gli
altri. O un monito per lui di non ridere delle sorti altrui.
In quel momento sapeva
che le sue gote erano letteralmente in fiamme,
senza che Cole glielo dicesse – cosa che lo
imbarazzò ancora di più – e le risate
sguaiate di Varric non lo aiutavano di certo nella difficile impresa di
togliersi dall’impaccio.
«Non dire una
parola, nano» disse, più
che mai a disagio, mentre Varric non accennava a smettere di ridere.
In quel momento avrebbe
solo voluto sotterrarsi, proprio come facevano
le tartarughe durante il letargo, per poi ricomparire solo quando le
persone avessero dimenticato l’accaduto.
Nel suo cuore,
però, sentiva che non sarebbe mai successo;
Josephine aveva uno sguardo trionfante e gli sorrideva soddisfatta.
«Mai
scommettere contro un’antivana,
comandante.»
Quelle parole ebbero
l’effetto di mortificarlo ancora, e
nascose il viso tra le mani. L’Inquisitrice gli rivolse un
sorriso timido, ma incoraggiante, per cercare di farlo riprendere;
inutile dire che non le riuscì. Non ebbe il coraggio di
vedere in viso Cassandra che intanto sogghignava, mentre vide il
giovane Caderyn prendere il suo mantello, per consegnarlo a lui.
Il fato volle che Cullen
non riuscì mai a toccare la stoffa
cremisi di quel drappo: Varric aveva deciso per lui di darlo a una
delle cameriere per portarlo lontano da lì,
cosicché il comandante non potesse indossarlo.
Fu grato alla cercatrice
che affermò di voler andare via
prima che lui si alzasse dalla sedia, ma quel senso di riconoscenza
durò un attimo, e soprattutto non fu rivolto a Dorian, che
voleva vederlo compiere quella che lui chiamava tra sé
“la camminata della vergogna”.
Fece un respiro profondo
e facendosi coraggio si alzò,
uscendo alla chetichella dalla locanda; poté sentire il
freddo di quella notte invernale di Skyhold entrargli nelle ossa, per
quanto stesse correndo quanto più velocemente possibile.
Conosceva la strada e teneva gli occhi chiusi: non voleva vedere
né sapere se qualcuno lo stesse guardando, pensando tra
sé che sarebbe stato bello che la gente a sua volta non lo
vedesse.
D’un tratto,
dopo aver salito la scalinata per arrivare ai
suoi alloggi, qualcosa gli bloccò la strada. Al sentire un
“ahi!” aprì gli occhi e
sbiancò.
“Per il
Creatore... è Dalish!”
L’elfa era
davanti a lui, gli occhi spalancati, che lo
fissavano intensamente. Dalish sorrise, squadrandolo in modo discreto e
ringraziò che il comandante non se ne fosse accorto.
Cullen intanto, per
quanto avesse perduto gli indumenti, non aveva
perso l’educazione, e cercò di scusarsi per
l’inconveniente, ma le parole gli morirono in gola,
perché aveva solo un pensiero in testa, e non era dei
migliori. Guardare il bell’incarnato della giovane, poi, non
faceva altro che turbarlo di più.
“Mi ha visto.
Nudo. Con che coraggio potrò farmi vedere ancora da
lei?”
«M-mi
d-dispiace, signorina» balbettò
confuso «mi perdoni!» e arrivò
finalmente nella sua camera, il cuore che gli martellava nel petto, a
metà tra il disagio provato e la confusione che gli aveva
causato il sol vedere Dalish, emozionandolo.
Sospirando pesantemente
si ripromise l’indomani di chiedere
daccapo scusa alla ragazza, sia per il comportamento inappropriato sia
per il modo pessimo con cui si era porto, simile a quello di un
ragazzino vergognoso.
E fu proprio la prima
cosa che fece il giorno dopo.
La vide assieme ai suoi
compagni, le Furie, mentre aspettavano il loro
comandante; parlottava con Krem – aveva fatto caso
all’amicizia tra i due – ma appena lo
notò gli si avvicinò, risparmiandogli
l’ennesima figuraccia di chiedere di parlare con lei
incespicando nelle sue stesse parole.
«Comandante,
sta bene? Ieri ha preso freddo...»
“Come? Che
cara ragazza...”
Le parole di Dalish lo
scaldarono più di quanto avrebbe
potuto fare la pelliccia che aveva attorno al collo.
«Sì,
grazie per il pensiero. Volevo chiedere scusa
per essere stato indecoroso e maleducato, andare in giro con le pudenda
in mostra non è per nulla onorevole» disse,
acquistando man mano sicurezza.
“Sono riuscito
a dire tutto per bene? Possibile?”
Dalish gli sorrise
gentile, e ai suoi occhi risultò ancora
più bella, mentre il vento le scompigliava i capelli:
sarebbe stato a guardarla per ore.
«Non fa niente,
davvero» quella volta
toccò a Dalish arrossire «purtroppo alle volte
succede di venir stracciati a grazia malevola...»
“Lo ha saputo?
Che figuraccia!”
«Ne
è a conoscenza, vedo» Cullen era a
dir poco sconsolato.
«Sì,
ma...» nemmeno la ragazza sapeva
bene cosa dire per tirargli su il morale, ma alla fine ebbe
l’illuminazione «ho saputo dal capo che Varric
vuole fare un’altra partita e ha invitato anche noi. Io so
giocare, potremmo allenarci assieme» propose, prendendo il
coraggio a due mani.
Cullen
arrossì, ma non era il solo con del colore sulle
guance, e la colpa non era affatto del vento.
«Vi
ringrazio...»
Fu interrotto
bruscamente da Dalish: «Per favore, diamoci del
tu. Io sono Dalish, e basta.»
«Va bene,
Dalish» ripeté Cullen, che si
schiarì la voce per camuffare un ulteriore imbarazzo
«quando vuoi io sono pronto a imparare.»
“L’ho
detto davvero?”
«Che ne dici
di vederci stasera alla locanda?»
«È...
perfetto.»
Bastarono quelle poche
parole per farli sentire più vicini
all’altro, una piccola promessa di passare del tempo assieme,
per conoscersi.
Il comandante salutò l’elfa drizzando la schiena e
battendo i tacchi, com’era solito fare con
l’Inquisitrice, in modo ossequioso, e Dalish rispose al
saluto mimando con le labbra un “a
stasera” che gli fece balzare il cuore in petto.
Appena si
allontanò un poco, sentì Krem
sghignazzare rivolto alla giovane: «Ce l’hai fatta
a dirgli due parole in croce! Ora devi dirgli che ti piace.»
Cullen non volle sentire
altro e, più sereno nello spirito e con un
sorriso ebete sul volto, rivolse uno sguardo al cielo pregando il
Creatore di non fargli figuracce quella sera, col pensiero a Dalish,
che lo accompagnò per tutta la mattinata, facendogli persino
dimenticare la pessima serata appena trascorsa.
[900 parole]
Angolino autrice:
sono persino in anticipo! Che dire? Cullen e le figuracce... chi sono
io per non fargliele fare?
Visto che lo shippo abbestia con Dalish il tutto è risultato
spontaneo.
Spero che la storia vi sia piaciuta, critiche e suggerimenti sono
sempre ben accetti.
Grazie di cuore a chi legge, a chi eventualmente recensirà,
e a chi ha messo tra le preferite/ricordate/seguite questa storia.
Ci rivediamo la prossima settimana con Varric. Ciao!
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